Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20595 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20595 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21336/2022 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME -) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALERISCOSSIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CALABRIA n. 585/2022 depositata il 11/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso il contribuente impugnava un’intimazione di pagamento notificatagli il 16 giugno 2017, fondata su diverse cartelle di pagamento presupposte. Veniva contestata, in particolare, l’omessa notifica di queste ultime, con conseguente travolgimento della pretesa tributaria, invero estinta. La CTP di Reggio Calabria accoglieva in parte il ricorso, con riferimento ad alcune soltanto delle cartelle prodromiche. La CTR della Calabria ha rigettato il successivo appello del contribuente, che ora si affida a quattro motivi di ricorso per cassazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si contesta , ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 138 e 139 c.p.c., in relazione alla illegittimità del procedimento notificatorio, con ‘ eccezione di omessa notifica delle cartelle esattoriali pure oggetto di opposizione ‘ .
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta , ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., la ‘ omessa valutazione di un fatto e documento decisivo individuato nel certificato storico di residenza del ricorrente’.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., stante l” omessa prova della spedizione e ricezione della raccomandata informativa in favore del contribuente odierno ricorrente’.
Con il quarto motivo si formula, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 1, c.p.c., ‘ eccezione di prescrizione erronea e falsa applicazione
dell’art. 2935, 2943 e 2946 cc ‘, per aver la CTR trascurato di valorizzare l’intervenuta prescrizione della pretesa tributaria derivante dalla ‘ inesistenza delle notifiche delle cartelle ‘ e dall’assenza ‘ di qualsivoglia atto interruttivo ‘.
Il primo motivo è inammissibile.
Invero, questa Corte ha chiarito che ‘ Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto ‘ (Cass. n. 23308 del 2017; Cass. n. 18797 del 2018).
Nella specie, la contestata omissione all’evidenza non sussiste, sol che si consideri quanto accertato dalla CTR, secondo la quale ‘ il primo motivo dell’appello, con il quale il ricorrente lamenta che la Commissione provinciale non abbia rilevato l’omessa notifica delle cartelle costituenti il pr esupposto dell’intimazione impugnata, è inammissibile. In primo grado … il contribuente non aveva mai eccepito la notifica delle cartelle, ma aveva rilevato l’irregolarità della notifica medesima, asseritamente avvenuta senza l’intermediazione di un messo notificatore ‘.
In buona sostanza, il mancato scrutinio del merito dell’eccezione è consequenziale alla sua ritenuta intempestività. Pertanto, non manca la pronuncia sulla questione sollevata dalla parte ricorrente, piuttosto la stessa è risolta con una statuizione in rito.
Con ogni evidenza la censura neppure si confronta con la ratio decidendi al fondo della sentenza d’appello contestata.
Anche secondo motivo è inammissibile.
La censura, infatti, non aggredisce la ratio decidendi della sentenza, che non è tesa alla valorizzazione di un luogo utile ai fini della notifica anziché di un altro. La sentenza statuisce l’inammissibilità della doglianza collegata all’assunta irregolarità della notifica, evidenziandone l’intempestività avuto riguardo al regime delle preclusioni allegatorie proprie del giudizio tributario. Pertanto, il mezzo di ricorso si appalesa eccentrico rispetto alla trama motivazionale della sentenza aggredita.
Inoltre, con ogni evidenza ad essere denunciato non è l’omesso esame di un fatto storico, ma la mancata valorizzazione di un documento, id est un certificato di residenza. In realtà, L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, la cui esistenza risulti dalla sentenza o dagli atti processuali che hanno costituito oggetto di discussione tra le parti avente carattere decisivo, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente il contenuto di un documento, che non costituisce “fatto storico”, ma risultanza istruttoria correlata ad un’argomentazione difensiva.
La censura formulata, sotto questo aspetto, esula dal limitato perimetro entro il quale può denunciarsi il vizio di motivazione della sentenza, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c .p.c., come riformulato dall’art. 54 del decreto legge n. 83 del 20123, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, poiché con esso deve farsi riferimento all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, e che, se esaminato,
avrebbe potuto determinare un esito diverso della controversia (cfr.
Cass., Sez. U., 7 aprile 2014 n. 8053).
Ne deriva che il mancato esame di elementi istruttori non integra di per sé il fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Inoltre, il vizio dedotto non può consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, spettando soltanto al giudice di merito di individuare le fonti del proprio convincimento, controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove, scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione dando liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova (Cass., 3 ottobre 2018, n. 24035; Cass., 8 ottobre 2014, n. 21152; Cass., 23 maggio 2014, n. 11511); né la Corte di cassazione può procedere ad un’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa (Cass., 7 gennaio 2014, n. 91; Cass., Sez. U., 25 ottobre 2013, n. 24148).
Il terzo motivo è inammissibile.
La censura non si confronta con la ratio saliente su cui poggia la sentenza d’appello, da individuarsi nella stigmatizzata novità delle questioni relative alla notifica. Pertanto, la riproposizione di una doglianza correlata al procedimento notificatorio sul quale il giudice d’appello si è espresso finisce per porsi all’esterno de ll’alveo del vizio denunciato, mirando ad ottenere in sede di legittimità un sindacato che il giudice di merito ha già svolto, in quanto proprio ad esso riservato.
Il quarto motivo è inammissibile.
Anche questa censura trascura di confrontarsi con la ratio alla base della sentenza d’appello. Quest’ultima ha sottolineato la novità delle questioni relative alla notifica. Detto profilo di rito si rivela con ogni evidenza assorbente e dirimente rispetto alla doglianza di
merito relativa alla prescrizione, in quanto ad essere sancita a monte è l’inattaccabilità delle notifiche delle cartelle, per tardiva deduzione della relativa censura. La sentenza d’appello esclude, in definitiva possa farsi nel giudizio questione della regolarità del procedimento notificatorio e dell’inesistenza delle notifiche, ossia che possa controvertersi su quegli stessi aspetti che valgono a sorreggere sul piano logicogiuridico l’eccezione di prescrizione e che il giudice d’appello reputa esser stati tardivamente dedotti. Questa chiara ragione decisoria tranchant è del tutto sorvolata dal contribuente.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Non v’è luogo per la regolazione delle spese processuali, stante la mancata costituzione dell’Agenzia.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla dispone sulle spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28/05/2025.