Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17856 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17856 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16463/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
COGNOME NOMECOGNOME già soci di RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
e nei confronti di AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CALABRIA-SEZ.DIST. REGGIO CALABRIA n. 1401/2017 depositata il 23/05/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In punto di fatto, dalla sentenza epigrafata emerge quanto segue:
Con ricorso tempestivamente depositato alla Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Calabria COGNOME NOME e COGNOME NOME , già soci di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE , società cessata in data 31/12/2004, si erano opposti alla cartella esattoriale n. , notificata loro in data 09/12/2006 , per omesso versamento IVA, interessi e sanzioni, in relazione all’anno d’imposta 2000. La cartella era scaturita dalla liquidazione delle imposte con la procedura di cui all’art. 54 bis DPR n. 633/72.
In quella sede i contribuenti avevano eccepito in ordine alla nullità dell’iscrizione ruolo per intervenuta decadenza dal diritto a riscuotere e per tardività della notifica. Avevano pertanto chiesto declaratoria di nullità della cartella opposta .
L’ufficio finanziario si era costituito in giudizio per controdedurre . Anche il concessionario per la riscossione si era costituito in giudizio per controdedurre .
In particolar modo, giusta quanto risulta dal ricorso per cassazione (p. 3), l’Agenzia delle entrate rilevava ‘che le cartelle risultavano notificate, tempestivamente, nel rispetto dei commi 5 bis e 5 ter dell’art. 1 del DL n. 106/2005’, secondo cui, ‘per le dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001, la notifica della cartella doveva essere effettuata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione’, sicché ‘le cartelle inerenti la dichiarazione presentata nel 2001 andavano notificate entro il 31/12/2006’.
La CTP di Reggio Calabria, con sentenza n. 316/09/2008, emessa il 13/12/2007 e depositata il 27/10/2008, accoglieva il ricorso, annullando ‘le cartelle di pagamento perché, pur considerando tempestiva la formazione del ruolo, ha invece considerato tardiva la loro notifica’.
Entrambe le Agenzie fiscali proponevano appello, rigettato dalla CTR della Calabria, con la sentenza epigrafata, sulla base, per quanto ancora rileva, della seguente motivazione:
In tema di riscossione dell’IVA, il termine di decadenza previsto per eseguire la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001. scade il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in quanto il termine di cui all’art. 1, comma 5 bis, lett. c), della l. n. 156 del 2005 deve essere ragguagliato a quello previsto dall’art. 57 del DPR n. 633 del 1972, che, per la notifica degli avvisi di rettifica e di accertamento, prevede quello del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione . Pertanto, essendo stata effettuata la notifica della cartella di pagamento agli odierni appellati -il dato è in controverso -in data 09/12/2006, in relazione alla dichiarazione dei redditi presentata nell’anno 2001, la notifica è da ritenersi effettuata oltre il termine perentorio stabilito dalla legge. La difesa del concessionario deduceva sul punto che, avendo previamente notificato la cartella di pagamento alla società (di cui i soci facevano parte) nei termini di legge, versandosi nel caso di una società di persone, la notifica della cartella ai soci si sarebbe dovuta considerare come effettuata entro i termini. Tale tesi non è condivisibile. Invero, la società in nome collettivo è una società di persone, in cui i soci sono solidalmente ed illimitatamente responsabili dei tributi dovuti dalla società a seguito di accertamento divenuto definitivo, ma solo in via sussidiaria, stante il principio di autonomia dei rapporti sostanziali . Ne consegue che il concessionario può agire coattivamente per la riscossione dei tributi solo nei confronti dei soggetti che risultano iscritti nei ruoli a questi consegnati dagli uffici impositori, non essendo possibile delegare al primo il compito di individuare i debitori. Peraltro, i soci non sono nemmeno litisconsorzi necessari rispetto alla società, quindi non può inferirsi dal semplice vincolo della solidarietà
sancito dal codice civile che la cartella rivolta al socio sia una tutt’uno rispetto a quella destinata alla società, tanto da potersi far retroagire, quanto alla notificazione della cartella al socio, al tempo in cui era stata effettuata la notificazione della cartella alla società.
Propone il ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi. I contribuenti restano intimati. Identicamente l’Agenzia delle entrate -Riscossione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione dell’articolo 360, comma 1, punto 3, per violazione falsa applicazione di norme di diritto -Nella specie violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 5 bis del d.l. n. 106/2005 convertito in legge n. 156/2005’.
1.1. ‘I giudici del gravame hanno erroneamente applicato alla fattispecie concreta l’art. 57 del DPR n. 633/72, norma che riguarda il termine di notifica degli avvisi di rettifica e di accertamento IVA, equiparando i termini previsti nel citato articolo a quelli di cui alla legge 156/2005 inerenti, invece, la notifica delle cartelle di pagamento’. Nella specie, si applica l’art. 1, comma 5 bis, d.l. n. 106 del 2005.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione dell’articolo 360, comma 1, punto 3, per violazione falsa applicazione di norme di diritto con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 2291 c.c.’.
2.1. La sentenza impugnata, pronunciandosi anche ‘in merito ai rapporti tra soci e società di persone con riferimento alla solidarietà nelle obbligazioni tributarie’, ha comunque violato l’art. 2291 cod. civ., siccome interpretato dalla giurisprudenza di legittimità.
È fondato il primo motivo, con assorbimento del secondo.
3.1. Occorre premettere, per quanto di ragione, l’insegnamento a termini del quale
la tempestiva notifica della cartella di pagamento nei confronti di uno dei condebitori, sebbene inidonea a pregiudicare le posizioni soggettive degli altri obbligati in solido, impedisce che si produca nei confronti degli stessi la decadenza di cui all’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto, in materia tributaria, a differenza di quella civile, trova applicazione, anche in detta ipotesi, l’art. 1310, comma 1, c.c., sebbene dettato in tema di prescrizione, in ragione della specialità della relativa disciplina procedimentale, trattandosi di attività di diritto pubblico regolata da norme proprie (così, da ult., Cass. n. 20766 del 2021).
3.2. Parimenti val la pena di precisare, per quanto di ragione, che,
in tema di società, la disciplina dettata dall’art. 2495, comma 2, c.c., come modificato dall’art. 4 del d.lgs. n. 6 del 2003, nella parte in cui ricollega alla cancellazione dal registro delle imprese l’estinzione immediata delle società di capitali, implica che ove la cancellazione riguardi le società di persone, essa -pur avendo natura dichiarativa -consente di presumere il venir meno della loro capacità e soggettività limitata, negli stessi termini in cui analogo effetto si produce per le società di capitali, rendendo opponibile ai terzi tale evento, contestualmente alla pubblicità nell’ipotesi in cui essa sia stata effettuata successivamente all’entrata in vigore del citato decreto, e con decorrenza dal 1° gennaio 2004 nel caso in cui abbia avuto luogo in data anteriore. Tanto non impedisce, tuttavia, di procedere all’iscrizione a ruolo, a nome della società estinta, di tributi da essa non versati, ai sensi dell’art. 12, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973, e di azionare il credito tributario nei confronti dei soci, sia perché coobbligati solidali, sia perché, comunque, successori ‘ex lege’ della società medesima (Cass. n. 31037 del 2017).
3.3. Fatte le superiori puntualizzazioni, passandosi ‘funditus’ all’oggetto del primo motivo, la giurisprudenza di questa S.C. è solidamente attestata sull’affermazione del seguente principio di diritto:
In tema di riscossione dell’IVA, il termine di decadenza previsto per eseguire la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa
tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001, scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ai sensi dell’art. 1, commi 5 bis e 5 ter, del d.l. 17 giugno 2005, n. 106, come introdotti dalla legge di conversione del 31 luglio 2005, n. 156, che ha valore di disposizione transitoria ed opera retroattivamente non solo alle situazioni tributarie anteriori alla sua entrata in vigore, ma anche a quelle non ancora definite con sentenza passata in giudicato, in quanto diretta ad ovviare ad una lacuna normativa derivante dalla sentenza n. 280 del 2005 della Corte costituzionale ed a garantire l’interesse dell’erario di evitare un termine decadenziale talmente ristretto da pregiudicare la riscossione dei tributi. Ne consegue l’inapplicabilità del più breve termine di quattro mesi dalla consegna del ruolo al concessionario, previsto a pena di decadenza, dall’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo vigente anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46.
Così di esprime Cass. n. 15661 del 2014, in conformità a precedenti pronunce massimate (Id., nn. 16990 del 2012, 15786 del 2012, 2212 del 2011, 1435 del 2006).
Il principio è stato ribadito da Cass. n. 8321 del 2018 nei seguenti termini:
In tema di riscossione dell’IVA, il termine di decadenza previsto per eseguire la notifica delle cartelle di pagamento relative alla pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001 scade il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in quanto trova applicazione la disciplina generale dettata dall’art. 1, commi 5 bis e 5 ter, del d.l. n. 106 del 2005, introdotti dalla l. di conv. n. 156 del 2005, anche al fine di conseguire la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto.
In motivazione, Cass. n. 8321 del 2018, cit., si perita di confutare l’opposto orientamento, di cui a Cass. n. 24767 del 2015 (richiamata dalla CTR nella sentenza impugnata), condivisibilmente osservando (in adesione, oltreché a Cass. n. 15661 del 2014, a Id. nn. 19870 e 1109 del 2017) che
non può invocarsi il più breve termine quadriennale (così come deciso da Cass. 4 dicembre 2015, n. 24767), previsto dal D.P.R. del 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, per la notifica degli avvisi di rettifica e di accertamento in materia di IVA, giacché il rinvio ad esso, non previsto dalla legge, determinerebbe un’anticipata consumazione del termine di decadenza che il legislatore del 2005 ha inteso evitare, con disposizioni ritenute compatibili con la Costituzione dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 11 del 2008 e nell’ordinanza n. 178 del 2008, ed in linea con l’esigenza posta dalla sesta Direttiva 77/388/CEE di evitare forme di rinuncia generale ed indiscriminata al potere di verifica e di rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria in materia di IVA.
Sostanziale condivisione del principio poc’anzi riportato è attestata altresì dalla giurisprudenza più recente, la quale precisa che il termine di decadenza per eseguire la notifica delle cartelle di pagamento delle imposte derivanti dalle dichiarazioni relative all’anno di imposta 2001, a seguito della declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, è quello dettato dalla disciplina generale, riguardante tutti i crediti tributari, introdotta dall’art. 1, comma 5 -bis, lett. b), del d.l. n. 106 del 2005, conv. in l. n. 156 del 2005, avente efficacia retroattiva, la cui “ratio” è quella di assicurare un equo contemperamento tra le esigenze di certezza del gettito fiscale e dei rapporti tributari (Cass. n. 5565 del 2019)
e che
la disciplina transitoria dettata dall’art. 1 del d.l. n. 106 del 2005, conv. con modif. dalla legge n. 156 del 2005, in tema di termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione delle dichiarazioni presentate entro i termini indicati nella stessa disciplina, si applica anche alle cartelle di pagamento notificate dopo la sua entrata in vigore, essendo la norma volta a regolare i rapporti tributari pendenti a tale data e dunque anche quelli relativi a dichiarazioni depositate nei periodi temporali dalla stessa previsti e interessate da controlli liquidatori, ma per le quali l’emissione e notificazione delle relative cartelle sia avvenuta successivamente alla sua entrata in vigore, i quali sono perciò sottratti al termine di decadenza per l’iscrizione a ruolo di cui all’art. 17
del d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto abrogato dalla stessa norma e ritenuto irrilevante anche dalla sentenza della Corte costituzionale n. 280 del 2005 perché relativo a un atto interno (Cass. n. 1858 del 2020).
Alla luce di quanto precede, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, questa RAGIONE_SOCIALE è abilitata a decidere la causa nel merito, con rigetto del ricorso introduttivo.
L’esito del giudizio giustifica la compensazione tra le parti delle spese di entrambi i gradi di merito.
I contribuenti devono invece essere condannati a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del grado, liquidate, secondo tariffa, come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
Cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME .
Compensa integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di merito.
Condanna COGNOME NOME e COGNOME NOME a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente grado di giudizio, liquidate in euro 4.500, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso a Roma, lì 10 aprile 2025.