Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18163 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 5457-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura estesa in calce al ricorso, da ll’ Avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
COMUNE DI CONTURSI TERME , in persona del Sindaco pro tempore -intimato- avverso la sentenza n. 6211/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 5/7/2017, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 25/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello di Terme Forlenza di Forlenza COGNOME RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia n. 817/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno con cui era stato respinto il ricorso avverso ingiunzione di pagamento per omesso pagamento ICI 2007, emessa dal Comune di Contursi Terme.
Avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale la Società propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Il Comune è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la contribuente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 3, 7 e 14 della L. 20.11.1982, n. 890 e dell’art. 60 del DPR 29.9.1973, n. 600 per avere la Commissione tributaria regionale ritenuto valida la notifica a mezzo posta dell’avviso di accertamento, prodromico all’ingiunzione di pagamento impugnata, nonostante l’avviso di ricevimento non riportasse la qualifica del consegnatario e la firma fosse di un soggetto non legittimato, in mancanza, altresì, del prescritto invio della raccomandata informativa.
1.2. Premesso che nella specie è incontestato che la notifica dell’avviso di accertamento impugnato sia stata effettuata a mezzo del servizio postale direttamente dall’Ufficio , la censura è inammissibile ex art. 360 bis , n. 1, c.p.c. in quanto il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in modo conforme agli ormai consolidati principi giurisprudenziali in materia (cfr. Cass. nn. 29642/2019, 15315/2014, 9111/2012) secondo cui, in caso di notificazione a mezzo posta dell’atto impositivo eseguita direttamente dall’Ufficio finanziario ai sensi dell’art. 14 della l. n. 890 del 1982, si applicano le norme concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, e non quelle di cui alla suddetta legge concernenti esclusivamente la notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex art. 149 c.p.c., sicché non va redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica
sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., la quale opera per effetto dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione ed è superabile solo se il destinatario provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. violazione dell’art. 57 del D.Lgs. 546/1992 e degli artt. 155 e 163 del DPR 29.5.1982, n. 655 e lamenta che, sebbene la ricorrente avesse «già contestato la validità della notifica e la regolarità dell’avviso di ricevimento» con riguardo alla «individuazione ed attestazione della qualità del soggetto ricevente» la notifica, la Commissione tributaria regionale aveva erroneamente «escluso la possibilità di introdurre nuovi temi di indagine in appello, sostenendo che la violazione dell’art. 155 del DPR 655/1982 non fosse stata sollevata in primo grado».
2.2. La censura è inammissibile.
2.3. Quando una decisione di merito, impugnata in sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome rationes decidendi , ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che il soccombente censuri tutte le riferite rationes , dall’altro che tali censure risultino tutte fondate (cfr. Cass. nn. 5102/2024, 11493/2018, 2108/2012, 12372/2006), al che consegue che, rigettato (o dichiarato inammissibile) il motivo che investe una delle riferite argomentazioni, a sostegno della sentenza impugnata (come nel caso in esame, avuto riguardo al primo motivo circa la ritualità della notifica dell’atto impositivo), sono inammissibili, per difetto di interesse, i restanti motivi, atteso che anche se questi ultimi dovessero risultare fondati, non per questo potrebbe mai giungersi alla cassazione della sentenza impugnata, che rimarrebbe pur sempre ferma sulla base della ratio ritenuta corretta.
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3) e 5), c.p.c. violazione degli artt. 6 e 7 della L. 212/2000, dell’art. 3 della L. 241/1990 e degli artt. 24 e 113 della Costituzione , nonché
omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Commissione tributaria regionale «ignorato la documentazione che dimostrava che la persona che …(aveva)… ricevuto l’atto (NOME non era dipendente della società alla data della presunta notifica (17.12.2012), essendo stata licenziata il 10.11.2012», ritenendo quindi erroneamente che «… fosse legittimata a ricevere l’atto».
3.2. Il motivo di ricorso (con cui non è stata in realtà formulata alcuna doglianza in termini di violazione di norme di diritto) è inammissibile, poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348ter , comma 5, c.p.c., rispetto alla quale il ricorrente non ha indicato profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. nn. 26774/2016, 5528/2014).
4.1. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 6 e 7 della L. 212/2000, dell’art. 3 della L. 241/1990 e degli artt. 24 e 113 della Costituzione per avere la Commissione tributaria regionale ritenuto legittima l’ingiunzione di pagamento notificata dal Comune sebbene priva di motivazione, limitandosi a indicare un «omesso totale/parziale versamento» ICI 2007 e facendo riferimento a un avviso di accertamento mai notificato.
4.2. La censura va parimenti disattesa.
4.3. Premesso che, come dianzi illustrato, l’avviso di accertamento risulta essere stato ritualmente notificato, va evidenziato che n ell’ingiunzione di pagamento il requisito della motivazione deve ritenersi osservato anche tramite la sola indicazione della causale e dell’ammontare del pagamento richiesto, in quanto idonea ad evidenziare la pretesa fatta valere dalla amministrazione e, quindi, a porre il contribuente in grado di svolgere le opportune contestazioni (cfr. con riguardo all’ICI Cass. n. 26431 del 2017; conf. Cass. n. 31400 del 2024 in motiv.).
5.1. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., omessa pronuncia della Commissione tributaria regionale sulla violazione dell’art. 6, comma 5, della L. 212/2000 non avendo la CTR valutato la nullità dell’atto impugnato «per omesso invito al
contribuente, … prima di procedere all’iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, a voler fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo».
5.2. La censura va parimenti disattesa.
5.3. È dirimente evidenziare che l’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000 vigente ratione temporis impone l’obbligo del contraddittorio preventivo, prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, solo quando sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione quest’ultima che non ricorre (e neppure è stata dedotta) nel caso in esame, essendo stata emessa l’ingiunzione di pagamento in ragione del mero mancato pagamento di quanto risultante dalla dichiarazione ICI e dal relativo avviso di accertamento, sicché in tale ipotesi non è dovuta comunicazione di irregolarità, né, in ogni caso, dall ‘ omissione di detta comunicazione può derivare la non debenza o la riduzione delle sanzioni e degli interessi di cui all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997 vigente ratione temporis .
In conclusione il ricorso deve essere rigettato.
Nulla sulle spese stante la mancata costituzione del Comune.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di Cassazione,