Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1240 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 1240 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4733/2023 R.G., proposto
DA
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
l’Agenzia delle Entrate, c on sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore ;
INTIMATA
E
l’Agenzia delle Entrate – Riscossione, con sede in Roma, in persona del Presidente del Comitato di Gestione pro tempore ;
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 9 febbraio 2023, n. 637/03/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19 dicembre 2023 dal Dott. NOME COGNOME
SPESE GIUDIZIALI SOCCOMBENZA
Rep .
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio il 9 febbraio 2023, n. 637/03/2023, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di cartella di pagamento in dipendenza di avvisi di liquidazione dell’imposta di registro su att i giudiziari, per l’importo di € 5.531,64, ha accolto l’appello proposto d a ll’Agenzia delle Entrate -Riscossione nei confronti della medesima avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 30 settembre 2021, n. 10491/29/2021, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali;
il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario -sul presupposto che gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro fosse ro stati regolarmente notificati alla contribuente, che la definitività degli avvisi di liquidazione escludesse la possibilità di farne valere eventuali vizi in sede di impugnazione della cartella di pagamento, che la prescrizione decennale non fosse decorsa prima della notifica della cartella di pagamento e che la cartella di pagamento fosse munita di adeguata motivazione anche in relazione al computo degli accessori;
l’Agenzia delle Entrate Riscossione si è tardivamente costituita per la sola partecipazione all’eventuale udienza di discussione, mentre l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata; prossimità
la ricorrente ha depositato memoria in dell’adunanza camerale;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione degli artt. 2697, cod. civ., 112, 115 e 116 cod. proc. civ., 76, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in
relazione (verosimilmente) all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che gli avvisi di liquidazione prodromici alla cartella di pagamento fossero stati regolarmente notificati, non essendone stata fornita la prova dall’agente della riscossione (in particolare, con riguardo al ricevimento della raccomandata informativa), e che l’ente impositore fosse decaduto dall’esercizio del potere impositivo per d ecorso del termine quinquennale dal giorno in cui la richiesta di registrazione avrebbe dovuto essere presentata, non essendo stata provata la regolare notifica degli avvisi di liquidazione;
premesso che la tardiva costituzione dell’ agente della riscossione deve considerarsi tamquam non esset , il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo;
2.1 anzitutto, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del ‘ nuovo ‘ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 29 maggio 2018, n. 13395; Cass., Sez. 5^, 10 aprile 2019, nn. 10011 e 10012; Cass., Sez. 6^-3, 31 agosto 2020, n. 18092; Cass., Sez. 5^, 19 ottobre 2023, nn. 29087, 29089 e 29116); 2.2 nella specie, invece, la censura non attinge un’erronea statuizione del giudice di merito circa la ripartizione dell’onere probatorio in ordine alla notifica degli avvisi di liquidazione, che
è stato correttamente ritenuto gravare a carico dell’ente impositore, bensì investe il risultato della prova fornita dalla parte onerata, che è stato contestato con riguardo alla notifica di alcuni avvisi di liquidazione; in tal modo, però, il mezzo si risolve nella pretesa alla revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito, che esula dal controllo sulla legalità e sulla logicità della sentenza impugnata;
2.3 analogamente, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio (tra le tante: Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. 5^, 17 dicembre 2020, n. 28940; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n. 16016; Cass., Sez. 6^-5, 9 dicembre 2021, n. 39057; Cass., Sez. 5^, 15 dicembre 2021, n. 40214; Cass., Sez. 5^, 24 marzo 2022, n. 9541; Cass., Sez. 5^, 31 agosto 2023, n. 25518; Cass., Sez. 5^, 31 ottobre 2023, n. 30303); parimenti, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato -in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo ” prudente apprezzamento “, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la
stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867);
2.4 a tanto va aggiunto che, in linea di principio, la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., come riformu lato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 30 novembre 2016, n. 24434; Cass., Sez. 3^, 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass., Sez. 3^, 11 febbraio 2021, n. 3572; Cass., Sez. 5^, 13 gennaio 2022, n. 867; Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2023, n. 22942; Cass., Sez. 5^, 31 ottobre 2023, n. 30303), dovendosi peraltro ribadire che, in relazione al nuovo testo di questa norma, qualora il giudice abbia preso in considerazione il fatto storico rilevante, l’omesso esame di elementi probatori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), e, nella fattispecie, i giudici del gravame hanno preso in esame tutte le circostanze dedotte in ricorso, valutandole – sulla base degli elementi hinc et inde dedotti diversamente da come lamentato dalla contribuente (peraltro, non in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.);
2.5 del pari, si rammenta che, nel processo tributario, in caso di impugnazione, da parte del contribuente, della cartella di pagamento per l’invalidità della notificazione dell’avviso di
accertamento , la Corte di cassazione non può procedere ad un esame diretto degli atti per verificare la sussistenza di tale invalidità, trattandosi di accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, e non di nullità del procedimento, in quanto la notificazione dell’avviso di accertamento non costituisce atto del processo tributario, ma riguarda solo un presupposto per l’impugnabilità, davanti al giudice tributario, della cartella esattoriale, potendo l’iscrizione a ruolo del tributo essere impugnata solo in caso di mancata o invalida notifica al contribuente dell’avviso di accertamento , a norma dell’art. 19, comma terzo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (Cass., Sez. 5^, 12 marzo 2002, n. 3554; 2; Cass., Sez. 5^, 10 maggio 2006, n. 10772; Cass., Sez. 6^-5, 8 giugno 2012, n. 9408; Cass., Sez. 5^, 14 ottobre 2016, n. 20771; Cass., Sez. 5^, 16 ottobre 2020, n. 22518; Cass., Sez. 5^, 29 novembre 2022, nn. 35014, 35048 e 35131)
2.6 aggiungasi che, con riguardo alla regolare notifica degli avvisi di liquidazione, la sentenza impugnata ha motivato nel senso che: « Per quanto concerne la notificazione degli avvisi di liquidazione, si deve ritenere la ritualità di detto incombente poiché la Suprema Corte ha stabilito, in materia di notifica a mezzo posta che ‘in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto della raccomandata con avviso di ricevimento da parte del concessionario, non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario, peraltro con esc lusione dell’art. , comma 883, della l. n. 145
del 2018, in quanto privo di efficacia retroattiva, e non quelle della l. n. 890 del 1982’ »;
2.7 in tal guisa, sia pure in relazione agli avvisi di liquidazione , il giudice di appello si è, quindi, conformato all’orientamento costante di questa Corte, secondo cui, in tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. 29 settembre 1973, n.
602, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge 20 novembre 1982, n. 890, in quanto tale forma ” semplificata ” di notificazione si giustifica, come è stato affermato dalla sentenza n. 175 del 2018 della Corte Costituzionale, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione, volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (Cass., Sez. 6^5, 12 novembre 2018, n. 28872); ciò in quanto tale forma ‘ semplificata ‘ di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato e non costituendo nella disciplina della notificazione “una condizione indefettibile della tutela costituzionalmente necessaria di tale, pur fondamentale, diritto (da ultima: Cass., Sez. 5^, 14 novembre 2023, n. 31708);
2.8 tale statuizione non è stata superata dalla modifica legislativa di cui all’art. 1, comma 883, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che ha reintrodotto l’obbligo per l’operatore postale della successiva raccomandata in caso di consegna a persona diversa dal destinatario con disposizione che non ha efficacia retroattiva, in base al principio di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ. (non trattandosi di norma costituente attuazione di principi costituzionali) (da ultima: Cass., Sez. 5^, 14 novembre 2023, n. 31708);
2.9 pertanto, la contribuente ha errato nel sostenere l’invalidità della notifica avvenuta in modo diretto, ai sensi dell’art. 26,
comma 1, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, non seguita dalla successiva raccomandata informativa, ritenendo applicabile l’art. 139, quarto comma, cod. proc. civ.; invero, l’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nulla prevede in merito all’invio della raccomandata informativa, qualora l’Ufficio decida di avvalersi direttamente del servizio postale, a fini notificatori; in particolare, la citata disposizione, stabilisce espressamente che « (…) la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma, o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda » (Cass. civ., Sez. 6 – 5, 10 aprile 2019, n. 10037);
2.10 in conclusione, dunque, la censura va ritenuta complessivamente inammissibile, in quanto, sotto l’egida della prospettata violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115 e 116 cod. proc. civ., introduce surrettiziamente una rivisitazione del merito della controversia, limitandosi a contrapporre, alle argomentazioni del giudice di merito, proprie valutazioni, su elementi di fatto, finendo per formulare una richiesta di riesame del merito della lite, che non è consentita in questa sede di legittimità;
alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l’inammissibilità d ei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;
quanto alla regolamentazione delle spese giudiziali:
nei rapporti tra ricorrente e controricorrente, esse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo;
– nei rapporti tra ricorrente ed intimata, esse non devono essere liquidate, non essendo stata svolta attività difensiva dalla parte vittoriosa;
5 . ai sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 600,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente, di pagare l’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 19 dicembre