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Notifica cartella pagamento PEC: validità e firma

Una società ha impugnato un atto di pignoramento, sostenendo la nullità della notifica delle cartelle di pagamento ricevute via PEC perché prive di firma digitale. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che per la validità della notifica cartella pagamento PEC non è necessaria la sottoscrizione digitale. È sufficiente la chiara attribuibilità dell’atto all’Agente della Riscossione, garantita dall’uso del sistema di Posta Elettronica Certificata. La Corte ha inoltre ribadito l’irrilevanza del formato del file (.pdf o .p7m) e ha considerato generica la contestazione sulla prova della notifica.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica cartella pagamento PEC: La Cassazione chiarisce quando è valida anche senza firma

La digitalizzazione dei processi fiscali ha introdotto nuove modalità di comunicazione tra Fisco e contribuenti, tra cui la Posta Elettronica Certificata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: la validità della notifica cartella pagamento PEC in assenza di firma digitale. La pronuncia stabilisce principi fondamentali sull’efficacia degli atti di riscossione trasmessi telematicamente, offrendo importanti chiarimenti per cittadini e imprese.

I Fatti del Caso

Una società fornitrice di gas ha ricevuto un atto di pignoramento basato su diverse cartelle di pagamento e intimazioni pregresse. L’azienda ha impugnato tali atti, contestando la validità delle notifiche avvenute tramite PEC. Secondo la società, i documenti allegati (le cartelle di pagamento) erano invalidi perché privi di sottoscrizione digitale. Inoltre, si contestava il formato del file (.pdf anziché .p7m) e la sufficienza delle prove di notifica prodotte dall’Agente della Riscossione, consistenti in semplici copie delle ricevute di consegna.

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari hanno respinto le doglianze della società, ritenendo le notifiche regolari e gli atti validi. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La notifica cartella pagamento PEC secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la validità delle notifiche e degli atti di riscossione. I giudici hanno chiarito diversi punti fondamentali, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai prevalente.

Le motivazioni

Il cuore della decisione si basa sul principio di “riferibilità” dell’atto. Secondo la Corte, per le cartelle di pagamento, la legge non impone un obbligo di sottoscrizione, né autografa né digitale. Ciò che conta è che l’atto sia inequivocabilmente attribuibile all’ente che lo ha emesso, in questo caso l’Agente della Riscossione. L’utilizzo della PEC, un sistema che garantisce l’identità del mittente e la certezza della consegna, è di per sé sufficiente ad assicurare tale riferibilità. Pertanto, l’assenza della firma digitale sul documento allegato non ne inficia la validità.

La Corte ha inoltre specificato che:

1. Equivalenza dei formati: Non vi è alcuna differenza sostanziale tra un file in formato .pdf e uno in formato .p7m (che incorpora la firma digitale) ai fini della validità della notifica, specialmente quando la sottoscrizione non è un requisito richiesto dalla legge.
2. Onere della prova: Per quanto riguarda la prova dell’avvenuta notifica, la Corte ha ritenuto le contestazioni della società troppo generiche. A fronte della produzione delle ricevute di consegna PEC da parte dell’Agente della Riscossione, il contribuente avrebbe dovuto sollevare contestazioni specifiche e dettagliate. In assenza di ciò, il giudice di merito è libero di valutare la idoneità probatoria anche di una copia non formalmente attestata come conforme all’originale.
3. Inammissibilità dei motivi: Molti dei motivi di ricorso sono stati giudicati inammissibili perché volti a contestare una valutazione di fatto operata correttamente dai giudici di merito, senza evidenziare reali violazioni di legge.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la stabilità degli atti di riscossione notificati tramite strumenti digitali. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: i contribuenti non possono contestare validamente una cartella di pagamento ricevuta via PEC solo perché il file allegato non è firmato digitalmente. Il focus si sposta dalla formalità della firma alla sostanza della provenienza dell’atto, che il sistema PEC garantisce. Per contestare efficacemente la notifica, è necessario sollevare eccezioni precise e circostanziate sulla ricezione del messaggio o sul suo contenuto, non potendosi limitare a una generica contestazione formale.

Una cartella di pagamento notificata via PEC deve avere la firma digitale per essere valida?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligo di sottoscrizione non sussiste. Ciò che conta è la chiara riferibilità dell’atto all’Agente della Riscossione, garantita dall’uso stesso del sistema PEC.

È importante il formato del file allegato alla PEC (ad esempio .pdf anziché .p7m)?
No. La Corte ha ribadito il principio di equivalenza tra il formato “.pdf” e il formato “.p7m”, affermando che la scelta del formato non incide sulla validità della notifica, soprattutto quando la firma digitale non è un requisito di validità dell’atto.

Per provare l’avvenuta notifica via PEC, l’Agente della Riscossione deve produrre ricevute con attestazione di conformità?
Non necessariamente. A fronte dell’affermazione del giudice che la prova della consegna è presente in atti, il ricorrente ha l’onere di contestare specificamente tale documentazione. Spetta poi al giudice di merito apprezzare la valenza probatoria della copia prodotta, anche senza un’attestazione formale di conformità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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