Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33508 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33508 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23551/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE e d all’Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso i domicili digitali dei difensori
PEC
e
– ricorrente –
contro
Oggetto: tributi –
cartella – notifica-
zione
RAGIONE_SOCIALE (C.F. 13756881002), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente -avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, n. 5449/03/23 depositata in data 5 ottobre 2023 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 novembre 2024
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato una intimazione di pagamento, relativa al mancato pagamento di cartelle emesse per tributi erariali, deducendo l’omessa notifica degli atti presupposto e la conseguente prescrizione dei crediti tributari e la decadenza dalla riscossione.
La CTP di Napoli ha accolto il ricorso.
La CGT di secondo grado della Campania, con la sentenza qui impugnata, ha accolto parzialmente l’appello dell’Agente della riscossione. Ha ritenuto il giudice di appello che la notificazione di quattro delle cartelle impugnate era avvenuta con il rito della irreperibilità assoluta, con deposito degli atti presso la casa comunale tra il 2008 e il 2015, mentre la notifica di altre due cartelle è avvenuta a mezzo PEC negli anni 2015 e 2016, notifiche alle quali ha fatto seguito la notificazione dell’intimaz ione di pagamento in data 6 settembre 2017 con deposito nell’area web ex art. 26, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a tre motivi; resiste con controricorso l’Agente della riscossione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione ed erronea applicazione del combinato disposto dagli artt. 26 d.P.R. n. 602/1973 e 60, primo comma, lett. bbis d.P.R. n. 602/1973 per non avere la sentenza impugnata ritenuto invalide le notifiche delle cartelle di pagamento e delle intimazioni prodromiche. Deduce parte ricorrente che mancherebbe nelle relate di notificazione l’assenza delle opportune ricerche ai fini della irreperibilità assoluta. Quanto alle notifiche a mezzo PEC, il ricorrente rileva come non sarebbe stato ottemperato nel caso di specie il rispetto de ll’art. 7 -quater d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, nella parte in cui prevede che l’Ufficio provveda a un secondo tentativo di consegna decorsi almeno sette giorni dal primo invio, ove il primo invio non sia andato a buon fine per essere risultata satura la casella PEC. Deduce, inoltre, nullità/inesistenza della notifica delle cartelle in quanto notificazione avvenuta a mezzo posta privata.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto non sono né trascritte, né allegate le relate di notificazione delle cartelle oggetto di contestazione. Ove sia contestata la rituale notifica degli atti tributari, per il rispetto del principio di specificità, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass., Sez. V, 11 luglio 2022, n. 21810; Cass., Sez. V, 16 giugno 2022, n. 19491; Cass., 28 aprile 2022, n. 13425; Cass., Sez. V, 30 novembre 2018, n. 31038; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2017, n. 5185; Cass., Sez. Lav., 29 agosto 2005, n. 17424).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2948 n. 4 cod. civ. per non avere la sentenza impugnata rilevato la prescrizione quinquennale dei crediti portati dalle cartelle impugnate e
non correttamente notificate come eccepito da parte contribuente al motivo n. 2 del ricorso introduttivo, con argomentazioni riproposte in appello (pagg. 4-6). Osserva parte ricorrente che, ove la legge sostanziale preveda una prescrizione più breve di quella ordinaria, come nel caso degli interessi, la prescrizione non può sortire un maggior termine prescrizionale per il fatto che sia stata emessa una cartella di pagamento e che la stessa sia divenuta definitiva, salvi gli effetti del giudicato. Osserva, inoltre, come i crediti erariali sono soggetti a prescrizione quinquennale, come anche sanzioni e interessi.
Il secondo motivo è inammissibile quanto alla questione della prescrizione quinquennale di interessi e sanzioni, in quanto la questione non risulta tracciata nella sentenza di appello. Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).
In ogni caso, quand’anche la questione fosse stata proposta in primo grado, il contribuente avrebbe avuto l’onere di provare che la questione fosse stata riproposta in appello in sede di controdeduzioni, il che non è avvenuto.
Il secondo motivo è, invece, manifestamente infondato nella parte in cui deduce la prescrizione decennale dei crediti tributari, essendo i tributi erariali -per costante giurisprudenza di questa Corte assoggettati a prescrizione ordinaria (Cass., Sez. V, 8 marzo 2024, n.
6302; Cass., Sez. V, 8 gennaio 2024, n. 568; Cass., Sez. V, 25 gennaio 2023, n. 2359; Cass., Sez. VI, 16 dicembre 2020, n. 28846; Cass., Sez. V, 27 novembre 2020, n. 27188; Cass., Sez. V, 3 novembre 2020, n. 24278).
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 15, comma 1, d. lgs. 31 dicembre 1992, 91 e 92, secondo comma cod. proc. civ. e 24 Cost. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3, cod. proc. civ., carenza e illogicità della motivazione relativamente alla condanna alle spese di lite in danno della società contribuente. Osserva parte ricorrente come il giudice di appello, in parziale accoglimento dell’appello dell’Uffici o, avrebbe parzialmente compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio, con una motivazione apodittica nonché illogica, senza tenere conto del valore degli atti di causa (« nel caso di specie il Giudice d’Appello avrebbe dovuto, tutt’al più, liquidare le spese in favore della RAGIONE_SOCIALE in quanto l’atto annullato è di valore di € 71.715,55 rispetto agli € 58.162,31 di cui alle cartelle ritenute validamente notificate »).
Il terzo motivo è manifestamente infondato, posto che, in tema di spese legali, l’obbligo di adeguata motivazione sussiste se non vi è stata reciproca soccombenza (Cass., Sez. Lav., 7 agosto 2018, n. 20617), applicata la quale (come nella specie), nessuna motivazione suppletiva doveva essere resa.
Il terzo motivo è, inoltre, inammissibile nella parte in cui si deduce che le spese sarebbero state liquidate senza tenere conto del valore degli atti di causa, non essendo stati trascritti, né indicati i criteri di calcolo che avrebbero dovuto portare a una diversa liquidazione delle spese.
10. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 5 novembre 2024