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Notifica cartella PEC: valida anche con file .pdf

Una società ha impugnato un fermo amministrativo sostenendo di non aver mai ricevuto le cartelle di pagamento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che per la notifica cartella PEC, la produzione delle ricevute di accettazione e consegna è prova sufficiente, creando una presunzione di conoscenza a carico del destinatario. L’uso di un file .pdf anziché .p7m è un’irregolarità sanabile se l’atto ha raggiunto il suo scopo.

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Pubblicato il 6 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica cartella PEC: Per la Cassazione è valida anche in .pdf

La notifica cartella PEC è ormai una prassi consolidata nel rapporto tra Fisco e contribuente. Tuttavia, le modalità con cui essa avviene possono generare contenziosi complessi. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito alcuni principi fondamentali sulla validità della notifica tramite Posta Elettronica Certificata, chiarendo in particolare la sufficienza delle ricevute di consegna e la validità degli allegati in formato .pdf.

Il caso: Fermo amministrativo e notifica contestata

Una società di costruzioni si è vista recapitare un preavviso di fermo amministrativo da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. L’azienda ha immediatamente impugnato l’atto, sostenendo di non aver mai ricevuto le cartelle di pagamento prodromiche che giustificavano la misura cautelare.

L’agente della riscossione, per contro, ha depositato in giudizio i duplicati informatici delle ricevute di accettazione (RAC) e di avvenuta consegna (RdAC) relative alla notifica delle cartelle, effettuate tramite PEC. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno dato ragione all’ente impositore, ritenendo provata la notifica. La società ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’errata valutazione delle prove e contestando l’idoneità della documentazione prodotta a dimostrare l’effettiva ricezione degli atti.

Prova della notifica cartella PEC: i principi della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile e infondato, cogliendo l’occasione per consolidare il proprio orientamento in materia di notifica cartella PEC. Gli Ermellini hanno stabilito che l’agente della riscossione assolve il proprio onere probatorio depositando le ricevute di accettazione e consegna del messaggio PEC.

Queste ricevute generano una presunzione di conoscenza dell’atto in capo al destinatario, analoga a quella prevista dall’art. 1335 del codice civile per le dichiarazioni negoziali. Di conseguenza, l’onere di provare l’eventuale malfunzionamento del sistema informatico, che avrebbe impedito la corretta ricezione del messaggio o dei suoi allegati, grava interamente sul contribuente che contesta la notifica.

La validità del formato .pdf

Un punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda il formato del file allegato. La ricorrente contestava la validità della notifica perché la cartella era stata trasmessa come file .pdf anziché nel formato con firma digitale .p7m.

La Cassazione ha respinto questa obiezione, ribadendo che la trasmissione di un file .pdf non invalida la notifica. Eventuali irregolarità formali, come l’uso di un formato piuttosto che un altro, sono considerate sanate nel momento in cui l’atto raggiunge il suo scopo, ovvero portare a conoscenza del destinatario il contenuto della pretesa tributaria. Questo principio, noto come “sanatoria per raggiungimento dello scopo” (art. 156 c.p.c.), si applica pienamente anche alle notifiche degli atti fiscali.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando innanzitutto un vizio procedurale nel ricorso della società: la mancata osservanza del principio di autosufficienza. La ricorrente, infatti, non aveva trascritto integralmente nel proprio ricorso le relate di notifica che contestava, impedendo così alla Corte di valutarne la presunta irregolarità.

Nel merito, la sentenza impugnata è stata ritenuta corretta perché, una volta che l’agente della riscossione ha prodotto le ricevute informatiche (RAC e RdAC), la prova della notifica si può considerare raggiunta. La Corte ha affermato che “in assenza di formale disconoscimento si deve ritenere idonea la documentazione prodotta a fornire prova della notifica della cartella esattoriale“. La semplice contestazione generica non è sufficiente; il contribuente deve fornire la prova di un errore tecnico o di una disfunzione del sistema che gli ha impedito di visualizzare il messaggio.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato e offre importanti indicazioni pratiche. Per i contribuenti, emerge la necessità di gestire con la massima attenzione la propria casella PEC, poiché la ricevuta di avvenuta consegna fa scattare una presunzione di conoscenza difficilmente superabile. In caso di problemi tecnici, è fondamentale documentarli tempestivamente per poterli far valere in un eventuale contenzioso. Per gli agenti della riscossione, viene confermato che la produzione delle ricevute informatiche di accettazione e consegna costituisce prova sufficiente della notifica, semplificando la gestione del processo tributario.

È valida la notifica di una cartella di pagamento via PEC con un allegato in formato .pdf invece che .p7m?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica è valida. L’eventuale irregolarità dovuta all’uso del formato .pdf anziché .p7m è considerata sanata se l’atto ha raggiunto il suo scopo, cioè se il destinatario è stato messo in condizione di conoscere il contenuto della cartella.

Cosa deve fare l’Agenzia delle Entrate-Riscossione per provare di aver notificato una cartella di pagamento via PEC?
È sufficiente che depositi in giudizio i duplicati informatici della ricevuta di accettazione (RAC) e della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) del messaggio PEC. Questa documentazione è considerata idonea a provare l’avvenuta notifica.

Su chi ricade l’onere di provare che un messaggio PEC non è stato ricevuto correttamente per un guasto tecnico?
L’onere della prova ricade sul destinatario (il contribuente). Una volta che il mittente ha prodotto la ricevuta di avvenuta consegna, si presume che il messaggio sia stato ricevuto. Spetta al destinatario dimostrare l’esistenza di un’irregolarità o di una disfunzione del sistema informatico che gli ha impedito di ricevere o visualizzare correttamente la comunicazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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