Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33808 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33808 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/12/2024
Oggetto: cartella pagamento -notifica -art.60, comma 1, d), f) d.P.R. 600/73 -elezione domicilio -effetto norma generale
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7484/2018 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL e dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dei difensori;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO costituita ai soli fini
dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art.370, comma 1, cod. proc. civ.;
-resistente –
nonché
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Direttore pro tempore;
-intimata – avverso la sentenza n.5051/4/2017 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio depositata il 5.9.2017, non notificata. novembre
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del l’8 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio veniva accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 20288/29/2015 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma di accoglimento del ricorso introduttivo proposto da NOME COGNOME avverso la cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione del l’importo di euro 400.924,91 per II.DD. e IVA oltre sanzioni e interessi relativamente agli anni di imposta 2003-6. Il contribuente veniva attinto, quale coobbligato della società RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro avvisi di accertamento presupposti, emessi dall’Agenzia delle Entrate.
Parte del giudizio di primo grado, oltre che d’appello, era l’agente della riscossione. Il giudice d’appello riteneva tra l’altro legittima la notifica degli avvisi sottostanti avvenuta all’indirizzo anagraficamente risultante corretto senza la dimostrazione da parte del contribuente del cambio di residenza del contribuente verso altro luogo in momento precedente di 30 giorni rispetto alla notifica; la CTR accertava inoltre che la domanda di mutamento residenza recava data
successiva alla notifica. Il giudice riteneva inoltre infondata l’eccezione di decadenza dell’Amministrazione dall’esercizio del potere impositivo.
Propone ricorso il contribuente, affidato a quattro motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate si è costituita ai soli fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione ex art.370, comma 1, cod. proc. civ.. L’agente della riscossione è rimasto intimato.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso la società prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione da parte della sentenza impugnata dell’art 60, d.P.R. n. 600/1973, evidenziando che il giudice, partendo dall’errato presupposto che la notificazione degli avvisi di accertamento sottostanti alla cartella fosse avvenuta ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 600/73 ne applicherebbe falsamente i precetti normativi.
Il motivo è infondato.
2.1. In ricorso si prospetta che la notificazione non avrebbe seguito l’iter previsto dal d.P.R. 600/1973, sarebbe stata eseguita a mezzo posta direttamente dall’ufficio ex art. 14 L. 890/1982 e, conseguentemente, l’applicazione della lett. f) del primo comma dell’art.60 d.P.R. 600/73, che prevede che le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell’avvenuta variazione anagrafica, costituirebbe un’applicazione abnorme della legge.
2.2. Tale interpretazione non è condivisibile. Al fine di individuare la corretta regola di diritto applicabile, il Collegio ricorda brevemente che la nozione di domicilio fiscale è il perno della relazione spaziale tra Amministrazione finanziaria e contribuente e, per tale ragione, l’art.58, comma 1, del d.P.R. 29/9/1073 n.600 prevede che, agli effetti dell’applicazione delle imposte sui redditi, ogni soggetto si intende necessariamente domiciliato in un Comune dello Stato. Ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo, nel testo applicabile ratione
temporis , le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate. 2.3. Concetto specifico che affianca quello del domicilio fiscale, ma distinto dal primo è l’indirizzo, che assume un connotato peculiare in ragione delle disposizioni dell’art.60 del decreto, che identifica il luogo fisico preciso, nell’ambito del domicilio fiscale (Comune dello Stato) presso il quale il contribuente può essere reperito ove eserciti l’elezione, che normalmente avviene attraverso la dichiarazione fiscale di cui all’art.2 del d.P.R. n. 600/73.
Orbene, l ‘art. 60, comma 1, d.P.R. n. 600/73, nel testo ratione temporis vigente, alla lettera d) prevede che è in facoltà del contribuente eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano. L’art icolo da ultimo citato, alla lett. f), esclude l’operatività degli artt.142, 143, 146, 150 e 151 cod. proc. civ. sulle notificazioni, e prevede che l ‘elezione di domicilio ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento delle comunicazioni previste alla lettera d).
La differenza dunque è chiara, il domicilio fiscale è necessario e predeterminato dalla legge secondo criteri oggettivi, l’indirizzo è eventuale ed è un luogo fisico che può essere eletto dal contribuente, ma nell’ambito del domicilio fiscale fissato alla legge. In caso di concorrenza di particolari circostanze ex art. 59, comma 2, del d.P.R. 600/73, la parte può chiedere all’ Amministrazione finanziaria che il proprio domicilio fiscale sia fissato in un Comune diverso da quello ex lege .
2.4. La regola fissata dall’art.60, comma 1, lett. f) del d.P.R. 600/1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte, che individua l’indirizzo eletto dal contribuente nell’ambito del domicilio fiscale, è una previsione che ha valore generale e, nell’escludere l’operatività degli artt.142, 143, 146, 150 e 151 cod. proc. civ. sulle notificazioni, non è specificamente dettata per una singola tipologia di notifica, come ritiene il ricorrente. La
collocazione della disposizione, oltre che la ricostruzione sistematica, confermano che il disposto si applica anche ad una cartella di pagamento che, nella prospettazione del contribuente, sia stata notificata ex art. 14 della legge 20 novembre 1982 n.890 relativa alle notificazioni di atti a mezzo posta, come pure si applica in caso di notifica di cartella di pagamento, come accertato dal giudice di appello, ex art.8 della medesima legge.
2.5. Alla luce della ricostruzione che precede d ev’essere conclusivamente affermato che in tema di notificazione di cartella di pagamento, il disposto dell’art .60, comma 1, lett. f), d.P.R. 29/9/1973 n.600, nel testo applicabile ratione temporis , che esclude l’operatività degli artt.142, 143, 146, 150 e 151 cod. proc. civ. sulle notificazioni e prevede che l’elezione di domicilio ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della data di ricevimento delle comunicazioni previste alla lettera d) del medesimo articolo, è norma generale che non attiene ad una specifica tipologia di notificazione e dunque è applicabile anche nella presente fattispecie.
2.6. Correttamente, dunque, il giudice a pag.4 della sentenza ha stabilito che «Dalla documentazione prodotta dallo stesso contribuente non emerge quindi la prova certa che al momento della notifica dell’atto da parte dell’Amministrazione finanziaria erano trascorsi i prescritti 30 gg. dalla data di effettivo cambio di residenza. Si noti che la domanda al Comune di residenza di Lanuvio reca la data del 4 dicembre 2009 e, quindi, è successiva alla notifica dell’atto in questione (8 novembre 2009).». Anche se il ricorrente contesta che la notifica sia avvenuta ai sensi dell’art. 14 L. 890/1982, il Collegio condivide la decisione di appello secondo la quale l’elezione di domicilio ai fini dell’art.60, comma 1, lett. f), d.P.R. 29/9/1973 n.600 ha effetto dal trentesimo giorno successivo pure in tal caso e il ricorrente non ha dimostrato il decorso di tale termine affinché il mutamento spieghi effetto. Inoltre, successivamente a tale ratio decidendi , da sola decisiva sulla questione e corretta, vi è anche un obiter dictum (cfr. Cass. Sez. 3, ordinanza n. 27388 del 19/09/2022;
conforme a Cass. Sez. 1, ordinanza n. 11675 del 16/06/2020) nel senso che il mutamento dell’elezione di domicilio è successivo al perfezionamento della notifica.
3. Con il secondo motivo di ricorso la società deduce, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 14 della legge n. 890/1982, 1335 cod. civ., 24 Costituzione. La ricorrente attraverso il mezzo di impugnazione ripropone la questione secondo la quale, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata la notificazione degli atti presupposti alla cartella di pagamento, ossia i quattro avvisi di accertamento, sarebbe avvenuta non ai sensi dell’art. 8 della L. 890 /1982, ma a mezzo posta eseguita direttamente dall’ufficio ex art. 14 L. 890/1982. Secondo la società, quando l’ufficio finanziario ricorre a tale facoltà di notificazione semplificata, alla spedizione dell’atto si applicherebbero le norme riguardanti il servizio postale ordinario, nella specie l’art. 40 del d.P.R. 655/1982, e non quelle della legge n. 890/82, ai fini della compiuta giacenza.
3.1 Con il terzo motivo di ricorso si prospetta, ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 d.P.R. 655/1982, il quale prevede che gli oggetti di corrispondenza che non abbiano potuto essere distribuiti e non siano stati chiesti in restituzione dai mittenti sono tenuti per un periodo di quindici giorni negli uffici di destinazione, fatta eccezione per le stampe non fermo posta, per le quali il periodo è limitato a dieci giorni, e per le raccomandate, per le quali il periodo di giacenza, è di trenta giorni. Secondo la ricorrente, nel caso di specie del deposito presso l’ufficio non vi sarebbe traccia nel procedimento notificatorio svolto.
3.2. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 d.P.R. 655/1982, perché la raccomandata inviata dall’ufficio ai fini della notificazione dell’atto impositivo sarebbe rimasta in giacenza presso l’ufficio per soli dieci giorni, mentre la normativa di riferimento prevede una giacenza di trenta giorni.
Pertanto, l’aver posto, dopo il tentativo di consegna, a disposizione del contribuente per il ritiro presso gli appositi uffici l’atto per un periodo inferiore a quello previsto dalla legge inficerebbe il procedimento notificatorio e lo renderebbe nullo.
I tre motivi di ricorso in disamina sono innanzitutto affetti da inammissibilità per difetto di specificità sancito dall’art.366, comma 1, n.6 cod. proc. civ. in quanto, a fronte di un accertamento della CTR secondo cui le notifiche degli avvisi sottesi sono intervenute ai sensi dell’art.8 della l. n.890/1982 e si sono ritualmente perfezionate, tutti contestano tale statuizione senza neppure riprodurre le notifiche in questione per consentire una verifica della decisività delle censure.
4.1. L’interpretazione del principio di specificità ha conosciuto una significativa evoluzione nella giurisprudenza della Corte, anche alla luce degli insegnamenti della Corte EDU, che ha portato alla ridefinizione del principio secondo specificazione e quindi, ultima evoluzione, di localizzazione della deduzione negli atti del giudizio, ai fini del superamento del vaglio di ammissibilità. Molto rilevante in materia è la giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Corte EDU 28 ottobre 2021, COGNOME e altri c. Italia , Nos. 55064/11, 37781/13, 26049/14) la quale ha riconosciuto la legittimità di filtri o meccanismi articolati su requisiti di accesso anche rigorosi, purché applicati in modo non eccessivamente formalistico, al punto di precludere il diritto di accesso al giudice ex art.6 § 1 CEDU, essendo richiesto allo Stato responsabile di garantire che le procedure per le impugnazioni siano chiare, prevedibili e proporzionate.
4.2. In applicazione di questo insegnamento la Corte a Sezioni Unite ha precisato la portata del principio di autosufficienza e specificità, escludendo che possa essere applicato in modo da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e statuendo che non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati
all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. SS.UU., Ordinanza n. 8950 del 18/03/2022).
4.3. Nel caso in esame le censure in disamina sono incentrate sulla notifica degli avvisi di accertamento sottesi alla cartella, tutte e quattro investono un preciso accertamento fattuale del giudice d’appello secondo cui le notifiche sono state regolari e, a tal fine, individuano come rilevanti una serie di circostanze fattuali utili a interpretare la normativa applicabile al procedimento notificatorio e che emergerebbero ictu oculi dalle relate di notifica. Sennonché, queste relate di notifica asseritamente decisive non sono mai trascritte nel ricorso e non è sufficiente a tal fine il richiamo ad allegati precedentemente depositati in primo grado, già vagliati dal giudice d’appello che, valutato il fatto e i documenti, ha realizzato un accertamento fattuale nel senso opposto alla ricostruzione avanzata dalla contribuente e riproposta nel ricorso per Cassazione. I documenti non sono stati neppure indicati nell’elenco in calce al ricorso per Cassazione e non risultano agli atti
È preciso onere della ricorrente che contesta tale accertamento dimostrare nel ricorso per Cassazione la decisività delle proprie censure e, nello specifico, dal momento che tutte sono basate sull’interpretazione delle relate di notifica degli avvisi, queste dovevano necessariamente essere riprodotte nel ricorso perché essenziali affinché il Collegio sia in grado di valutare la rilevanza e decisività delle doglianze.
4.4. Per le medesime ragioni non emerge la rilevanza della questione -se tale deve intendersi il riferimento all’art.24 Cost. in calce al secondo motivo -di costituzionalità per esser gli atti impositivi atti recettizi la cui efficacia è subordinata alla loro avvenuta conoscenza – o quantomeno alla legale conoscibilità – da parte del destinatario, dal momento che in ricorso non è in alcun modo dimostrata l’erroneità della decisione del giudice d’appello che ha accertato la validità
della notifica degli avvisi di accertamento, non essendo state neppure riprodotte le relate di notifica in questione.
5. Inoltre, va ribadito il principio (cfr. Cass. Sez. 5, ordinanza n. 10131 del 28/05/2020) secondo il quale, in tema di notifica diretta degli atti impositivi, eseguita a mezzo posta dall’Amministrazione senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario, la notificazione si intende eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito presso l’Ufficio Postale (o dalla data di spedizione dell’avviso di giacenza, nel caso in cui l’agente postale, sebbene non tenuto, vi abbia provveduto), trovando applicazione in detto procedimento semplificato, posto a tutela delle preminenti ragioni del fisco, il regolamento sul servizio postale ordinario che non prevede la comunicazione di avvenuta notifica. Dunque, non è condivisibile la prospettazione del ricorrente secondo la quale il termine per la compiuta giacenza applicabile sarebbe di 30 e non di 10 giorni. 6. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite non seguono la soccombenza, in assenza di svolgimento di effettiva attività difensiva da parte dell’Agenzia.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 8.11.2024