Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24682 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24682 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME CECILIA
Data pubblicazione: 13/09/2024
SCIOSCIA COGNOME
– intimato – avverso la sentenza della C.T.R. del LAZIO, n. 464/2017, depositata il 9.2.2017 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11.7 .2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE:
Oggetto: Cartella di pagamento – Destinatario irreperibile – Notificazione – Procedimento ex art. 60, comma 1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12889/2017 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, e rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
contro
Con ricorso proposto alla Commissione tributaria provinciale di Roma, COGNOME NOME impugnava l’intimazione di pagamento notificatagli dalla RAGIONE_SOCIALE, eccependo di non aver mai ricevuto, in quanto all’epoca detenuto presso la Casa circondariale di Rebibbia, la notificazione dell’avviso di accertamento e della cartella di pagamento presupposta.
In primo grado, l’impugnazione veniva dichiarata inammissibile, poiché, per un verso, l’intimazione di pagamento non era un atto autonomamente impugnabile e, per altro, la cartella prodromica era stata correttamente notificata ai sensi dell’art. 140 c.p.c..
Proposto gravame avverso tale decisione, l’appello del contribuente veniva accolto, sul rilievo della nullità della notificazione della cartella di pagamento, poiché effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., prevista in caso di assenza temporanea del destinatario, anziché con il procedimento previsto per gli irreperibili, sebbene il contribuente risultasse trasferito.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’ RAGIONE_SOCIALE, sulla base di un solo motivo. Il contribuente è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’ RAGIONE_SOCIALE deduce il vizio per travisamento della prova in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., avendo errato la CTR a ritenere che la cartella di pagamento era stata notificata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., poiché essa in realtà era stata notificata con il procedimento notificatorio previsto per i contribuenti irreperibili dall’ art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973. Tale procedimento, peraltro, sarebbe stato pacificamente riconosciuto anche dal contribuente che, in sede di appello, si doleva di tale modalità di notifica.
2. Appare opportuno, innanzitutto, rilevare che il motivo è ammissibile, alla luce della recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, che, nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, ha affermato che il travisamento del contenuto oggettivo della prova che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. Sez. U, n. 5792/2024, Rv. 670391-01).
Nel caso in esame, la questione relativa alle modalità di notificazione della cartella di pagamento era stata oggetto di controversia nelle precedenti fasi del giudizio e, in particolare, aveva costituito motivo di appello da parte del contribuente, che ne contestava la validità, sostenendo che la notificazione medesima era stata erroneamente effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c.. Sicché, trattandosi di vizio processuale, correttamente è stato fatto valere ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c..
3. Il motivo di doglianza è, altresì, fondato e va accolto.
Ed invero, l’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e ss. c.p.c., ma con alcune peculiarità. In particolare, la lettera a) del comma 1 prevede che la notificazione sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall ‘ ufficio delle imposte. La successiva lettera e), poi, stabilisce che, quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi è abitazione,
ufficio o azienda del contribuente, l’avviso del deposito prescritto dall’art. 140 c.p.c., in busta chiusa e sigillata, deve essere affisso nell’albo del comune e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione.
Al riguardo, la Suprema Corte ha affermato che la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune. Rispetto a tali principi, nulla ha innovato la sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2012, n. 258 la quale nel dichiarare in parte qua , con pronuncia di natura “sostitutiva”, l’illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto comma) dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero la disposizione concernente il procedimento di notifica delle cartelle di pagamento, ha soltanto uniformato le modalità di svolgimento di detto procedimento a quelle già previste per la notificazione degli atti di accertamento, eliminando una diversità di disciplina che non appariva assistita da alcuna valida ratio giustificativa e non risultava in linea con il fondamentale principio posto dall’art. 3 della Costituzione (Cass. n. 16696/2013, Rv. 627074-01).
Dal contenuto della relata di notifica della cartella di pagamento in questione, trascritto nel ricorso della RAGIONE_SOCIALE, in conformità al principio di autosufficienza, e depositato nel fascicolo informatico, risultano rispettate tutte le modalità previste dalla lettera e) del citato art. 60, essendo stata riscontrata la irreperibilità del contribuente destinatario.
Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, quindi, non risulta corretta la decisione impugnata, che ha ritenuto che fosse stato applicato il procedimento di cui all’art. 140 c.p.c., essendo invece state osservate le modalità di cui al suindicato art. 60.
Pertanto, in accoglimento del l’unico motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice a quo per l’ulteriore esame dell’appello proposto dall’agente della RAGIONE_SOCIALE e per il regolamento delle spese di lite anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria del Lazio, in diversa composizione, per l’ ulteriore esame dell’appello proposto dall ‘agente della RAGIONE_SOCIALE e per il regolamento delle spese di lite anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione