Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34821 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34821 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
Oggetto: notifica intimazione -atto impugnabile -consolidamento pretesa tributaria
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23057/2023 R.G. proposto da AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente pro tempore, rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO; -ricorrenti – contro
NOME ;
-intimato –
avverso la sentenza n.111/1/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata depositata il 26.4.2023, non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata accoglieva l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Potenza n. 447/2/2021 con la quale era stato rigettato il ricorso del contribuente contro l’intimazione di pagamento notificatale in data 17.09.2019 dall’Agenzia dell’entrate -Riscossione. Il credito erariale di euro 110.988,82 derivava dalla sottostante cartella di pagamento relativa ad II.DD. e IVA 2006.
Il giudice di prime cure riteneva che la cartella sottostante fosse stata ritualmente notifica e che la prescrizione non fosse maturata perché interrotta da un ‘ intimazione di pagamento notificata nel 2016.
Il giudice d’appello, pur affermando in dispositivo di ritenere solo parzialmente fondato l’appello del contribuente, dichiarava la «nullità dell’avviso n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 17.09.2019», ossia faceva venir meno integralmente l’atto oggetto di impugnazione. La motivazione della sentenza argomentava circa l’accoglimento della censura concernente la notifica dell’atto prodromico all’intimazione in controversia, ovvero la cartella di pagamento, ritenendo la stessa illegittima per invalidità della notifica. In particolare, secondo la CTR la documentazione prodotta in giudizio non era idonea a dimostrare l’avvenuta ricezione da parte del contribuente della raccomandata informativa del deposito
dell’atto presso la Casa comunale, come necessario in caso di notifica a soggetti temporaneamente irreperibili, sulla scorta della modifica della disciplina per opera dell’intervento della sentenza della Corte costituzionale n. 258/2012. La sentenza inoltre dichiarava il credito non prescritto e argomentava circa la rituale notifica dell’ antecedente intimazione di pagamento del 2016 ai fini dell’interruzione della prescrizione.
Avverso tale sentenza hanno proposto un unico ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione, affidato a tre motivi, mentre il contribuente è rimasto intimato.
Considerato che:
Con il primo motivo del ricorso principale, in relazione all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., viene censurata la sentenza di appello, per violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, n. 4 del cod. proc. civ., 118 disp. attuazione cod. proc. civ., 1, comma 2, 36, comma 2, nn. 2 e 4, 53 e 54 del d.lgs. n. 546/1992 per motivazione gravemente carente ed intrinsecamente contraddittoria, tale da rivelarsi meramente apparente. Nella censura si lamenta che il giudice d’appello, pur muovendo dall’assunto per cui l’Ufficio non avrebbe dimostrato la corretta notifica della cartella di pagamento prodromica, riconosce, al contempo, la piena legittimità della -altrettanto prodromica -intimazione di pagamento notificata nel 2016, attraverso un ragionamento intrinsecamente contraddittorio e sostanzialmente apparente.
Il motivo è infondato.
2.1. La sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il
ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016). Inoltre, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, dev ‘ essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. L’ anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
2.2. Ciò premesso, la sentenza del giudice di merito, la quale, dopo aver aderito ad una prima ragione di decisione, esamini ed accolga anche una seconda ragione, al fine di sostenere la decisione anche nel caso in cui la prima possa risultare erronea, non incorre nel vizio di contraddittorietà della motivazione, il quale sussiste nel diverso caso di contrasto di argomenti confluenti nella stessa ratio decidendi , né contiene, quanto alla causa petendi alternativa o subordinata, un mero obiter dictum , insuscettibile di trasformarsi nel giudicato. Detta sentenza, invece, configura una pronuncia basata su due distinte rationes decidendi , ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, con il conseguente onere del ricorrente di impugnarle entrambe, a pena di inammissibilità del ricorso. (Cass.
Sez. 3, sentenza n. 10815 del 18/04/2019; conforme, Cass. Sez. 1, ordinanza n. 17182 del 14/08/2020).
2.3. Nel caso in esame, la sentenza impugnata esprime una pluralità di rationes decidendi : la prima ratio afferma che la notifica della cartella sottostante l’intimazione, portante il credito, è illegittima, mentre la seconda afferma che la prescrizione non è maturata, sia per termine di prescrizione decennale non spirato ( « Di conseguenza, vertendosi in tema di tributi IVA e II.DD. per l’anno 2006 ed essendo intervenuto un atto interruttivo della prescrizione in data 21.11.2016, costituito dall’intimazione di pagamento notificata nella predetta data, la pretesa tributaria deve ritenersi tutt’ora sussistente e non perenta per prescrizione» cfr. pp.2-3 sentenza), sia per utile notifica nel 2016 di una intimazione di pagamento interruttiva. La complessiva motivazione espressa dal giudice, sufficientemente comprensibile, rispetta il minimo costituzionale e non è intrinsecamente contraddittoria, perché l’atto impugnato potrebbe ben essere viziato ma il credito sotteso non prescritto.
3. Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., viene prospettata la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546/1992, con riferimento al principio di autonoma impugnazione degli atti tributari quanto all’intimazione di pagamento notificata in data 21.11.2016, di cui il giudice non avrebbe tenuto conto.
Nel corpo del motivo si legge che il giudice di seconde cure avrebbe dovuto constatare la mancata impugnazione dell’intimazione di pagamento (validamente) notificata nel 2016, ed avrebbe dovuto, di conseguenza, dichiarare inammissibili le eccezioni del ricorso introduttivo (ampliate con la memoria illustrativa di primo grado) riferibili alla mancata notifica degli atti prodromici, ex art. 19, comma 3, d.lgs. 546/92, proposte nel ricorso avverso l’intimazione di pagamento notificata nel 2019. In conseguenza di ciò, secondo la
ricorrente la Corte di giustizia di II grado si sarebbe dovuta pronunciare esclusivamente sulla questione della pretesa prescrizione della ripresa fiscale, riconoscendola infondata.
4. Il motivo è infondato.
4.1. Il giudice d’appello ha in fatto accertato (cfr. p.3 sentenza, in calce ) che, in data 21.11.2016, è intervenuta la notifica dell’intimazione di pagamento avente ad oggetto la medesima ripresa delle imposte dirette e IVA 2006 nei confronti del contribuente oggetto dell’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA impugnata con il ricorso introduttivo, tanto è vero che il giudice ha attribuito alla notifica intervenuta il 21.11.2016 effetto interruttivo della prescrizione.
4.2. Orbene, la Corte (cfr. Cass. Sez. 5, sentenza n. 4513 del 25/02/2009) ha stabilito che l’elencazione degli atti impugnabili, contenuta nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della P.A., che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge n. 448 del 2001. Ciò comporta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’art. 19 citato. La mancata impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 citato non determina, in ogni caso, la non impugnabilità (e cioè la cristallizzazione) di quella
pretesa, che va successivamente reiterata in uno degli atti tipici previsti dall’art. 19.
4.3. Inoltre, con specifico riferimento all’impugnazione dell’intimazione di pagamento davanti al giudice tributario, la Corte (v. Cass. Sez. 5, sentenza n. 2616 del 11/02/2015) ha anche chiarito che l’impugnazione da parte del contribuente di un atto non espressamente indicato dall’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che, tuttavia, sia espressivo di una pretesa tributaria ormai definita in un atto recante intimazione di pagamento è una facoltà e non un onere, costituendo un’estensione della tutela, sicché la sua omissione non determina la cristallizzazione della pretesa tributaria, né preclude la successiva impugnazione di uno degli atti tipici previsti dall’art. 19. Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie da tale orientamento condiviso e, dunque, l’impugnazione di tale atto era una facoltà e non un obbligo per la contribuente.
Il terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., deduce il vizio motivazionale relativamente all’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla prova della notifica della cartella di pagamento sottostante all’intimazione impugnata.
Il motivo è inammissibile. Il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico della notificazione della cartella è indubbiamente stato considerato.
Il ricorso è conclusivamente rigettato.
Nulla per le spese in assenza di costituzione dell’intimato .
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.11.2024