Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26029 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26029 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14806 -20 21 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , e RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro tempore , rappresentate e difese dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici sono domiciliate in Roma, alla INDIRIZZO;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, per procura speciale in calce al contro ricorso, dall’AVV_NOTAIO con domicilio digitale alla pec: EMAIL);
– controricorrente –
Oggetto:
TRIBUTI
avverso la sentenza n. 2571/25/2021 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata in data 22/03/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di un estratto di ruolo rilasciato a NOME COGNOME relativo ad un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2013 emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, la cui notifica, effettuata anche al predetto contribuente quale legale rappresentante della predetta società, lo stesso dichiarava di non aver mai ricevuto, con la sentenza in epigrafe la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Campania rigettava l’appello dell’ RAGIONE_SOCIALE avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo:
-che andava respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso del contribuente avverso l’estratto di ruolo «avendo tutto l’interesse non a contestare semplicemente l’estratto di ruolo (atto interno all’amministrazione), ma a far accertare l’inesistenza della pretesa tributaria cristallizzata nel ruolo formato dall’RAGIONE_SOCIALE»;
che la pretesa tributaria era stata accertata nei confronti della società e non già nei confronti dell’odierno appellato», a cui l’avviso non era stato notificato in proprio ma quale ex legale rappresentante, «ma soprattutto nessun accertamento è contenu to nell’avviso nei suoi confronti, accertamento che sarebbe stato necessario per stabilire le ragioni per le quali il debito tributario di una società di capitali è imputato ad una persona fisica»;
che non era ipotizzabile alcuna responsabilità del contribuente, il quale non era socio al momento della cancellazione della società né liquidatore della stessa;
-che, pertanto, il ruolo a carico dell’appellato è stato illegittimamente formato in assenza di un accertamento poiché l’avviso emesso nei confronti della società non esplica effetti nei suoi confronti sia perché non gli è stato notificato nella qualità, sia perché l’Ufficio non ha dedotto (ma non avrebbe potuto farlo) le ragioni della sua personale responsabilità».
Avverso tale statuizione l’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE propongono ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replica l’ intimato con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per motivazione apparente, in violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato in quanto la motivazione della sentenza impugnata si pone ben al di sopra del ‘minimo costituzionale’ di cui all’art. 111, sesto comma, Cost. (cfr. Cass., Sez. U, n. 8053 del 2014, nonché, tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, 28829 del 2021), avendo la CTR reso una chiara ed esaustiva esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni che l’avevano indotta a rigettare le censure mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado (come reso ben evidente dalle affermazioni sintetizzate nella parte relativa allo svolgimento del processo) esprimendo argomentazioni che, al di là della loro condivisibilità (che è valutazione non richiesta dalla censura in esame), sono pienamente intellegibili e logicamente correlate all’oggetto del gravame devoluto.
Con il secondo motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 28, comma
4, del d.lgs. n. 175 del 2014. Si sostiene la legittimità e la tempestività della notificazione dell’ avviso di accertamento riguardante una società cessata e cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, effettuata, nel termine quinquennale previsto dalla citata disposizione, «al soggetto che la rappresentava in un momento antecedente la formale cancellazione, poiché in capo a quest’ultimo permane, per i rapporti definiti o rimasti sospesi, la relativa rappresentanza e processuale».
2.1. Il motivo è inammissibile sia perché prospetta una questione che non risulta dedotta nei giudizi di merito e che non è stata oggetto di esame e di specifica statuizione da parte della sentenza d’appello, sia perché comunque la CTR ha chiaramente affermato che l’atto impositivo era stato notificato al COGNOME non in proprio ma nella sua qualità e, nel ritenere ammissibile il ricorso del COGNOME, perché «non può essergli preclusa la possibilità di muovere contestazioni di merito alla pretesa tribut aria di cui all’avviso di accertamento», ha precisato che «l’atto è stato indirizzato alla società e notificato al sig. COGNOME solo nella qualità di ex legale rappresentante della stessa». In buona sostanza, la CTR ha sostenuto proprio ciò che le ricorrenti censurano con il motivo in esame.
Con il terzo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 2474 cod. civ. e 138, 139, 141 e 145 cod. proc. civ. Si sostiene che dai dati presenti nell’anagrafe tributaria il COGNOME risultava essere stato legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE dal 25/0/71997 al 30/12/2014 e che la notifica era stata correttamente effettuata nei confronti della persona che rappresentava l’ente.
Con il quarto motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 139 cod. proc. civ.. Si sostiene che la notifica dell’avviso di accertamento
era stata correttamente effettuata nei confronti della moglie del destinatario dell’atto.
I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto, anche a voler prescindere dal rilievo che le questioni poste con riferimento alla regolarità della notifica dell’atto impositivo, vengono dedotte come error in iudicando , ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. anziché come error in procedendo , ai sensi del n. 4 della citata disposizione, incorrono entrambi nella medesima inammissibilità rilevata con riferimento al secondo mezzo di cassazione, essendo diretti a censurare RAGIONE_SOCIALE questioni che non risultano trattate nei giudizi di merito e in relazione alle quali nella sentenza impugnata non è rinvenibile alcuna statuizione. E ciò è tanto vero che nelle argomentazioni sviluppate nei motivi in esame, non escluso il secondo, le ricorrenti non specificano le statuizioni d’appello in contrasto con le disposizioni censurate.
In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e le ricorrenti condannate al pagamento in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 5.800,00 per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 13 settembre 2024