Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1250 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1250 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
Oggetto: notifica cartella PEC – omessa pronuncia
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25334/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso per cassazione e con esso elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma alla INDIRIZZO (PEC: EMAIL;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa come per legge dall’ Avvocatura generale dello Stato con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO (PEC: EMAIL);
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 2677/19/2022 depositata in data 18/03/2022;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società ricorrente impugnava la cartella di pagamento notificatale per iva 2017, relativa a mancato versamento del dovuto;
-la CTP rigettava il ricorso;
-appellava la società;
-con la pronuncia qui gravata, la CTR ha rigettato l’impugnazione in quanto, a fronte della documentazione prodotta dalla Agenzia delle Entrate -attestante la spedizione a mezzo PEC dell’avviso bonario di cui si lamentava il mancato invio-, parte ricorrente nulla aveva controdedotto né nel giudizio di primo grado, né nell’atto di gravame, così formulando un motivo di gravame privo del requisito della specificità; inoltre, secondo il giudice dell’appello, l’Ufficio aveva documentato l’invio del predetto avviso, e comunque, facendo riferimento la cartella di pagamento al mancato pagamento di somme dichiarate come dovute dal contribuente, la previa spedizione del c.d. ‘ avviso bonario ‘ (comunicazione di irregolarità) neppure era in questo caso necessaria;
-ricorre a questa Corte la società contribuente con atto affidato a tre motivi di ricorso illustrati da memoria; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso; il riscossore è rimasto qui intimato.
Considerato che:
-il primo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 60 del d.P.R n. 600 del 1973 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Commissione tributaria regionale rigettato il primo motivo di gravame statuendo che ‘è infondato, sia perché, come si è detto, l’Ufficio aveva documentato l’invio del predetto avviso,
sia perché, facendo riferimento la cartella di pagamento al mancato pagamento di somme dichiarate come dovute la previa spedizione dell’avviso bonario (comunicazione di irregolarità) neppure era necessario. La necessità del detto avviso non si ricava né dall’art. 54 d.P.R. 633/72, né da quella generale di cui all’art. 6 co. 5 l. 212/2000, che per il caso di iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, prevede l’obbligo della preventiva comunicazione solo nel caso di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’;
-secondo la prospettazione di parte ricorrente la Commissione ha errato sia ritenendo che la comunicazione di irregolarità sarebbe da ritenersi, nel caso di specie, non necessaria, sia in quanto la documentazione allegata dall’Agenzia delle Entrate non sarebbe sufficiente a dimostrare l’effettiva conoscenza da parte del destinatario della irregolarità fiscale per avere l’Ufficio mancato di produrre in giudizio una prova valida che potesse dimostrare la reale conoscenza della sua pretesa da parte del ricorrente;
-sotto il primo profilo, il motivo è infondato;
-invero, pacifica la circostanza per la quale, come accertato in fatto dalla CTR, ‘ parte ricorrente aveva presentato dichiarazione ai fini IVA non versando le somme indicate come dovute’, va richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, ove il recupero fiscale derivi da mero mancato versamento di imposte dichiarate, l’eventuale omessa trasmissione della comunicazione di irregolarità, ex artt. 36-bis e 54-bis rispettivamente del d.P.R. n. 600/1973 e del d.P.R. n. 633/1972, costituisce mera irregolarità (v. Cass. n. 13759/2016) e non implica nullità della cartella;
-inoltre, tale conseguenza è dettata solo dall’art. 6, comma 5, dello Statuto del contribuente, in relazione al c.d. ‘ avviso bonario ‘ . Sul punto, peraltro, è costante l’insegnamento secondo cui “in tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma 5, della l. n. 212 del 2000 non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art.
36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ma soltanto ‘qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione’, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso” (Cass. n. 27716/2017);
-quanto al secondo profilo, il motivo è evidentemente inammissibile per due ordini di ragioni;
-in primo luogo, esso cozza contro l’accertamento di fatto operato dalla CTR secondo la quale è in atti ‘….documentazione prodotta dalla Agenzia delle Entrate -attestante la spedizione a mezzo pec dell’avviso bonario di cui si lamentava il mancato invio ….’; in altre parole, la pronuncia gravata ha invero correttamente ritenuto idonea la ricevuta del messaggio PEC a dar prova dell’avvenuto invio e ricezione dell’avviso bonario posto a base del motivo;
-in secondo luogo, la censura risulta al di sotto della soglia dell’ammissibilità se posta in relazione ancora con l’accertamento in fatto operato contestualmente dal giudice dell’appello secondo il quale ‘ in quanto a fronte della documentazione prodotta dalla Agenzia delle Entrate – attestante la spedizione a mezzo pec dell’avviso bonario di cui si lamentava il mancato invio – parte ricorrente nulla aveva contro dedotto né nel giudizio di I grado, né nell’atto di gravame, così formulando un motivo di gravame privo del requisito della specificità’;
-in altri termini, il motivo non aggredisce l’affermazione della CTR che ha ritenuto inammissibile il motivo di doglianza in quanto basato su questione nuova, non proposta in primo grado, e comunque generico; pertanto, lo stesso risulta sotto questo ulteriore profilo inammissibile;
-il secondo motivo di ricorso censura la pronuncia impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., in quanto la Commissione tributaria regionale per la Campania avrebbe omesso di pronunciarsi sul terzo motivo di gravame adducendo quale motivazione ‘è inammissibile siccome privo di contenuto specifico, riportando il motivo solo la menzione di una sentenza della Suprema Corte’ , con ciò mancando di rendere palesi le ragioni poste a base del decidere;
-quanto al profilo motivazionale, il motivo è evidentemente infondato, avendo la CTR reso motivazione che si colloca al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’ (Cass. SS. UU. sent. n. 8053/2014);
-quanto all’ulteriore profilo, esso insiste ancora sul mancato invio del c.d. ‘avviso bonario’, ed è infondato per le ragioni di cui si è detto in sede di scrutinio del primo motivo di ricorso;
-infine, il terzo motivo si incentra sulla violazione degli artt. 22 e 23 del d. l. n. 82/2005 e dell’ art. 3-bis della l. n. 53/1994, in relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c., per avere la CTR della Campania – così come la Commissione provinciale di Caserta omesso di pronunciarsi sugli ulteriori motivi di ricorso formulati in entrambi i gradi di giudizio in quanto ritenuti assorbiti e privi di fondamento, in particolare in relazione alla regolarità formale della notifica della cartella di pagamento effettuata a mezzo PEC. Specificamente, la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine all’eccepita nullità della cartella di pagamento impugnata -proveniente da indirizzo non presente in pubblici registri – e conseguentemente non avrebbe preso posizione in ordine alla eccepita inesistenza della notifica;
-il motivo è infondato;
-invero, esso risulta sprovvisto di decisività, in quanto la notifica della cartella qui operata a mezzo PEC è legittima;
-trova applicazione, infatti, la ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18684 del 03/07/2023), in tema di notificazione a mezzo PEC della cartella di pagamento da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro;
-in ogni caso, osserva il Collegio che la consegna dell’atto da notificare ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (cfr. Cass. Sez. U., 28/09/2018, n. 23620), dimostrato nel caso di specie dalla tempestiva impugnazione della cartella ‘ de qua ‘ , essendosi la società ricorrente ampiamente difesa anche nel merito della controversia;
-pertanto, il ricorso va integralmente rigettato;
-le spese sono regolate dalla soccombenza;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 2.100,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di parte ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 novembre 2023.