Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4860 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4860 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30988/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, avvocato, in proprio
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato
-resistente-
NOME COGNOME ROMA UFFICIO RECUPERO CREDITI, CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
-intimati- avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1147/2020 depositata il 27/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’avvocato NOME COGNOME impugnava, avanti alla CTP di Roma, l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA notificatagli dall’Agenzia delle entrate Riscossione, nonché nove cartelle di pagamento poste a fondamento della suddetta intimazione, relative a pretese dell’Ufficio del Giudice di Pace di Roma e del Consiglio Nazionale Forense , per l’importo complessivo di euro 10.516,48.
Le ragioni del contribuente non trovavano accoglimento nei gradi di merito.
L’Avv. COGNOME ricorre, con tre motivi, avverso la sentenza della CTR del Lazio indicata in epigrafe.
L’Agenzia delle entrate Riscossione ha depositato fogli di costituzione per l’eventuale discussione in pubblica udienza, il Giudice di Pace di Roma e il Consiglio Nazionale Forense sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2679, 2719 c.c., art. 60 del DPR n. 600 del 29/09/1973 e art. 26, comma 4 del DPR n. 602/1973».
1.1. Afferma il ricorrente che la CTR, a fronte del disconoscimento della copia della relata di notifica delle cartelle di pagamento posto in essere dal contribuente, avrebbe errato nel non ritenere sussistente l’onere, da parte dell’Agenzia delle entrate -Riscossione, di produrre l’originale delle cartelle.
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Risulta in atti che a fronte dell’eccezione di mancata notifica delle cartelle, l’agente della riscossione ebbe a produrre le relate in copia, limitandosi i ricorrenti a fronte di ciò a contestarne genericamente la conformità.
1.4. Non può certo sostenersi che solo per aver contestato la mancata notifica essi siano esentati da qualsiasi specificazione rispetto a delle relate di notifica complete e sottoscritte. Ricordato che il disconoscimento in parola non attiene alla regolarità della notifica, ma alla sua conformità all’originale, non si comprende appieno il collegamento fra la contestazione rispetto all’originale e la copia delle notifiche, ma in ogni caso era onere della parte formulare la contestazione in modo chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi essa concretizzare nell’allegazione di elementi
attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. 12794/2021).
1.5. E se ciò appare contraddittorio con la stessa difesa secondo cui non si ebbe a ricevere mai una notifica, ciò inficia l’essenza stessa della difesa, e non vale certo ad autorizzare una contestazione generica.
Con il secondo motivo di ricorso , si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, il «Difetto di motivazione. Mancata pronuncia sull’obbligo di conservazione e produzione della copia della cartella di pagamento ex art. 2697 c.c. e art. 26 del DPR 29 settembre 1973, n. 602».
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. L’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello – così come l’omessa pronuncia su domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio -risolvendosi nella violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360, n.3, c.p.c., o del vizio di motivazione ex art. 360, n.5, c.p.c., in quanto siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo “error in procedendo” – ovverosia della violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n.4, c.p.c. – la quale soltanto consente alla parte di chiedere e al giudice di legittimità – in tal caso giudice anche del fatto processuale – di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello; pertanto, alla mancata deduzione del vizio nei termini indicati, evidenziando il difetto di identificazione del preteso
errore del giudice del merito e impedendo il riscontro “ex actis” dell’assunta omissione, consegue l’inammissibilità del motivo.
2.3. È opportuno precisare, comunque, che l’ eventuale fondatezza della censura che si assume pretermessa non gioverebbe al ricorrente, dovendo questa Corte pronunciarsi sulle questioni il cui esame è stato omesso dal Giudice di appello, alla luce del principio consolidato (v., tra le altre di recente, Cass. 16/06/2023 n. 17416) per cui «Nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto».
2.4. Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non può tralasciarsi di evidenziare che, «in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica» (Cass., 21/07/2021, n. 20769; Cass., 11/05/2023, n. 12945).
Con il terzo strumento di impugnazione, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la «Violazione e falsa applicazione art. 2948 c.c.», per avere ritenuto non prescritto il credito per contributo unificato, che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto soggetto al termine ordinario decennale e non a quello quinquennale.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Questa Corte (Cass. n. 2999/2022; n. 5994/2012; n. 9840/2011) ha avuto modo di statuire che il contributo unificato ha natura di “tributo erariale”, che la parte è tenuta a versare al momento dell’iscrizione della causa a ruolo, per finanziare le spese che l’amministrazione della Giustizia deve sopportare per la trattazione e la decisione della controversia, come d’altro canto espressamente affermato dal l’ art. 20, comma 6, del D.Lgs. 13/04/1999 n. 112, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 23/12/2014 n. 190 che, pur successive ai periodi interessati dalla presente controversia, rivestono valenza ricognitiva.
3.3. Si è inoltre affermato che «anche l’obbligo del versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 T.U.S.G., comma 1-quater, ha natura di obbligazione tributaria (in questo senso, Cass., Sez. 6 – 1, n. 15166 del 11/06/2018): sia perché l’obbligo di versare un importo “ulteriore” del contributo unificato (c.d. “doppio contributo”) presuppone normativamente l’obbligo di versare il “primo” contributo unificato e, quindi, partecipa della natura di esso; sia perché il versamento di un “ulteriore” importo del contributo unificato assolve la funzione di ristorare l’amministrazione della giustizia dall’aver essa dovuto impegnare le limitate risorse dell’apparato giudiziario nella decisione di una impugnazione non meritevole di accoglimento (ciò non esclude, tuttavia, che l’obbligo di pagamento del doppio contributo abbia altresì una funzione preventivo-deterrente – e, quindi, vagamente sanzionatoria – nei confronti della parte che, avendo già ottenuto la decisione della causa dal giudice di primo grado, non se ne accontenti, ma adisca infondatamente il giudice superiore)» (Cass. n. 2999/2022; Cass. n. 23882/2020).
3.4. Da tali considerazioni discende che l’obbligo di pagamento non può che essere soggetto al termine di prescrizione decennale.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non si procede alla liquidazione delle spese di lite, in assenza di attività difensiva delle controparti.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/02/2025.