Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5285 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 5285 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 31946/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in atti, dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale eletto all’indirizzo PECEMAIL
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE, in persona del l.r.p.t. -intimata-
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania NAPOLI n. 4464/2020 depositata il 6/10/2020, notificata il 16/10/2020
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso, riportandosi alla memoria depositata, chiedendo la declaratoria d’inammissibilità o il rigetto del ricorso;
Udito per la ricorrente l’avv. NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (di seguito società o contribuente), in persona del legale rappresentante pro-tempore, impugnò dinanzi alla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Napoli la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA con la quale, in sede di controllo automatizzato ex art. 36bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54 -bis del d.P.R. n. 633/1972, le fu richiesto, per l’anno 2013, l’importo di euro 2.024.245,44, per IRES ed IVA oltre sanzioni ed interessi.
Dedusse l’inesistenza o comunque la nullità della notifica della cartella, in quanto notificata a mezzo PEC in formato pdf senza l’estensione ‘.p7m’, priva di firma digitale , mancante dell’attestazione di conformità all’originale cartaceo detenuto presso l’Agenzia delle entrate Riscossione, e priva di relata di notifica.
Eccepì ancora la nullità della cartella per mancato inoltro dell’avviso bonario e perché priva di adeguata motivazione in ordine al calcolo degli interessi.
L’adita CTP di Napoli respinse il ricorso.
Avverso la sentenza di primo grado ad essa sfavorevole la società propose appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Campania che, con la decisione di cui in epigrafe, respinse il gravame.
La società propone quindi ricorso per cassazione avverso detta sentenza, affidando l’impugnazione a tre motivi.
L’Agenzia delle entrate Riscossione, alla quale il ricorso è stato notificato il 3 dicembre 2020, è rimasta intimata.
Avviata la trattazione del giudizio all’odierna udienza pubblica fissata per la discussione, il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato nei termini memoria, chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile o rigettarsi il ricorso medesimo, cui si è riportato nelle conclusioni come trascritte in epigrafe.
Parte ricorrente ha ugualmente depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 26, comma secondo, del d.P.R. n. 602/1973, come aggiunto dall’art. 38, comma 4, lett. b) del d. l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2010, n. 122; art. 1, lett. f), del d.P.R. n. 68 del 2005; art. 1, comma 1, lett. c), del d. lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui la pronuncia impugnata ha affermato che la cartella di pagamento in oggetto, notificata tramite PEC con allegato file PDF privo di sottoscrizione sarebbe stata oggetto di rituale notifica , o quand’anche ritenuta nulla, il relativo vizio dell’atto sarebbe stato sanato per raggiungimento dello scopo ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo la medesima statuizione resa dalla CTR è stata censurata da parte ricorrente come violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. dell’art. 36 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., assumendo la contribuente che la sentenza resa dalla CTR sarebbe nulla in quanto affetta dal vizio di motivazione apparente,
inidonea, quindi, a far comprendere l’ iter logico attraverso il quale il giudice tributario di appello è pervenuto alla decisione assunta.
Con il terzo motivo, infine, la ricorrente denuncia violazione del combinato disposto dell’art. 3, commi 1 e 3 della l. n. 241/1990 con l’art. 7 della l. n. 212/2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., laddove la sentenza impugnata ha statuito che, al fine del rispetto dell’obbligo di motivazione della cartella, con specifico riguardo al calcolo degli interessi, sia sufficiente rinviare alle norme applicate, non occorrendo specificare i criteri adottati per tale calcolo.
Preliminarmente va rilevato, in conformità alle conclusioni del P.G., che il ricorso deve ritenersi procedibile, sebbene la ricorrente non abbia depositato nel termine di cui all’art. 369 cod. proc. civ. la sentenza notificata, pur avendo dato atto della notifica della stessa in data 16 ottobre 2020, alla stregua dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte 6 luglio 2022, n. 21349 (cfr., inoltre, Cass. sez. 6, ord. 7 giugno 2021, n. 15832), in considerazione del fatto che il ricorso per cassazione risulta essere stato notificato alla controparte il 3 dicembre 2020, quindi nel rispetto del termine breve di sessanta giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, ciò rendendo priva di rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato.
Ciò premesso e venendo, dunque, all’esame dei motivi di ricorso, il primo motivo è infondato.
La sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto validamente notificata la cartella di pagamento, costituita nella fattispecie da copia su supporto informatico dell’originale analogico, pacificamente ricevuta nella casella di destinazione dell’indirizzo PEC estratto dal registro INI- PEC della società, che ha quindi impugnato nel termine prescritto la cartella medesima, ha fatto corretta applicazione del principio di diritto più volte affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui « n caso di notifica a
mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso » (cfr., tra le altre, Cass. sez. trib., ord. 19 dicembre 2023, n. 35541; Cass. sez. 3, ord. 18 ottobre 2013, n. 28852; Cass. sez. 5, ord. 27 novembre 2019, 30948).
Ugualmente è infondato il secondo motivo.
6.1. È noto che, per giurisprudenza costante di questa Corte, ricorre il vizio di motivazione apparente allorché la motivazione, pur graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, in quanto recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, senza che possa essere lasciato all’interprete il compito d’integrarla, in virtù di ipotetiche congetture (cfr., tra le molte, Cass. sez. 6-1, ord. primo marzo 2022, n. 6758; Cass. SU 3 novembre 2016, n. 22232; si vedano anche Cass. SU 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053).
6.2. Nella fattispecie in esame non ricorre il vizio denunciato, essendo la motivazione esposta a sostegno della decisione pienamente rispondente al c.d. ‘minimo costituzionale’, in quanto idonea a consentire il controllo sulla ratio decidendi sulla quale poggia la decisione assunta, del resto autonomamente censurata dalla ricorrente con il primo motivo, disatteso da questa Corte alla stregua delle considerazioni esposte nel paragrafo precedente.
7. Il terzo motivo è del pari infondato.
Trattandosi di cartella di pagamento resa in sede di controllo automatizzato ex artt. 36 -bis del d.P.R. n. 600/1973 e 54 -bis del d.P.R. n. 633/1972, nella quale l’Ufficio si è limitato a chiedere il pagamento delle somme che la contribuente aveva dichiarato e non versato per l’anno 2013 oggetto della presente controversia, la pronuncia impugnata – che ha affermato che, con riferimento al
calcolo degli interessi, la cartella risulta sufficientemente motivata mediante il richiamo alla dichiarazione dalla quale deriva il debito d’imposta ed al conseguente periodo di competenza, essendo il criterio di liquidazione degli interessi medesimi predeterminato ex lege e, risolvendosi, pertanto, la relativa operazione in un calcolo matematico – è conforme al principio di diritto affermato in materia, tra le altre, da Cass. sez. 5, ord. 27 marzo 2019, n. 8508; Cass. sez. 5, ord. 8 marzo 2019, n. 6812), la cui pertinenza nel caso di specie risulta da ultimo ulteriormente confermata nel contesto del più ampio intervento nomofilattico reso in materia dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 14 luglio 2022, n. 22281.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla è a statuirsi in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo l’intimata Agenzia delle entrate -Riscossione svolto difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20.3.2024