Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11108 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11108 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 32312-2020 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso;
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE , in persona del Direttore pro tempore;
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore;
-intimate- avverso la sentenza n. 1956/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 28/2/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/12/2024 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME
DELL’ORFANO
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. della Commissione tributaria provinciale di Salerno, in rigetto del ricorso proposto avverso cartella di pagamento, notificatagli in data 11.11.2017, e avente ad oggetto imposta di registro, ipotecaria e catastale relativa ad un atto dell’anno 2013.
Il ricorrente, a seguito di ordinanza emessa in data 12/12/2023, ha ritualmente provveduto a rinnovare la notifica nei confronti dell’Agenzia delle entrate riscossione.
L’Agenzia delle entrate riscossione e l’Agenzia delle entrate sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione dell’art. 112, 113 c.p.c. in relazione al D.L. n.193/2016 art. 1, comma 1 e 3 ed all’art. 149 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 26 D.P.R. n°602/1973, nonché art. 29 c.c. (art. 360, n° 3, C.p.c.)» per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente «ritenuto che una società estinta ex lege (Equitalia) abbia potuto notificare un atto rilevante ed efficace giuridicamente nella sfera soggettiva e patrimoniale del contribuente ( ndr . la cartella impugnata), disattendendo i principi costituzionalmente garantiti e trasfusi nella normativa che disciplina
l’estinzione della società Equitalia e della notificazione di un atto impositivo quale la cartella di pagamento».
1.2. La censura è inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 c.p.c.
1.3. Nel caso di specie, la Commissione tributaria regionale ha motivato come segue: «Non è fondato il primo motivo di gravame. In effetti, mentre la cartella è risultata legittimamente formata da Equitalia s.p.a. in data 17.3.2017 quando non si era ancora estinta, la relativa notifica -effettuata in data 11.11.2017 -si mostra altrettanto legittimamente riconducibile all’ente che è alla stessa succeduto».
1.5. Orbene, ove sia contestata la rituale notifica di un atto processuale (cfr. Cass. n. 5185 del 2017) -e anche procedimentale (cfr. Cass. n. 31038 del 2018) – per il rispetto del principio di specificità, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso, ed a tale consolidato principio di diritto fa eccezione il caso in cui la mera trascrizione della relata di notifica non possa aggiungere alcunché alla piena intellegibilità della censura (cfr. Cass. n. 1150 del 2019), dal momento che l’adempimento dei requisiti di contenuto -forma previsti dall’art. 366 c.p.c. non è fine a se stesso, circostanza tuttavia che non ricorre nel presente caso.
1.6. Il contribuente non ha dunque impugnato in termini specifici l’accertamento compiuto dalla Commissione tributaria regionale, secondo cui vi è prova della rituale notifica della cartella impugnata da parte dell’Agenzia delle entrate riscossione, succeduta ex lege ad Equitalia.
1.7. Ove il ricorrente avesse voluto contestare tale preciso accertamento di fatto ancorato sul quadro probatorio, avrebbe dovuto riprodurre nel corpo del ricorso la cartella con la relativa relata per sostanziare la propria prospettazione, e non poteva limitarsi a rielaborarla asserendo che la Commissione tributaria regionale aveva erroneamente «legittimato la notifica da parte di un soggetto estinto».
2.1. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione dell’art. 112, 113 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 1, commi 1 e 2 e art. 6 D.M. 321/1999, nonché dell’art. 7, comma 2, L. 212/2000 (art. 360, n. 3, c.p.c.)» per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che il contribuente avesse «riconosciuto come notificato l atto presupposto» alla cartella impugnata, senza verificare che la cartella fosse adeguatamente motivata con indicazione degli «elementi descrittivi dell’atto presupposto».
2.2. Il motivo è parimenti inammissibile atteso che, pur avendo il ricorrente lamentato che la Commissione tributaria regionale aveva «omesso di decidere sull’eccezione che la cartella di pagamento non contiene gli elementi descrittivi dell’atto presupposto e …, non consentendo l’esatta individuazione dello stesso, aveva impedito al contribuente la possibilità di difendersi», ha omesso di trascrivere e/o allegare la cartella in oggetto in violazione del principio di specificità del ricorso ex art. 366 c.p.c.
2.3. Le doglianze del ricorrente circa la mancata notifica dell’atto impositivo, presupposto della cartella esattoriale, sono peraltro parimenti inammissibili avendo la Commissione tributaria regionale accertato la preventiva notifica dell’atto in base ad una valutazione di fatto, insindacabile nella presente sede, se non nei limiti del vizio motivazionale (peraltro inammissibile nella presente sede, poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348ter , quinto comma, c.p.c., non sussistendo profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, co. 1° n. 5, c.p.c.).
3.1. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 115 c.p.c. e dell’art. 25, comma 1, lett. C) DPR 602173 e dell’art. 76 DPR 131/86 (art.360, n°3, c.p.c.) per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che il termine di prescrizione per
3.2. La censura va disattesa in quanto, in tema di imposta di registro, una volta divenuto definitivo l’avviso di liquidazione per mancata
impugnazione, come nel caso in esame, ai fini della riscossione del credito opera unicamente il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 78 TUR, non trovando applicazione né il termine triennale di decadenza previsto dall’art. 76, concernente l’esercizio del potere impositivo, né il termine di decadenza contemplato dall’art. 17, comma 3, d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto l’imposta di registro non è ricompresa tra i tributi ai quali fa riferimento il d.lgs. n. 46 del 1999 (cfr. Cass. n. 33154 del 2023, 11555 del 2018).
Sulla scorta di quanto sin qui osservato il ricorso va integralmente respinto.
Nulla sulle spese stante la mancata costituzione di Agenzia delle entrate e Agenzia delle entrate riscossione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità