Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3241 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3241 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 09/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3907/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale-
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 9188/2019 depositata il 19/12/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.L’Agenzia delle entrate propose appello avverso la decisione della C.T.P. di Latina con la quale era stato accolto il ricorso presentato da NOME COGNOME contro le cartelle di pagamento con le quali vennero recuperare le imposte relative alla perdita delle agevolazioni concesse per l’acquisto della prima casa.
2.Il giudice di secondo grado respinse l’appello. Nel dettaglio si ritenne nulla la notifica degli avvisi di liquidazione presupposti alla cartella oggetto dell’impugnazione del contribuente poiché effettuata erroneamente con il rito degli irreperibili assoluti ex art. 60, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 avendo il messo comunale accertato che all’indirizzo di residenza anagrafica del contribuente non erano stati rinvenuti alcuna abitazione, ufficio o azienda a lui riferibile.
Nella specie, si trattò di momentanea irreperibilità (c.d. irreperibilità relativa) pertanto la notificazione dell’originario avviso di liquidazione non avvenne correttamente in quanto era mancante la prova della spedizione della raccomandata informativa del deposito presso la casa comunale.
Nella medesima decisione venne respinto l’appello incidentale del contribuente con il quale si chiedeva di annullare la sentenza in punto di spese essendo sceso il giudice di merito al di sotto dei minimi tariffari.
Anche questa censura venne respinta in considerazione dell’assenza di un obbligo del giudice di rispettare le predette tariffe non dovendosi necessariamente attenere al valore, in ogni caso riferito alle sole imposte e non anche alle sanzioni irrogate.
4. Ricorre l’Agenzia con un motivo resiste il contribuente che formula ricorrente incidentale affidato a tre motivi.
In prossimità dell’udienza NOME COGNOME ha deposita memoria ex 380 bis c.p.c. nella quale si dà atto che il Tribunale di Latina con la decisione n. 58/2023 ha accertato e dichiarato la falsità delle relazioni di notifica cron. n. 71408 del 12/2/2015 relativa all’avviso di liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO e cron. n. 71407, sempre del 12/2/15, relativo all’avviso di liquidazione n. NUMERO_DOCUMENTO nonché contro i relativi avviso di deposito e affissione presso la Casa Comunale (atti sottesi alle cartelle di pagamento oggetto del presente giudizio).
In particolare, si legge nella motivazione, ‘… la falsità di predette attestazioni può invero ritenersi provata per tabulas e, in particolare, dal certificato di residenza storico dell’attore, rilasciato dall’Ufficio Demografico del Comune di Latina ove si legge che il querelante risiede nel Comune di Latina (LT), INDIRIZZO int. INDIRIZZO, sin dal giorno 8/3/2012 e, dunque, anche all’epoca della tentata notifica effettuata dal messo comunale in data 12/2/2015′.
Motivi della decisione
1.L’agenzia ricorre con un motivo, censurando la sentenza per violazione dell’art. 60, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 221 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
Al riguardo allega le attestazioni del messo comunale ove si dichiara che la notifica è avvenuta ai sensi dell’art. 60 ‘non essendo stato possibile notificarlo ad esso destinatario poiché all’indirizzo indicato è risultato sconosciuto/trasferito’.
Si contesta, quindi, la circostanza secondo cui il messo notificatore avrebbe dovuto effettuare ulteriori ricerche.
2.Il ricorso incidentale è affidato a 3 motivi, l’ultimo formulato in subordine.
2.1.Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 2233 c.c nonché del d.m. n. 55 del 2014 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per aver liquidato le spese di giudizio al di sotto del minimo legale e senza motivare al riguardo.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e dell’art. 2233 c.c. nonché del d.m. n. 55 del 2014 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. per essere la motivazione meramente apparente.
La motivazione della C.T.R. del Lazio sarebbe sul punto ‘meramente apparente in quanto, anziché esprimere le ragioni secondo cui il primo giudice avrebbe correttamente provveduto alla liquidazione delle spese’ si limiterebbe ad affermare che le spese di lite ‘vengono liquidate in base al giudizio che lo stesso Giudice si è fatto in base agli argomenti trattati’ il tutto senza che la decisione di primo grado riferisse alcunché in merito alle ragioni per le quali fosse stata applicata una riduzione di 2/3 sull’importo minimo stabilito dal tariffario forense per la controversia in questione.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 350 e 112 c.p.c. per omessa verifica della regolare costituzione in giudizio o omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per inesistenza della notifica, sollevata nelle memorie difensive depositate in data 24.10.2018.
3.Il ricorso principale è infondato.
Trova, nella specie, applicazione il principio secondo cui la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema
delineato dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, tramite un accertamento cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune; senza che rispetto a tale sistema, nulla ha innovato la sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012, la quale, nel dichiarare in parte qua, l’illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto comma) dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, concernente il procedimento di notifica delle cartelle di pagamento, ha soltanto uniformato le modalità di svolgimento di detto procedimento a quelle già previste per la notificazione degli atti di accertamento, eliminando una diversità di disciplina che non appariva assistita da alcuna valida ratio giustificativa e non risultava in linea con il fondamentale principio posto dall’art. 3 Cost. (da ultimo si veda Cass. 10356 del 2024).
3.1. Ebbene è dal contenuto della sentenza, del ricorso, della stessa attestazione del messo comunale (rispetto alla quale è altresì intervenuta la sentenza del Tribunale di Latina che ne dichiara la falsità) che emerge l’assenza di ricerche di talché nella specie avrebbe dovuto, come correttamente affermato da giudice di merito, effettuarsi la notifica di cui all’art. 140 c.p.c. vertendosi in ipotesi di irreperibilità relativa.
4.Il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale possono essere trattati congiuntamente e sono fondati.
Come ha argomentato la giurisprudenza di legittimità più recente (cfr. da ultimo Cass. 17613/2024 che richiama Cass. 9815/2023, 9818/2023, 25847/2023), nella liquidazione del compenso il giudice è chiamato dall’art. 4 co. 1 d.m. 55/2014 a tenere conto dei valori medi determinati dalle tabelle allegate al decreto. Essi possono essere aumentati fino al 50% ovvero diminuiti in ogni caso non oltre il 50% e sono soggetti ad aggiornamento biennale ex art. 13 co. 6 l. 247/2012. Rileva in particolare la previsione che i parametri medi non possono essere diminuiti oltre il 50%, senza eccezione («in ogni caso»). Tale inderogabilità dei parametri minimi è stata espressamente introdotta con una modifica apportata dal d.m. 37/2018. Anteriormente si prevedeva che nella liquidazione non si potesse scendere di regola al di sotto del 50% nella diminuzione rispetto ai parametri medi. Su questa base testuale si argomentava che la quantificazione giudiziale del compenso e delle spese fosse espressione di un potere discrezionale. Se contenuta entro i valori tabellari minimi e massimi, la liquidazione non richiedeva un’apposita motivazione e non era sottoposta al controllo di legittimità, mentre il giudice era tenuto a motivare la decisione di aumentare o diminuire gli importi da riconoscere, ulteriormente rispetto ai massimi ovvero ai minimi. L’unico limite rigido, ma a sua volta determinato attraverso concetti elastici, era dettato dall’obbligo di non ledere il decoro professionale con l’attribuire una somma scarsissima (meramente simbolica). In questi termini si è espressa, tra le altre e da ultimo, Cass. 28325/2022.
Tale orientamento è da disattendere con riferimento alle liquidazioni sottoposte al regime del d.m. 55/2014, così come modificato dal d.m. 37/2018. In forza della ricordata modifica, non è
più consentita la liquidazione di importi risultanti da una riduzione superiore al 50% dei parametri medi. Il legislatore ha deciso di circoscrivere il potere del giudice di quantificare il compenso o le spese processuali e di garantire così (cioè, attraverso una limitazione della flessibilità dei parametri) l’uniformità e la prevedibilità delle liquidazioni a tutela del decoro della professione e del livello della prestazione professionale. Da ultimo, tale intenzione legislativa ha trovato un’ulteriore espressione nella l. 49/2023 in materia di equo compenso delle prestazioni professionali, ove l’art. 1 dispone che «per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale», nonché – per gli avvocati – conforme ai compensi previsti dal decreto del Ministero della Giustizia ex art. 13 co. 6 l. 247/2012 (cioè, attualmente, il d.m. 55/2014). Si prevede inoltre (all’art. 3) che «sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera; sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale, o ai parametri determinati con decreto del Ministro della Giustizia ai sensi dell’art. 13 co. 6 l. 247/2012 per la professione forense». Il giudice di secondo grado ha liquidato a titolo di spese processuali euro 500,00 omnicomprensive in un procedimento rientrante nella fascia di valore compresa tra Euro 5.201,01 e Euro 26.000,01, una somma grandemente al di sotto dei parametri minimi previsti dal d.m. n. 55 del 2014 senza peraltro motivare al riguardo. Ne consegue l’accoglimento delle doglianze.
5.Il terzo formulato in subordine è assorbito.
6.In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato, i primi due motivi del ricorso incidentale accolti, il terzo motivo assorbito, e, per l’effetto, la sentenza deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà altresì a quantificare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà altresì a quantificare le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024