Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20803 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20803 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26338/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA LARGO MESSICOINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL LAZIO n. 1796/2017 depositata il 03/04/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere COGNOME e, previa riconvocazione, nella successiva camera di consiglio del 14/07/2025.
FATTI DI CAUSA
In data 29 settembre 2014 RAGIONE_SOCIALE notificava alla società RAGIONE_SOCIALE il preavviso di fermo amministrativo n. NUMERO_CARTA con cui intimava il pagamento dell’importo di € 38.838,89 derivante dal mancato pagamento delle cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA.
La contribuente impugnava il preavviso di fermo amministrativo dinanzi alla CTP di Roma, rilevando l’omessa notifica de i suindicati atti prodromici e presupposti a quello impugnato. Eccepiva inoltre che la sentenza n. 300/28/12, emessa dalla CTP di Roma e passata in giudicato, aveva statuito che le cartelle in questione non erano state notificate; rilevava l’intervenuta prescrizione dei crediti, nonché la carenza di motivazione e di prova dell’atto impugnato. Infine, in data 9 settembre 2015, depositava atto di citazione per querela di falso affermando che la sottoscrizione delle relate di notifica delle menzionate cartelle non era mai stata apposta dal destinatario degli atti.
La CTP adita, con sentenza n. 19105/2/15 del 18/09/2015 e depositata il 24/09/2015, respingeva il ricorso condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avverso tale sentenza la contribuente proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio che, con sentenza n. 1796/6/17 del 6/03/2017 e depositata il 3/04/2017 non notificata, respingeva l’appello proposto.
Avverso tale sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi, illustrati con memoria, con la quale ha depositato la sentenza del Tribunale ordinario di Roma n.
5481/2019 del 06/03/2019, pubblicata il 13/03/2019 (RG n. 58988/2015), con le attestazioni del passaggio in giudicato e di conformità all’originale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si adombra la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39, D.lgs n. 546/1992 e degli artt. 24 e 111 Cost. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c., in relazione alla mancata sospensione del giudizio tributario a seguito della presentazione della querela di falso e per avere la CTR erroneamente e immotivatamente ritenuto che la querela di falso presentata fosse pretestuosa ed inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt. 111 comma 1 Cost., 132 comma 2 n.4 c.p.c., 36 comma 2 n. 4 D.lgs n. 546/1992, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) e 4) c.p.c., per aver la CTR reso una pronuncia affetta da motivazione apparente nella parte in cui ritiene tardiva e pretestuosa la proposizione della querela di falso.
Con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 324 c.p.c., nonché del principio del ne bis in idem, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3) e 4) c.p.c., per non aver la CTR rilevato che la sentenza n. 300/28/12 emessa dalla CTP di Roma aveva accertato in via definitiva che le cartelle non erano state notificate alla ricorrente. Conseguentemente, la questione doveva ritenersi definitivamente accertata e non passibile di costituire oggetto di un nuovo giudizio.
Con il quarto motivo di ricorso si adombra la violazione degli artt. 111, comma 1 della Cost., 132 comma 2 n.4 c.p.c., 36 comma 2 n. 4, D.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 4 c.p.c., per aver la CTR reso una pronuncia affetta da motivazione apparente che non esplicita, né in fatto né in diritto, i motivi per i
quali la documentazione depositata dall’Agenzia proverebbe la regolare notifica delle cartelle.
Con il quinto motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 26 del D.P.R. n. 602/1973, 60 del D.P.R. n. 600/1973, 145 c.p.c; nonché la violazione degli artt. 111 Cost., 86, 50, 26, 12, 14, 15 del D.P.R. n. 602/1973, 6 della l. 212/2000 e 68 D.P.R., in relazione all’art., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c. per non aver la CTR rilevato che le notifiche delle cartelle sono inesistenti o viziate da nullità insanabile, in quanto non effettuate presso la sede legale della società, e per non aver dichiarato la conseguente invalidità del preavviso di fermo; si precisa che il luogo delle presunte notifiche non era all’epoca delle stesse (e neppure oggi) in alcun modo riconducibile alla ricorrente e che dai documenti depositati da Equitalia non risulta che le cartelle in questione siano state consegnate al legale rappresentate della società né ad altro soggetto abilitato a riceverle.
Con il sesto motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 3 della L. n. 241/1990 e dei principi relativi all’onere della prova, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e 4) c.p.c., per aver la CTR reso una pronuncia dalla quale non è possibile desumere gli elementi che dimostravano la regolare notifica delle cartelle.
Con il settimo motivo di ricorso si rileva la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 D.lgs n. 546/1992, 2948 e 2946 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) e 4) c.p.c., per aver la CTR ritenuto priva di pregio l’eccezione relativa alla prescrizione del credito in quanto il preavviso di fermo è censurabile soltanto per motivi o vizi propri.
Con l’ottavo motivo di ricorso si adombra la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4) c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi su diversi motivi e domande contenuti nell’atto di appello : in particolare, in relazione alla carente
motivazione del preavviso di fermo, al difetto di notifica e agli ulteriori vizi rilevati.
Va anteposta la trattazione del quinto motivo, che è fondato e va accolto, con conseguente assorbimento di tutti gli altri mezzi di ricorso.
È stato, invero, documentato il passaggio in giudicato della sentenza n. 5481/2019, pubblicata il 13 marzo 2019, che ha accolto la querela di falso relativa alle due cartelle di pagamento sopra identificate poste a fondamento del preavviso di fermo impugnato nella causa odierna. Consta l’attestazione rituale del passaggio in giudicato in parola.
La richiamata sentenza del Tribunale di Roma indica perspicuamente il numero del preavviso di fermo in parola, rispetto al quale le due cartelle di pagamento cui si correla l’accoglimento della querela di falso assurgono ad atti presupposti.
La acclarata falsità delle sottoscrizioni apposte sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate relative alle notificazioni delle cartelle di pagamento (peraltro non contestata dall’agente della riscossione, convenuto nel giudizio riguardante la querela di falso) implica il travolgimento del preavviso di fermo oggetto di causa in relazione alle cartelle oggetto del ricorso introduttivo. È venuto a sgretolarsi, infatti, il titolo giuridico giustificativo del preavviso di fermo, non potendo questo sussistere in assenza di atti prodromici validamente notificati.
Dalla citata sentenza del Tribunale di Roma, inoltre, si evince che gli esiti dell’indagine grafologica disposta nel giudizio relativo alla querela di falso sono indirettamente confermati dalla visura storica CCIAA, relativa alla RAGIONE_SOCIALE da cui risulta che questa aveva trasferito la propria sede (e domicilio, agli effetti dell’art. 46 c.c.), dall’indirizzo in Roma INDIRIZZO – ove furono effettuate le notificazioni delle cartelle sottese al preavviso di fermo oggetto del giudizio – all’indirizzo in Roma INDIRIZZO
Togliatti n. 1280, da epoca largamente antecedente alla data delle presunte notificazioni.
Ciò rappresenta un ulteriore conferma del fatto che le predette cartelle esattoriali non siano state ricevute dai soggetti incaricati della rappresentanza dell’ente (indicati “destinatari” dall’agente postale) o da altro dipendente addetto alla ricezione della corrispondenza.
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto in relazione al quinto motivo, assorbiti tutti gli altri mezzi. Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384, co. 2, c.p.c., la causa va decisa nel merito, con l’accoglimento dell’originario ricorso della parte contribuente.
Le spese dei gradi di merito vanno compensate, in considerazione della sopravvenuta definizione del giudizio relativo alla querela di falso. Quelle della presente fase sono regolate dalla soccombenza nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso. Dichiara assorbiti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della parte contribuente.
Condanna l’Agenzia delle entrate Riscossione al pagamento delle spese di lite del giudizio di legittimità, in favore della RAGIONE_SOCIALE, che liquida in euro 3.000,00, per compenso professionale ed euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% sul compenso per rimborso forfettario delle spese generali e agli accessori di legge. Compensa fra le parti le spese dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 09/04/2025 e, a