Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21397 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21397 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
Oggetto: Notificazione ex art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 – Trasferimento del destinatario –
Documentazione non anagrafica – Rilevanza – Esclusione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2641/2020 R.G. proposto da
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME e rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Milano, in virtù di procura speciale a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della C.T.R. della Lombardia, n. 4201/2018, depositata il 9.10.2018 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Milano, NOME NOME impugnava l’avviso di accertamento, con cui l’Agenzia delle entrate gli aveva contestato l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi pur essendo titolare di partita Iva per l’attività di design di moda e design industriale, recuperando le somme dovute a t itolo di Irpef, Irap e Iva per l’anno d’imposta 2009. In particolare, il contribuente sosteneva di aver appreso dell’atto impositivo solo all’esito di un’istanza di accesso agli a tti, poiché lo stesso non gli era mai stato validamente notificato e, pertanto, contestava nel merito la pretesa tributaria.
In primo grado, la C.t.p., ritenendo dimostrata la validità della notifica dell’avviso di accertamento impugnato e del questionario, dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto tardivamente presentato.
Proponeva appello il contribuente, ribadendo quanto dedotto in primo grado con riferimento alla inesistenza o nullità della notificazione dell’atto impositivo, avendo l’agente notificatore omesso lo svolgimento delle necessarie ricerche al fine di reperire il destinatario, trasferito dal luogo di residenza, così come richiesto dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973.
La C.t.r. confermava la decisione impugnata, evidenziando che il contribuente non aveva mai presentato querela di falso relativamente alle attestazioni dei messi notificatori; che non aveva mai inviato alcuna comunicazione di variazione della residenza e che eventuali variazioni della stessa non potevano essere dimostrate mediante l’intestazione di un’utenza del gas.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione il contribuente, sulla base di un motivo. Resisteva l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO CHE:
Con l ‘ unico motivo di doglianza, il contribuente deduce la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo errato la C.t.r. nel ritenere valida la notifica dell’atto impositivo impugnato, poiché una lettura costituzionalmente orientata della norma, posta a garanzia del diritto di difesa, imporrebbe l’obbligo di una ricerca del destinatario, anche tenendo conto della documentazione non anagrafica, quali le utenze domestiche, dalla quale emerga una discrasia tra i registri comunali e l’abitazione di fatto.
Nel controricorso , l’Agenzia delle entrate eccepisce l’inammissibilità del ricorso, attesa la reiterazione delle censure già avanzate e respinte nei gradi di merito, senza articolare specifiche critiche alla sentenza impugnata. Nel merito, chiede rigettarsi il ricorso, stante la correttezza della decisione della C.t.r.
Si d eve, innanzitutto, premettere che l’intervenuta autotutela parziale, con riduzione dell’originaria pretesa, non comporta la cessazione della materia del contendere, così come affermato da Cass. n. 18625/2020 (Rv. 65866201), secondo cui, in tema di accertamento delle imposte, la modificazione, in diminuzione, dell’originario avviso non esprime una nuova pretesa tributaria, ma una riduzione di quella originaria, sicché non costituisce atto nuovo, ma revoca parziale di quello precedente. Pertanto, in sede processuale, tale evenienza non può comportare la cessazione della materia del contendere, in quanto permane l’interesse della pubblica amministrazione a veder riconosciuto il proprio credito tributario e quello del contribuente a negare la pretesa, con la conseguenza che l’autorità giudiziaria è tenuta a pronunciarsi sulla fondatezza della residua pretesa erariale.
3.1. Passando ad esaminare la preliminare eccezione di inammissibilità, questa è infondata, poiché il ricorso, pur riproponendo le censure di violazione di legge già sollevate nei gradi
di merito, contiene una specifica critica alla sentenza di appello impugnata.
Ciò nonostante, l’unico motivo di doglianza è infondato.
Ed invero, l’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e ss. c.p.c., ma con alcune peculiarità. In particolare, la lettera a) del comma 1 prevede che la notificazione sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall ‘ ufficio delle imposte. La successiva lettera e), poi, stabilisce che, quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c., in busta chiusa e sigillata, deve essere affisso nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione.
4. Al riguardo, la Suprema Corte ha affermato che la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune. Rispetto a tali principi, nulla ha innovato la sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre
2012, n. 258 la quale nel dichiarare in parte qua , con pronuncia di natura “sostitutiva”, l’illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto comma) dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero la disposizione concernente il procedimento di notifica delle cartelle di pagamento, ha soltanto uniformato le modalità di svolgimento di detto procedimento a quelle già previste per la notificazione degli atti di accertamento, eliminando una diversità di disciplina che non appariva assistita da alcuna valida ratio giustificativa e non risultava in linea con il fondamentale principio posto dall’art. 3 della Costituzione (Cass. n. 16696/2013, Rv. 627074-01; conf. Cass. n. 27729/2024, Rv. 672718-01).
La Suprema Corte ha, altresì, precisato che la notificazione nelle forme di cui all’art. 140 c.p.c. può essere compiuta solo dopo che siano state effettuate ricerche presso l’indirizzo risultante dall’anagrafe del Comune del domicilio fiscale del contribuente, non essendo a tal fine sufficiente la generica attestazione di mancato reperimento del destinatario, dovendo l’ufficiale notificante indicare il luogo nel quale si è effettivamente recato per verificarne l’irreperibilità (Cass. n. 33464/2018, Rv. 651913-01, in una fattispecie in tema di notificazione di atti impositivi a società) . E’ stato, inoltre, affermato che, in tema di procedura di notificazione semplificata ex art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, il messo notificatore, se accerta la cosiddetta irreperibilità assoluta del destinatario, trasferitosi in località sconosciuta, deve soltanto provvedere al deposito dell’atto nella casa comunale ed all’affissione nell’albo dell’ente territoriale e, pur in assenza di specifiche norme sulla loro tipologia, deve indicare le ricerche che ha effettuato (in primo luogo quelle anagrafiche), con conseguente invalidità della notifica ove il predetto si sia limitato a sottoscrivere un modello prestampato, che, riportando generiche espressioni, impedisce ogni controllo del suo operato, non essendovi, in tal caso, attestazioni del
pubblico ufficiale notificatore, impugnabili mediante querela di falso (Cass. n. 14658/2024, Rv. 671420-01).
Quanto alla tipologia e all’adeguatezza delle ricerche, questa Corte ha affermato che l’ ordinaria diligenza, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l ‘ ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall ‘ art 143 c.p.c., deve essere valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell ‘ art. 1147 c.c. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all’acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell ‘ art. 139 c.p.c., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata. Ne consegue l’adeguatezza delle ricerche svolte in quelle direzioni (uffici anagrafici, ultima residenza conosciuta) in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari ed interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l’attuale suo domicilio, residenza o dimora (Cass. n. 10983/2021, Rv. 661183-01; Conf. n. 19012/2017, Rv. 645083-02).
Tale principio di diritto, enunciato con riferimento alla notifica eseguita ai sensi dell’art. 143 c.p.c. dall’ufficiale giudiziario, ben può trovare applicazione anche nell’ipotesi di notifica di atto impositivo eseguita dall’agente postale ai sensi dell’ art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, attesa l’analogia delle due fattispecie.
Peraltro, la conformità alla Costituzione dell’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 è stata di recente esaminata da questa Corte, nell’ord. n. 14805 del 27.5.2024 (non massimata), secondo cui è legittima l’effettuazione della notificazione degli atti tributari, da parte del messo notificatore, ai sensi della suindicata disposizione, nel caso in cui i mutamenti anagrafici siano intervenuti
successivamente alla notifica medesima, in quanto l’ignoranza del nuovo indirizzo del contribuente non può addebitarsi all’amministrazione notificante, alla quale non può essere richiesta un’opera di investigazione che vada oltre quanto risultante dai registri pubblici (nella specie, i registri anagrafici comunali), avendo, peraltro, il legislatore posto a carico del contribuente l’onere di provvedere tempestivamente alle predette variazioni. Ciò è in linea con un’interpretazione costituzionalmente orientata, poiché tale modello di notificazione s’innesta nell’ambito di un preesistente rapporto con il fisco, che presuppone il compimento da parte del contribuente di atti idonei a mettere in moto il meccanismo impositivo, e non costituisce, quindi, un fatto imprevedibile per il destinatario, a carico del quale è posto, proprio per tale motivo, l’onere di eleggere domicilio nel luogo del proprio domicilio fiscale, e in ogni caso di comunicare le variazioni. L ‘assolvimento di un tale onere, che si deve ritenere esteso all’indicazione di un indirizzo utile a consentire la notificazione, non risulta così gravoso da incidere sulle garanzie del contribuente, né si traduce in un ingiustificato privilegio per il fisco, essendo la norma conformata alla specificità del complessivo rapporto impositivo, nonché strumentale alle esigenze funzionali ed operative dell’amministrazione finanziaria, rispondenti all’interesse generale.
7. Ciò posto, nella vicenda in esame, il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi sopra ricordati, avendo osservato che una volta verificata l’impossibilità di notificare l’invito e l’avviso di accertamento presso il luogo di residenza del contribuente, risultando questo trasferito presso luogo sconosciuto, la notifica nella forma degli irreperibili costituiva l’unico strumento per assicurare il contraddittorio. Né può dubitarsi dell’adeguatezza delle ricerche effettuate dall’agente notificatore, poiché dalla sentenza impugnata risulta che egli, recatosi presso la residenza dichiarata dal contribuente (in Milano, INDIRIZZO per effettuare la notifica dell’invito , ha attestato di non averlo rinvenuto e di aver appreso
dalla custode che lo stesso si era trasferito da alcuni anni altrove, senza comunicare l’indirizzo. Risulta, inoltre, che l’agente notificatore ha proceduto alla segnalazione anagrafica in data 28.8.2014 e che, tornato in loco per effettuare la notifica dell’avviso di accertamento, ha confermato quanto riscontrato nella prima relata. Emerge, infine, che non è stata contestata la circostanza che il contribuente non abbia inviato alcuna comunicazione di variazione, risultando residente in Milano, INDIRIZZO n. 42 solo a far tempo dal 19.4.2016.
Tali circostanze, oggetto di accertamento di fatto, non sindacabile nella presente sede, comprovano in maniera chiara le ricerche effettivamente compiute dall ‘agente notificatore. Né può ritenersi che egli fosse tenuto, secondo il parametro della ordinaria diligenza, a compiere indagini sulle intestazioni delle utenze del gas, al fine di risalire ad abitazioni di fatto, considerato che, alla stregua di tale parametro, va valutato anche il comportamento del contribuente destinatario della notifica che, in caso di mutamento di indirizzo, ha l’onere, connesso alla ordinaria cura dei propri affari ed interessi, di lasciare informazioni per consentire ai terzi di conoscere il suo nuovo indirizzo.
Pertanto, sulla base di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio, a carico del ricorrente, del contributo unificato, ove dovuto (Cass. SU n. 4315/2020, Rv. 657198-03).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore d ell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 10.000,00, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione