Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22912 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22912 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
Oggetto: notifica ex art.140 c.p.c. -efficacia retroattiva sent. Corte cost. n.258/2012 -condizioni -giudizio sul rapporto e non sull’atto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30242/2021 R.G. proposto da
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME NOME COGNOME (indirizzo PEC: EMAILordineavvocaticataniaEMAILit) elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO (indirizzo PEC: EMAIL);
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 3884/05/2021 depositata il 28 aprile 2021, e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 13 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 3884/05/2021 veniva accolto l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania n. 328/1/2017, emessa anche nei confronti dell’agente della riscossione, con la quale era stato accolto il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso l’intimazione di pagamento e la sottesa
cartella di pagamento per II.DD. e IVA relativamente agli anni di imposta 2001-5.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso introduttivo ritenendo non provata la regolarità della notifica della cartella di pagamento, decisione riformata dal giudice d’appello il quale riteneva che la notifica ex art.140 cod. proc. civ. si fosse ritualmente perfezionata con affissione all’albo comunale e invio della raccomandata CAD.
Avverso la sentenza d’appello il contribuente ha proposto ricorso affidato a due motivi, che illustra con memoria ex art.380-bis.1. cod. proc. civ., cui replicano l’Agenzia delle entrate e l’agente della riscossione con due distinti controricorsi.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt.132, comma 2, n.4, cod. proc. civ., e 36, comma 2, n.4, d.lgs. n.546/1992, per l’inosservanza da parte del giudice dell’obbligo di esporre i motivi in fatto e diritto della decisione.
Il motivo è infondato.
2.1. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232). Rammenta, inoltre, che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54
del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053 cui hanno fatto seguito numerose pronunce conformi delle Sezioni ordinarie, tra cui Cass. n. 7090/2022 nonché Cass. n. 6986/2023, in motivazione).
2.2. Benché molto succinta, la motivazione della sentenza impugnata, sintetizza l’esito del processo in primo grado, le prospettazioni delle parti in sede di impugnazione, ed esprime una chiara ratio decidendi . Infatti, il giudice qualifica la notifica della cartella di pagamento sottesa all’intimazione ai sensi dell’art.140 cod. proc. civ., e stabilisce che si è perfezionata con l’affissione all’albo comunale e l’invio della raccomandata CAD. Il contenuto decisorio è stato del resto esattamente colto dal ricorrente, che, da ultimo nella memoria illustrativa, conferma che il riferimento è alla notifica del 18/02/2009 attestata dall’agente della riscossione «mediante deposito alla Casa comunale, quale data di invio della racc. integrativa il timbro ‘fatta raccom. 25 Feb. 2009’, – copia del frontespizio del plico raccomandato (in uno all’avviso di ricevimento) riportante la dicitura ‘sconosciuto 27/02/09’ – e certificato di residenza» (cfr. p.2 memoria).
Non vi è ragione per ritenere che il giudice abbia dato atto della documentazione senza esaminarla, per il solo fatto che ha adottato un’interpretazione diversa da quella propugnata dal contribuente, ritenendo perfezionata la notifica indipendentemente dalla mancata effettiva conoscenza della raccomandata informativa (CAD). In conseguenza della mancata tempestiva impugnazione della cartella, è stata riformata la sentenza di primo grado, con un’argomentazione che nel suo complesso rispetta il minimo costituzionale.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’erroneità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. con 140 cod. proc. civ., 8 della legge n. 890 del 1992, 2697 cod. civ., per avere la CTR ritenuto rituale la notifica della cartella presupposta effettuata ai sensi dell’art. 140 cit. 4. Il motivo è fondato.
4.1. La fattispecie sottoposta al giudizio della Corte non è dubbia in fatto, dal momento che la notifica ex art.140 cod. proc. civ. a soggetto relativamente irreperibile, a seguito dell’affissione all’albo comunale, ha visto pacificamente la spedizione del CAD, ma non il perfezionamento della raccomandata informativa, in presenza dell’attestazione di mancata consegna della raccomandata integrativa per destinatario sconosciuto, documentazione prodotta in giudizio dall’agente della riscossione. Sulla base di tali elementi il ricorrente si duole del fatto che il giudice non abbia considerato come l’ar t. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nella parte in cui richiama l’art. 140 , è stato oggetto della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012, applicabile alla presente fattispecie.
4.2. L’Agenzia delle entrate non contesta l’esposta ricostruzione fattuale, ma deduce in diritto che la sentenza Corte cost. n. 258 del 2012, che ha previsto l’invio del CAD anche al caso delle notifiche ex artt. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e 140 cod. proc. civ. non
sarebbe applicabile alla fattispecie, trattandosi un rapporto esaurito, posto che la notificazione della cartella si sarebbe perfezionata in data 25.2.2009 (così p.7 controricorso), sulla base del testo normativo al tempo applicabile. Non essendo stata impugnata la cartella davanti al giudice, il rapporto dovrebbe essere considerato ormai esaurito al momento della adozione della sentenza n.258 da parte della Corte costituzionale, nel 2012.
5. Al fine di decidere la questione, il Collegio rammenta che, per effetto della richiamata decisione della Consulta, nei casi di irreperibilità cd. relativa del destinatario, deve applicarsi l’art. 140 cod. proc. civ., in forza dell’ultimo comma dell’articolo 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’articolo 60 del d.P.R. n. 600 del 1973. È inoltre necessario, ai fini del perfezionamento della notifica, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti (v. Cass. n. 31724 del 2019; n. 11057 del 2018, Cass. n. 9782 del 2018, Cass. n. 25079 del 2014). Gli adempimenti prescritti dall’art. 140 sono tre: il deposito della copia dell’atto in busta sigillata nella casa comunale, stante l’irreperibilità del destinatario; l’affissione alla porta dell’avviso di deposito; la raccomandata informativa al destinatario con avviso di ricevimento contenente la notizia del deposito. Inoltre, ai sensi della sentenza della Corte cost. n. 3 del 2010, in tema di notificazione ex art. 140 cod. proc. civ., è distinto il momento del perfezionamento della notificazione nei riguardi del notificante da quello nei confronti del destinatario dell’atto, dovendo identificarsi, il primo, con quello in cui viene completata l’attività che incombe su chi richiede l’adempimento, e, il secondo, con quello in cui si realizza l’effetto della conoscibilità dell’atto (cfr. Cass. n. 7324 del 2012).
Ne consegue che la notifica, a mezzo posta, dell’avviso informativo al contribuente si perfeziona non con il semplice invio a cura dell’agente postale della raccomandata che dà avviso dell’infruttuoso accesso e
degli eseguiti adempimenti, bensì decorsi dieci giorni dall’inoltro della raccomandata o nel minor termine costituito dall’effettivo ritiro del plico in giacenza (Cass., n. 27666 del 2019).
La Corte di cassazione ha poi chiarito che «ove la notifica (nella specie della cartella di pagamento) sia avvenuta nelle forme di cui all’art. 140 cod. proc. civ., anteriormente alla sentenza della Corte Cost. n. 3 del 2010, ai fini della regolarità della stessa è comunque necessaria la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita a compimento delle formalità previste dalla indicata disposizione, stante l’efficacia retroattiva delle pronunce additive della Corte Costituzionale» (Cass., sez. 6-5, n. 10519/2019; Cass. n. 33525 del 2019).
Ciò premesso, il Collegio osserva anche che nella fattispecie il contribuente ha denunciato con l’impugnativa dell’intimazione di pagamento (atto consequenziale) vizi di notifica della cartella di pagamento (atto presupposto) sin dal primo grado di giudizio.
Va al proposito ricordat a l’elaborazione della Corte in materia di riscossione delle imposte secondo cui, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio d el diritto di difesa del destinatario, l’omissione (o l’invalidità) della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto. Oppure, di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di
pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente. Ne consegue (v. Cass. sez. un., n. 10012 del 2021; Cass., 1144/2018, in consolidamento di Cass., Sez U., 5791/2008) che, nel primo caso, il giudice dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda che i termini di decadenza siano o meno decorsi). Nel secondo caso, la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o meno, di tale pretesa. In conclusione, è consentito al contribuente, come nella specie, di impugnare un’intimazione di pagamento facendo valere la mancata/irrituale notificazione della prodromica cartella.
Quanto sopra ricostruito in diritto permette di affrontare ora la doglianza in esame sotto il profilo della verifica della ritualità della notifica della presupposta cartella effettuata in data 25.2.2009, ai sensi dell’art. 26 cit. nel testo ante riore alla sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 2012, la cui soluzione implica una decisione su ll’applicabilità o meno retroattiva della sentenza n. 258 del 2012.
7.1. In riferimento agli effetti temporali sui rapporti pendenti delle pronunce della Consulta di illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, la Corte costituzionale già con le sentenze n. 49 del 1970, n. 58 del 1967 e n. 127 del 1966 ha chiarito che l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale è principio generale valevole nei giudizi davanti a questa Corte; esso, tuttavia, non è privo di limiti. Ad esempio, nella sentenza Corte cost. n. 10 del 2015, il giudice dell e leggi dichiarando l’illegittimità dell’art. 81, commi 16, 17 e 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133,
ha modulato l’efficacia nel tempo degli effetti della propria pronuncia, sostanzialmente abrogativa della cd. Robin Hood tax, fissando la decorrenza dell’efficacia della decisione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale, anziché, come normalmente avviene, ex tunc.
7.2. Anzitutto, è pacifico che l’efficacia delle sentenze di accoglimento non retroagisce fino al punto di travolgere le «situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili» ovvero i «rapporti esauriti». Diversamente, ne risulterebbe compromessa la certezza dei rapporti giuridici. Il principio della retroattività «vale (…) soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida» (v. sentenze Corte cost. n. 139 del 1984, e n. 1 del 2014). In questi casi, l’individuazione in concreto del limite alla retroattività, dipendendo dalla specifica disciplina di settore – relativa, ad esempio, ai termini di decadenza, prescrizione o inoppugnabilità degli atti amministrativi – che preclude ogni ulteriore azione o rimedio giurisdizionale, rientra nell’ambito dell’ordinaria attività interpretativa di competenza del giudice comune (cfr. Corte cost. n. 58 del 1967 e n. 49 del 1970).
7.3. Inoltre, come il limite dei «rapporti esauriti» trae origine dall’esigenza di tutelare il principio della certezza del diritto, così ulteriori limiti alla retroattività delle decisioni di illegittimità costituzionale possono derivare dalla necessità di salvaguardare principi o diritti di rango costituzionale che altrimenti risulterebbero irreparabilmente sacrificati. In questi casi, la loro individuazione è ascrivibile all’attività di bilanciamento tra valori di rango costituzionale ed è, quindi, la Corte costituzionale – e solo essa – ad avere la competenza in proposito (v. Cass. sez. 5, n. 18008 del 2022).
7.4. Sul tema questa Corte ha precisato che la sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale non riverbera effetti sulle
sentenze che di quella norma hanno fatto applicazione quando non vi sia stata impugnazione del relativo capo, a nulla rilevando che altri capi della sentenza siano stati impugnati ed il relativo giudizio sia ancora pendente al momento della pronuncia della Corte costituzionale (Cass. n.1107/2023; Cass. n. 34575/2019). Né tale sentenza può avere effetti sugli atti impositivi in relazione ai quali non è censurato il profilo in ordine al quale la norma è stata successivamente dichiarata incostituzionale (Cass. n.34617/2019 e giurisprudenza ivi citata), stante la definitività d ell’atto conseguente alla omessa tempestiva impugnazione.
Infatti, l’illegittimità costituzionale non è una forma di abrogazione della legge, ma una conseguenza dell’invalidità della stessa, il che comporta l’efficacia retroattiva della pronuncia anche in riferimento alle fattispecie anteriori alla pronuncia di incostituzionalità, ma in coordinamento con i gli artt. 136 Cost. e 30 della l. 11 marzo 1953, n. 87. Inoltre, va tenuto conto delle regole che disciplinano il definitivo consolidamento dei rapporti giuridici e il graduale maturare delle preclusioni nell’ambito del processo e dello stesso giudicato, con la conseguenza che l’efficacia della pronuncia di incostituzionalità trova ostacolo nei rapporti esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo (cfr. Cass. n. 6940/2022; Cass., Sez. U. n. 10163/2003).
8. Del resto, in casi che riguardavano la notifica della cartella di pagamento avvenuta nelle forme di cui all’art. 140 cod. proc. civ., intervenuta prima della sentenza della Corte Cost. n. 3 del 2010 (cfr. Cass. Sez. U. n.19668 del 18/9/2014), è già stato stabilito che, ai fini della dimostrazione della regolarità della stessa, è necessaria la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata spedita a
compimento delle formalità previste dalla indicata disposizione, stante l’efficacia retroattiva della pronuncia additiva della Corte costituzionale. Il principio di diritto è stato inoltre ritenuto applicabile anche con riferimento alla sentenza additiva della Consulta n. 258 del 2012 (cfr. Cass. 6-5, ordinanza n.10519 del 15/04/2019 in parte motiva, mentre la massima Rv. NUMERO_DOCUMENTO che ne è stata tratta fa riferimento alla sentenza della Corte cost. n.3 del 2010) e il Collegio intende dare continuità a tale giurisprudenza anche nella presente fattispecie, rendendo esplicita l’applicazione retroattiva della sentenza additiva della Consulta n. 258 del 2012.
9. Orbene, nel caso in esame è pacifico il fatto che il contribuente ha impugnato l’intimazione di pagamento facendo valere, sin dal ricorso introduttivo, la nullità della notifica della sottostante cartella di pagamento e sulla questione è intervenuta la ratio decidendi del giudice che ha accolto l’appello . La sentenza impugnata ha ritenuto rituale la notifica effettuata nei confronti del contribuente, relativamente irreperibile, ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., richiamato dall’art.26, comma 3 del d.P.R. n. 602/73, con deposito di copia dell’atto presso la casa comunale e affissione dell’avviso all’albo pretorio, spedizione della CAD, ma non perfezionamento della notificazione (indirizzo sconosciuto). Così ragionando, il giudice anche se non espressamente, ha fatto applicazione di tali norme nel testo vigente anteriormente alla sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale per effetto della sentenza n. 258 del 2012 e perciò non ha applicato retroattivamente la decisione della Consulta.
Alla luce del quadro in diritto sopra ricostruito, la decisione è non condivisibile in quanto, benché la sentenza della Corte costituzionale sia stata pubblicata in G.U. in data 28.11.2012, oltre tre anni e sei mesi dopo il perfezionarsi della notificazione della cartella senza invio della CAD, nel testo del combinato disposto degli artt.140 cod. proc. civ. e
26, comma 3 del d.P.R. n. 602/73 vigente nel febbraio 2009, la decisione deve trovare applicazione poiché il rapporto tributario è tutt’ora controverso e non si è esaurito nel 2009 in quanto il giudizio tributario è un giudizio che investe il rapporto obbligatorio tra contribuente e fisco, e non la mera legittimità del singolo atto amministrativo.
10. In accoglimento del secondo motivo, rigettato il primo, la sentenza impugnata è perciò cassata e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il secondo motivo, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13 giugno 2025