Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3721 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3721 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6223/2019 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’ avvocato NOME COGNOME come da procura speciale in calce al ricorso (PEC: EMAIL;
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – e nei confronti di
Agenzia delle entrate -Riscossione
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 8863/19/2018, depositata l’11.10.2018 .
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20 novembre 2024.
RILEVATO CHE
Oggetto: Tributi – notificazione cartella di pagamento – efficacia della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012 – rapporti non ancora esauriti
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Campania accoglieva l’appello proposto da ll’Agenzia delle entrate contro la sentenza della CTP di Napoli, che aveva accolto il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso l’intimazione di pagamento notificata in data 27.01.2016 e le sottese cartelle esattoriali, relative a vari tributi per gli anni 1985 e 1996;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
contrariamente a quanto stabilito dal primo giudice, la pretesa non era prescritta, in quanto, prima della intimazione impugnata erano state regolarmente notificate alla contribuente altre intimazioni, rispettivamente il 25.03.2006 e il 2.06.2006, secondo le modalità di cui all’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, che per i casi di irreperibilità relativa ex art. 140 cod. proc. civ., rinvia all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1972;
tali atti prodromici erano idonei ad interrompere la prescrizione decennale, atteso che, nel testo applicabile ratione temporis , prima dell’intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012, la notifica si perfezionava nel giorno successivo a quello di affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune, senza altri adempimenti a carico del notificante;
-non poteva trovare accoglimento l’applicazione retroattiva della pronuncia di incostituzionalità, ostandovi il consolidamento della pretesa tributaria iscritta a ruolo, dato che il termine di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 ha natura decadenziale;
la contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso , mentre l’Agenzia delle entrate -Riscossione rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
– Con il primo motivo di ricorso, la contribuente deduce la violazione dell’art. 148 cod. proc. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che le intimazioni di pagamento, prodromiche a quella notificata il 27.01.2016, fossero state regolarmente eseguite in data 25.03.2006 e 2.06.2006, senza considerare che le relative relate erano prive degli elementi essenziali indicati nell’art. 148 cod. proc. civ., non risultando né una consegna dell’atto al destinatario o a persona fra quelle indicate nell’art. 139 cod. proc. civ. né i motivi del mancato recapito, non essendo possibile comprendere, di conseguenza, se ricorrevano o meno i presupposti di cui all’art. 140 cod. pr oc. civ. per legittimare la notifica secondo l’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973;
– il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e specificità, non risultando dalla sentenza impugnata se la violazione dell’art. 148 cod. proc. civ., in relazione alla notificazione delle intimazioni di pagamento, prodromiche a quella impugnata, fosse stata denunciata fin dal ricorso introduttivo, non avendo il ricorrente, nel lamentare la violazione della predetta disposizione normativa, né individuato l’atto e la sede processuale di proposizione di tale specifica doglianza né riportato, sia pure sinteticamente, il suo contenuto;
– con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 140 cod. proc. civ., 6 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR applicato erroneamente al caso in esame l’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, mentre andava applicato, trattandosi di irreperibilità relativa, l’art. 140 cod. proc. civ., anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 158 del 2012, avente certamente efficacia retroattiva, trattandosi di rapporto non esaurito, e si dovevano ritenere nulle le notifiche di tutti gli atti (del 2002 e del 2006) precedenti all’intimazione
impugnata, con conseguente dichiarazione di avvenuta prescrizione della pretesa tributaria;
con il terzo motivo di ricorso, la contribuente deduce la violazione dell’art. 2946 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato l’avvenuta prescrizione della pretesa tributaria, stante l’assenza di validi atti interruttivi, atteso che non erano stati prodotti né i documenti relativi alla notificazione del 2002, relativa alle cartelle di pagamento, né quelli riguardanti le notificazioni delle intimazioni del 2006;
il secondo motivo è fondato, con conseguente assorbimento della terza censura;
-occorre premettere che l’art. 26, comma 3, del d.P.R. n. 602 del 1973 , nella versione ratione temporis applicabile, prevede che, nei casi di cui all’art. 140 cod. proc. civ. (irreperibilità c.d. relativa del destinatario o rifiuto di ricevere la copia nei luoghi di residenza, dimora o domicilio, noti ed esattamente individuati, dovendo altrimenti osservarsi il disposto dell’art.143 c.p.c.), la notifica della cartella di pagamento si effettua con le modalità fissate dal l’art. 60 del d.P.R. n. 602 del 1973 e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l’avviso del deposito è affisso nell’albo del Comune;
a seguito dell’intervento della Corte costituzionale, che con la sentenza n. 258 del 2012 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 3 (attuale comma 4) del citato art. 26, nella parte in cui stabilisce che la notificazione della cartella di pagamento “Nei casi previsti dall’art. 140 del codice di procedura civile si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 “, anziché “Nei casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario si esegue con le modalità stabilite dall’art. 60, primo comma, alinea e lettera e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ‘, questa Corte
con la sentenza n. 25079 del 2014 ha affermato il principio, condiviso dal Collegio, in base al quale, ‘In tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 22 novembre 2012 relativa all’art. 26, comma 3 (ora 4), del d.P.R. n. 602 del 1973, va applicato l’art. 140 cod. proc. civ., in virtù del combinato disposto del citato art. 26, ultimo comma, e dell’art. 60, comma 1, alinea , del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione ‘, alla stregua di quanto risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., disposizione richiamata dall’art. 26 citato, nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione; a seguito di tale sentenza, pertanto, la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione (Cass. 14316/2011);
– ciò posto, sebbene l’efficacia retroattiva delle pronunce della Corte costituzionale, di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, costituisca principio generale valevole nei giudizi davanti alla stessa Consulta (C. Cost. n. 49 del 1970, n. 58 del 1967 e n. 127 del 1966), esso non è privo di limiti, nel senso che non retroagisce fino al punto di travolgere le ‘situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili’ ovvero i ‘rapporti esauriti’ , atteso che diversamente ne
risulterebbe compromessa la certezza dei rapporti giuridici (C. Cost. n. 49 del 1970, n. 26 del 1969, n. 58 del 1967 e n. 127 del 1966), per cui il principio della retroattività, «vale soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (C. cost. n. 139 del 1984 e n. 1 del 2014);
– con riferimento ai rapporti ancora pendenti, l’individuazione in concreto del limite alla retroattività, dipendendo dalla specifica disciplina di settore – relativa, ad esempio, ai termini di decadenza, prescrizione o inoppugnabilità degli atti amministrativi – che precluda ogni ulteriore azione o rimedio giurisdizionale, rientra nell’ambito dell’ordinaria attività interpretativa di competenza del giudice comune (principio affermato, ex plurimis , sin dalle sentenze n. 58 del 1967 e n. 49 del 1970). Inoltre, poiché il limite dei «rapporti esauriti» ha origine nell’esigenza di tutelare il principio della certezza del diritto, ulteriori limiti alla retroattività delle decisioni di illegittimità costituzionale possono derivare dalla necessità di salvaguardare principi o diritti di rango costituzionale che altrimenti risulterebbero irreparabilmente sacrificati. In questi casi, la loro individuazione è ascrivibile all’attività di bilanciamento tra valori di rango costituzionale ed è, quindi, la Corte costituzionale – e solo essa – ad avere la competenza in proposito (Cass. n. 18008 del 2022);
– con riferimento alla dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma processuale, questo Collegio condivide quanto affermato da questa Corte e, segnatamente, che, fin quando la validità ed efficacia degli atti disciplinati da detta norma sono sub judice , il rapporto processuale non può considerarsi esaurito; sicché nel momento in cui viene in discussione la ritualità dell’atto, la valutazione della sua conformità alla disposizione va valutata tenendo conto della sua modificazione conseguita alla pronuncia di incostituzionalità,
indipendentemente dal tempo in cui l’atto è stato compiuto (Cass. 3642/2007; n. 8548/2003; n. 17184/2003);
dalla sentenza impugnata si evince che il contribuente ha impugnato l’intimazione di pagamento facendo valere, sin dal ricorso introduttivo, la prescrizione della pretesa tributaria per nullità della notifica di altre precedenti intimazioni di pagamento, che, quindi, non avrebbero interrotto il termine di prescrizione decennale della pretesa e, poi, ha riproposto nelle controdeduzioni in appello le medesime censure;
la sentenza di appello, nel ritenere rituali le notifiche di dette intimazioni nei confronti del contribuente relativamente irreperibile, ai sensi dell’art. 26, comma 3 del d.P.R. n. 602 del 1973 (eseguite con il deposito di copia dell’atto presso la casa comunale e affissione dell’avvis o all’albo pretorio) , ha fatto applicazione della predetta norma, nella versione precedente alla declaratoria di illegittimità costituzionale per effetto della sentenza n. 258 del 2012;
-essendo ancora in discussione la validità della notifica delle prodromiche intimazioni di pagamento, la questione non può annoverarsi tra i ‘rapporti esauriti’ ai quali non si applicano gli effetti della sentenza della C. Cost. n. 258 del 2012 (cfr. Cass. n. 4163 del 2021; n. 2552 del 2024);
di conseguenza, anche nel caso in esame, ai fini del perfezionamento della notifica, era necessario che fossero effettuati tutti gli adempimenti prescritti dall’art. 140 cod. proc. civ. (Cass. n. 31724 del 2019; n. 11057 del 9/5/2018, Cass. n. 9782 del 19/04/2018, Cass. n. 25079 del 26/11/2014), che sono i seguenti: a) il deposito della copia dell’atto in busta sigillata nella casa comunale; b) l’affissione alla porta dell’avviso di deposito; c) l’invio al destinatario della raccomandata con avviso di ricevimento contenente la notizia del deposito; a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, poi, la notifica a mezzo posta della raccomandata informativa al contribuente si
perfeziona non con il semplice invio a cura dell’agente postale della raccomandata che dà avviso dell’infruttuoso accesso e degli eseguiti adempimento, ma decorsi dieci giorni dall’inoltro della raccomandata o nel minor termine costituito dall’effettivo ri tiro del plico in giacenza (Cass. n. 27666 del 2019);
-al fine di dimostrare il perfezionamento del procedimento notificatorio, è comunque necessario che venga provata non solo la consegna della raccomandata, ma anche che la stessa sia effettivamente giunta al recapito del destinatario e tale prova è raggiunta a mezzo della produzione dell’avviso di ricevimento, sia esso sottoscritto dal destinatario o da persone abilitate, sia esso annotato dall’agente postale in ordine all’assenza di persone atte a ricevere l’avviso medesimo, in quanto l’avviso di ricevimento è parte integrante della relazione di notifica ai sensi dell’art. 140 c.p.c. in quanto persegue lo scopo di consentire la verifica che l’atto sia pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario (Cass., S.U., ord. interlocutoria n. 458 del 2005; Cass. n. 2683 del 2019);
-del resto, questa Corte a Sezioni Unite, nell’esaminare le fattispecie di notifica in caso di irreperibilità relativa del destinatario, ex 140 cod. proc. civ., e quella eseguita a mezzo posta, ha ravvisato tra le stesse un « pendant logico-giuridico » ed una « evidente analogia » e ha esteso, in una prospettiva di comparazione anche costituzionale, la soluzione, in materia di necessaria produzione dell’avviso di ricevimento, già adottata da questa Corte con riferimento all’art. 140 cod. proc. civ. Dunque, la mancata produzione in giudizio nel deposito dell’avviso di ricevimento della raccomandata comporta la mancanza di prova del perfezionamento del procedimento notificatorio. E’ stato precisato, inoltre, che, nel caso di notifica, anche di atti impositivi tributari, da parte dell’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., che la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio deve
essere data, appunto, mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della «raccomandata informativa» e che, pur nella diversità delle due modalità notificatorie in relazione alla spedizione della CAD – quella codicistica attuata dall’ufficiale giudiziario con il concorso dell’agente postale, quella postale attuata esclusivamente da quest’ultimo – non può che ravvisarsi un’unica ratio legis che è quella – profondamente fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (art. 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) – di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o comunque di quelli previsti dall’art. 1 della legge n. 890 del 1982 (atti giudiziari civili, amministrativi e penali), concludendo che solo in questi termini può dunque trovarsi quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle del notificatario, peraltro trattandosi di un onere probatorio processuale tutt’affatto vessatorio e problematico, consistendo nel deposito di un atto facilmente acquisibile da parte del soggetto attivo del sub-procedimento e che solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la «sorte» della spedizione della «raccomandata informativa», quindi, in ultima analisi, esprimere un – ragionevole e fondato – giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno «legale» (intesa come facoltà di conoscere l’avviso spedito e quindi tramite lo stesso l’atto non potuto notificare), della raccomandata medesima da parte del destinatario (Cass., Sez. U., 15 aprile 2021, n. 10012, in motivazione);
– la CTR non ha seguito i suddetti principi, ritenendo rituale la notifica delle intimazioni, avvenuta il 25.03.2006 e 2.06.2006, con il deposito di copia dell’atto presso la casa comunale e affissione dell’avviso all’albo pretorio, senza verificare se vi fosse stata anche la spedizione della CAD, in quanto non si è attenuta ai principi stabiliti dalla sentenza
della Corte costituzionale n. 258 del 2012, nonostante si trattasse di rapporto non ancora esaurito per essere in discussione la validità della notifica dell’atto presuppost o che poteva influire sulla maturazione del termine di prescrizione della pretesa;
– in conclusione, va accolto il secondo motivo, dichiarato inammissibile il primo e assorbito il terzo; l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo e dichiara assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 20 novembre 2024.