Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15443 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15443 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/06/2025
Avv. Acc. IRPEF 2006
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9066/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentate e difese dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 3251/2019, depositata in data 29 luglio 2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 gennaio 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Dato atto che il Sostituto Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta ed ha concluso per il rigetto del ricorso.
Sentiti l’Avvocato NOME COGNOME che ha richiesto l’accoglimento del ricorso e l’Avvocatura Generale dello Stato, nella persona del dott. NOME COGNOME che ha richiesto l’inammissibilità ovvero il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
In data 7 novembre 201,4 l’Agenzia delle Entrate Riscossione di Como notificava al contribuente NOME COGNOME la cartella di pagamento n. 033/2014/0006236984/000, afferente ad IRPEF ed addizionali, riferite all’anno 2016, iscritta nel ruolo n. 513 dell’anno 2014 dall’Ente Impositore Amministrazione Finanziaria direzione provinciale di Monza Brianza.
Avverso tale atto il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Como; si costituivano sia l’Agente della riscossione che l’Ente impositore.
La C.t.p. di Como, con sentenza n. 36/01/2018, dichiarava inammissibile l’intervento dell’Ente impositore e rigettava il ricorso.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituivano anche l’Agente della riscossione e l’Ente impositore, il quale proponeva appello incidentale relativo all’inammissibilità del suo intervento.
Con sentenza n. 3251/17/2019, depositata in data 29 luglio 2019, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente ed accoglieva l’appello incidentale dell’Ente impositore.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a otto motivi. L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione hanno resistito con unico controricorso.
La causa è stata trattata nella pubblica udienza del 23 gennaio 2025 per il quale il contribuente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod.
proc. civ.) in relazione all’art. 23 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 in combinato disposto con l’art. 166 cod. proc. civ. espressamente richiamato nella normativa che regola il processo tributario» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto che il deposito degli atti processuali per conto dell’Agenzia delle Entrate Riscossione era stato effettuato da soggetto non legittimato, conseguentemente dovendosi ritenere la non costituzione in giudizio dell’Ufficio.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione all’art. 23 D.Lgs. n. 516/1992 in combinato disposto con l’art. 166 cod. proc. civ. ed in relazione all’art. 43 del Regio Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 in combinato disposto con l’art. 1, comma 8, del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto che l’Agenzia delle Entrate Riscossione doveva avvalersi dell’Avvocatura dello Stato per la propria difesa; la censura, eccepita già in primo grado, non può considerarsi superata dalla costituzione dell’Agente in secondo grado, stante quanto spiegato nel precedente motivo.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione all’art. 97, quarto comma, Cost., secondo cui agli impieghi in PA si accede mediante concorso, in combinato disposto con gli artt. 4 e 52 del D.Lgs. 30 marzo 2011, n. 165» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha rilevato la mancata costituzione dell’Agenzia delle Entrate Riscossione stante la mancata assunzione per pubblico concorso dell’Avvocato NOME COGNOME che l’ha assistita.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione all’art. 140 cod. proc. civ. in combinato disposto con l’art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 che rimanda all’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ed in relazione all’art. 148 cod. proc. civ. che disciplina i requisiti che deve avere la relata di notifica» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto la mancanza della prova circa il presupposto per far ricorso alla notifica della cartella mediante il rito dell’irreperibilità (per l’appunto, l’irreperibilità del destinatario).
1.5. Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione all’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992 (Legge sul processo tributario) che disciplina gli atti impugnabili e l’oggetto del ricorso tributario» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., riconosciuta la validità della notifica, ha statuito della mancanza di interesse del contribuente a far valere con l’impugnazione del ruolo, tramite azione di accertamento negativo, la prescrizione del credito erariale intervenuta sia prima che dopo la notifica degli atti esattoriali.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione agli artt. 25 e 26 d.P.R. n. 602/1973 sulla notifica e sottoscrizione delle cartelle e degli atti esattoriali» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha affermato la validità della notifica a mezzo Pec dell’intimazione di pagamento, effettuata mediante invio di copia priva di attestazione di conformità.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione all’articolo 2943 cod. civ. e all’art. 50
d.P.R. n. 602/1973» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto che la comunicazione di iscrizione ipotecaria sull’immobile di proprietà del contribuente non poteva essere considerato valido atto interruttivo delle prescrizione, non rientrando nelle categorie di cui all’art. 2043 cod. civ., insuscettibile di applicazione analogica come ogni norma inerente la prescrizione, e neppure nell’intimazione ad adempiere disciplinata dall’art. 50 d.P.R. 602/1973.
1.8. Con l’ottavo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) in relazione all’articolo 43, terzo comma, d.P.R. n. 600/1973 in combinato disposto con l’art. 3 D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 che ha introdotto nell’ordinamento tributario il principio del favor rei , e all’art. 2948, unico comma, n. 4, cod. civ. (prescrizione di cinque anni)» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha affrontato la questione dell’applicazione del principio del favor rei con riferimento al venir meno della normativa che prevedeva il raddoppio dei termini entro cui notificare avviso di accertamento, nel caso di specie notificato a novembre del 2013 (e riguardante l’anno d’imposta 2006); inoltre, il nuovo quadro normativo è coerente con l’affermazione, da parte delle Sezioni Unite, del principio di diritto circa il termine di prescrizione di cinque anni delle obbligazioni tributarie.
Il primo motivo di ricorso proposto è infondato; con esso, in particolare, parte ricorrente lamenta l’avvenuto deposito di atti processuali per conto dell’Agenzia delle Entrate da parte di soggetto non legittimato.
2.1. Invero, venendo in rilievo un aspetto che attiene al deposito telematico di materiale processuale riferito alla pretesa esattoriale, trattasi di una questione esclusivamente riferibile all’Ufficio, il quale
solo avrebbe quindi avuto eventualmente interesse a dolersi di un’attività abusivamente svolta da un soggetto non legittimato; della conformità e pertinenza al caso concreto degli stessi l’Ufficio, invece, non si è mai doluto.
Il secondo motivo di ricorso è infondato; con esso parte ricorrente censura la decisione di secondo grado laddove non ha riconosciuto che l’Agenzia delle Entrate Riscossione avrebbe dovuto avvalersi dell’Avvocatura dello Stato per la propria difesa nei gradi di merito.
3.1. Secondo giurisprudenza di questa Corte, infatti, «In tema di difesa e rappresentanza in giudizio, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate Riscossione si avvalgono dell’Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest’ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, quali le condizioni di cui art. 43, comma 4, del R.d. n. 1611 del 1933 oppure l’indisponibilità dell’Avvocatura; ne consegue che non è richiesta l’adozione di apposita delibera o alcun’altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all’Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario, per il quale la convenzione esime le predette Agenzie dal ricorso alla difesa erariale per i giudizi innanzi alle corti di giustizia tributaria, prevedendola espressamente, invece, per quello di legittimità, rispetto al quale, dunque, in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura conferita ad un legale del libero foro deve ritenersi affetta da invalidità, con conseguente inammissibilità del ricorso» (da ultimo, Cass. n. 28199/2024).
3.2. Alla stregua di ciò, dunque, correttamente il Giudice di seconde cure ha statuito sul punto.
Il terzo motivo di ricorso è infondato; con esso parte ricorrente censura la sentenza della C.t.r. nella parte in cui non ha rilevato la mancata costituzione dell’Agenzia delle Entrate Riscossione,
derivante dalla mancata assunzione per pubblico concorso dell’Avvocato NOME COGNOME che l’ha assistita.
4.1. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che: «La rappresentanza processuale dell’articolazione periferica dell’Agenzia delle entrate si concentra sul capo di essa ed anche, a termini dell’art. 3 del regolamento interno di amministrazione dell’Agenzia delle entrate, sul semplice preposto all’ufficio legale (in favore del quale è da ritenersi operativa una delega generale); perciò, ai fini della legittima spendita del potere rappresentativo, è sufficiente l’effettiva attribuzione in organigramma di taluna delle suddette posizioni al soggetto che sottoscrive l’atto ex artt. 10 e 11, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, a prescindere dalla sua qualifica dirigenziale, con la conseguenza che, agli effetti della validità, è irrilevante la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012, di cui a Corte cost. n. 37 del 2015» (da ultimo, Cass. n. 23782/2024).
Il quarto motivo di ricorso è, ancora, infondato; con esso, in particolare, parte ricorrente censura la sentenza della C.t.r. laddove non ha riconosciuto la mancanza della prova circa il presupposto per far ricorso alla notifica della cartella mediante il rito dell’irreperibilità (per l’appunto, l’irreperibilità del destinatario). 5.1. Sul punto la sentenza impugnata ha correttamente statuito che: «Del tutto correttamente la sentenza di primo grado ha stabilito la validità di dette notifiche, in particolare, della relata di notifica della cartella di pagamento, ricordandosi che essa attesta correttamente tutti gli elementi prescritti a pena di nullità dalla legge e dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. 30.9.2016 n. 19522; Cass. civ. 27.5.2011 n. 11713; Cass. civ. 2005/16141; Cass. civ. 11.3.2005 n. 5450; Cass. civ. Sez. Un. 13.1.2005 n. 458), ossia la constatazione della temporanea assenza del destinatario presso la sua abitazione, e la non esistenza o la non
presenza delle persone che l’art. 139 c.p.c. considera idonee a ricevere l’atto (Cass. civ. 17.11.2000 n.14890, Cass. civ. 24.5.2005 n. 10924; Cass. civ. 9.8.1996 n. 7309), e, pertanto, l’impossibilità di consegna della cartella al destinatario medesimo, ovvero, in alternativa, a costoro, oltre che gli adempimenti del deposito in Comune del documento, l’affissione di questo alla porta dell’abitazione, e l’informativa raccomandata con avviso di ricevimento dell’esecuzione di dette formalità regole sussistenti per la irreperibilità relativa). Si sottolinea che l’attività svolta dall’ufficiale notificatore è assistita da pubblica fede, con efficacia probatoria piena fino a querela di falso (v. Cass. civ. 28.6.2000 n. 8799; Cass. civ. 9.2.2001 n. 1856; Cass. civ. 22.4.2003 n. 6420; Cass. civ. 18.9.2003 п. 13478; Cass. civ, 6.6.2007 n. 13216; Cass. civ. 9.11.2007 n. 23429; Cass. civ. 22.2.2010 n. 4193 e molte altre) e non è contestabile se non nella forma della querela di falso, che, allo stato non risulta proposta del ricorrente».
5.2. La sentenza, infatti, risulta conforme a giurisprudenza di legittimità per la quale: «Il mancato rinvenimento di soggetto idoneo a ricevere l’atto, proprio presso il comune di residenza del destinatario, e proprio presso la casa di abitazione ovvero il luogo in cui egli svolge la propria attività, legittima la notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c., senza necessità di ricerca del destinatario in uno degli altri luoghi indicati alternativamente dall’art. 139 c.p.c. Ciò in quanto la certezza che il luogo di notificazione sia quello in cui vive e lavora il notificatario – e che pertanto l’assenza sua e di altri soggetti idonei sia solo momentanea, ricorrendo un’ipotesi di cd. irreperibilità temporanea – lascia supporre che questi, o persona in grado di informarlo, verrà a conoscenza dell’avvenuta notificazione dall’affissione dell’avviso di deposito sulla porta e dalla spedizione della raccomandata» ( ex plurimis , Cass. n. 6804/2021). 6. Il quinto motivo di ricorso è infondato; con esso il ricorrente si duole della statuizione nella sentenza impugnata circa la mancanza
di interesse dello stesso a far valere con l’impugnazione del ruolo, tramite azione di accertamento negativo, la prescrizione del credito erariale intervenuta sia prima che dopo la notifica degli atti esattoriali.
6.1. La censura non coglie nel segno, atteso che la C.t.r. si è correttamente conformata al principio statuito da questa Corte secondo il quale: «L’impugnazione diretta del ruolo esattoriale, da parte del debitore che chieda procedersi ad un accertamento negativo del credito dell’Amministrazione in esso risultante, è inammissibile per difetto di interesse, sempre che le cartelle esattoriali siano state regolarmente notificate, non prospettandosi tale accertamento come unico strumento volto ad eliminare la pretesa impositiva della Amministrazione, alla quale, invece, il debitore può rivolgersi in via amministrativa, domandando l’eliminazione del credito in autotutela mediante il cd. sgravio» (Cass. n. 22946/2016 e Cass. n. 6723/2019).
6.2. Peraltro, l’interesse che il ricorrente sostiene di avere in relazione al ricorso (eccepire, cioè, la prescrizione maturata dopo la notifica della cartella) è tratto da una massima giurisprudenziale (v. pag. 23 del ricorso) della quale non è dimostrata la pertinenza al caso in esame.
Il sesto motivo di ricorso è parimenti infondato; con esso parte ricorrente censura la sentenza della C.t.r. nella parte in cui ha affermato la validità della notifica a mezzo Pec dell’intimazione di pagamento, effettuata mediante invio di copia priva di attestazione di conformità.
7.1. Invero, deve rilevarsi, da un lato, che non è quest’ultimo l’oggetto del ricorso proposto, che riguarda la cartella esattoriale, e, dall’altro, che se deve considerarsi valida la notifica della cartella a mezzo Pec, come stabilito con giurisprudenza conforme di questa Corte), non si vede perché la stessa modalità notificatoria non possa essere usata per l’intimazione di pagamento.
Invero, con un autorevole arresto (Cass. 18/10/2023, n. 28852; cfr. pure 26/06/2024, n. 18387) si è sostenuto che ‘ Valorizzando le disposizioni dettate dall’art. 1, primo comma, lett. c), f) ed i -ter), del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 e dell’art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, questa Corte ha ripetutamente affermato che «la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. ‘atto nativo digitale’), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. ‘copia informatica’)», ossia, appunto, un file in formato PDF (portable document format), con l’ulteriore precisazione, che «nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale» (testualmente Cass. 27/11/2019, n. 30948; conf., ex multis, Cass. 05/10/2020, n. 21328; Cass. 08/07/2020, n. 14402)’.
Donde vizio della notifica per tale ragione non è dato riscontrare. 8. Il settimo motivo, che prospetta l’inefficacia interruttiva, ai fini della prescrizione, dell’iscrizione ipotecaria, è assorbito dal rilievo della correttezza della statuizione concernente l’avvenuta notifica della cartella esattoriale (in data 7 novembre 2014 e dunque entro il termine del 31 dicembre 2016).
L’ottavo motivo è inammissibile atteso che l’eventuale decadenza del potere impositivo costituisce una censura di violazione di legge che avrebbe dovuto essere fatta valere a mezzo dell’impugnazione dell’avviso di accertamento.
Costituisce, invero, giurisprudenza granitica di legittimità il principio secondo cui La cartella esattoriale recante intimazione di pagamento di credito tributario, avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato a suo tempo non impugnato, può
essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto (cfr. per tutte: Cass. 31/10/2017, n. 25995).
10. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali che si liquidano in € 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in data 23 gennaio 2025.