Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17730 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Cartella di pagamento- Relatore: COGNOME NOME
2011
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17730 Anno 2025
Presidente: NOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 4570 del ruolo generale dell’anno 202
4, proposto Da
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica del difensore (PEC):EMAIL;
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia n. 5757/07/2023, depositata in data 7.7.2023, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 aprile 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’ Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 165/2022 della Commissione Tributaria Provinciale di Caltanissetta che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente, nella qualità di coobbligato (socio accomandatario) di RAGIONE_SOCIALE, avverso la cartella di pagamento emessa dall’Agente della Riscossione a seguito di atto di recupero, per l’anno 2011, di credito di imposta inesistente.
In punto di diritto, la CGT di II grado- confermando la sentenza di prime cureha osservato che: 1) andava disattesa l’eccezione di mancata notifica dell’atto di recupero presupposto atteso che quest’ultimo era stato notificato dal messo notificatore nelle mani di NOME COGNOME qualificatasi, nel sottoscrivere la relata di notifica, come ‘moglie convivente’ del contribuente (in qualità di coobbligato) per cui si presumeva ( iuris tantum ) la conoscenza dell’atto, ex art. 139 c.p.c., da parte del destinatario fatta salva la prova contraria da parte dello stesso -nella specie non fornita – della inesistenza di un rapporto con il consegnatario comportante la qualità dichiarata (sono richiamate Cass. n. 18270/2015; Cass.
9939/2015; Cass. n. 7688/2015; Cass. n. 19065/2014); 2) era infondata la censura di nullità della cartella di pagamento per carenza di motivazione, essendo stata emessa per recuperare il credito di imposta inesistente utilizzato, nel 2011, in compensazione, oltre interessi e sanzioni; inoltre, il contribuente si era limitato ad eccepire non tanto la motivazione della cartella quanto la erroneità della modalità di calcolo degli interessi, nella specie, correttamente calcolati -come già rilevato dal giudice di primo grado -al tasso del 4%.
3.Resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate .
4.E’stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, in considerazione del rilievo di inammissibilità del ricorso originario per difetto di interesse ad agire, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Il ricorrente ha chiesto la decisione ed è stata quindi disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 380 bis e 380 bis.1 c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione de ll’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/73 per avere la CGT di II grado ritenuto rituale la notifica dell’atto di recupero sotteso alla cartella di pagamento impugnata sebbene la stessa – come risultava dal certificato storico di residenza prodotto già in primo grado – fosse stata eseguita in luogo diverso dalla residenza del destinatario dell’atto e a mani di persona diversa, senza alcun invio di raccomandata i nformativa di cui all’art. 60 del d.P.R. n. 600/1973.
2.Il primo motivo si profila manifestamente infondato.
2.1. In termini generali, la consegna dell’atto da notificare “a persona di famiglia”, secondo il disposto dell’art. 139 c.p.c., non postula necessariamente ne´ il solo rapporto di parentela – cui è da ritenersi equiparato quello di affinità – ne´ l’ulteriore requisito della convivenza del familiare con il destinatario dell’atto, non espressamente menzionato dalla norma, risultando sufficiente
l’esistenza di un vincolo di parentela o di affinità che giustifichi la presunzione che la “persona di famiglia” consegnerà l’atto al destinatario stesso; resta, in ogni caso, a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare il carattere del tutto occasionale della presenza del consegnatario in casa propria, senza che a tal fine rilevino le sole certificazioni anagrafiche del familiare medesimo; l’operativita` di tali principi è, però, subordinata all’accertamento che il luogo di ricezione della notificazione è quello di residenza o domicilio del destinatario, circostanza che, ove contestata dall’interessato, deve essere verificata dal giudice, tenendo conto delle prove agli atti(Sez. 5, n. 11815 del 18/06/2020;Sez. 1, n. 11228 del 28/04/2021 ).
2.2.Ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora della persona destinataria della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove essa dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo circa il luogo di residenza e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all’apprezzamento del giudice di merito. In particolare, la prevalenza, sulle risultanze anagrafiche, della dichiarazione e del comportamento del consegnatario della copia dell’atto comporta a carico del destinatario l’onere della prova non desumibile dalla certificazione anagrafica della sua residenza in luogo diverso da quello in cui è avvenuta la consegna dell’inesistenza del suo rapporto di convivenza (attestato dal pubblico ufficiale notificante) con il consegnatario (Sez. 5, Sentenza n. 15938 del 13/06/2008, Conformi Cass. n. 5713 del 2002 e n. 11562 del 2003; v. anche Cass. sez. L, Sentenza n. 4310 del 2017). In particolare, questa Corte ha osservato che, ove la consegna del piego raccomandato sia avvenuta a mani di un familiare convivente con il destinatario , ai sensi dell’art. 7 della legge 20.11.1982, n. 890, deve presumersi che l’atto sia giunto a conoscenza dello stesso, restando irrilevante (anche) ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall’art. 139 c.p.c., in quanto il problema della identificazione del luogo ove è stata eseguita la notificazione rimane assorbito dalla dichiarazione di convivenza resa dal
consegnatario dell’atto, con la conseguente rilevanza esclusiva della prova della non convivenza, che il destinatario ha l’onere di fornire (Cass. n. 6345/2013, Cass. n. 8472/2018; Cass., sez. 6-5, n. 583 del 2019).
2.3.Nella sentenza impugnata, la CGT di II grado si è conformata ai suddetti principi in quanto -confermando la decisione di prime cure- ha accertato- con un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità- che, in base alla documentazione in atti, l’atto di recupero presupposto risultav a notificato dal messo notificatore del Comune di Gela nelle mani della sig.ra NOME COGNOME qualificatasi ‘moglie convivente’ nel sottoscrivere la relata di notifica; da qui la presunzione iuris tantum di c onoscenza dell’atto da parte del destinatario restando irrilevante ogni indagine sulla riconducibilità del luogo di detta consegna fra quelli indicati dall’art. 139 c.p.c. e incombendo sul destinatario dell’atto l’onere della prova – non desumibile dalla certificazione anagrafica della sua residenza in luogo diverso da quello in cui era avvenuta la consegna dell’inesistenza del suo rapporto di convivenza (attestato dal pubblico ufficiale notificante) con il consegnatario.
Con il secondo motivo si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1. n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212/2000 e 3 della legge n. 241/1990 per avere la CGT di II grado rigettato l’eccezione di nullità della cartella di pagamento per carenza di motivazione stante la mancata indicazione delle modalità di calcolo degli interessi sebbene la cartella di pagamento – costituendo il primo atto attraverso il quale il contribuente era venuto a conoscenza della pretesa creditoria per non essergli mai stato notificato l’atto prodromico di recupero – dovesse contenere, alla luce dei principi statuiti da Cass. SU, n. 2228/2022, l’indicazione, oltre che del quantum del debito di imposta, anche della base normativa relativa agli interessi richiesti, della relativa decorrenza e dei singoli saggi periodicamente applicati.
2.1.Il secondo motivo è manifestamente infondato.
2.2. Il rigetto del primo motivo di ricorso comporta il passaggio in giudicato (interno) della statuizione della CGT di II grado in ordine alla rituale notificazione dell’atto di recupero sotteso alla cartella di pagamento impugnata per cui
correttamente il giudice di appello – non costituendo la cartella impugnata il primo atto notificato al contribuente ha disatteso l’eccezione di carenza di motivazione della cartella per mancata indicazione delle ‘ modalità di calcolo degli interessi ‘ ivi indicati; invero, la cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente (Cass., Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281), circostanza accertata dalla sentenza impugnata (‘ Tale cartella di pagamento è stata emessa per recuperare il credito d’imposta inesistente pari a € 208.906,33 utilizzato nel 2011 in compensazione, oltre sanzioni e interessi, comportante, altresì, l’ipotesi di reato prevista dall’art. 10 quater del D. Lgs . n. 74 del 10 marzo 2000 ‘), in conformità a quanto risultante dalla cartella prodotta dal ricorrente e allegata al ricorso (‘ iscrizione a ruolo a titolo definitivo dell’atto di recupero del credito inesistente TY OCRC400009/15 notificato il 2/03/2015 ‘) .
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
5.Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 » (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023). La norma sottende una valutazione legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione delle sanzioni -di quelle del terzo comma come di quelle del quarto comma del l’art. 96 -non è subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, «di default», dalla definizione del giudizio in conformità alla proposta (Cass. n. 27947/2023). La novità normativa introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), d.lgs. 149/2022 contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale,
una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna ad una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96, terzo comma, c.p.c.) e di una ulteriore somma non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 a favore della Cassa delle ammende (art. 96, quarto comma, c.p.c.). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo , peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale (v. Cass., sez. 5, Ord. n. 27414 del 2024; sez . 1, Ordinanza n. 26385 del 2024; Cass. S.U. n. 27195 del 2023 anche per quanto riguarda la disciplina intertemporale).
6.La Corte fissa in euro 2.900,00 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 1.450,00 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, atteso il carattere pacifico dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta infondatezza del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 5.800,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 2.900,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna il ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 1.450,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 10 aprile 2025
NOME COGNOME