Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6686 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6686 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 14252-2019, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE DI NOME RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE , c.f. P_IVA, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO nello studio dell’avv. A lfredo COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del rappresentante legale p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato, dalla quale è rappresenta e difesa –
Controricorrente
Avverso la sentenza n. 1932/03/2018 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata il 30.10.2018;
udita la relazione della causa svolta nell’ adunanza camerale del 20 novembre 2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Preavviso di fermo amministrativo -Cartelle di pagamento
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che il contenzioso trae origine dalla notificazione, da parte di Equitalia, di un preavviso di fermo amministrativo, emesso per un debito complessivo di € 39.111,85, sulla base di cinque cartelle di pagamento.
La società impugnò l’atto sull’assunto di vizi notificatori del preavviso e delle cartelle, oltre che della decadenza dal diritto di procedere tramite ruolo.
La Commissione tributaria provinciale di Firenze accolse il ricorso con sentenza n. 1332/05/2016. L’appello dell’agente della riscossione fu invece accolto dalla Commissione tributaria regionale della Toscana con sentenza n. 1932/03/2018. Il giudice regionale, dopo aver rigettato la richiesta della società di interruzione del giudizio per l’estinzione del concessionario, ha ritenuto rituali e tempestive le notificazioni del preavviso e delle cartelle, eseguite mediante messi notificatori e ritirate da addetti della società, oppure mediante pec all ‘indirizzo di posta certificata. Ha rilevato che la ritualità delle notifiche impediva censure avverso le cartelle mai impugnate.
La ricorrente ha chiesto la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi, cui ha resistito l ‘Agenzia delle entrate -Riscossione.
Nell’adunanza camerale del 20 novembre 2024 la causa è stata discussa e decisa. Il difensore della contribuente con nota depositata l’11.11.2024 ha chiesto l’interruzione del processo per cancellazione della società dal registro delle imprese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va rigettata l’istanza di interruzione del processo. Nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e ss. c.p.c., sicché, una volta instaurato il contraddittorio con la notifica del ricorso, la morte dell’intimato non produce l’interruzione del processo (Cass., 3 dicembre 2015, n. 24635; 29 gennaio 2016, n. 1757).
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 2, d.lgs. 22 dicembre 1992, n. 546 (omette l’indicazione del parametro di critica tra quelli indicati dall’art. 360 c.p.c. , così come per tutti gli altri motivi). Sostiene il difetto di costituzione
dell’Agenzia delle entrate Riscossione in sede d’appello, a mezzo di difensore del libero foro.
Il motivo è privo di pregio. Intanto dinanzi al giudice d’appello risulta dalla decisione che la questione non fu neppure sollevata, al contrario invocando solo l ‘interruzione del processo per l’estinzione del concessionario. Nel merito poi, la giurisprudenza di legittimità ha affermato, con orientamento ormai consolidato, che in tema di difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate – Riscossione si avvalgono dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest’ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, quali le condizioni di cui art. 43, comma 4, del r.d. n. 1611 del 1933 oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; ne consegue che non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcun’altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario, per il quale la convenzione esime le predette Agenzie dal ricorso alla difesa erariale per i giudizi innanzi alle corti fi giustizia tributaria, prevedendola espressamente, invece, per quello di legittimità, rispetto al quale, dunque, in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura conferita ad un legale del libero foro deve ritenersi affetta da invalidità, con conseguente inammissibilità del ricorso (da ultimo, Cass. 31 ottobre 2024, n. 28199: cfr. inoltre Sez. U, 19 novembre 2019, 30008).
Con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 comma 3, 51 d.P.R. n. 546 del 1992, 327 primo comma, c.p.c. La Commissione regionale non avrebbe tenuto conto della tardività dell’appello .
Il motivo è infondato. A fronte della data di pubblicazione della sentenza di primo grado , avvenuta il 6 ottobre 2016, l’atto d’appello risulta spedito il 5 aprile 2017 (nell’intestazione della sentenza vi è una inversione del mese/giorno). Dal momento della spedizione (consegna dell’atto all’ufficio notificatore), la notificazione si considera compiuta per il notificante.
Con il terzo motivo la società lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 20 e ss. del d.lgs. n. 82 del 2005. La sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto regolari le cartelle esattoriali prive di firma digitale o il cui procedimento notificatorio è stato erroneamente ritenuto regolare.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, laddove esso non è corredato dalla riproduzione delle notifiche che si assumono irrituali. Per mera completezza, il motivo è anche infondato, perché, quanto alle tre notifiche eseguite a mezzo del messo notificatore di Equitalia, esse risultano regolari, nelle mani di addetti o addirittura soci della società, con avviso di avvenuta notifica, oppure presso la casa comunale con relativo ritiro della raccomandata. Ciò costituisce un fatto accertato dal giudice regionale.
Le altre due cartelle, notificate a mezzo pec, sono risultate eseguite regolarmente, e anche di questo vi è uno specifico accertamento della Commissione regionale. Irrilevante, infine, è che si tratti di formato privo di estensione ‘.p7m’, atteso che la notifica della cartella di pagamento a mezzo PEC in formato “.pdf” è valida, non essendo necessario adottare il formato “.p7m”, perché il protocollo di trasmissione mediante PEC è di per sé idoneo ad assicurare la riferibilità della cartella all’organo da cui promana, salve specifiche e concrete contestazioni, che è onere del ricevente eventualmente allegare in contrario (da ultimo cfr. Cass., 3 dicembre 2024, n. 30922).
Con il quarto la società ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261 e ss. ‘ mm e ii ‘ , nonché degli artt. 139 e 140 c.p.c. Il giudice d’appello avrebbe erroneamente escluso l’annullamento del preavviso di fermo e delle cartelle, ritenendo provat e le relative notifiche.
Il motivo è inammissibile sia perché non si confronta con il contenuto della motivazione del provvedimento impugnato, dal quale chiaramente emerge che le notifiche erano state eseguite dal messo notificatore e tutte tempestivamente e ritualmente ricevute dal destinatario, sia perché la commissione, nell’affermare ciò, ha compiuto un accertamento in fatto, anche dettagliato per ogni atto notificato, accertamento che non è sindacabile in sede di legittimità.
Il ricorso va in definitiva rigettato. Le spese, che seguono la soccombenza, vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in favore dell’Agenzia delle entrate Riscossione nella misura di € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il giorno 20 novembre 2024