Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16595 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16595 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 4478/2024 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
PEC: EMAIL
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura alle liti in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con i quali elettivamente domicilia in Roma alla INDIRIZZO
Pec: EMAIL;
– controricorrente –
e nei confronti di
Agenzia delle Entrate-Riscossione, nella persona del Direttore pro tempore.
– intimata – avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della CAMPANIA, n. 7168/16/202, depositata in data 22 dicembre 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’8 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
L a Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA e la prodromica cartella di pagamento, relativa ad Ires ed Iva per l’anno di imposta 2014.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto che la notifica della cartella era viziata, in quanto la cartella, indirizzata alla «RAGIONE_SOCIALE», era stata notificata illegittimamente alla «RAGIONE_SOCIALE», titolare di codice fiscale e sede differente, stante l’atto di modifica della società mediante cessione, con variazione da RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e il cambio di codice fiscale e partita Iva, come riportato nelle note autorizzate per l’udienza del 15 dicembre 2023, secondo quanto emerso nella rilevante discussione orale tenutasi nel corso della predetta udienza e riscontrato nel compendio documentale.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi, cui resiste RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione non ha svolto difese.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare va dichiarata l’inammissibilità del controricorso, depositato dalla società RAGIONE_SOCIALE in cancelleria in data 16 dicembre 2024, non essendo stato rispettato il termine di quaranta giorni (venti più venti) dalla notifica del ricorso (26 febbraio 2024) ai sensi dell’art. 370 cod. proc. civ. (Cass., 13 maggio 2010, n. 11619; Cass., 11 febbraio 2011, n. 3325).
2. Il primo motivo deduce la violazione e falsa applicazione, denunciata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., dell’art. 24, commi 2 e 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere il Giudice di merito preso in considerazione una censura inammissibile e avere deciso il ricorso sulla base di tale censura. La ratio decidendi della sentenza di merito, che aveva affermato l’invalidità della notifica della cartella, si fondava unicamente sulla circostanza che tale cartella fosse stata indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE e non alla società ricorrente, circostanza che non era stata fatta valere dalla società ricorrente medesima nel ricorso introduttivo, nel quale la società aveva lamentato genericamente, nel secondo motivo di ricorso, l’asserita nullità dell’intimazione di pagamento per omessa notifica degli atti prodromici e, segnatamente, della cartella di pagamento. Solamente nella memoria del 2 giugno 2022, in un fugace passaggio a pag. 3, in replica alle difese dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione, la contribuente aveva segnalato la produzione di una cartella indirizzata «ad un altro contribuente», del quale peraltro ometteva persino di indicare il nome. La memoria del 2 giugno 2022, del tutto priva dei requisiti di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 546 del 2992, non era idonea a veicolare la citata integrazione del motivo (o, se si preferisce, a veicolare la proposizione di un motivo aggiunto, come si esprime la rubrica dell’art. 24 citato). A fronte dell’inammissibilità di questa censura, dunque, il Giudice di secondo grado non avrebbe potuto prendere in esame il passaggio
dell’atto di appello, che aveva accolto, concernente la questione del diverso contribuente. Avendolo fatto, il Giudice aveva, dunque, esaminato nel merito l’integrazione del secondo motivo del ricorso
2.1 Il motivo è infondato.
2.2 In proposito, questa Corte ha affermato che « Nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992, esclusivamente in caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione “» (Cass., 5 settembre 2024, n. 23856; Cass., 22 maggio 2024, n, 14331).
Difatti, come questa Corte ha già chiarito, il giudizio tributario pure connotandosi non come un giudizio di impugnazione annullamento, bensì come un giudizio di impugnazione-merito, finalizzato non soltanto ad eliminare l’atto impugnato, ma anche alla pronuncia di una decisione di merito sul rapporto tributario, deve restare entro i limiti posti da un lato, dalle ragioni di fatto e di diritto esposte nell’atto impositivo impugnato e, dall’altro lato, dagli specifici motivi dedotti nel ricorso introduttivo del contribuente (Cass., 20 ottobre 2011, n. 21759).
Inoltre, nel processo tributario, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria «causa petendi» e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione, ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una
nuova domanda, vietata ai sensi degli artt. 24 e 57 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (Cass., 3 novembre 2022, n. 32390).
Soccorre nello stesso senso anche il principio statuito da questa Corte secondo cui « Nel giudizio tributario è inammissibile la deduzione, nella memoria ex art. 32 del D.Lgs. n. 546 del 1992, di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento, in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti nel ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 » (Cass., 24 maggio 2021, n. 14165; Cass., 4 dicembre 2019, n. 31605; Cass., 24 luglio 2018, n. 19616).
2.3 Applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame, non sussiste alcuna violazione della norma richiamata, stante che la deduzione del vizio di notifica della cartella di pagamento oggetto di impugnazione sotto lo specifico profilo del soggetto che ha ricevuto la notifica, non configura un’eccezione in senso stretto, quanto una mera difesa, sempre deducibile. Non si è, invero, verificato alcun mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa, né è stato ampliato il tema della decisione, ma si è in presenza di una mera precisazione delle censure mosse dal contribuente alla cartella impugnata con il ricorso introduttivo e alle quali è rimasta, quindi, circoscritta l’attività d’indagine del giudice.
2.4 Infatti, come si legge a pag. 2 della sentenza impugnata, la società ricorrente aveva eccepito nel ricorso introduttivo di primo grado, tra l’altro, anche la nullità per omessa notifica degli atti prodromici relativi alla intimazione di pagamento e, nelle memorie illustrative relative alle controdeduzioni dell’Ufficio, confermando quanto asserito nel ricorso principale, aveva affermato che la cartella prodromica alla intimazione di pagamento era stata notificata via Pec, ma la stessa era stata
indirizzata ad altro contribuente, circostanze queste richiamate che non rendono accoglibile la prospettazione erariale confermando che non si trattava di motivo nuovo, ma di puntualizzazione delle questione, proposta sin dal ricorso introduttivo, alla luce delle controdeduzioni dell’Ufficio.
Il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione, denunciata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 2560 cod. civ. e dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997, « per avere escluso la validità della notifica della cartella, eseguita il 15 febbraio 2018 ». La sentenza di primo grado aveva accertato che la cartella di pagamento era stata notificata alla PEC della RAGIONE_SOCIALE e, ancorché formalmente intestata alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, indicava il numero di partita IVA e il codice fiscale della RAGIONE_SOCIALE Tra le due società, come affermato dal Giudice di primo grado e come risultava dalle verifiche e dai riscontri eseguiti, vi era stato solo un mero cambio della denominazione sociale. In buona sostanza, tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE , in seguito all’atto di cessione, vi era stata solo una mera variazione della denominazione della società, come si evinceva chiaramente, tra l’altro, dalla visura camerale . Inoltre, dalla documentazione prodotta era emerso la circostanza che la variazione della denominazione (da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) era stata comunicata solo l’8 marzo 2018, come appurato dal Giudice di primo grado con statuizione non impugnata (e comunque supportata dalle prove documentali). Conseguentemente, sia alla data del visto di esecutorietà del ruolo della pretesa erariale in argomento (19 dicembre 2017), sia a quella di consegna dello stesso all’Agente della Riscossione (25 gennaio 2018), per la relativa partita di riferimento n. T150909182755515670000004/D, e sia alla data di notifica della stessa cartella di pagamento, avvenuta il 15 febbraio 2018, non
potevano che generarsi atti se non con la precedente denominazione sociale (RAGIONE_SOCIALE, dal momento che tale variazione era avvenuta solo successivamente, l’8 marzo 201 8. Il Giudice di merito si era limitato ad accogliere la tesi della società appellante, così come esposta nell’appello e nelle note aggiuntive, senza però nulla dire in ordine alle predette osservazioni, debitamente considerate, invece, nel grado di giudizio precedente.
3.1 Il motivo è fondato nei sensi di cui in motivazione.
3.2 Ed invero, la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado, in merito alla notifica della cartella di pagamento, ha affermato che: « Essa è stata indirizzata RAGIONE_SOCIALE ma notificata illegittimamente ad RAGIONE_SOCIALE registrata titolare di codice fiscale e sede differente, stante l’atto di modifica della società mediante cessione, con variazione da RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE e il cambio di codice fiscale e partita Iva, come riportato nelle note autorizzate per l’udienza del 15 dicembre 2023, a firma dell’avv. COGNOME la cui deduzioni, come emerso anche nella rilevante discussione orale tenutasi nel corso della predetta udienza del 15 dicembre 2023, trovano riscontro nel compendio documentale. Senza che assuma rilievo, stante la personalità giuridica delle compagini sociali succedutesi, la identità del legale rappresentante delle stesse » (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata); orbene, come risulta, a pag. 11 del ricorso per cassazione, nella parte in cui è trascritto, nel rispetto del principio di autosufficienza, l’intestazione della cartella di pagamento, l’atto riporta la denominazione «RAGIONE_SOCIALE», ma indica il codice fiscale della società RAGIONE_SOCIALE (P_IVA); inoltre è circostanza incontroversa in atti che la cartella di pagamento è stata notificata all’indirizzo Pec della società RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALEEMAILLEGALMAIL.IT).
3.3 Va, innanzi tutto, rammentato il principio generale secondo cui, la discordanza tra i dati identificativi del destinatario, come indicati nell’atto, e quelli del soggetto cui l’atto viene notificato comporta la nullità dell’atto soltanto quando determina, in concreto, un’incertezza assoluta sul soggetto destinatario della pretesa tributaria, per cui, quando detta incertezza può essere superata alla luce del complessivo contenuto dell’accertamento e di ogni altro elemento identificativo da esso risultante, non si verifica alcuna ipotesi di nullità (con riguardo alle notifiche, Cass., 4 luglio 2024, n. 18323; con riferimento agli atti processuali, Cass., 10 luglio 2023, n. 19473).
3.4 Tanto premesso, i giudici di secondo grado non si sono posti in questa prospettiva, limitandosi ad un controllo meramente formale e dando prevalenza alla denominazione sociale rispetto al codice fiscale senza indicare, peraltro, gli elementi che avevano portato a disattendere il codice fiscale corrispondente alla società RAGIONE_SOCIALE (03667740611), destinataria della notifica. Non solo. Il dato formale della denominazione societaria, pur contrastato dal diverso codice fiscale riportato in cartella, è stato decisivo per ritenere che l’atto fosse indirizzato alla RAGIONE_SOCIALE e che questa fosse il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria consacrata dalla cartella, con conseguente invalidità della notifica effettuata via pec proprio al soggetto il cui codice fiscale corrispondeva a quello indicato nella cartella, soggetto che, come sottolineato dalla ricorrente, non aveva impugnato la cartella di pagamento entro il termine di decadenza previsto (v. art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992).
3.5 . L’esigenza di v alutare la ricorrenza di una vera e propria incertezza oggettiva, che può determinare l’ invalidità della notifica della cartella, impone, in presenza di contrastanti risultanze di ordine formale, un accertamento sugli aspetti sostanziali ricavabili dagli atti a disposizione, risultando che, come si ricava dal ricorso per cassazione (pag. 2), la cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA
(presupposto, unitamente ad altre cartelle, dell’intimazione di pagamento oggetto del presente giudizio) era stata emessa, a seguito di controllo automatico di dichiarazione presentata dalla contribuente (ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972), senza trascurare altresì l’ « atto di modifica della società mediante cessione », espressamente richiamato dalla CTR, ma considerato solo sotto i profili formali e non anche con riferimento ai profili sostanziali miranti ad accertare l’effettivo soggetto passivo dell’obbligazione tributaria portata dalla cartella di pagamento.
4. Per quanto esposto va accolto il secondo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, e va rigettato il primo motivo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 8 aprile 2025 e, a seguito di