Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15569 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15569 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19170-2019 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso d all’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-controricorrente – avverso la sentenza n. 10811/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 14/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 28/5/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto da Agenzia delle entrate riscossione avverso la pronuncia n. 5586/2017 della Commissione tributaria provinciale di Caserta, con cui era stato accolto il ricorso di NOME COGNOME avverso avviso di iscrizione ipotecaria e sottese cartelle esattoriali.
Avverso la pronuncia della Commissione tributaria regionale il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Agenzia delle entrate riscossione resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1993 «per errata pronuncia circa la possibilità di sanatoria ex art 182 e 125 c.p.c. dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate riscossione, proposto in violazione dell’art. 11, comma 2, del d. lgs. n. 546/1992 (capacità di stare in giudizio) come modificato dall’art. 9, comma 1, lett. d), n. 1) del d. lgs. n. 156 del 24 settembre 2015», essendo stato proposto l’appello tramite Avvocato del libero foro.
1.2. La doglianza va disattesa.
1.3. Come già affermato da questa Corte (cfr. ord. n. 21370/2023) sulla base di principi di diritto che il Collegio pienamente condivide, riguardo al l’ammissibilità della costituzione in giudizio di RAGIONE_SOCIALE Agenzia delle Entrate riscossione, a mezzo di un legale del libero foro, ed in particolare, della sua rappresentanza in giudizio, sotto il profilo dei limiti dell’obbligatorietà del patrocinio autorizzato da parte dell’Avvocatura dello Stato o, in alternativa, della facoltatività di questo su di un piano di piena parità, salva la volontaria autolimitazione dell’Agenzia in sede di convenzione con l’Avvocatura, con l’avvalimento di avvocati del libero foro, si osserva che, sotto il profilo della ricognizione normativa, l’art. 1, comma 8, del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni,
dalla legge 10 dicembre 2016, n. 225, dispone quanto segue: «L’ente è autorizzato ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’articolo 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente. in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l’Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa. Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi l’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546».
1.4. Le disposizioni richiamate dalla norma dianzi riportata sono: A) l’art. 43 del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, in forza del quale «l’Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le autorità giudiziarie, i collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali di Amministrazioni pubbliche non statali ed Enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato, sempre che ne sia autorizzata da disposizione di legge, di regolamento o di altro provvedimento approvato con Regio decreto. Le disposizioni e i provvedimenti anzidetti debbono essere promossi di concerto coi Ministri per la grazia e giustizia e per le finanze. Qualora sia intervenuta l’autorizzazione, di cui al primo comma, la rappresentanza e la difesa nei giudizi indicati nello stesso comma sono assunte dalla Avvocatura dello Stato in via organica ed esclusiva, eccettuati i casi di conflitto di interessi con lo Stato o con le
regioni. Salve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano in casi speciali non avvalersi della Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza. Le disposizioni di cui ai precedenti commi sono estese agli enti regionali, previa deliberazione degli organi competenti»; B) i comma 5 del medesimo art. 1 del d.l. n. 193 del 2016, il quale, al quarto periodo, recita: «Il comitato di gestione, su proposta del presidente, delibera le modifiche allo statuto e gli atti di carattere generale che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento dell’ente, bilanci preventivi e consuntivi, i piani aziendali e le spese che impegnano il bilancio dell’ente per importi superiori al limite fissato dallo statuto»; C) gli artt. 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, il primo dei quali recita: «L’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, dei contratti attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione oggettiva del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica»; D) l’art. 11, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato dall’art. 9, comma 1, lett. d), del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, secondo cui «l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 nonché dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata. Stanno altresì in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato».
1.5. Sulla materia è intervenuta, poi, una norma di interpretazione autentica, l’art. 4novies del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, secondo cui «il comma 8 dell’articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225, si interpreta nel senso che la disposizione dell’articolo 43, quarto comma, del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrate Riscossione, per la propria rappresentanza e
difesa in giudizio, intende non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nei giudizi a quest’ultima riservati su base convenzionale; la medesima disposizione non si applica nei casi di indisponibilità della stessa Avvocatura dello Stato ad assumere il patrocinio».
1.6. Il quadro di riferimento normativo è stato, poi, completato con: il regolamento di amministrazione dell’odierna controricorrente, deliberato dal Comitato di gestione (previsto dalla norma istitutiva e disciplinato dall’art. 6 dello Statuto) il 26 marzo 2018 e approvato dal Ministero dell’economia e delle finanze il 19 maggio 2018 ai sensi dell’art. 60 del d.lgs. n. 300 del 1999; – il protocollo d’intesa del 22 giugno 2017, stipulato tra l’Avvocatura dello Stato e la ricorrente, attuativo dell’art. 1, comma 8, primo periodo, d.l. n. 193 del 2016; – il regolamento-bando della controricorrente per la costituzione e la gestione dell’elenco degli avvocati per l’affidamento di incarichi di rappresentanza e difesa in giudizio, coerente con i principi del codice dei contratti pubblici secondo le indicazioni fornite dalla Autorità Nazionale Anticorruzione (Delibera n. 1158 del 9 novembre 2016).
1.7. Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, n. 30008 del 2019, principio enunciato ai sensi dell’art. 363 c.p.c.) hanno chiarito che, con l’introduzione della convenzione sopra richiamata non vi è alcun rapporto di regola ad eccezione tra avvalimento dell’Avvocatura erariale e di A vvocati del libero foro, ma semplicemente l’applicazione delle due facoltà in ragione della classificazione delle possibili evenienze in due categorie, ovvero, le ipotesi in cui la fattispecie rientra tra quelle oggetto della convenzione e tutte le altre.
1.8. È stato specificato che: in caso di sussunzione della fattispecie entro la prima categoria, dunque, le ipotesi contemplate dalla convenzione, è normale l’avvalimento del patrocinio autorizzato, salvi i casi di specifica e motivata delibera per l’avvalimento di Avvocato del libero foro, da adottarsi appunto nel caso concreto e con le modalità di cui al quarto comma; in ogni altro caso, è normale invece l’avvalimento di Avvocati nel libero foro (sia pure nel rispetto dei criteri del codice dei contratti pubblici
e di quelli oggetto di appositi atti di carattere generale di cui al comma quinto dell’art. 1).
1.9. È stato, così, in modo del tutto condivisibile concluso che in tutti i casi non espressamente riservati all’Avvocatura erariale su base convenzionale è possibile per l’Agenzia avvalersi anche di Avvocati del libero foro, secondo un meccanismo sostanzialmente automatico, in base al quale: a) se la convenzione riserva all’Avvocatura di Stato la difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia può evitarla solo in caso di conflitto, oppure alle condizioni dell’art. 43, co. 4, r.d. n. 1611 del 1933 (cioè adottando la delibera motivata e specifica e sottoposta agli organi di vigilanza), oppure ancora ove l’Avvocatura erariale si renda indisponibile; b) se, invece, la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa e rappresentanza in giudizio, non è richiesta l’adozione di apposita delibera od alcuna altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro (da scegliere in applicazione dei criteri generali di cui agli atti di carattere generale di cui al quinto comma e nel rispetto dei principi del codice dei contratti pubblici); c) in tutti i casi è in facoltà dell’Agenzia di avvalersi e farsi rappresentare anche da propri dipendenti delegati pure davanti ai giudici di pace e ai tribunali, per di più nulla essendo innovato quanto alle già raggiunte conclusioni per ogni altro tipo di contenzioso.
1.10. Nella Convezione stipulata tra l ‘Avvocatura Generale dello Stato e l’Agenzia delle entrate riscossione (ADER) in data 22 giugno 2016 è previsto, dunque, quanto segue: «L’Avvocatura assume il patrocinio dell’ente nei seguenti casi azioni risarcitorie (con esclusione di quelle radicate innanzi al giudice di pace anche in fase di appello); azioni revocatorie di simulazione e di ogni altra azione ordinaria tutela dei crediti affidati in riscossione; altre liti innanzi al tribunale civile e alla Corte di appello civile nelle ipotesi in cui sia parte anche un ente difeso dall’avvocatura dello Stato; liti innanzi alla Corte di Cassazione civile e tributaria. … L’ente sta in giudizio direttamente di propri dipendenti o di avvocati del libero foro iscritti nel proprio elenco avvocati nelle controversie relative a liti innanzi al giudice di pace (compresa la fase di appello), liti
innanzi alle sezioni lavoro di Tribunale e Corte di appello, liti innanzi alle commissioni tributarie».
1.11. Nel caso in esame la controversia in oggetto si è svolta innanzi alla Commissione tributaria, in primo grado e in secondo grado, con la costituzione dell’Agenzia delle entrate riscossione, la quale ha rilasciato una procura ad un Avvocato del libero foro.
1.12. Sulla base di quanto precedentemente esposto, si deve ritenere che nella specie ricorreva l’ipotesi per la quale la convenzione ha previsto per la rappresentanza in giudizio di ADER il ricorso alternativo ai propri dipendenti o ad Avvocati del libero foro, ed in tale ipotesi, non è richiesta l’adozione di apposita delibera od alcuna altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di Avvocati del libero foro, essendo stato, infatti, precisato che un simile evidente automatismo della sussunzione entro l’una o l’altra categoria esclude poi in radice la necessità di ogni formalità, tra cui l’adozione di delibere o determinazioni e le relative produzioni documentali, ivi compresa quella della convenzione o dei regolamenti interni, siccome tutti adeguatamente pubblicizzati e reperibili senza difficoltà dal pubblico indifferenziato delle potenziali controparti.
1.13. In altri termini, si deve ritenere che risultava postulata, anche solo implicitamente allegata, la sussistenza dei relativi presupposti con la semplice diretta formazione dell’atto da parte dell’Avvocatura o, nell’alternativa evenienza, nel conferimento della procura ad avvocato del libero foro, in dipendenza di un atto meramente interno dell’Agenzia che si è determinata ad agire o a resistere in giudizio, del quale non vi è necessità di alcuna specifica o separata documentazione od allegazione, nemmeno nel giudizio di legittimità (Cass., Sez. U, n. 30008/2019, cit., in senso conforme v. Cass., n. 36498/2021, Cass., n. 16314/2021, Cass. n. 26531/2020).
1.14 . L’appello doveva pertanto ritenersi validamente proposto anche con la difesa di Avvocato del libero foro, dovendo sul punto essere corretta la motivazione della sentenza impugnata.
2.1. Con il quarto motivo, da esaminare preliminarmente, per ragioni di ordine logico -giuridico, il ricorrente denuncia, in rubrica, «ex art. 360,
primo comma, n. 4 c.p.c. errata pronuncia in merito alla regolarità della notifica della comunicazione preventiva» di ipoteca.
2.2. In particolare, il ricorrente lamenta che la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria non era stata notificata correttamente, in quanto la relata di notifica presentata dall’Agenzia delle Entrate Riscossione sarebbe stata incompleta e non idonea a dimostrare la validità della notifica, riportando «i dati della comunicazione preventiva scritti a penna, senza alcun timbro dell’ufficio postale», mancando «i dati del destinatario e il numero di raccomandata per identificare inequivocabilmente l’atto notificato», evidenziando di aver anche proposto «un autonomo giudizio presso il Tribunale di Napoli Nord, proponendo querela di falso ai sensi dell’art. 221 c.p.c., contestando la firma apposta sulla relata di notifica».
2.3. La Commissione tributaria regionale ha respinto l’appello del contribuente affermando quanto segue: «Va a questo punto esaminata la documentazione prodotta dalla Agenzia delle Entrate ex art. 58 Dlgs n. d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546/1992 relativa alla notifica della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria. Ed invero va osservato come dalla richiesta di iscrizione ipotecaria avanzata da Equitalia Sud RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE alla Agenzia delle Entrate di Caserta avente per oggetto la richiesta di iscrizione di ipoteca datata 5/4/2016 a carico di COGNOME NOME risulta che in data 20/1/2016 al debitore era stata notificata la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria recante il nr. NUMERO_CARTA Orbene tale numero è riportato seppure scritto a penna sulla relata di notifica della comunicazione esibita dalla Agenzia delle Entrate Riscossione dalla quale risulta che la notifica è avvenuta a mezzo messo notificatore in quella data del 20/1/2016 a mani di COGNOME NOME, moglie di COGNOME NOME, che l’ha sottoscritta. In data 28/1/2016 risulta partita la raccomandata (n. NUMERO_DOCUMENTO) contenente l’avviso di avvenuta notifica indirizzata al Pagano NOME. Ora è pur vero che tale ultimo avviso non contiene gli estremi dell’atto, pur tuttavia esso risulta correttamente inviato al destinatario dello stesso, sicché dalla concatenazione logica di tutti i dati riportati dagli atti citati, dalla congruenza delle date e dai nominativi dei destinatari e dei
loro familiari che hanno ricevuto gli atti, risulta la piena correttezza della notifica del preavviso di ipoteca. D’altra parte non risulta che il Pagano abbia specificamente contestato il contenuto di quella notifica, non avendone nemmeno propugnato la falsità, ma solo eventualmente l’incompletezza».
2.4. Il motivo si profila, dunque, inammissibile sotto diversi profili.
2.5. In primo luogo, la censura, erroneamente ricondotta alla categoria dell’art. 360, 1° comma, n. 4, c.p.c., in considerazione del fatto che il motivo non illustra affatto un error in procedendo , ma deduce un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, va riqualificata come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., che, così come riformulato dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. nella l. 7 agosto 2012, n. 134, richiede che il fatto asseritamente omesso sia un fatto storico, con la conseguenza che, a tali fini, non costituiscono fatti le deduzioni difensive e gli elementi istruttori (cfr. Cass. nn. 18710/2022, 27415/2018), mentre sotto altro aspetto, si osserva che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo, per le ragioni suindicate ad un vizio inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. n. 11892/2016).
2.6. Nella specie, il ricorrente ha dedotto, dunque, l’omesso esame non di un «fatto storico», ma quanto all’assunta mancata regolarità della notifica delle cartelle esattoriali nei termini dianzi illustrati – di profili attinenti alle risultanze probatorie, la rivalutazione delle quali è preclusa a questa Corte.
2.7. Con riferimento specifico alla notificazione di atti tributari, inoltre, questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo cui, ove sia contestata la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di specificità, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso,
senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (cfr. Cass. nn. 31038/2018; 5185/2017; 17424/2005).
2.8. Il ricorrente non ha tuttavia riportato nel contenuto del ricorso gli atti relativi alla notificazione della comunicazione preventiva e dell’iscrizione ipotecaria e gli altri documenti dai quali sia possibile desumere i vizi denunciati.
2.9. Quanto poi alla prospettata querela di falso, nel silenzio della sentenza impugnata, il ricorrente non ha dimostrato di avere sollevato la relativa questione nel giudizio di appello, trovando al riguardo applicazione il principio di diritto, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui ove una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. ex plurimis Cass. n. 2038/2019).
3.1. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, «violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/93 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. …(per)… errata pronuncia in merito all’omessa notifica delle cartelle di pagamento prodromiche all’atto di iscrizione ipotecaria».
3.2. Le doglianze vanno disattese.
3.3. La Commissione tributaria regionale ha invero affermato quanto segue: «Vanno … esaminate le altre eccezioni proposte dal contribuente in primo grado e riproposte in questa sede come autonomi motivi dell’appello incidentale. Esse vanno tutte dichiarate inammissibili in quanto la mancata impugnazione del preavviso di ipoteca, ritualmente notificata, rende inammissibile qualsiasi eccezione relativa alle sottostanti cartelle. Di conseguenza va rigettato l’appello incidentale proposto dal contribuente».
3.4. Posto che al contribuente venne notificata una comunicazione di iscrizione ipotecaria e che la stessa non venne impugnata dal contribuente stesso nei termini di legge, così acquisendo definitività, risulta, pertanto, evidente che qualsivoglia eccezione ad essa relativa, come quella concernente la mancata notifica delle cartelle poste alla base della richiesta di pagamento nei suoi confronti, era assolutamente preclusa nel presente giudizio (avente ad oggetto la successiva iscrizione ipotecaria) secondo il fermo principio della non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato.
3.5. Questa Corte ha già affermato, infatti, che il principio stabilito dall’art.19, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n.546, secondo cui gli atti autonomamente impugnabili devono essere impugnati per vizi propri, preclude che nel ricorso avverso la cartella di pagamento, susseguente all’avviso di accertamento definitivo, siano reiterate censure relative alla debenza dell’imposta (Cass. n. 13396/2016; Cass. n. 8704/2013; Cass. n. 16641/2011 secondo cui la cartella esattoriale di pagamento, quando faccia seguito ad un avviso di accertamento divenuto definitivo, si esaurisce in un’intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, essa resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto di accertamento da cui è sorto il debito, al che consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione della cartella, una volta che sia definito con sentenza irrevocabile il giudizio tributario, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione della cartella predetta); questa Corte ha altresì affermato che l’intimazione di pagamento che faccia seguito ad un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’art. 19, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esso resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito, al che consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con
l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’intimazione predetta (da ultimo, Cass. n. 3005 del 2020).
3.6. La contestazione del merito della pretesa tributaria non poteva, dunque, una volta divenuti definitivi la cartella o altro atto per mancata impugnazione, essere proposta con l’impugnativa dell’atto successivo qual era l’iscrizione ipotecaria , potendo tale atto, in forza dell’art. 19, comma 3, cit., essere impugnato solo per vizi propri; ciò anche alla luce di quanto statuito dalle Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza n. 13676 del 2014 secondo cui costituisce principio immanente in ogni Stato di diritto quello in virtù del quale qualsiasi situazione o rapporto giuridico diviene irretrattabile in presenza di determinati eventi, quali lo spirare di termini di prescrizione o di decadenza, l’intervento di una sentenza passata in giudicato, o altri motivi previsti dalla legge, e ciò a tutela del fondamentale e irrinunciabile principio, di preminente interesse costituzionale, della certezza delle situazioni giuridiche: si tratta della nota categoria dei c.d. rapporti esauriti, la cui definizione spetta solo al legislatore determinare, nel rispetto dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza.
3.7. Nella sentenza impugnata, la Commissione tributaria regionale si è pertanto attenuta ai suddetti principi per avere ritenuto inammissibili le doglianze proposte con l’appello incidentale circa la mancata notifica delle prodromiche cartelle esattoriali, avendo la contribuente dedotto, in violazione dell’art. 19, comma 3, cit., con l’impugnativa dell’iscrizione ipotecaria, eccezioni che avrebbero dovuto essere fatte valere avverso le cartelle di pagamento divenute, nella specie, definitive per mancata autonoma impugnazione della successiva comunicazione di iscrizione ipotecaria.
4.1. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia, in rubrica, «violazione dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546/1993 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.» per «omessa pronuncia circa l’omessa notifica dell’atto di iscrizione ipotecaria, avvenuta in violazione degli artt. 7 e 21 della Legge 241/90 e dell’art. 6 della Legge 212/2000».
4.2. La doglianza va disattesa in quanto l’ iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, sicché può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui all’art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 cit., la quale è prescritta per l’ipotesi in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento in ossequio al principio del contraddittorio endoprocedimentale, dovendo tuttavia essere preceduta, pena la sua nullità, dalla comunicazione e dalla concessione di un termine di trenta giorni al contribuente per il pagamento o la presentazione di osservazioni. (cfr. Cass. nn. 9817/2024, 23875/2015; Sez. Un. n. 19667/2014).
Sulla base di quanto sin qui osservato il ricorso va respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di