Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34933 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34933 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
IRPEF, IVA ACCERTAMENTO STUDI DI SETTORE -CONTRADDITTORIO.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 04897/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del controricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della SICILIA n. 2692/21/2016 depositata l’11/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate notificava a COGNOME NOME, in qualità di titolare di una impresa gerente attività di noleggio macchine e di attrezzature edili, l’avviso di accertamento TYQ01B201646/2011. Con l’atto impositivo l’Ufficio, in ragione della mancata risposta al
questionario inviato per il mancato adeguamento a studi di settore, procedeva ad accertamento induttivo dei ricavi.
Il ricorrente impugnava l’accertamento innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta deducendo che il questionario non gli era mai stato inviato, che l’accertamento non teneva conto delle perdite maturate nell’esercizio così come della negativa situazione economica dell’impresa. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio chiedendo la conferma dell’accertamento. La Commissione adita accoglieva il ricorso rilevando come non fosse stato provato il preventivo invio del questionario e ritenendo che l’adozione degli studi di settore e l’accertamento induttivo non fossero stati supportati da indizi gravi precisi e concordanti.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello avverso la sentenza di primo grado. Il contribuente non si costituiva nel giudizio di secondo grado. La Commissione tributaria regionale della Sicilia -con la sentenza n. 2692/21/2016 dell’11/07/2016 – rigettava l’appello affermando che non vi era prova che il questionario fosse stato inviato e che il contribuente aveva dimostrato che le perdite fossero dovute all’acquisto di una trivella da 220.000,00 mila euro ed al relativo ammortamento.
Avverso la pronuncia della Commissione tributaria regionale della Sicilia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. COGNOME NOME si è costituito con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 03/10/2024.
Considerato che:
1. In via del tutto preliminare va osservato che, prima della trattazione del ricorso in camera di consiglio, in data 12/05/2023 l’Avv. NOME COGNOME ha depositato una procura speciale rilasciata dal controricorrente COGNOME COGNOME al medesimo difensore per la trattazione della intestata controversia. Rileva, tuttavia, il Collegio
come detta procura non sia allegata ad un atto di costituzione del nuovo difensore ovvero ad altro atto processuale e, per questa via, non possa assumere rilievo alcuno. Il ricorrente è, ancora, a tutti gli effetti assistito dall’originario difensore Avv. NOME COGNOME in ragione della procura speciale a margine del controricorso; mandato in ordine al quale non risulta alcuna revoca.
Con l’unico strumento di impugnazione l’Amministrazione ricorrente deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 140 cod. proc. civ. e 60, comma 1, d.P.R. 29/09/1973, n. 600 nonché dell’art. 39, comma 1, lett. d -bis), d.P.R. 600 del 1973, nonché degli artt. 62-bis e 62-sexies, d.l. 30/08/1993, n. 331 convertito dalla l. 29/10/1993, n. 427, nonché dell’art. 7 della legge 19/07/2000, n. 221 e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.. Secondo l’Agenzia delle Entrate la sentenza impugnata avrebbe errato nell’escludere che il questionario fosse stato inviato perché in realtà il contribuente avrebbe ricevuto valida notifica all’indirizzo di residenza con le modalità dell’art. 140 cod. proc. civ. e dell’art. 60, comma 1, lettera e), d.P.R. 600/1973 e cioè con attestazione della irreperibilità assoluta e dell’avviso compiuto con l’affissione nella casa comunale, adempimenti che risultavano ritualmente riferiti dalla relata del messo comunale.
2.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, nell’affermare che agli atti non vi è prova del rituale invio del questionario preliminare non è incorsa in errori, dal momento che la notifica dell’atto non si è perfezionata nelle forme del rito per gli irreperibili assoluti come disciplinato dall’art. 60 del d.P.R. 29/09/1973, n. 600. La relata di notifica (allegata in atti al ricorso per cassazione) attesta che nel Comune di residenza non è stata reperita la residenza o il domicilio del destinatario dell’atto, ma non afferma che il messo abbia svolto specifiche ricerche, nessuna menzione è fatta delle attività di ricerca necessarie per l’adozione del rito degli
irreperibili assoluti e nemmeno delle preliminari ricerche anagrafiche. La sentenza impugnata ha, allora, deciso per l’invalidità della notifica in coerenza con il costante orientamento espresso da questa Corte: «in tema di notificazione degli atti impositivi, il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste, per gli irreperibili assoluti, dall’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., deve svolgere le ricerche volte a verificare che il contribuente non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune nel quale aveva il domicilio fiscale» (Cass. 03/04/2024, n. 8823); «in tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l’atto: peraltro, il tipo di ricerche a tal fine demandato al notificatore non è indicato da alcuna norma, neppure quanto alle espressioni con le quali debba esserne documentato l’esito nella relata, purché dalla stessa se ne evinca con chiarezza l’effettivo compimento» (Cass. 27/07/2018, n. 19958); ed infine: «in tema di procedura di notificazione semplificata ex art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, il messo notificatore, se accerta la cosiddetta irreperibilità assoluta del destinatario, trasferitosi in località sconosciuta, deve soltanto provvedere al deposito dell’atto nella casa comunale ed all’affissione nell’albo dell’ente territoriale e, pur in assenza di specifiche norme sulla loro tipologia, deve indicare le ricerche che ha effettuato (in primo luogo quelle anagrafiche), con conseguente invalidità della notifica ove il predetto si sia limitato a sottoscrivere un modello prestampato, che, riportando generiche espressioni, impedisce ogni controllo del suo operato, non
essendovi, in tal caso, attestazioni del pubblico ufficiale notificatore, impugnabili mediante querela di falso.» (Cass. 24/05/2024, n. 14658).
2.2. La mancata preventiva instaurazione del contraddittorio con il contribuente inficia il successivo accertamento induttivo adottato dall’Ufficio atteso che: «l’accertamento operato sulla base della sola applicazione degli studi di settore impone, a pena di nullità, l’obbligo di un preventivo contraddittorio con il contribuente, in quanto il sistema delle presunzioni semplici su cui gli studi si fondano – la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati – richiede un percorso di adeguamento dell’elaborazione statistica alla concreta realtà economica del contribuente, il cui esito confluisce nella motivazione, la quale deve ricomprendere le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa sono stati disattesi; al contrario, il predetto obbligo non occorre se l’accertamento trova fondamento anche su ulteriori elementi giustificativi, come la reiterata antieconomicità dell’attività, desumibile da irregolarità contabili o anomale gestioni aziendali» (Cass. 09/04/2024, n. 9554). Nella specie la sentenza impugnata riferisce di uno scostamento solo lieve del contribuente dai parametri indicati per la stessa attività e il ricorso non attinge tale profilo della motivazione, perché propone solo generici argomenti, non indica a quanto ammontasse lo scostamento e non specifica perché dovesse qualificarsi come ingente.
Il ricorso deve, allora, essere respinto: le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
3.1. Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto
dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna l’Ufficio ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.600,00 (cinquemilaeseicento) a titolo di compenso, oltre a 200,00 euro per esborsi, al rimborso forfettario spese generali nella misura del 15% e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 3 ottobre 2024.