Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12063 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12063 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
INTIMAZIONE DI PAGAMENTO -IRPEF 2015
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4506/2023 R.G. proposto da: NOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso,
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro-tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 2944/20/2022, depositata il 12 luglio 2022; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 22 gennaio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione notificava, in data29 ottobre 2019, a NOME COGNOME Maria intimazione di pagamento n. 097-2019-9079637419-000, con la quale veniva richies to il pagamento della somma di € 186.715,39 per il mancato pagamento della cartella di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO riguardanti IRPEF e relative addizionali ed IVA per l’anno 2015.
Avverso tale intimazione di pagamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenza n. 1718/10/2020, depositata in segreteria il 5 ottobre 2020, lo rigettava, ritenendo che la cartella di pagamento presupposto fosse stata re golarmente notificata, e ritenendo l’avviso di intimazione impugnato debitamente motivato.
Interposto gravame da NOME COGNOME COGNOME la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 2944/20/2022, pronunciata il 24 giugno 2022 e depositata in segreteria il 12 luglio 2022, rigettava l’appello, confermando la sentenza impugnata e condannando l’appellante alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 9 febbraio 2023).
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
In data 26 giugno -2 luglio 2024 il Consigliere delegato emetteva proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380bis , comma 1, c.p.c., ritenendo l’unico motivo di ricorso manifestamente infondato.
In data 10 agosto 2024 il ricorrente ha proposto istanza di trattazione e decisione ex art. 380bis , comma 2, c.p.c.
Con decreto del 9 ottobre 2024 è stata quindi fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 22 gennaio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso NOME eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 140 c.p.c. e 60, comma 1, lett. e ), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, il ricorrente che, nel caso di specie ai fini della valutazione della validità della notificazione della cartella da cui trae origine l’intimazione di pagamento impugnata – non si verteva in ipotesi di irreperibilità assoluta del contribuente, il quale aveva il proprio domicilio professionale in Roma, e che il messo notificatore avrebbe dovuto effettuare ulteriori ricerche circa l’effettiva inesistenza di un domicilio nella stessa città.
2. Il motivo è infondato.
La notificazione della cartella di pagamento, su cui si fonda l’intimazione di pagamento impugnata , è stata correttamente effettuata nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 60, comma 1, lett. e ), del d.P.R. n. 600/1973. Infatti, il messo notificatore non ha reperito il contribuente presso il domicilio fiscale/residenza, non è riuscito a reperire informazioni in loco e, dalle notizie (pur acquisite) presso la casa comunale il contribuente è risultato trasferito in luogo sconosciuto (in quanto non era ivi indicato un altro indirizzo), così integrandosi
l’ipotesi di ‘irreperibilità assoluta’ prevista dalla norma suindicata.
Nel caso di specie, infatti, il destinatario della notifica è risultato sconosciuto all’unico indirizzo noto confermato da visura anagrafica -dove il messo notificatore ha attestato l’irreperibilità del debitore e l’assenza di qualsivoglia indicazione del relativo nominativo sia sul citofono sia sulla cassetta postale, così compiendo le verifiche conformi al canone ordinario di diligenza, tanto più che non risultava un differente indirizzo dall’anagrafe comunale.
Non può, peraltro, pretendersi dal messo notificatore di verificare l’iscrizione del contribuente in un qualche albo professionale, al fine di effettuare la notifica presso un eventuale domicilio professionale, non essendo, lo stesso messo notificatore, tenuto a sapere quale attività professionale il contribuente effettivamente svolga, e se quindi sia iscritto in un qualche albo professionale, e presso quale indirizzo, trattandosi di attività che esorbita l’ordinaria diligenza . Infatti, «l’ordinaria diligenza, alla quale il notificante è tenuto a conformare la propria condotta, per vincere l’ignoranza in cui versi circa la residenza, il domicilio o la dimora del notificando, al fine del legittimo ricorso alle modalità di notificazione previste dall’art 143 c.p.c., deve essere valutata in relazione a parametri di normalità e buona fede secondo la regola generale dell’art 1147 c.c. e non può tradursi nel dovere di compiere ogni indagine che possa in astratto dimostrarsi idonea all’acquisizione delle notizie necessarie per eseguire la notifica a norma dell’art. 139 c.p.c., anche sopportando spese non lievi ed attese di non breve durata. Ne consegue l’adeguatezza delle
ricerche svolte in quelle direzioni (uffici anagrafici, ultima residenza conosciuta) in cui è ragionevole ritenere, secondo una presunzione fondata sulle ordinarie manifestazioni della cura che ciascuno ha dei propri affari ed interessi, siano reperibili informazioni lasciate dallo stesso soggetto interessato, per consentire ai terzi di conoscere l’attuale suo domicilio (residenza o dimora)» (Cass. 31 luglio 2017, n. 19012); al contrario, appare senz’altro esorbitante, rispetto all’ordinaria diligenza, pret endere che il messo notificatore consulti tutti gli albi professionali, al fine di reperire il nominativo e l’eventuale domicilio professionale del destinatario della notificazione, trattandosi di attività puramente esplorativa e svolta senza alcun riferimento specifico riguardante la persona del destinatario.
3. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Ai sensi dell’art. 380 -bis , comma 3, c.p.c., il ricorrente deve essere condannato al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata ex art. 96, comma 3, c.p.c. in € 800,00 , nonché al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende ex art. 96, comma 4, c.p.c., che viene determinata in € 1.000,00.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna NOME Maria alla rifusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 7.540,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione , dell’ulteriore somma di € 800,00 ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, dell’ulteriore somma di € 1.000,00, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2025.