Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3723 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3723 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9599/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , rappresentata e difesa da ll’ avvocato NOME COGNOME come da procura speciale allegata al ricorso (PEC: EMAIL;
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle Entrate –RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 8424/27/2018, depositata il 3.10.2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20 novembre 2024.
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Campania rigettava l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione contro la sentenza della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso proposto
Oggetto:
Tributi
dalla predetta contribuente avverso la cartella di pagamento, per IVA e altro, in relazione all’anno 2012 ;
dalla sentenza impugnata si evince, per quanto ancora qui rileva, che:
la costituzione in giudizio della parte appellata, COGNOME, era nulla, per violazione dell’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, essendosi costituita in giudizio con un avvocato del libero foro e non mediante un difensore della struttura, senza provvedere a sanare la nullità nel termine concessole;
era infondata la censura riguardante la notificazione a mezzo PEC della cartella di pagamento impugnata, in quanto l’irritualità di detta notifica, effettuata prima del 15.05.2014 (data di entrata in vigore delle norme tecniche di cui all’art. 18 del d.m. n. 44 del 2011, che attuavano la notificazione a mezzo PEC, poi divenuta obbligatoria), non ne determinava l’inesistenza, ma solo la nullità, sanata con il successivo raggiungimento dello scopo;
-non trovava, peraltro, applicazione né l’art. 149 -bis cod. proc. civ. né le disposizioni speciali dettate in tema di processo telematico, non costituendo la cartella di pagamento un atto di natura processuale;
-erano infondate anche le censure relative all’asserito difetto di sottoscrizione della cartella esattoriale, non essendo applicabile l’art. 12, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973, che riguarda solo il ruolo e comunque non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi di mancata sottoscrizione; la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente e non è prevista la sua sottoscrizione, essendo onere del contribuente provare la non riferibilità dell’atto all’Autorità da cui promana;
-l’agente della riscossione, dovendo notificare la cartella a mezzo PEC, ha provveduto ad inviare una sua riproduzione, in copia telematica, anziché procedere alla stampa cartacea del documento;
la cartella impugnata era corrispondente al modello ministeriale e completa in ogni sua parte, per cui non sussisteva alcun elemento che consentisse di dubitare della sua conformità all’originale;
era infondata anche la censura relativa al calcolo delle sanzioni e degli interessi, i cui criteri di determinazione erano esplicitati nelle informazioni allegate e di cui risultavano indicati i singoli importi, oltre che la cifra totale;
la contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi;
-l’A DER resisteva con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo del ricorso principale, la contribuente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 20 del d.lgs. n. 82 del 2005, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nell’ affermare l’esistenza della cartella di pagamento, notificata a mezzo PEC, quale atto informatico, ma priva di firma digitale che assicurasse i requisiti di autenticità, integrità e validità legale del documento;
con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente sanata la nullità della notifica della cartella di pagamento impugnata, posto che il giudizio non verteva sulla violazione del procedimento notificatorio, ma sull’esistenza dell’atto impugnato;
-i predetti motivi, che vanno esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati;
occorre innanzitutto premettere che, come ha già affermato questa Corte (Cass. n. 30948 del 27/11/2019), sulla base del quadro normativo applicabile al caso in esame, l’agente della riscossione può
allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagini di un documento in origine analogico (cd. formato PDF);
– ed invero, l’art. 26, comma secondo, del d.p.r. n. 602 del 1973 come aggiunto dall’art. 38, comma 4, lettera b), del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nel testo applicabile ratione temporis , prevede che la notifica della cartella di pagamento « può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’articolo 149bis del codice di procedura civile ». A sua volta l’art. 1, lett. f), del d.p.r. n. 68 del 2005, definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come « un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati ». La lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD – inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del d.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 -, poi, definisce « copia per immagine su supporto informatico di documento analogico » come « il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico », mentre la lett. lett. i-quinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD – inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del d.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 -, nel definire il « duplicato informatico » parla di « documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario »;
-anche con riferimento alla doglianza riguardante l’omessa sottoscrizione, con firma digitale, della cartella di pagamento, allegata al messaggio di PEC, va pertanto condiviso l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, secondo il quale, ‘In tema di notificazione a mezzo
PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso ‘ (Cass. n. 30948 del 2019 cit. e n. 35541 del 19.12.2023);
quanto alla parte della censura che mette in dubbio i requisiti di autenticità, integrità e validità legale del documento, è sufficiente richiamare l’art. 22, comma 3 del CAD – come modificato dall’art. 66, comma 1, del d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 217 «Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta »;
si tratta, quindi, di doglianze prive di fondamento, non avendo la ricorrente mai disconosciuto in modo specifico la conformità della copia informatica della cartella di pagamento, allegata alla PEC ricevuta, all’originale cartaceo in possesso dell’Amministrazione;
con il terzo motivo di ricorso, la contribuente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 della l. n. 241 del 1990 e 7 della l. n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto adeguatamente motivata la cartella impugnata con riferimento agli interessi applicati, sulla scorta della semplice esposizione dell’importo presuntivamente dovuto , nonostante l’iscrizione a ruolo fosse avvenuta a seguito della decadenza da un piano di rateizzazione precedentemente concesso sul cd. avviso bonario sul quale già gravavano gli interessi di mora;
anche questo motivo è infondato, alla luce della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 22281 del 14/07/2022, secondo la quale “La cartella di pagamento, allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il “quantum” del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, è congruamente motivata – con riguardo
al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della l. n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990; se, invece, la cartella costituisce il primo atto riguardante la pretesa per interessi, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione essa deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto, la base normativa relativa agli interessi reclamati -la quale può anche essere implicitamente desunta dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi oggetto della pretesa ovvero del tipo di tributo a cui questi accedono – e la decorrenza dalla quale gli accessori sono dovuti, senza che sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati o delle modalità di calcolo “;
nel caso in esame si tratta di cartella esattoriale emessa a seguito di un atto impositivo ormai definitivo, per cui la contribuente era nelle condizioni di comprendere il calcolo degli interessi, conteggiati sulla base dell’obbligazione principale secondo i criteri già esposti nell’atto presupposto;
-passando al ricorso incidentale proposto dall’ADER, con l’unico motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 1, comma 8, del d.l. n. 193 del 2016, convertito dalla l. n. 225 del 2016, e 24 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. , per avere la CTR errato nel ritenere che l’ADER non potesse farsi rappresentare nel giudizio di appello da un avvocato del libero foro, ma dovesse avvalersi necessariamente di un difensore della propria struttura;
il motivo è fondato;
-con riferimento al patrocinio dell’Agenzia delle entrate Riscossione, questa Corte ha chiarito che, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’Agenzia delle entrate -Riscossione, salva la facoltà di
avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale e al giudice di pace, si avvale, nei casi previsti dalla Convenzione stipulata con l’Avvocatura dello Stato, di quest’ultima per i casi ad essa riservati dalla Convenzione; negli altri casi si può avvalere di avvocati del libero foro, senza necessità della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. 43, comma 4, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, ovvero anche nei casi in cui, ancorché riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio (Cass. Sez. U. 19 novembre 2019, n. 30008; Cass. 15 febbraio 2021, n. 3864; Cass. 10 giugno 2021, n. 16314);
– si è osservato, in particolare, che, secondo la suddetta Convenzione (Protocollo di intesa), il par. 3.4.2 della stessa, prevede che l’Ente stia in giudizio avvalendosi anche di avvocati del libero foro nelle controversie relative a liti innanzi alle Commissioni Tributarie (Cass. 29 settembre 2020, n. 20646; Cass. 18 settembre 2020, n. 19448), in conformità al fatto che l’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 riguarda la rappresentanza processuale dell’Agente della riscossione, ossia la capacità e la legittimazione a stare in giudizio dell’organo che rappresenta l’ente, laddove la difesa tecnica è disciplinata dal successivo art. 12 d.lgs. n. 546/1992; pertanto, se la rappresentanza processuale può essere assunta da un delegato a sottoscrivere l’atto difensivo (Cass. 14 ottobre 2015, n. 20628), questa delega può essere conferita anche a un avvocato del libero foro, in considerazione del fatto che l’attribuzione all’Agente della riscossione della capacità di stare in giudizio direttamente o mediante la struttura sovraordinata non esclude la possibilità di avvalersi della difesa tecnica, ai sensi dell’art. 12 d.lgs. n. 546/1992 (Cass. 15 ottobre 2018, n. 25625; Cass. 28 agosto 2024, n. 23304, in motivazione);
– nella specie, quindi, la CTR non doveva dichiarare nulla la costituzione in giudizio della parte appellata, ADER, perchè costituita a mezzo di un
avvocato del libero foro, ritenendo che la stessa avesse dovuto farsi rappresentare necessariamente da un dipendente delegato della propria struttura, non provvedendo così alla regolazione delle spese di lite, che, invece, in sede di giudizio di rinvio dovranno essere liquidate, stante la soccombenza, nel merito, della parte contribuente;
in conclusione, va accolto il ricorso incidentale e rigettato quello principale; l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo del ricorso incidentale accolto e la causa va rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso incidentale e rigetta quello principale; cassa l’impugnata sentenza in relazione al ricorso incidentale accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 20 novembre 2024.