Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30922 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30922 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3907/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA-BARI n. 1274/2020 depositata il 26/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Dalla sentenza di cui in epigrafe si apprende che, ‘a seguito di istanza di ammissione al passivo fallimentare da parte dell’agente di riscossione per crediti rivenienti da n. 35 cartelle di pagamento, il fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proponeva ricorso’, deducendo tra l’altro la mancata notifica di ruoli e cartelle.
Si costituiva Agenzia delle entrate -Riscossione, che, preliminarmente, eccepiva l’inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione delle cartelle, contestando le avverse deduzioni.
1.1. Con sentenza n. 1123/2/2018, depositata il 29/05/2018, la Commissione Tributaria Provinciale di Taranto, rilevata la propria incompetenza con riferimento alle cartelle riguardanti tasse automobilistiche, accoglieva il ricorso.
AdER proponeva appello, parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia con la sentenza in epigrafe, limitatamente alle cartelle nn. NUMERO_CARTA ritenendo le medesime regolarmente notificate e non prescritte.
Propone ricorso per cassazione AdeR con due motivi.
Il fallimento resta intimato.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4) c.p.c.’.
1.1. Il motivo è volto a censurare le seguenti affermazioni della sentenza impugnata:
Per quanto concerne, invece, la cartella n. 106201300010014250, notificata mediante deposito presso la Casa Comunale – in quanto non risultava rinvenuta persona qualificata alla ricezione (irreperibilità temporanea) si osserva che, al fine di verificare la legittimità della procedura effettuata, rileva valutare l’effettiva sussistenza della ulteriore formalità costituita dalla comunicazione al destinatario dell’avvenuto suddetto deposito . Orbene, dall’analisi della documentazione prodotta dal Concessionario non è dato evincere la corretta comunicazione al contribuente dell’avvenuto deposito dell’atto – a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno – in quanto non è stata prodotta la relativa documentazione. Conseguentemente, l’Ufficio, non avendo provato di aver informato il destinatario della cartella dell’avvenuto deposito, non può, in questa sede, vedere accolte le proprie richieste.
Il motivo deduce che ‘tale statuizione è chiaramente errata, in considerazione del fatto che l’Agente della Riscossione aveva ritualmente prodotto in giudizio sia gli avvisi di ricevimento che la raccomandate informative relative alla cartella n. 106201300010014250 (documenti contenuti nel fasc. d’ufficio del primo grado; all 1 al presente ricorso)’. Segue la fotoriproduzione dei documenti.
Il motivo conclude nel senso che ‘la CTR avrebbe dovuto rilevare la corretta notificazione della cartella n. NUMERO_CARTA rispetto alla quale l’Agente della Riscossione ha posto in essere tutti gli adempimenti previsti dall’art. 140 c.p.c.’.
1.2. Il motivo è inammissibile.
Esso, invero, nel dedurre che la CTR ha del tutto pretermesso i documenti pur ritualmente versati in atti (debitamente localizzati e fotoriprodotti a fini di autosufficienza del ricorso), non fa valere alcuna violazione di legge, ma, in realtà, introduce un vizio propriamente revocatorio.
Né, vale la pena di aggiungere, stante l’evocazione dell’art. 115 cod. proc. civ., esso rappresenta una forma di ‘travisamento del contenuto oggettivo della prova’ suscettibile di essere denunciato come violazione di legge sotto i paradigmi dell’art. 360, comma 1, nn. 4 o 5, cod. proc. civ., perché, alla luce di Sez. U, n. 5792 del 05/03/2024, Rv. 670391 -01, non allega – e comunque è da escludersi – che ‘il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare’, nel senso che ‘il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti’. Come detto, il rimprovero mosso alla CTR consiste nel non essersi proprio avveduta delle produzioni documentali, con conseguente configurabilità, in definitiva, di una ‘svista’ percettiva, prima ancora che valutativa, che, proprio come insegnano le Sezioni unite, ‘trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c.’.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, degli artt. 4, 5, 6 e 11 del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, nonché degli artt. 2697 c.c., 2712 e 2719 c.c.’.
2.1. Il motivo è volto a censurare le seguenti affermazioni della sentenza impugnata:
Infine, con riferimento alle cartelle n. NUMERO_CARTA, a. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA questa Commissione osserva che l’orientamento giurisprudenziale attuale riconosce ed
ammette la possibilità di notifica a mezzo PEC degli atti della riscossione e degli atti tributari in genere. Va posta, però, nella specie, la questione attinente il “formato” da adottarsi dall’Agente della Riscossione perché la notifica possa ritenersi valida e legittima.
Orbene, l’unico formato in grado di garantire l’autenticità, il contenuto, l’integrità e la provenienza del documento è rappresentato dal formato PDF/A, che munito di firma digitale va a costituire il più noto formato .p7m. Qualora l’atto non sia in detta estensione, autorevole e consolidata giurisprudenza è concorde nel ritenere lo stesso nullo ed improduttivo di effetti giuridici.
Non si può, pertanto, nella specie, invocare la sanatoria per raggiungimento dello scopo, non venendo in discussione la legittimità della notifica ma la stessa validità del provvedimento notificato attraverso il messaggio di posta elettronica. Infatti, solo l’estensione “.p7m” del file notificato, estensione che rappresenta la c.d. “busta crittografica”, contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica, può attestare la certificazione della firma. Per le cartelle de qu, pertanto, in difetto di detta estensione del file, la notificazione a mezzo PEC risulta essere non valida e comporta l’annullamento delle cartelle notificate e il rigetto delle eccezioni di parte appellante.
Il motivo deduce che, come per gli atti processuali, ‘ la validità del file notificato con firma in ‘.pdf’ non sembra seriamente contestabile per gli atti amministrativi e, segnatamente, per la cartella esattoriale’, tanto più che ‘nel senso della validità della notificazione della cartella di pagamento firmata in formato ‘.pdf’ depone, in modo inequivocabile, l’orientamento
giurisprudenziale che correttamente sottolinea come la firma non sia neppure previsto quale requisito legale dell’atto’.
2.1. Il motivo è fondato.
In materia di processo civile telematico, le Sezioni Unite di questa Suprema Corte di cassazione hanno avuto modo di affermare che, ‘a norma dell’art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014, di cui all’art. 34 del d.m. n. 44 del 2011 , in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”. Tale principio di equivalenza si applica anche alla validità ed efficacia della firma per autentica della procura speciale richiesta per il giudizio in cassazione, ai sensi degli artt. 83, comma 3, c.p.c., 18, comma 5, del d.m. n. 44 del 2011 e 19 bis, commi 2 e 4, del citato decreto dirigenziale’ (Sez. U, n. 10266 del 27/04/2018, Rv. 648132 -02).
Il principio di equivalenza dei due formati “.p7m” e “.pdf”, che costituisce la ‘ratio’ ispiratrice dell’insegnamento che ne occupa, è stato esplicitato da una pronuncia immediatamente successiva, secondo, ‘in tema di processo telematico, in conformità alle disposizioni tecniche previste dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo ‘CAdES’ e di tipo ‘PAdES’ sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni ‘.p7m’ e ‘.pdf’, posto che il certificato di firma, inserito nella busta crittografica, è presente in entrambi gli standards, parimenti abilitati. Ne consegue la piena validità ed efficacia del ricorso (o controricorso) per cassazione munito di procura alle liti controfirmata dal difensore con firma digitale in formato ‘PAdES” (Sez. 3, n. 30927 del 29/11/2018, Rv. 651536 -01).
L’equivalenza dei due formati “.p7m” e “.pdf”, affermata, sotto il profilo della firma digitale, per gli atti del processo civile telematico, non può non valere ‘a fortiori’ per gli atti notificati telematicamente dall’Amministrazione, con particolare riguardo alle cartelle di pagamento, rispetto alle quali, oltretutto, il requisito della sottoscrizione non è neppure richiesto, men che meno ‘ad substantiam’: invero, come ritenuto da consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte, ‘l’omessa sottoscrizione della cartella esattoriale da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, sia nel caso in cui la stessa sia redatta e notificata su supporto cartaceo, sia quando il documento, originariamente analogico, sia stato poi trasmesso in forma digitale, sia ove sia stata redatta fin dall’origine e notificata in forma digitale, poiché la sua esistenza non dipende dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, ma dalla inequivocabile riferibilità all’organo amministrativo titolare del potere di emettere l’atto, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo l’apposito modello approvato con d.m., che non prevede la sottoscrizione dell’agente, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice’ (Sez. 5, n. 19327 del 15/07/2024, Rv. 671642 -01).
Talché, in definitiva, a venire in linea di conto è la mera riferibilità della cartella al soggetto emittente, di per sé assicurata, salvo specifiche contestazioni (nella specie non rappresentate), dall’adozione del sistema di posta elettronica certificata (PEC). Più particolarmente, ‘in tema di notificazione a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso’ (Sez. 5, n. 35541 del 19/12/2023, Rv. 669868 -02; Sez. 5, n.
30948 del 27/11/2019, Rv. 656343 -01), considerato che ‘l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973 non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi della omessa sottoscrizione , sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente, che non può limitarsi ad una generica contestazione dell’esistenza del potere o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti a sostegno delle sue deduzioni’ (Sez. 5, n. 27561 del 30/10/2018, Rv. 651066 -03).
Può, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto:
‘È valida la notifica della cartella di pagamento a mezzo di PEC in formato ‘.pdf’, senza necessità che sia adottato il formato ‘.p7m’, atteso che il protocollo di trasmissione mediante PEC è di per sé idoneo ad assicurare la riferibilità della cartella all’organo da cui promana, salve specifiche e concrete contestazioni che è onere del ricevente eventualmente allegare in contrario’.
In definitiva, la sentenza impugnata va ‘in parte qua’ cassata con rinvio per nuovo esame e per le spese.
P.Q.M.
In accoglimento del secondo motivo ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 settembre 2024.