Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14454 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14454 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23520/2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. e P.IVA: P_IVA), con sede in Roma, alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, nato a Desio (MI) il 15.05.1965 (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta delega in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, alla INDIRIZZO (pec: EMAIL; fax NUMERO_TELEFONO);
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate;
Agenzia delle Entrate Riscossione;
Camera di Commercio;
Notifica preavviso fermo amministrativo
-avverso la sentenza n. 1653/2018 emessa dalla CTR Lazio in data 14/03/2018 e non notificata; udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza con la quale la CTP di Roma aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro un preavviso di fermo amministrativo, per non aver la concessionaria dimostrato la notificazione delle cartelle sottostanti al preavviso.
La CTR del Lazio accoglieva il gravame, affermando che l’appellante aveva provato, attraverso il deposito delle relate di notifica, che le cartelle di pagamento sottese al preavviso di fermo amministrativo oggetto di impugnazione erano state regolarment e notificate, ai sensi dell’art. 26 dPR n. 602/1973, attraverso l’invio diretto di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi illustrati da memoria. L’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’Agenzia delle Entrate e la Camera di Commercio non hanno svolto difese.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente deduca la violazione o falsa applicazione degli artt. 26 e 60 d.P.R. n. 602/1973, 139, 140, 148 e 329 c.p.c. e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto valida la notificazione delle cartelle di pagamento, nonostante, con riferimento a tre delle stesse, non fosse stata prodo tto l’avviso di ricevimento della raccomandata di cui all’art. 140 c.p.c. e, in relazione ad altre due, non fosse stato dato atto nella relata delle vane ricerche eseguite prima della consegna al portiere e non fosse stata spedita la raccomandata prescritta dal quarto comma dell’art. 139 c.p.c..
1.1. Il motivo è inammissibile.
La notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 c.p.c. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune. Rispetto a tali principi, nulla ha innovato la sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2012, n. 258, la quale nel dichiarare in parte qua , con pronuncia di natura “sostitutiva”, l’illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto comma) dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero la disposizione concernente il procedimento di notifica delle cartelle di pagamento, ha soltanto uniformato le modalità di svolgimento di detto procedimento a quelle già previste per la notificazione degli atti di accertamento, eliminando una diversità di disciplina che non appariva assistita da alcuna valida ratio giustificativa e non risultava in linea con il fondamentale principio posto dall’art. 3 della Costituzione (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16696 del 03/07/2013; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27729 del 25/10/2024).
Pertanto, questa Corte, con la sentenza n. 25079 del 2014, ha affermato il principio (poi ripreso da Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9782 del 19/04/2018 e da Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 27825 del 31/10/2018), condiviso dal Collegio, in base al quale «In tema di notifica della cartella di pagamento, nei casi di “irreperibilità cd. relativa” del destinatario, all’esito della sentenza della Corte costituzionale n. 258 del 22 novembre 2012
relativa all’art. 26, comma 3 (ora 4), del d.P.R. n. 602 del 1973, va applicato l’art. 140 c.p.c., in virtù del combinato disposto del citato art. 26, ultimo comma, e dell’art. 60, comma 1, alinea , del d.P.R. n. 600 del 1973, sicché è necessario, ai fini del suo perfezionamento, che siano effettuati tutti gli adempimenti ivi prescritti, incluso l’inoltro al destinatario e l’effettiva ricezione della raccomandata informativa del deposito dell’atto presso la casa comunale, non essendone sufficiente la sola spedizione», alla stregua di quanto risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., disposizione richiamata dall’art. 26 citato, nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
A seguito di tale sentenza, pertanto, la notificazione effettuata ai sensi di tale disposizione si perfeziona, per il destinatario, con il ricevimento della raccomandata informativa, se anteriore al maturarsi della compiuta giacenza, ovvero, in caso contrario, con il decorso del termine di dieci giorni dalla spedizione (Cass. 14316/2011).
1.2. In violazione del principio di autosufficienza, la ricorrente ha omesso di trascrivere la documentazione concernente la notifica delle cinque cartelle di pagamento impugnate, in tal guisa precludendo al Collegio la possibilità di scrutinare: a) se, con riferimento a tre di esse, fosse stata inviata la raccomandata informativa del deposito del plico presso la Casa Comunale, se la stessa fosse stata ricevuta dalla contribuente o se fossero almeno decorsi dieci giorni della spedizione della stessa (anche perché la CTR non ha escluso, ma ha anzi riconosciuto, che, nel caso di invio diretto di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, ai sensi dell’art. 26 dPR n. 602/1973, ‘la notifica si perfeziona con la ricezione del destinatario, alla data risultan te dall’avviso di ricevimento’); b) se, in relazione ad altre due cartelle, nella relata di notifica fosse stata effettivamente omessa l’indicazione delle vane ricerche eseguite prima della consegna al portiere dello stabile (peraltro, in tema di atti impositivi, deve ritenersi sanata per
raggiungimento dello scopo la nullità della notificazione dell’avviso di accertamento, effettuata mediante consegna al portiere dello stabile, ai sensi dell’art. 139 c.p.c., richiamato dall’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, senza che nella relazione di notificazione vi sia l’attestazione del tentativo di consegna alle altre persone preferenzialmente indicate, qualora sia provata la ricezione della raccomandata contenente la notizia dell’avvenuta notificazione, la quale non è soggetta alle disposizioni in materia di notificazioni a mezzo posta, ma solo al regolamento postale, sicché, ai fini della sua validità, è sufficiente che il plico sia consegnato al domicilio del destinatario e che il relativo avviso di ricevimento sia sottoscritto dalla persona rinvenuta dall’ufficiale postale, non essendo necessario che da esso risulti anche la qualità del consegnatario o la sua relazione con il destinatario; cfr. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 24899 del 18/08/2022 e Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19795 del 09/08/2017); c) se, sempre con riferimento alle dette due cartelle, fosse stata omessa la spedizione della raccomandata prescritta dal quarto comma dell’art. 139 c.p.c . e se le stesse fossero state notificate in via diretta o a mezzo del servizio postale (In tema di notifica degli atti impositivi, se la stessa avviene mediante consegna al portiere dello stabile da parte dell’ufficiale giudiziario, ove quest’ultimo non attesti nella relata il mancato rinvenimento delle persone indicate nell’art. 139 c.p.c., la nullità è sanata per raggiungimento dello scopo qualora sia provata la ricezione della raccomandata contenente la notizia dell’avvenuta notificazione, mentre, nell’ipotesi in cui l’ufficio finanziario proceda alla notificazione diretta a mezzo posta, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle previste dalla l. n. 890 del 1982, sicché, in caso di notifica al portiere, essa si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento da quest’ultimo sottoscritto, senza che si renda necessario l’invio della raccomandata al destinatario; cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8293 del 04/04/2018).
Senza tralasciare che, in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto della raccomandata
con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esclusione dell’art. 1, comma 813, della l. n. 145 del 2018, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della l. n. 890 del 1982 (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10037 del 10/04/2019; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 28872 del 12/11/2018).
Avuto riguardo al profilo della richiesta di rateizzazione, da un lato, la CTR non ha affermato in alcun passaggio logico della sentenza che la stessa integrasse gli estremi di un’acquiescenza (essendosi la Commissione limitata asetticamente e, comunque in più, a dichiarare: «Peraltro nella fattispecie risulta che il contribuente aveva iniziato a pagare le rate del debito di cui alle cartelle medesime») e, dall’altro, la contribuente non ha indicato, né tanto meno trascritto, la documentazione dalla quale si sarebbe dovuto evincere che la stessa sarebbe stata formulata nel corso del giudizio (in siffatta evenienza non potendo essere valorizzata per ritenere perfezionata la notifica delle cartelle).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l”Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per violazione dell’art. 324 c.p.c. e 2909 c.c.’, per non aver la CTR considerato che le cartelle nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA erano state dichiarate nulle, rispettivamente, con sentenze della CTP di Roma n. 17612/17 (le prime due) e n. 26119/16 (la terza) passate in giudicato.
2.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, l’eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta per la prima volta in cassazione se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove; solo se il giudicato esterno si è formato dopo la conclusione del giudizio di merito (e, cioè, dopo il termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello che, nel caso di specie, coincide con l’udienza tenutasi in data 12.2.2018), la relativa eccezione é opponibile nel giudizio di legittimità ( ex plurimis , Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 5370 del 29/02/2024).
In ogni caso, non essendovene menzione nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto attestare in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la relativa eccezione.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la l’omessa, contraddittoria o insufficiente motivazione, l’illogicità in relazione alle sanzioni applicate e la violazione dell’art. 6 del decreto 472/1997, per aver la CTR omesso di pronunciarsi sulla sua eccezione di inapplicabilità delle sanzioni per essere il mancato pagamento del tributo addebitabile esclusivamente al suo consulente che, infatti, era stato, con sentenza passata in giudicato, condannato per il reato di appropriazione indebita.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Invero, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la relativa questione.
Del resto, non è dato sapere quale collegamento vi sia tra il mancato versamento dei tributi e l’appropriazione indebita, ad opera del consulente privato della società, di alcuni assegni bancari, che non necessariamente erano finalizzati ad estinguere la pretesa impositiva per cui è causa.
A tacer del fatto che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ricorrenza della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., con riguardo all’art. 112 c.p.c., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga, come nel caso di specie, che la motivazione sia mancante o insufficiente o
si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass., Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013).
Infine, risulta all’evidenza tardiva la deduzione formulata per la prima volta con la memoria illustrativa concernente l’asserita applicabilità della causa di non punibilità della forza maggiore.
Con il quarto motivo la ricorrente si duole della ‘Erronea e contraddittoria indicazione dello stato contumaciale della società appellata nel giudizio di secondo grado’.
4.1. Il motivo è infondato.
L’erronea dichiarazione di contumacia di una delle parti non incide sulla regolarità del processo e non determina un vizio della sentenza, deducibile in sede di impugnazione, se non abbia provocato, in concreto, alcun pregiudizio allo svolgimento dell’attività difensiva. In applicazione di tale principio, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3704 del 09/03/2012 (conf. Cass., Sez. L, Ordinanza n. 5408 del 27/02/2020) ha rigettato l’eccezione di nullità della sentenza in quanto la parte erroneamente dichiarata contumace si era limitata a dedurre l’omesso esame delle difese e dei documenti prodotti, ma non di specifiche allegazioni o di specifici documenti di rilevanza decisiva.
Nel caso di specie, la ricorrente si è limitata ad affermate apoditticamente che la CTR non avrebbe preso in considerazione ‘doglianze’ e ‘difese’ da essa formulate, senza specificare in che cosa le stesse consistessero.
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia l”Omessa motivazione del Giudice di appello su eccezioni e domande precise formulate nella comparsa di costituzione e riposta’.
5.1. Il motivo è inammissibile, atteso che la ricorrente ha omesso di indicare con precisione quali sarebbero le questioni ed i motivi di gravame tempestivamente sollevati in sede di appello sui quali la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi.
Solo con la memoria illustrativa la contribuente ha per la prima volta tardivamente dedotto che «il giudice di appello pronunciato su plurime e circostanziate eccezioni tra cui la preclusione derivante da giudicato esterno, formatosi sulle sentenze della CTP di Roma n. 17612/2017 e n.
26119/2016, irrevocabili, le quali hanno accertato la nullità di talune cartelle oggetto del presente giudizio per vizi insanabili in sede di notifica ritualmente dedotte dalla RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di secondo grado».
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non merita di essere accolto.
Nessuna pronuncia va adottata in ordine alle spese del presente giudizio, non avendo le intimate svolto difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 16.5.2025.