Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3616 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3616 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13743/2016 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, in proprio e con l’assistenza dell’ avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende, elettivamente domiciliato presso lo studio dei medesimi in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dal l’avv . NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma INDIRIZZO;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 6348/2015, depositata il 30 novembre 2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso notificato in data 15 marzo 2011 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e dell’ Agenzia delle Entrate, l’avv. NOME COGNOME adiva la Commissione tributaria provinciale di Roma per l’ annullamento delle intimazioni di pagamento n. 097 2010 9195174821/000 e n. 097 2010 919575023/000 e delle presupposte cartelle esattoriali. A fondamento del ricorso, il ricorrente eccepiva l’ inesistenza, nullità e comunque inefficacia delle notificazioni delle cartelle esattoriali (n. 097 2003 0497825965/000 e n. 097 2004 0315068416/000) poste a fondamento della pretesa impositiva per violazione delle norme procedurali di notifica, la nullità, illegittimità e comunque inefficacia delle cartelle medesime per mancata notifica del presupposto avviso di accertamento, nonché l’intervenuta prescrizione dei relativi importi per decorso del termine di all’art. 2948 n. 4 cod. civ.
Si costituivano in giudizio entrambi i resistenti eccependo l’inammissibilità del ricorso in relazione alla natura degli atti impugnati, nonché per asserita tardività in ragione del decorso del termine di cui all’art. 21 d.lgs. 546/92 e, nel merito, la carenza di legittimazione passiva e l’infondatezza della domanda, con vittoria di spese del giudizio.
Con sentenza depositata il 12 dicembre 2013, la Commissione tributaria provinciale di Roma dichiarava inammissibile il ricorso.
-Avverso tale sentenza, proponeva appello l’odierno ricorrente.
Si costituivano in giudizio sia l’Agenzia delle Entrate sia l’Equitalia Sud .
Con sentenza n. 6348/38/15, depositata il 30 novembre 2015, la Commissione tributaria regionale di Roma ha rigettato l’appello con compensazione delle spese.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato un atto di costituzione al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto di cui all’art. 26 d .P.R. 602/73, all’art. 60 d.P.R. 600/ 73 e all’art. 6 l. 212/2000 in materia di notifica di atti tributari e cartelle di pagamento (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme richiamate in materia di notificazione di atti tributari e cartelle di pagamento per non aver l’autorità giudiziaria adita accertato e dichiarato la inesistenza, nullità e inefficacia delle notificazioni delle cartelle esattoriali in questione, siccome eseguite secondo la procedura prevista in ipotesi di irreperibilità assoluta del destinatario, nonostante l’omesso svolgimento delle ricerche volte ad accertare che effettivamente il contribuente non sia reperibile nel comune di domicilio fiscale. La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che, a seguito della irreperibilità assoluta del destinatario presso la propria residenza anagrafica, la notifica sarebbe stata correttamente eseguita, avendo il messo notificatore proceduto al deposito dell’atto presso la Casa comunale ed all’affissione all’Albo del relati vo avviso. Ciò in quanto lo stesso non
sarebbe stato tenuto a svolgere alcuna ricerca per reperire il destinatario nell’ambito del medesimo comune di domicilio fiscale. Tale statuizione risulterebbe erronea e illegittima in quanto assunta in violazione e falsa applicazione dei principi di diritto in materia di notificazione delle cartelle di pagamento di cui all’art. 26 d.P.R. 602/73, all’art. 60 d .P.R. 600/73 ed all’art. 6 L. 212/2000. Sarebbe infatti circostanza di fatto, non contestata e documentalmente acclarata, che tutti i tentativi di notifica delle cartelle esattoriali per le quali è causa sono stati eseguiti all’indirizzo di INDIRIZZO in Roma, dove il ricorrente non era più reperibile in quanto trasferito da anni. In particolare, questi aveva cessato di abitare all’indirizzo in questione già a far data dal 19.12.2003, data di vendita dell’alloggio a favore di NOME COGNOMEche ne ha ricevuto il possesso contestualmente), per atto notarile. Da quella data in avanti il predetto ha abitato in Roma alla INDIRIZZO VII n. 221 in forza di regolare contratto di locazione a uso abitativo del 21.10.2003, registrato all’Ufficio delle Entrate di Roma 2 in data 13.11.2003 al n. 11392. La circostanza della irreperibilità assoluta del destinatario presso l’indirizzo in questione sarebbe stata certificata dallo stesso messo notificatore nelle attestazioni di notifica delle cartelle esattoriali per le quali è causa. Si evidenzia, inoltre, che i giudici del merito, a fronte di specifica contestazione del ricorrente, hanno ritenuto irrilevante il mancato svolgimento da parte del messo notificatore delle ricerche volte a reperire il destinatario, ai sensi dell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Al contrario, nel caso di specie, il messo notificatore, rilevata l’ irreperibilità del destinatario presso l’indirizzo di residenza anagrafica, avrebbe potuto/dovuto svolgere ricerche per: i) individuare il luogo di trasferimento posto che ‘dii fini della determinazione del luogo di residenza o dimora della persona destinataria della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove essa dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le, risultanze anagrafiche mero valore presuntivo circa il luogo di
residenza e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento; ii) ovvero individuare l’ufficio del contribuente, poiché posto nel medesimo comune di residenza e domicilio fiscale. Viene richiamato altresì l’art. 6 l. 212/2000 in applicazione del principio generale secondo cui deve in ogni caso assicurarsi l’effettiva conoscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati, che impone all’amministrazione finanziaria di comunicare tali atti nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione o di altre amministrazioni pubbliche.
Con il secondo motivo si deduce la violazione s/o falsa applicazione di norma di diritto di cui all’art 60 d.P.R. 600/73 e 139 cod. proc. civ., in materia di notifica di atti tributari e cartelle di pagamento (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). L’art. 60 d.P.R. 600/73, prevede la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, con le seguenti modifiche: e) quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 cod. proc. civ., in busta chiusa e sigillata, si affigge nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione. Quanto all’art 139 cod. proc. civ. esso prevede che se non avviene nel modo previsto nell’articolo precedente, la notificazione deve essere fatta nel comune di residenza del destinatario, ricercandolo nella casa di abitazione o dove ha l’ufficio o esercita l’i ndustria o il commercio. Sarebbe circostanza mai contestata e comunque documentalmente provata che nel medesimo comune del domicilio fiscale il contribuente aveva come ha il proprio ufficio (noto Studio legale reperibile in molteplici siti pubblici sia istituzionali che di altra natura). Detta circostanza sarebbe tale da escludere in ogni caso la
possibilità di dare corso alla procedura prevista in ipotesi di irreperibilità del destinatario. Sul punto, si ricorda che la stessa Corte costituzionale, con sentenza 19-22 novembre 2012, n. 258, offrendo una lettura costituzionalmente orientata della disposizione di cui al citato art. 26 d.P.R. 602/73, ha affermato espressamente il principio secondo cui l’applicazione delle modalità di cui all’art. 60 del d.P.R. 600/73 deve essere limitata ai soli casi in cui nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi sia abitazione, ufficio o azienda del destinatario, dovendosi negli altri casi procedere ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ.
1.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono inammissibili.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di notificazione degli atti in materia tributaria, qualora risulti che il contribuente si sia trasferito in località sconosciuta, il messo notificatore, prima di procedere alla notifica ai sensi dell’art. 60, primo comma, lettera e), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, deve effettuare ricerche nel comune dove è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso comune (Cass., Sez. VI-5, 27 giugno 2017, n. 16043; Cass., Sez. V, 22 gennaio 2013, n. 1440; Cass., Sez. V, 2 marzo 2007, n. 4925). La notificazione ai sensi della predetta disposizione può essere tuttavia ritenuta valida anche nell’ipotesi in cui risulti a posteriori che il trasferimento era intervenuto nell’ambito dello stesso comune, sempre che al momento della notificazione, nonostante le ricerche effettuate nell’ambito dello stesso comune dal messo notificatore (la cui sufficienza va valutata dal giudice di merito con apprezzamento sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo motivazionale, nei limiti in cui ciò è consentito dall’attuale formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ.), permanessero ignoti il nuovo indirizzo e il relativo comune per circostanze non addebitabili né opponibili all’Amministrazione, ad esempio, per il decorso di un termine troppo
breve tra il trasferimento e la notificazione e/o l’inottemperanza del contribuente agli oneri posti a suo carico dalla disciplina in materia di mutamenti anagrafici.
Seppur non possa prescindersi dal rilevare il vizio di inammissibilità dei motivi perché è dedotta, in contrasto con il citato principio giurisprudenziale, la violazione di norme di legge (e segnatamente degli artt. 26 d.P.R. 602/73, 60 d.P.R. 600/73 e 6 l. 212/2000 e 139 cod. proc. civ.) e non un vizio di motivazione nei limiti in cui ciò è consentito, osserva questa Corte che le censure proposte contrastano con l’accertamento in fatto compiuto in sede di merito a fronte di una ‘ doppia conforme ‘, senza che il ricorrente abbia messo in evidenza le eventuali differenze tra le ragioni di fatto poste a base della sentenza di appello rispetto a quelle poste a base della sentenza di primo grado.
Secondo l’apprezzamento compiuto in sede di merito, dalle relate di notifica prodotte in atti emerge come il notificatore ha effettuato un primo tentativo di notifica alla INDIRIZZO in data 9.12.2005, in occasione del quale accertava – con efficacia di piena prova, fino a querela di falso – che il COGNOME è sconosciuto sul citofono e sulle cassette postali. Successivamente, dopo aver effettuato verifiche anagrafiche, in data 13.1.2006, veniva nuovamente tentata la notifica presso la residenza del destinatario, con l’attestazione della sua assenza e la dicitura ‘sconosciuto’. L’Ufficiale, pertanto, provvedeva a depositare gli atti, in data 19.1.2006, presso il Comune. Deve, pertanto, ritenersi corretta la decisione in merito alla accertata irreperibilità assoluta del destinatario, come prescritto dagli artt. 26 e 60 del d.P.R. 602/1973, giacché – come affermato dal giudice del merito con accertamento in fatto non censurabile in Cassazione – dai dati anagrafici al momento in cui viene effettuata la notifica non risultava nessuno spostamento di residenza nell’ambito del territorio comunale, né in comune diverso, avendo peraltro provveduto il ricorrente – come evidenziato
nel controricorso – alla registrazione del cambio di residenza solo successivamente alla notifica.
-Con il terzo motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto di cui all’art. 19, ult . co., d.lgs. 546/92 in materia di autonoma impugnabilità degli atti tributari (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). I giudici di prime cure hanno statuito in ordine alla inammissibilità del ricorso sulla scorta della preclusione originante da una pretesa valida notifica dell’atto presupposto e quindi in ordine alla non impugnabilità dell’atto di intimazione in ordine ai profili relativi al primo atto. Sarebbe tuttavia evidente che in presenza di una non corretta notifica dell’atto presupposto , va riconosciuto il diritto del ricorrente a impugnare le cartelle unitamente ai successivi avvisi di intimazione, vista la previsione di cu i all’art. 19, ult. co. , d.lgs. 546/92. Ciò in quanto gli atti di intimazione opposti costituiscono i primi atti attraverso cui il ricorrente ha avuto conoscenza della pretesa impositiva. Quale corollario, risulta l’omessa considerazione da parte della Commissione tributaria regionale (e prima ancora di quella provinciale) del vizio di omessa notifica dei presupposti avvisi di accertamento (ritenuto assorbito dalla presunta non impugnabilità dell’atto presupposto). Il mancato adempimento di tale obbligo incide, per costante e consolidato orientamento giurisprudenziale, sulla legittimità della cartella determinandone la nullità.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
Parte ricorrente censura ‘ l’omessa considerazione ‘ -sia da parte della Commissione tributaria provinciale sia di quella regionale -del vizio di ‘ omessa notifica dei presupposti avvisi di accertamento ‘ , ‘ ritenuto assorbito dalla presunta non impugnabilità dell’atto presupposto ‘ . La censura avrebbe eventualmente dovuto riguardare il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice del gravame, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che ricorre ove il giudice
ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame (Cass., Sez. V, 23 ottobre 2024, n. 27551). Peraltro, come accertato in sede di merito, con apprezzamento non sindacabile in questa sede a fronte di una ‘ doppia conforme ‘ nei termini già indicati, non vi è stato alcun vizio di omessa notifica degli atti in questione, per cui le norme invocate non possono trovare applicazione nella fattispecie.
3. -Con il quarto motivo di ricorso si prospetta la violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto di cui agli artt. 2946 cod. civ. e 2948, n. 4 cod. civ. in materia di prescrizione (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.). Si contesta, al riguardo, la decisione della Commissione tributaria regionale sul rigetto della domanda di prescrizione che avrebbe violato l’ art. 2948, n. 4 cod. civ. Nel caso di specie, infatti, la prescrizione opererebbe anche a prescindere dalla validità o meno della notifica dell’atto presupposto: tra la data di asserita notifica delle cartelle esattoriali (19.01.2006) e la data di notifica degli atti di intimazione (15.02.2011) è decorso un termine superiore al quinquennio e, pertanto, la pretesa impositiva risulterebbe prescritta, pur nella ipotesi in cui venga ribadita la regolarità della procedura di notifica delle cartelle esattoriali. Ove mai si ritenesse invece applicabile unicamente il termine di prescrizione decennale, risulterebbe falsamente applicato l’art. 2946 cod. civ. Le somme richieste sarebbero da riferirsi a tributi (IRAP, IVA, IRPEF) tutti relativi agli anni 1999/2000. Se la notifica del 2005 deve intendersi come nulla (e quindi senza alcun effetto interruttivo), tra la data di notifica del 2011 e l’insorgenza del diritto, sarebbero comunque decorsi più di dieci anni.
3.1. -Il motivo è infondato.
In tema IRPEF, IVA, IRAP ed imposta di registro, il credito erariale per la loro riscossione si prescrive nell’ordinario termine
decennale assumendo rilievo, quanto all’imposta di registro, l’espresso disposto di cui all’art. 78 del d.P.R. n. 131 del 1986 e, quanto alle altre imposte dirette, l’assenza di un’espressa previsione, con conseguente applicabilità dell’art. 2946 cod. civ., non potendosi applicarsi l’estinzione per decorso quinquennale prevista dall’art. 2948, comma 1, n. 4, cod. civ. “per tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, in quanto l’obbligazione tributaria, pur consistendo in una prestazione a cadenza annuale, ha carattere autonomo ed unitario ed il pagamento non è mai legato ai precedenti bensì risente di nuove ed autonome valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti impositivi (Cass., Sez. VI-5, 26 giugno 2020, n. 12740; Cass., Sez. VI-5, 17 dicembre 2019, n. 33266; Cass., Sez. VI-5, 11 dicembre 2019, n. 32308). Stante la regolarità delle notifiche delle cartelle esattoriali e degli atti di intimazione non vi è stata nessuna prescrizione per decorso del termine decennale.
4. -Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo il favore di RAGIONE_SOCIALE. Non spettano le spese all’Agenzia delle entrate che si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore di RAGIONE_SOCIALE in euro 4.300,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, alle spese generali (15%) e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione