Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32755 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32755 Anno 2024
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3957/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende, -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE -RISCOSSIONE, RAGIONE_SOCIALE e COMUNE LATINA;
-resistenti e intimati – avverso SENTENZA di COMM. TRIB. REG. del LAZIO n. 3658/2017 depositata il 20/06/2017;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la C.T.R. del Lazio, con la sentenza n. 3658/19/2917, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate – Riscossione ed, in
riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’impugnazione proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria scaturente da due cartelle di pagamento, ritenendo correttamente notificate le cartelle poste a fondamento dell’atto impugnato;
avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, la società contribuente;
il Comune di Latina ha depositato un ‘atto di costituzione’ senza difese e l’Agenzia delle Entrate ha depositato atto ai fini di una partecipazione alla pubblica udienza ai sensi dell’art. 370, comma 1. c.p.c.; l’ Agenzia delle Entrate -Riscossione è rimasta intimata; 4. il P.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo accogliersi il primo motivo di ricorso.
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo la società contribuente lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.lgs. n. 546 del 1992 e al r ichiamato art. 327 c.p.c. per avere la C.T.R. omesso di valutare, anche d’ufficio, la violazione del termine lungo per proporre appello;
con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c. nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 23 d.lgs. n. 546 del 1992, per la mancata concessione dei termini a difesa, per essere stato notificato l’atto di appello il 7.3.2017 per l’udienza del 10.5.2017;
con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, nn. 3 c.p.c. nullità della sentenza per omessa motivazione, per non avere la C.T.R. tenuto conto delle difese svolte dalla ricorrente;
con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c. nullità della sentenza per omessa motivazione, essendosi i giudici territoriali limitati al mero richiamo all’atto di appello;
con il quinto motivo lamenta, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione delle norme in tema di notifica, per essere state le cartelle notificate via PEC prive della firma digitale e non in grado di soddisfare il requisito della certezza del loro contenuto;
deve preliminarmente rilevarsi che l’atto depositato dall’amministrazione comunale non può considerarsi un controricorso. Esso si compone di due pagine, delle quali la prima contiene i dati identificativi delle parti e l’altra il riferimento ad una serie di allegati. In tal senso va data continuità al principio più volte enunciato da questa Corte secondo cui «la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. (richiamato dall’art. 370, comma secondo, stesso codice), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria ma solamente partecipare alla discussione orale»(v. Cass. n. 11160 del 11/06/2004, che per tale motivo ha dichiarato inammissibile un «atto di costituzione dell’intimato non contenente alcuna replica ai motivi del ricorso; v. anche Cass. n. 6222 del 20/04/2012; Cass. 09/02/2023, n. 4049);
il ricorso deve essere respinto per le ragioni appresso specificate; 7.1. va premesso che risulta dagli atti che nel corso del giudizio l’Agenzia delle entrate -Riscossione dopo avere notificato il ricorso in appello all’Agenzia delle entrate Direzione Provinciale di Latina ed al Comune di Latina, non essendo andata a buon fine la notifica nei confronti della società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha chiesto ed ottenuto la rimessione in termini ai fini della notifica dell’appello nei confronti della contribuente;
7.2. disposta la rinnovazione della notifica, per quello che in questa sede rileva, la predetta società ha depositato controdeduzioni con le quali ha rilevato la inammissibilità dell’ appello perché proposto oltre
il termine lungo nonché per violazione dei termini a difesa ex art. 23 d.lgs. 546/1992 ed all’ udienza del 10 maggio 2017 il difensore della RAGIONE_SOCIALE nulla ha dedotto e la causa è stata posta in decisione e decisa;
7.3. ciò premesso va rilevato che il primo motivo relativo alla tardività dell’ appello censura implicitamente disattesa dalla C.T.R. la quale ha esaminato nel merito le censure – è da ritenere privo di fondamento per due ordini di ragioni: in primo luogo va rilevato che la parte contribuente non ha espressamente impugnato né nel corso del giudizio di appello né con il suddetto motivo di censura la disposta rimessione in termini. Sotto altro profilo va rilevato che l’omessa notifica dell’impugnazione ad un litisconsorte necessario non si riflette sulla ammissibilità o sulla tempestività del gravame, che conserva, così, l’effetto di impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, ma determina solo l’esigenza della integrazione del contradditorio, ” iussu iudicis “, salvo che la parte abbia essa stessa provveduto ad una tardiva notifica. Nel caso in esame vertendosi certamente in ipotesi di litisconsorzio necessario in presenza di causa inscindibili (vedi Sez. U – , Sentenza n. 11676 del 30/04/2024) e stante la intervenuta notifica nei termini di legge nei confronti all’ Agenzia delle entrate Direzione Provinciale di Latina ed al Comune di Latina, l’appello, anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE è da ritenere tempestivo ed ammissibile;
8. il secondo motivo è infondato in quanto la parte, la quale si era limitata a dedurre con le proprie controdeduzioni l’inammissibilità dell’appello per inosservanza dei termini minimi a comparire, presente all’ udienza di discussione, ha accettato il con traddittorio e sanato il vizio, non formulando alcuna richiesta di nuovi termini a difesa e concludendo nel merito. Nè in questa sede la parte ha dedotto sotto quale concreto profilo detta violazione abbia pregiudicato il suo diritto di difesa, con la conseguenza che la censura in esame non può che essere rigettata;
il terzo motivo ed il quarto motivo -i quali possono essere esaminati congiuntamente in quanto fra loro connessi -sono privi di fondamento;
9.1. per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975); 9.2. peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184); 9.3. si è pure condivisibilmente osservato che nel processo civile ed in quello tributario, la sentenza la cui motivazione si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sé, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità né dei contenuti né delle modalità espositive,
tanto più che la validità degli atti processuali si pone su un piano diverso rispetto alla valutazione professionale o disciplinare del magistrato. (Sez. U, Sentenza n. 642 del 16/01/2015, Rv. 634091 01);
9.4. nel caso in esame, dunque, il decisum raggiunge la soglia del minimo costituzionale, in quanto i giudici di appello hanno argomentato la loro decisione tenendo conto delle allegazioni delle parti e delle risultanze probatorie, affermando che tutte le contestazioni della contribuente erano da ritenere prive di fondamento in quanto le cartelle risultavano impugnate regolarmente notificate a mezzo PEC e non impugnate, non potendosi, quindi, ravvisare i dedotti vizi motivazionali;
10. il quinto motivo è inammissibile in quanto privo del requisito dell’autosufficienza atteso che sarebbe stato onere della contribuente allegare ovvero richiamare integralmente le notifiche in questione;
10.1. occorre, del resto, considerare che di nessun pregio è la generica contestazione per cui la società avrebbe tempestivamente contestato la conformità all’originale delle cartelle esattoriali notificate a mezzo PEC atteso che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata -a pena di inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale. (Sez. 2 – , Sentenza n. 27633 del 30/10/2018, Rv. 651376 – 01), contestazione specifica che nella controversia in esame non risulta essere stata formulata;
10.2. per altro verso occorre rilevare che valorizzando le disposizioni dettate dall’art. 1, primo comma, lett. c), f) ed i -ter), del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 e dell’art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, questa Corte ha ripetutamente affermato che «la notifica della
cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. ‘atto nativo digitale’), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. ‘copia informatica’)», ossia, appunto, un file in formato PDF ( portable document format ), con l’ulteriore precisazione, che «nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale» (testualmente Cass. 27/11/2019, n. 30948; conf., ex multis, Cass. 05/10/2020, n. 21328; Cass. 08/07/2020, n. 14402), da ciò derivando la manifesta infondatezza circa la mancanza di prova della ‘sottoscrizione digitale dei file allegati’;
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza e/o inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;
5. nulla va disposto in ordine alle spese stante la mancata rituale costituzione del Comune di Latina nonché dell’Agenzia delle Entrate .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione