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Notifica cartella pagamento: onere della prova

Una società cosmetica ha contestato la notifica di alcune cartelle di pagamento. La Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di notifica cartella pagamento, non basta un disconoscimento generico della copia della notifica PEC. Per la raccomandata, spetta al destinatario che lamenta di aver ricevuto una busta vuota fornire la prova, non al mittente. La Corte ha quindi ribaltato la decisione precedente, riaffermando il principio di vicinanza della prova.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica cartella pagamento: la Cassazione definisce l’onere della prova

La corretta notifica di un atto è un momento cruciale nel diritto tributario, poiché da essa dipendono la validità della pretesa fiscale e i termini per la difesa del contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema tanto comune quanto spinoso: cosa succede se il contribuente contesta la regolarità della notifica cartella pagamento? La Corte ha fornito chiarimenti fondamentali sull’onere della prova, distinguendo tra notifiche avvenute tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) e quelle effettuate con la tradizionale raccomandata.

I fatti del caso

Una società operante nel settore della cosmetica si era opposta a diverse cartelle di pagamento, sostenendo di non averle mai ricevute correttamente. Il contenzioso riguardava due modalità di notifica:
1. Notifiche via PEC: L’agente della riscossione aveva prodotto in giudizio le copie cartacee (analogiche) delle relate di notifica. La società contribuente ne aveva contestato la conformità agli originali informatici.
2. Notifica via raccomandata: La società aveva sostenuto che il plico ricevuto non contenesse la cartella di pagamento.

Nei gradi di merito, i giudici tributari avevano dato ragione alla società, annullando le cartelle. Secondo loro, nel primo caso l’agente della riscossione avrebbe dovuto depositare copie autenticate o i file originali su un supporto digitale; nel secondo, avrebbe dovuto provare il contenuto del plico spedito. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte sulla notifica cartella pagamento

La Corte di Cassazione ha accolto integralmente il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza precedente e rinviando la causa ai giudici regionali. La Corte ha ristabilito i corretti principi in materia di onere della prova, delineando regole precise per entrambe le tipologie di notifica contestate.

Le motivazioni: l’onere della prova nella notifica via PEC

Per quanto riguarda la notifica cartella pagamento via PEC, la Corte ha stabilito che la contestazione della conformità di una copia all’originale non può essere generica o basata su clausole di stile. Chi contesta deve farlo in modo chiaro, circostanziato e specifico. In altre parole, il contribuente deve indicare precisamente quale documento contesta e quali sono le specifiche difformità rispetto all’originale. Un semplice ‘disconosco la copia’ è inefficace. Il giudice, a sua volta, non può limitarsi a negare valore probatorio alla copia solo perché manca un’attestazione formale di conformità, ma deve valutare le specifiche contestazioni alla luce di tutti gli elementi disponibili, anche di natura presuntiva.

Le motivazioni: la presunzione di conoscenza per la raccomandata

Sul fronte della notifica a mezzo posta, la Corte ha ribadito un principio fondamentale basato sull’art. 1335 del codice civile e sul cosiddetto principio di vicinanza della prova. La consegna del plico raccomandato al domicilio del destinatario, attestata dall’avviso di ricevimento, fa scattare una presunzione di conoscenza del suo contenuto. Di conseguenza, l’onere della prova si inverte: non è più il mittente (l’Agenzia) a dover dimostrare cosa c’era dentro la busta, ma è il destinatario a dover provare che il plico era vuoto o conteneva un atto diverso. Questa regola si fonda sulla logica che è molto più semplice per chi riceve la busta dimostrarne l’eventuale anomalia, piuttosto che per chi spedisce provare a distanza il contenuto di migliaia di spedizioni.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Per i contribuenti, significa che le contestazioni sulle notifiche devono essere precise e supportate da elementi concreti, non potendo basarsi su mere affermazioni generiche. Per l’Amministrazione finanziaria, viene confermato che la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata è, di norma, prova sufficiente del perfezionamento della notifica, spostando sul destinatario l’onere di dimostrare eventuali vizi sostanziali nella consegna.

Se ricevo una copia di una notifica via PEC e dubito della sua autenticità, è sufficiente contestarla genericamente?
No. Secondo la Corte, la contestazione deve essere chiara, circostanziata e specifica. È necessario indicare con precisione sia il documento contestato sia gli aspetti per i quali si ritiene che la copia differisca dall’originale. Una contestazione generica è considerata inefficace.

Se affermo di aver ricevuto una busta vuota tramite raccomandata, chi deve provare il contenuto del plico?
L’onere della prova spetta al destinatario. La consegna del plico al domicilio, provata dalla ricevuta di ritorno, crea una presunzione di conoscenza. È quindi il destinatario che deve fornire la prova che il plico non conteneva alcun atto o che il suo contenuto era diverso da quello dichiarato dal mittente.

La produzione in giudizio della relazione di notificazione o dell’avviso di ricevimento è sufficiente a provare l’avvenuta notifica di una cartella?
Sì. La Corte ha affermato che la prova del perfezionamento del procedimento di notifica e della sua data è assolta con la produzione della relazione di notificazione o dell’avviso di ricevimento, che riportano il numero identificativo della cartella, senza che sia necessaria la produzione in giudizio della copia della cartella stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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