Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9085 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9085 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 35178/2018 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
Pec:
–
ricorrente – contro
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta delega a margine del controricorso, con domicilio eletto presso avv. NOME COGNOME c/o Studio legale in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
e nei confronti di
Agenzia delle Entrate-Riscossione, nella persona del Direttore pro tempore ;
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA n. 4353/13/18, depositata in data 9 maggio 2018, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
1. La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto da NOME avverso la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso avente ad oggetto la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, sul modello di dichiarazione Iva 2012, presentato dalla società RAGIONE_SOCIALE (cancellata dal registro delle imprese in data 9 giugno 2014) per l’anno 2011, notificata a NOME in data 29 dicembre 2015, quale coobbligata in solido.
I giudici di secondo grado hanno affermato che la cartella di pagamento era stata emessa illegittimamente in quanto il beneficio di escussione derivava , a norma dell’art. 14, comma primo, del decreto legislativo n. 472 del 1997, dalla responsabilità solidale con la società in accomandita semplice, anche se in liquidazione, per la sua natura di debitore principale; la cartella di pagamento assumeva valore di titolo esecutivo e preannunciava l’esecuzione; non era condivisibile la tesi che il beneficio di escussione riguardava esclusivamente la successiva fase di esecuzione, fase nella quale il contribuente risultava sprovvisto di idonei mezzi di tutela, essendo l’impugnazione della cartella l’unico strumento a sua disposizione ed essendo impossibilitato a proporre opposizione all’esecuzione; il contribuente, dunque, poteva eccepire il beneficio di escussione come motivo di impugnazione della cartella; l’appello comportava un annullamento parziale della cartella di
pagamento (la cartella era valida per quanto concerneva gli effetti della notificazione della somma iscritta nei ruoli, ma non come intimazione di pagamento a pena di esecuzione forzata) e, comunque, la cartella di pagamento era pure illegittima ex art. 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973 per omessa comunicazione preventiva.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
NOME resiste con controricorso e memoria.
L’Agenzia delle Entrate -Riscossione non ha svolto difese.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2304 cod. civ. e dell’art. 2291 cod. civ. in combinato disposto con l’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973. La sentenza impugnata era errata nella parte in cui aveva dichiarato la nullità della cartella di pagamento notificata alla parte privata in qualità di socio accomandatario senza la preventiva escussione del patrimonio societario, attribuendo, così, alla cartella esattoriale, emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 a seguito di controllo formale della dichiarazione dei redditi, natura di atto esecutivo. Come era noto la cartella di pagamento non aveva natura di atto esecutivo, ma di atto di precetto che preannunciava l’inizio della fase esecutiva e il beneficio di escussione aveva efficacia limitatamente alla fase esecutiva. Inoltre, il socio accomandatario, in quanto solidalmente ed illimitatamente responsabile delle obbligazioni societarie ai sensi dell’art. 2991 cod. civ., ben poteva essere destinatario della notifica di una cartella di pagamento, potendo opporre tutte le contestazioni relative al merito della pretesa erariale, non rimanendo sprovvisto di alcuna tutela giurisdizionale. La notifica della cartella di pagamento ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 nei confronti del socio
accomandatario era legittima non sussistendo alcuna violazione del principio del beneficio di escussione.
Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un punto decisivo della controversia, ovvero l’avvenuta cancellazione della società di persone in epoca anteriore alla notifica della cartella di pagamento, che, quindi, non poteva che comportare la notifica nei confronti del socio. La sentenza non aveva considerato la circostanza di fatto, pure rilevata dall’Ufficio in sede di appello, nonché dalla parte ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio, che la società contribuente aveva presentato in data 17 aprile 2014 domanda di cancellazione dal registro delle imprese, venendo la cancellazione pubblicata il 9 giugno 2014. La notifica della cartella di pagamento effettuata nei confronti del socio accomandatario per effetto del fenomeno successorio creatosi a seguito della cancellazione della società dal registro delle Imprese era, dunque, valida.
Il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e dell’art. 112 cod. proc. civ.. La sentenza impugnata era affetta da vizio di ultrapetizione, non avendo mai dedotto parte avversa né che la cartella fosse nulla per mancata attivazione della procedura esecutiva entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, né che fosse stata emessa in violazione dell’obbligo di preventiva comunicazione d’irregolarità. La sentenza impugnata aveva accolto l’appello della contribuente sul rilievo dell’illegittimità della cartella esattoriale per mancata notifica di nuovo atto di intimazione entro un anno dalla notifica della cartella, oltre che per mancata comunicazione dell’avviso di irregolarità, quando alcuna eccezione al riguardo era stata avanzata in sede di ricorso introduttivo del giudizio, così violando l’art. 57 del decreto legislativo n. 546 del 1992 e l’art. 112 cod. proc. civ.,
secondo cui era affetta da ultrapetizione la sentenza che si pronunciava su fatti e circostanze diverse da quelli dedotte dalle parti modificando il thema decidendum fissato dal ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio.
Il primo e il secondo motivo, che devono essere trattati unitariamente in quanto connessi, sono fondati.
4.1 Deve, innanzi tutto, premettersi che « nel processo tributario, l’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, determina un fenomeno di tipo successorio, in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono -venendo altrimenti sacrificato ingiustamente il diritto dei creditori sociali – ma si trasferiscono ai soci’, discendendone ‘che i soci peculiari successori della società subentrano ex art. 110 c.p.c. nella legittimazione processuale facente capo all’ente’, ‘dovendo invece escludersi la legittimazione ‘ad causam’ del liquidatore della società estinta il quale può essere destinatario di un’autonoma azione risarcitoria ma non della pretesa attinente al debito sociale » (Cass., 30 luglio 2020, n. 16362).
4.2 Questa Corte è ferma nel ritenere, con affermazioni estensibili tanto alle società di capitali, che a società di persone, associazioni non riconosciute e cooperative, che « la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché, eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito, trattandosi di impugnazione improponibile, poiché l’inesistenza della società è rilevabile anche
d’ufficio (Cass., Sez. V, nn. 5736/16, 20252/15, 21188/14) non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto ‘ (Cass., 11 dicembre 2019, n. 32304).
4.3 Ciò posto, con riferimento al caso in esame, emerge dagli atti che la cartella di pagamento è stata notificata a NOME, quale socio accomandatario, coobbligata in solido, e non già quale liquidatore e legale rappresentante della società.
4.4 In proposito, questa Corte ha più volte affermato, sia con riferimento alla notifica della cartella di pagamento intestata alla società (Cass., 29 ottobre 2021, n. 30736; Cass., 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., 28 dicembre 2017, n. 31037), sia con riferimento all’imputazione ai soci del reddito della società per trasparenza (Cass., 30 luglio 2020, n. 16365; Cass., 20 settembre 2019, n. 23534), sia, infine, con riferimento specifico all’atto impositivo (Cass., 28 luglio 2021, n. 30536; Cass., 12 ottobre 2018, n. 25487), che, a seguito dell’estinzione della società, l’atto intestato alla società estinta ben può essere notificato ai soci, anche collettivamente ed impersonalmente, presso l’ultimo domicilio della società, analogamente a quanto previsto dall’art. 65, comma 4, d.P.R. n. 600 del 1973, per il caso di morte del debitore e ciò in quanto, a seguito dell’estinzione della società, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, che ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate , fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (cfr. Cass., Sez. U, nn. 6070, 6071 e 6072 del 12/03/2013).
4.5 Il principio di diritto è da ultimo compendiato da Cass. n. 753 del 9 gennaio 2024 nei seguenti termini: « In tema di riscossione, l’atto impositivo intestato a società di persone o di capitali estinta è valido ed efficace, anche se notificato agli ex soci collettivamente ed
impersonalmente nell’ultimo domicilio della società (analogamente a quanto previsto dall’art. 65, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973 in caso di morte del debitore) o singolarmente a taluno di essi, non essendo necessaria l’emissione di specifici atti intestati e diretti ai medesimi, giacché l’estinzione determina un peculiare fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale i soci subentrano nelle medesime obbligazioni inadempiute della società, rispondendone illimitatamente o nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione, a seconda che, ‘pendente societate’, fossero illimitatamente o limitatamente responsabili per i debiti sociali ».
4.6 Ed in effetti svariate sono le pronunce che ritengono valide le notificazioni di avvisi di accertamento (Cass., 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., 20 settembre 2019, n. 23534; Cass., 12 ottobre 2018, n. 25487; Cass., 4 aprile 2017, n. 12953) e di cartelle di pagamento (Cass., 28 dicembre 2017, n. 31037; Cass., 12 ottobre 2018, n. 25487; Cass., 5 novembre 2020, n. 24793) intestati alla società estinta, allorquando dette notificazioni siano state eseguite, successivamente all’estinzione, nelle mani di, o comunque a, uno dei soci. Ed invero, relativamente ad avvisi e cartelle intestati alla società estinta e notificati all’ex socio, l’affermazione della loro validità ed efficacia in ragione della responsabilità di costui per il debito sociale è intesa a salvaguardare l’interesse dell’Amministrazione a procurarsi un titolo per tale debito anche nei confronti dell’ex socio sulla base del fatto in sé che questi è successore, ciò corrispondentemente alla « natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti, anche solo, ad esempio, in funzione dell’escussione di garanzie » (Cass., 12 settembre 2022, n. 26758; Cass., 4 aprile 2022, n. 10678).
4.7 Sicché, in definitiva, l’interesse dell’Amministrazione al titolo si fonda sulla constatazione che il successore, ben lungi dal potersi reclamare estraneo, risponde del debito sociale per il solo verificarsi
della successione, che lo rende nell’attualità personalmente responsabile di un debito pur non originariamente suo, ma a lui trasferitosi: ragion per cui il debito già sociale, per effetto della successione, diviene un debito individuale dell’ex socio, ovvero, da altro punto di vista, il debito individuale trova causa nel fenomeno successorio, costituendo il risultato dell’«individualizzazione per successione» del debito sociale (Cass., 24 giugno 2024, n. 17404, in motivazione).
4.8 Ancora sulla natura giuridica della cartella di pagamento, di recente, questa Corte ha affermato che « La cartella di pagamento, in quanto atto che assolve la duplice funzione di notificazione del titolo esecutivo e di intimazione di pagamento è privo di efficacia esecutiva e, in quanto tale, non è atto con il quale inizia la procedura esecutiva, il cui incipit è rappresentato dal pignoramento » (Cass., 4 marzo 2024, n. 5637) e che « Ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile relativamente alla determinazione del ‘quantum’ delle imposte iscrivibili a ruolo (nella specie, a titolo provvisorio, con riferimento alla sopravvenienza del d.l. n. 70 del 2011, che ha ridotto l’importo iscrivibile da un mezzo ad un terzo), viene in linea di conto esclusivamente il momento terminativo del procedimento di formazione del ruolo, che si perfeziona con la dichiarazione di esecutività, in quanto soltanto il ruolo costituisce il titolo della pretesa nei confronti del contribuente, senza che alcun rilievo assuma la successiva e distinta attività di notifica della cartella, siccome del tutto estranea alla venuta ad esistenza del titolo, essendo finalizzata unicamente alla sua messa a conoscenza nei confronti del destinatario » (Cass., 24 aprile 2023, n. 10846), con la conseguenza che proprio la peculiare natura della cartella di pagamento, che, oltre ad essere l’atto con il quale viene notificato il titolo esecutivo, è anche un atto assimilabile al precetto, in quanto svolge la funzione di intimazione di pagamento, la rende atto privo di efficacia esecutiva e, in quanto tale,
non costituisce l’inizio della procedura esecutiva, il cui incipit è rappresentato dal pignoramento.
4.9 La sentenza impugnata, laddove ha ritenuto che la cartella di pagamento doveva considerarsi necessariamente equivalente a un titolo esecutivo, in quanto trascorsi 60 giorni dalla sua notifica, se il contribuente non pagava, l’Ente di riscossione poteva procedere in via esecutiva e che ha ritenuto non valida la notifica della cartella di pagamento nei confronti del socio accomandatario, quale coobbligato in solido, per effetto del fenomeno successorio creatosi a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese, non è conforme ai principi suesposti.
Anche il terzo motivo è fondato.
5.1 Ed invero, « Il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti nel ricorso introduttivo, i quali costituiscono la “causa petendi” entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 » (Cass., 24 maggio 2021, n. 14165; Cass., 4 dicembre 2019, n. 31605; Cass., 24 luglio 2018, n. 19616).
5.2 Inoltre, nel processo tributario d’appello, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria «causa petendi» e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione, ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi degli artt. 24 e 57 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (Cass., 3 novembre 2022, n. 32390).
5.3 Applicando i suesposti principi alla fattispecie in esame, sussiste la violazione delle norme richiamate, in quanto, come emerge dal contenuto del ricorso di primo grado, trascritto, nel rispetto del principio di autosufficienza, alle pagine 10-15 del ricorso per cassazione, la ricorrente non aveva dedotto che la cartella fosse stata
emessa in violazione dell’obbligo di preventiva comunicazione d’irregolarità, così ampliando il tema della decisione rispetto alle censure formulate con il ricorso introduttivo e alle quali deve essere circoscritta l’attività d’indagine del giudice.
5.4 Ciò senza prescindere dalla circostanza che i giudici di secondo grado, pur avendo affermato a pag. 4 della sentenza impugnata che la cartella in esame era stata emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, ha poi affermato (a pag. 5 della sentenza impugnata) che la cartella di pagamento era illegittima per omessa comunicazione preventiva richiamando la giurisprudenza di questa Corte dettata in tema di controllo delle dichiarazioni eseguito ai sensi dell’art 36 ter del d.P.R. n. 600 del 1973.
5.5 Sul punto, mette conto rilevare che questa Corte, con riferimento alla liquidazione «cartolare» di cui all’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ha precisato che la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione preventiva prevista dal terzo comma dell’art. 36 bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati, o, con riferimento all’art. 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, se non «sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione » (cfr. Cass., 25 maggio 2012, n. 8342; Cass., 4 luglio 2014, n. 13311; Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344); inoltre, nel caso di comunicazione dell’esito della liquidazione (c.d. comunicazione di irregolarità) prevista dal terzo comma dell’art. 36 bis d.P.R. n. 600/73 « quando dai controlli
automatici eseguiti emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta », il relativo obbligo imposto all’amministrazione non è sanzionato da alcuna nullità; si tratta infatti, come è stato osservato, di una forma blanda di partecipazione del contribuente nel procedimento, inidonea a generare un vincolo procedimentale in termini di obbligatoria attivazione del contraddittorio endoprocedimentale. Tanto si giustifica in considerazione del maggiore grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, cui non può che corrispondere una conseguente irrilevanza della violazione di tale disciplina partecipativa ai fini della validità del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo. Nei procedimenti ordinari di liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni, in considerazione dell’elevato grado di attendibilità delle irregolarità riscontrabili, lo svolgimento di un effettivo contraddittorio fra ufficio e contribuente, ad avviso del legislatore, non rappresenta una fase indispensabile dei procedimento, essendo sempre possibile per il contribuente far valere eventuali doglianze in punto di illegittimità della pretesa impositiva in sede di impugnazione del consequenziale provvedimento di iscrizione a ruolo ( cfr. Cass., 17 dicembre 2019, n. 33344).
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 12 febbraio 2025.