Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12983 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12983 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22243/2022 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in PADOVA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende (EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE L’RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che li rappresenta e difende -controricorrenti-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del VENETO n. 244/2022 depositata il 15/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto ( hinc: CTR), con la sentenza n. 244/2022 depositata in data 15/02/2022, ha rigettato l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME contro la sentenza n. 1229/2019, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, in data 16/12/2019, aveva respinto il ricorso del contribuente contro l’intimazione di pagamento.
La CTR – dato atto che il contribuente non aveva proposto alcun motivo di appello avente per oggetto l’illegittimità dell’atto impugnato per duplicazione dell’intimazione di pagamento, la carenza di motivazione di quest’ultima e l’omessa indicazione del le modalità di impugnazione -ha rilevato che la cartella può essere impugnata per vizi suoi propri, in quanto la sua finalità è quella di intimare al debitore il pagamento di somme di cui è già stato chiesto l’adempimento, come risulta, peraltro, dal prec edente tentativo (infruttuoso) di un’azione.
2.1. Ha poi rilevato che non può essere messa in discussione la regolare notificazione degli atti prodromici, non essendo, peraltro, credibile che il contribuente non avesse conosciuto gli atti oggetto di causa, perché la suocera gli avrebbe consegnato altri atti. Infine, non è fondata neppure l’eccezione di prescrizione, in quanto l’art. 20, comma 6, d.lgs. n. 112 del 1999 stabilisce che l’ente creditore nell’ipotesi in cu i individui, successivamente al discarico, significativi elementi patrimoniali o reddituali riferibili al debitore, può riaffidare la riscossione all’agente preposto a quest’ultima, a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale.
Contro la sentenza della CTR il sig. COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con dodici motivi.
L’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle entrate -Riscossione hanno resistito con controricorso.
…
Considerato che :
Con i primi tre motivi di ricorso sono state denunciate:
« 1. nullità della sentenza per motivazione apparente e/o perplessa, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione agli artt. 112 e 132 c.p.c. e 36 d.lgs. 546/1992, con riferimento al terzo motivo di appello, con cui è stato censurato il capo della sentenza di primo grado che non ha accolto le eccezioni di «nullità dell’atto impugnato per omessa notifica dell’atto prodromico; nullità della cartella esattoriale per omessa valida notifica delle stessa; insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata», anche in violazione dell’art. 115 c.p.c. laddove prevede che «il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati.
in via subordinata, nullità della sentenza per error in procedendo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione del principio dispositivo delle prove, in relazione agli artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c., 2730 c.c., nonché agli artt. 1, comma 2, 7, comma 1, e 36 d.lgs. n. 546/1992.
in via ulteriormente subridnata , omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ».
1.1. Con il primo motivo il ricorrente censura la parte della sentenza impugnata che si è pronunciata in merito al terzo motivo d’appello, con cui era stata , a sua volta, censurata la decisione del giudice di primo grado, in relazione alla nullità dell’atto impugnato per omessa notifica dell’atto prodromico e della cartella esattoriale, con la conseguente inesistenza del diritto di procedere a esecuzione.
1.2. Ad avviso di parte ricorrente incorre nel vizio di motivazione apparente -se non in una vera e propria motivazione perplessa – il capo della sentenza in cui viene affermato che: « Nel merito, va evidenziato che la cartella può ovviamente essere impugnata per vizi suoi propri in quanto la sua finalità è proprio quella di intimare la debitore il pagamento di somme delle quali già gli è stato richiesto l’adempimento: nel caso di specie , anzi, vi era già stato un infruttuoso esperimento di azione vertente su alcuni profili rilevanti per il caso in essere .»
1.3. Parimenti, secondo il ricorrente, la CTR incorre nel vizio di motivazione apparente, nella parte in cui afferma che: « Non può essere messa in discussione, poi, la regolarità della notifica degli atti prodromici che parte ricorrente tenta di mettere in discussione: le argomentazioni svolte tuttavia ictu oculi provano troppo in quanto non è credibile che lo stesso non sia venuto a conoscenza proprio degli atti di cui è qui causa fattegli avere dalla suocera la quale gli avrebbe invece consegnato altri atti: in sostanza risulta comunque provato il vincolo ‘di mensa’ che fa ritenere ben notificati tutti gli atti ». Rileva, in particolare, come sin dal primo grado di giudizio il ricorrente avesse affermato di non aver mai ricevuto la notifica della cartella n. NUMERO_CARTA sottesa all’intimazione di pagamento impugnata . Dall’esame dell’avviso di ricevimento risulta, infatti, che: l’indirizzo di destinazione riportato su tale avviso è errato (non corrispondendo alla residenza del sig. COGNOME, la presunta cartella è stata consegnata a un soggetto diverso dal destinatario (sig.ra NOME COGNOME e non NOME, suocera del ricorrente, residente in INDIRIZZO e che si era rifiutata di ricevere la notifica della cartella, non sottoscrivendone la relata), residente in un indirizzo diverso da quello di quest’ultimo (che si trova in INDIRIZZO. Quest’ultima circostanza, peraltro, non è stata mai contestata, ai sensi e per gli
effetti dell’art. 115 c.p.c., da parte dell’Agenzia delle Entrate e dall’agente della riscossione. A pag. 4 dell’atto di controdeduzioni in appello l’amministrazione finanziaria affermava, infatti, che: « L’atto esattoriale in questione, infatti, è stato consegnato a mani di persona qualificatasi familiare del debitore, sebbene presso indirizzo distinto rispetto a quello di residenza di quest’ultimo: è ammesso dallo stesso ricorrente, tuttavia, che il plico è stato notificato presso la stessa INDIRIZZO Santa Maria di Sala, sebbene al civico n. 5 anziché al civico n. 3. »
1.4. Il ricorrente ha, poi, lamentato:
-l’omessa produzione in giudizio, nemmeno in copia, della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA (richiamando Cass. civ. n. 18252 del 2013 in merito all’onere del mittente di provare il contenuto della raccomandata);
-la giuridica inesistenza della pretesa notificazione della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA in quanto posta in essere da un dipendente di una agenzia privata, considerato anche che l’art. 4, d.lgs. n. 261 del 1999, nella formulazione ratione temporis applicabile e in vigore sino al 29/4/2011, prevedeva, al comma 1, che: « Al fornitore del servizio universale, nella misura necessaria al mantenimento dello stesso, possono essere riservati la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii di corrispondenza interna e transfrontaliera… » e, al comma 5, che: « Indipendentemente dai limiti di prezzo e di peso, sono compresi nella riserva di cui al comma 1 gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie; per procedure amministrative si intendono le procedure riguardanti l’attività della pubblica amministrazione e le gare ad evidenza pubblica » (Cass., Sez. U, n. 299 del 2020);
-nullità e/o invalidità della notifica della cartella n. NUMERO_CARTA in quanto recapitata ad un indirizzo errato, in mani altrui e non seguita dalla notifica della raccomandata informativa prescritta dall’art. 139, comma 4, c.p.c. e dall’art. 60, comma 1, lett. b -bis , D.P.R. 600/1973.
Il ricorrente rileva, quindi, che il rigetto risulta privo di motivazione, di talché non sussisterebbe il minimo costituzionale ad oggi ancora rilevante sotto il profilo della violazione degli artt. 112 c.p.c. e 132 c.p.c. e 36, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non essendo comprensibile l’iter logico seguito dal giudice per rigettare la domanda.
1.5. In via subordinata, con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per error in procedendo , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione del principio dispositivo delle prove e del ‘prudente apprezzamento’ delle stesse da parte del giudice, in relazione agli artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c., 2730 c.c., nonché agli artt. 1, comma 2, 7, comma 1, e 36 d.lgs. n. 546 del 1992.
1.6. Con il terzo motivo di ricorso, la parte ricorrente censura i capi della sentenza sopra riportati ( supra, sub 1.2. e 1.3.) per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. In via preliminare, il ricorrente richiama Cass., n. 1562 del 2021, rilevando che non può trovare applicazione, nel caso di specie, l’art. 348 ter c.p.c. (cd. doppia conforme), dal momento che è mancata una compiuta delibazione da parte dei giudici di prime e seconde cure.
Rileva, quindi, a pag. 23 che: « i fatti il cui esame è stato omesso dai giudici a quibus consistono nelle argomentazioni ampiamente esposte nel primo motivo di ricorso per cassazione e nelle prove
offerte dal contribuente e ivi richiamate (cfr. i summenzionati documenti DOC. 19, DOC. 20, DOC. 21, DOC. 22 e DOC. 23, con riferimento ai quali si rinvia a quanto ampiamente esposto nel suesteso primo motivo del presente ricorso); in particolare nel fatto che (a) l’indirizzo di INDIRIZZO in 30036 Santa Maria di Sala (VE) fosse l’indirizzo di residenza della suocera del Sig. NOME, Sig.ra NOME COGNOME e del di lei marito, Sig. NOME COGNOME e non quello dell’odierno ricorrente, il quale invece risied e in INDIRIZZO unitamente alla moglie e ai due figli; (b) l’indirizzo di destinazione riportato sull’avviso di ricevimento asseritamente relativo alla presunta cartella n. NUMERO_CARTA (DOC. 19) fosse, quindi, l’indirizzo di destinazione errato ; (c) la presunta cartella sia stata consegnata a soggetto diverso dal destinatario, Sig.ra NOME COGNOME; (d) la notificazione di detta cartella sia stata posta in essere da un dipendente dell’agenzia privata RAGIONE_SOCIALE Recapiti Espressi e (e) ad essa non sia seguita la notifica della raccomandata informativa prescritta dall’art. 139, comma 4, c.p.c. e dall’art. 60, comma 1, lett. b -bis, D.P.R. 600/1973. »
Passando all’esame dei primi tre motivi di ricorso, gli stessi sono da considerare infondati (primo motivo) e inammissibili (secondo e terzo motivo).
2.1. In merito al primo motivo occorre evidenziare che il vizio di motivazione apparente sussiste quando non è possibile ricostruire l’iter logico -giuridico seguito dal giudice per giungere a un determinato risultato decisorio e non può essere sovrapposto, peraltro, all’attività di valutazione delle prove. Nel caso di specie è ampiamente ricostruibile l’iter logico da valutare tenendo conto dell’intero impianto motivazionale che sorregge la decisione del giudice anche in relazione al terzo motivo di appello (evocato dalla parte ricorrente a pag. 10 del ricorso in cassazione), relativo alle
« eccezioni di «nullità dell’atto impugnato per omessa notifica dell’atto prodromico; nullità della cartella esattoriale per omessa valida notifica delle stessa; insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata», anche in violazione dell’art. 115 c.p.c. laddove prevede che «il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati», ovvero con specifico riferimento alle questioni esaminate nel sesto e settimo capoverso dei ‘Motivi della decisione’, a pagina 4 della sentenza impugnata. » (v. pag. 10 ricorso in cassazione). Il vizio di motivazione apparente può avere effetti invalidanti sulla sentenza solo se non consente di comprendere le ragioni poste a fondamento della decisione. Tale vizio non è, invece, riscontrabile nell’ipotesi in cui la sentenza non sia condivisa dalla parte soccombente e neppure nell’ipotesi in cui non sia conforme a legge, essendo necessario proporre apposito motivo di ricorso in cassazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.2. Il secondo motivo è, invece, inammissibile, in quanto la censura sull’ error in procedendo, sottende una richiesta di rivalutazione delle prove preclusa al giudice di legittimità. Sono inconferenti i richiami relativi agli artt. 115 e 116 c.p.c., considerato che le censure sulle notificazioni avrebbero dovuto essere veicolate attraverso il motivo di ricorso per violazione di legge (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) e non attraverso un error in procedendo. Occorre peraltro rilevare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la
possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867).
2.3. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto -anche a non voler considerare i profili di criticità relativi alla cd. doppia conforme (secondo quanto invocato dal ricorrente a pag. 22 del ricorso) a fronte della ritenuta infondatezza del primo motivo di ricorso (Cass., 22/12/2016, n. 26774) -resta, in ogni caso, che il motivo di ricorso in esame non riguarda un fatto inteso in senso storico-naturalistico, ma l’apprezzamento da parte del giudice di seconde cure delle notificazioni degli atti oggetto di causa e la relativa valutazione. Anche in tale ipotesi, a ben vedere, è il vizio di violazione di legge l’unico strumento attraverso il quale evocare lo scrutinio da parte del giudice di legittimità.
Secondo questa Corte l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass., 26/01/2022, n. 2268).
Infine, la controricorrente rileva (pag. 11-12 del controricorso) che la questione relativa all’invio della raccomandata informativa da parte di un operatore di poste private sarebbe stata sollevata per la prima volta nel presente giudizio.
Con il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso sono state denunciate:
«4) nullità della sentenza per motivazione apparente, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione agli artt. 112 e 132 c.p.c. e 36 d.lgs. 546/1992, con riferimento al quinto motivo di ricorso di primo grado, con cui era stata eccepita «l’intervenuta prescrizione dell’asserita pretesa recata dall’intimazione di pagamento impugnata, con riferimento ai carichi di cui alla presunta cartella di pagamento n. 11920080000972256000, nonché del diritto di procedere ad esecuzione forzata», riproposto in appello sub 4) in ragione del mancato esame da parte della CTP di Venezia nella sentenza n. 1229/3/2019.
in via subordinata, nullità della sentenza per error in procedendo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione del principio dispositivo delle prove, in relazione agli artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c., 2730 c.c., nonché agli artt. 1, comma 2, 7, comma 1, e 36 d.lgs. n. 546/1992.
in via ulteriormente subridnata , omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.»
3.1. Con il quarto motivo il ricorrente rileva che la sentenza impugnata: « deve poi essere censurata anche con riferimento al capo di sentenza con cui i Giudici del gravame hanno respinto il quinto motivo di ricorso (cfr. pagine da 9 a 12 del ricorso di primo grado sub DOC. 5), riproposto in appello sub 4) in ragione del mancato esame da parte della CTP di Venezia nella sentenza n. 1229/3/2019 (cfr. pagine da 14 a 16 dell’appello sub DOC. 14, nonché pagine 11 e 12 della memoria illustrativa sub DOC. 17 e pagine da 1 a 4 della memoria illustrativa sub DOC. 18), con cui il Sig. NOME aveva contestato l’intervenuta prescrizione dell’asserita pretesa recata dall’intimazione di pagamento impugnata, con riferimento ai carichi di cui alla presunta cartella di pagamento n.
NUMERO_CARTA nonché del diritto di procedere ad esecuzione forzata, ovvero con specifico riferimento alle questioni esaminate nel terzultimo capoverso dei ‘Motivi della decisione’, a pagina 4 della sentenza impugnata. »
Il ricorrente fa, in particolare, riferimento alla parte della sentenza impugnata, dove si legge che: « Non ha fondamento neppure l’eccezione di intervenuta prescrizione, in quanto l’art. 20, co.VI6 del D.Lgs. 112/99 stabilisce che l’ente creditore, laddove nell’ esercizio della propria attività istituzionale individui, successivamente al discarico, l’esiste nza di significativi elementi patrimoniali o reddituali riferibili allo stesso debitore, può riaffidare in riscossione all’ agente della riscossione le s omme ‘a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale…’ »
Il ricorrente rileva come la parte della motivazione della sentenza impugnata appena trascritta integri un esempio di motivazione apparente, denunciabile quale difetto motivazionale ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., essendo stata richiamata una norma inconferente (art. 20 d.lgs. n. 112 del 1999) per fare un’affermazione altrettanto inconferente, di per sé notoria, tautologica e irrilevante. In sostanza, viene presa a riferimento una norma che consente il riaffidamento dei ruoli all’agente della riscossione, solo a condizione che non sia maturata la prescrizione, per affermare che quest’ultima non si è quindi realizzata.
Rileva (pag. 26 del ricorso) di aver: « contestato e dimostrato l’intervenuta prescrizione sia decennale, con riferimento ai crediti di natura tributaria recati dall’intimazione di pagamento impugnata (notificata in data 2.11.2018), relativi a imposte dirette, IVA e IRAP e risalenti all’anno d’i mposta 2004, sia, a maggior ragione, quinquennale, relativamente ai diritti camerali iscritti a ruolo dalla Camera di Commercio di Venezia (ai sensi dell’art. 2948, comma 1.,
n. 4, c.c.), agli interessi (ai sensi dell’art. 2948, comma 1., n. 4, c.c.) e alle sanzioni (ai sensi dell’art. 20, comma 3, D.Lgs. 472/1997), in ragione della omissione e/o giuridica inesistenza e/o nullità e/o invalidità della notificazione della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, nonché dei successivi presunti atti interruttivi asseritamente notificati dall’Agenzia delle Entrate Riscossione (un preavviso di fermo e una comunicazione di iscrizione di fermo). A conforto di ciò, il contribuente non si limitava a provare puntualmente (dimostrazione che si è già osservata supra nel primo motivo di ricorso per cassazione) l’omissione e/o giuridica inesistenza e/o nullità e/o invalidità della notifica della cartella n. NUMERO_DOCUMENTO ma dimostrava altresì che anche i successivi due atti che l’Agente della Riscossione asseriva di aver emesso a fini interruttivi della prescrizione non erano mai stati validamente notificati all’odierno ricorrente. »
A tal fine il sig. NOME contestava l’omissione e/o giuridica inesistenza e/o nullità e/o invalidità della notifica di un presunto «preavviso di fermo amministrativo (contraddistinto col n. NUMERO_DOCUMENTO, del 06-05-2008)» (cfr. pag. 5 delle controdeduzioni in appello della Riscossione sub DOC. 16) e di una altrettanto presunta «comunicazione di iscrizione di fermo amministrativo (n. 00000201011900000048) risalente al 02-022010» (cfr. pag. 8 delle controdeduzioni sub DOC. 16), per i seguenti motivi:
l’omessa produzione agli atti del giudizio, nemmeno in copia, tanto del presunto preavviso di fermo amministrativo, quanto della presunta successiva comunicazione di iscrizione di fermo, con la conseguenza che la controparte non ha potuto provare in giudizio né se tali presunti atti recassero effettivamente tra i propri crediti quelli relativi alla intimazione oggetto di giudizio e, quindi, se ne potessero
interrompere la prescrizione, né l’esistenza tout court o meno dei due atti interruttivi;
b) nullità e/o invalidità della notifica del presunto preavviso di fermo amministrativo e della successiva asserita comunicazione di iscrizione di fermo, in ragione del fatto che, come si evince chiaramente dai due avvisi di ricevimento relativi alla pretesa notificazione degli stessi, si tratta di atti indirizzati e recapitati ad un indirizzo errato, in mani altrui e senza che alla notifica degli stessi sia seguito l’invio della raccomandata informativa prescritta dall’art. 139, comma 4, c.p.c. e dall’art. 60, comma 1, lett. b-bis, d.P.R. n. 600 del 1973.
In particolare, due atti sarebbero stati recapitati presso l’indirizzo errato di INDIRIZZO in Santa Maria di Sala (VE) e non invece presso l’indirizzo corretto di INDIRIZZO (v. pagg. 14 e 15 del ricorso per cassazione). Il ricorrente rileva di aver dimostrato il fatto che l’indirizzo di INDIRIZZO in 30036 Santa Maria di Sala (VE) fosse l’indirizzo di residenza dei suoceri del Sig. COGNOME, Sig.ra NOME COGNOME e Sig. NOME COGNOME e non quello dell’odierno ricorrente, il quale invece risiede in INDIRIZZO unitamente alla moglie e ai due figli. Inoltre, alla presunta notifica di detti atti, asseritamente eseguita in mani di parenti presso la residenza della suocera, non è mai seguito l’invio della raccomandata informativa prescritta dall’art. 139, comma 4, c.p.c. e dall’art. 60, comma 1, lett. b -bis, d.P.R. 600 del 1973.
3.2. Con riferimento al quinto motivo di ricorso il ricorrente rileva che: « i Giudici del gravame hanno comunque dimostrato di essere incorsi in un palese errore di valutazione del materiale probatorio, o, più precisamente, di non aver adeguatamente esaminato o, peggio, non aver esaminato tout court l’ampia documentazione prodotta dal ricorrente a conforto dell’eccezione di intervenuta prescrizione
dell’asserita pretesa recata dall’intimazione di pagamento impugnata, con riferimento ai carichi di cui alla presunta cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA nonché del diritto di procedere ad esecuzione forzata (cfr. i summenzionati documenti prodotti nel corso dei primi due gradi di giudizio e che si sono allegati al presente ricorso per cassazione sub DOC. 19, DOC. 20, DOC. 21, DOC. 22, DOC. 23, DOC. 24 e DOC. 25, con riferimento ai quali si rinvia a quanto ampiamente esposto nei suesteso primo e quarto motivo del presente ricorso) e di non aver tenuto conto non solo dell’acquiescenza delle Amministrazioni finanziarie intimate, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., le quali, come si è osservato supra, non hanno mai contestato in alcun modo la circostanza dedotta dal Sig. COGNOME per cui l’ubicazione della propria residenza è in INDIRIZZO e non in INDIRIZZO, né la produzione documentale offerta dallo stesso in giudizio a sostegno delle proprie deduzioni, ma nemmeno, ai sensi dell’art. 116 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 2730 c.c., del riconoscimento esplicito da parte dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, che nel costituirsi in appello ha confermato che «L’atto esattoriale in questione, infatti, è stato consegnato a mani di persona qualificatasi familiare del debitore, sebbene presso indirizzo distinto rispetto a quello di residenza di quest’ultimo: è ammesso dallo stesso ricorrente, tuttavia, che il plico è stato notificato presso la stessa INDIRIZZO di Santa Maria di Sala, sebbene al civico n. 5 anziché al civico n. 3» (cfr. pag. 4 dell’atto di controdeduzioni in appello della Riscossione sub DOC. 16). »
3.3. Con riferimento al sesto motivo il ricorrente, oltre a ritenere che non possa trovare applicazione l’art. 348 ter c.p.c., rileva (pag. 32 del ricorso) che: « con riferimento al motivo in punto di intervenuta prescrizione, i fatti il cui esame è stato omesso dai Giudici a quibus consistono, in primis, nelle medesime argomentazioni
ampiamente esposte al primo motivo di ricorso per cassazione e, in secondo luogo, nelle ulteriori argomentazioni svolte con il successivo quarto motivo di ricorso, nonché nelle prove offerte dal contribuente e richiamate nelle due sedi suddette (cfr. i summenzionati documenti DOC. 19, DOC. 20, DOC. 21, DOC. 22, DOC. 23, DOC. 24 e DOC. 25, con riferimento ai quali si rinvia a quanto ampiamente esposto nel primo e quarto motivo del presente ricorso); in particolare, oltre ai fatti già elencati nel suesteso terzo motivo di ricorso per cassazione, anche nel fatto che il presunto preavviso di fermo amministrativo e la presunta successiva asserita comunicazione di iscrizione di fermo siano stati indirizzati e recapitati ad un indirizzo errato, in mani altrui e senza che alla notifica degli stessi sia seguito l’invio della raccomandata informativa prescritta dall’art. 139, comma 4, c.p.c. e dall’art. 60, comma 1, let t. b-bis, D.P.R. 600/1973. »
Il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso possono essere esaminati insieme in quanto connessi.
4.1. Il quarto motivo è infondato. Il ricorrente nel lamentare (v. pag. 24 del ricorso in cassazione) il vizio motivazionale relativo all’eccezione di prescrizione sollevata dal contribuente richiama l’affermazione della sentenza in cui la CTR afferma che: « Non ha fondamento neppure l’eccezione di intervenuta prescrizione, in quanto l’ art. 20, co.VI6 del D.Lgs. 112/ 99 stabilisce che l’ ente creditore, laddove nell’ esercizio della propria attività istituzionale individui, successivamente al discarico, l’ esistenza di significativi elementi patrimoniali o reddituali riferibili allo stesso debitore, può riaffidare in riscossione all’ agente della riscossione le somme ‘a condizione che non sia decorso il termine di prescrizione decennale ». Occorre, tuttavia, rilevare che il vizio di motivazione apparente deve essere riscontrato alla luce dell’intero impianto motivazionale della sentenza impugnata che prende una posizione netta sulle validità
delle notifiche degli atti prodromici che il ricorrente pone al centro delle censure articolate con il quarto motivo di ricorso (v. pag. 26 ss. del ricorso in cassazione), come risulta anche da quanto affermato a pag. 28-29 del ricorso in cassazione, dove si legge che: « Il contribuente ha, quindi, ampiamente dimostrato l’intervenuta prescrizione decennale dei crediti recati dall’intimazione di pagamento impugnata, in virtù della omissione e/o inesistenza e/o nullità e/o invalidità della notifica della presunta cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA del presunto «preavviso di fermo amministrativo (contraddistinto col n. 00000200811900022506, del 06-05-2008)» e della presunta «comunicazione di iscrizione di fermo amministrativo (n. NUMERO_CARTA risalente al 02-02-2010», e ciò ancor prima della notificazione in data 1.9.2017 (e, quindi, ben oltre i termini sia quinquennale che decennale di prescrizione) della precedente intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA, oggetto dell’altro ricorso RGR n. 840/2017 della CTP di Venezia (cfr. DOCC. 6 e 7), promosso dal Sig. COGNOME in data anteriore a quello da cui trae origine il presente giudizio, e del successivo appello RGA n. 1721/2018 della CTR del Veneto. »
4.2. Il quinto e il sesto motivo sono inammissibili in quanto funzionali a una rivalutazione del merito totalmente estranea al sindacato di legittimità e all’ordinamento processuale che, anche nel giudizio tributario, limita alle (sole) prime due fasi il sindacato di merito. Sul punto occorre richiamare quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella pronuncia richiamata, supra, sub 2.2.
Peraltro, c ome già rilevato nell’esame dei primi tre motivi di ricorso, eventuali invalidità delle notifiche avrebbero potuto essere conosciute dal giudice di legittimità solo attraverso lo scrutinio ex art. 360, primo comma, 3, c.p.c. e, in ogni caso, non attraverso il
sindacato dell’ error in procedendo (che potevano riguardare le conseguenze dell’errata instaurazione del contraddittorio, ma non le modalità che disciplinano il procedimento di notificazione). Sotto tale profilo il mancato invio della raccomandata informativa ex art. 139, comma 4, c.p.c. e 60, comma 1, lett. b-bis, d.P.R. n. 600 del 1973 vengono inseriti a pag. 28 nell’illustrazione di motivi relativi all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., come dimostrato dal fatto che, a pag. 30 del ricorso -al termine dell’illustrazione del quarto mot ivo di ricorso – si legge che: « Il rigetto risulta, quindi, privo di motivazione, di talché non sussisterebbe il minimo costituzionale ad oggi ancora rilevante sotto il profilo della violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. e 36, n. 4, D.Lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non essendo comprensibile l’iter logico seguito dal Giudice per rigettare la domanda. Pertanto, in virtù di quanto sin qui argomentato, la sentenza dovrà essere cassata in parte qua, con ogni conseguenza di legge. » In sostanza, anche la censura relativa al mancato invio della raccomandata informativa viene veicolata attraverso un preteso vizio motivazionale.
5. Con il settimo e l’ottavo motivo sono state denunciate:
« 7) violazione della legge processuale rilevante quale error in procedendo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., con riferimento agli artt. 295 c.p.c. e 39, comma 1-bis, d.lgs. 546/1992, con riferimento al primo e secondo motivo di appello, con cui era stata censurata l’omessa pronuncia, da parte della sentenza di primo grado, «sulla richiesta di sospensione del processo ai sensi degli artt. 295 c.p.c. e 39, comma 1bis, d.lgs. 546/1992, in violazione dell’art. 112 c.p.c.», e, in subordine, l’erro neità della sentenza medesima «laddove i giudici di prime cure hanno ritenuto di rigettare implicitamente la domanda di sospensione del processo, in violazione degli artt. 295 c.p.c. e 39, comma 1-bis, d.lgs. 546/1992.
8) in subordine, nullità della sentenza per carenza radicale di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione agli artt. 112 c.p.c. e 36 d.lgs. 546/1992 .»
5.1. Con riferimento al settimo motivo di ricorso il ricorrente evidenzia che: « La sentenza impugnata deve, poi, essere censurata anche per la violazione della legge processuale, non avendo la Commissione Tributaria Regionale del Veneto provveduto a sospendere il processo, ai sensi degli artt. 295 c.p.c. e 39, comma 1-bis, D.Lgs. 546/1992, in attesa della definizione del processo RGA n. 1721/2018 della medesima CTR del Veneto, giudizio preveniente rispetto al procedimento RGA n. 1360/2020 (da cui trae origine il presente ricorso per cassazione) e dalla cui definizione dipendeva la decisione di quest’ultimo, in quanto avente ad oggetto la medesima pretesa tributaria, senza, peraltro, nemmeno pronunciarsi sul primo e sul secondo motivo di appello, con cui, sul punto, il Sig. NOME COGNOME aveva eccepito, rispettivamente, il «vizio di omessa pronuncia sulla richiesta di sospensione del processo ai sensi degli artt. 295 c.p.c. e 39, comma 1bis, D.Lgs. 546/1992, in violazione dell’art. 112 c.p.c.» e, in subordine, «la erroneità della sentenza gravata laddove i giudici di prime cure hanno ritenuto di rigettare implicitamente la domanda di sospensione del processo, in violazione degli artt. 295 c.p.c. e 39, comma 1-bis, D.Lgs. 546/1992 ».
Il ricorrente rileva, in particolare, di aver chiesto, anche davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di sospendere il procedimento per ragioni di pregiudizialità-dipendenza, in attesa della conclusione del giudizio di appello pendente avanti la Commissione Tributaria Regionale del Veneto sub RGA n. 1721/2018, dalla cui definizione dipendeva la decisione della presente causa, in quanto avente ad oggetto la medesima pretesa tributaria, recata dalla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA
5.2. Con riferimento all’ottavo motivo di ricorso il ricorrente evidenza che, nell’ipotesi in cui , in relazione ai primi due motivi di appello si ritenesse sussistere rigetto implicito per incompatibilità con la motivazione della sentenza, tale rigetto sarebbe radicalmente privo di motivazione e non sussisterebbe il minimo costituzionale ad oggi ancora rilevante sotto il profilo della violazione degli art. 112 e 132 c.p.c. e 36, n. 4, d.lgs. n. 546 del 19 92, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., non essendo in alcun modo comprensibile l’ iter logico seguito dal giudice per rigettare la domanda.
Il settimo e l’ottavo motivo di ricorso possono essere esaminati insieme, in quanto collegati al primo e al secondo motivo d’appello.
6.1. Il settimo motivo di ricorso è infondato. Alla luce del rinvio dell’art. 49 d.lgs. n. 546 del 1992 alle disposizioni del codice di procedura civile, occorre precisare che secondo le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336, secondo comma, c.p.c. (Cass., Sez. U, 29/07/2021, n. 21763).
6.2. L’assenza del vizio di violazione di legge evocato con il settimo motivo di ricorso porta a ritenere infondato anche l’ottavo
motivo di ricorso, con il quale la parte ricorrente articola, in via subordinata il vizio di motivazione del rigetto implicito da parte del giudice di seconde cure. Secondo questa Corte, infatti, è configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza. Ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass., 08/05/2023, n. 12131).
Questa Corte ha anche precisato che il ricorso per cassazione che denunci il vizio di motivazione della sentenza, perché meramente apparente, in violazione dell’art. 132 c.p.c., non può essere accolto qualora la questione giuridica sottesa sia comunque da disattendere, non essendovi motivo per cui un tale principio, formulato rispetto al caso di omesso esame di un motivo di appello, e fondato sui principi di economia e ragionevole durata del processo, non debba trovare applicazione anche rispetto al caso, del tutto assimilabile, in cui la motivazione resa dal giudice dell’appello sia, rispetto ad un dato motivo, sostanzialmente apparente, ma suscettibile di essere corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c. (Cass., 01/03/2019, n. 6145).
Deve, quindi, ritenersi che la censura motivazionale della parte ricorrente non è, comunque, fondata, alla luce di quanto rilevato
supra, sub 6.1., in ordine alla violazione di legge articolata con il settimo motivo di ricorso ed eretta come vizio motivazionale oggetto dell’ottavo motivo di ricorso.
Con il nono e il decimo motivo di ricorso sono state censurate: « 9) omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c., con riferimento al sesto motivo di ricorso, con cui era stata eccepita la «decadenza dal potere di notifica della cartella esattoriale», riproposto in appello sub 5) in ragione del mancato esame da parte della ctp di Venezia nella sentenza n. 1229/3/2019.
in subordine, nullità della sentenza per carenza radicale di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione agli artt. 112 c.p.c. e 36 d.lgs. 546/1992. »
7.1. Il ricorrente così illustra il nono motivo di ricorso (pag. 3637): « La sentenza impugnata deve, poi, essere censurata anche per non essersi pronunciata sul sesto motivo di ricorso introduttivo, con cui il Sig. COGNOME aveva eccepito la «decadenza dal potere di notifica della cartella esattoriale», riproposto in appello sub 5) in ragione del mancato esame da parte della CTP di Venezia nella sentenza n. 1229/3/2019. Invero, con il ricorso introduttivo RGR n. 373/2019 della CTP di Venezia, in via subordinata rispetto al motivo in punto di nullità dell’atto impugnato per omessa notifica dell’atto prodromico, nullità della cartella esattoriale per omessa valida notifica delle stessa e insussistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata, nonché al motivo relativo alla intervenuta prescrizione dell’asserita pretesa recata dall’intimazione di pagamento impugnata, con riferimento ai carichi di cui alla presunta cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA e del diritto di procedere ad esecuzione forzata, l’allora ricorrente aveva eccepito il decorso dei termini decadenziali di cui all’art. 25 D.P.R. 602/1973
per la notifica della presunta cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA con conseguente insussistenza del potere, da parte della Agente della Riscossione, di rinnovare la notifica delle stesse (cfr. pagine 12 e 13 del ricorso sub DOC. 5).»
7.2. Con il decimo motivo di ricorso, per l’ipotesi in cui si ritenga che nella specie ricorra un’ipotesi di rigetto implicito per incompatibilità con la motivazione della sentenza, si censura che tale rigetto sarebbe radicalmente privo di motivazione e non sussisterebbe il minimo costituzionale sotto il profilo della violazione degli art. 112 e 132 c.p.c. e 36 n. 4 D.Lgs. 546/92, in relazione all’art. 360, comma
I motivi di ricorso sono inammissibili, sia perché non si confrontano con la decisione della sentenza impugnata (che, considerando correttamente eseguite le notificazioni degli atti presupposti all’atto impugnato , ha ritenuto che non fosse maturato il termine di prescrizione), sia perché tendono a una rivalutazione dei fatti e delle prove, totalmente avulsa dal sindacato di legittimità di questa Corte.
Con l’undicesimo e il dodicesimo motivo sono state censurate: « 11) omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c., con riferimento al settimo motivo di ricorso, con cui era stata eccepita la «carenza di prova ed infondatezza della pretesa», riproposto in appello sub 6) in ragione del mancato esame da parte della ctp di Venezia nella sentenza n. 1229/3/2019.
in subordine, nullità della sentenza per carenza radicale di motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione agli artt. 112 c.p.c. e 36 d.lgs. 546/1992. »
9.1. Con tali motivi di ricorso la sentenza impugnata viene censurata (v. pag. 38): « per non essersi pronunciata sul settimo
motivo di ricorso introduttivo, con cui il Sig. COGNOME aveva eccepito la «carenza di prova ed infondatezza della pretesa» (cfr. pagina 13 del ricorso sub DOC. 5), riproposto in appello sub 6) in ragione del mancato esame da parte della CTP di Venezia nella sentenza n. 1229/3/2019 (cfr. pagine 17 e 18 dell’appello sub DOC. 14).
Poiché anche in questo caso la CTR del Veneto ha omesso pronunciarsi sul motivo con cui il ricorrente aveva contestato il fatto che nessuna prova era stata addotta dalle Amministrazioni finanziarie a fondamento della pretesa avanzata nei propri confronti, né in ordine alla sussistenza del debito, né in ordine alla quantificazione dello stesso, così come delle somme richieste a titolo di accessori, sanzioni ed interessi, l’omessa pronuncia, rilevante quale error in procedendo ai sensi dell’art. 112 c.p.c., v iene censurata in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. e, per quanto sin qui esposto, la sentenza dovrà essere cassata anche in parte qua, con ogni conseguenza di legge. »
10. L’undicesimo e il dodicesimo motivo di ricorso sono inammissibili, in quanto privi del requisito di specificità ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., in ordine alla contestazione che nessuna prova era stata addotta dalle Amministrazioni finanziarie a fondamento della pretesa avanzata nei propri confronti, né in ordine alla sussistenza del debito. Nessuna indicazione viene fornita, infatti, in ordine ai contenuti delle pretese avanzate dall’amministrazione finanziaria, con la conseguenza che , sotto tale, profilo le censure di parte ricorrente non sono niente più che una generica contestazione del debito erariale. Tanto più che nella specie viene impugnato un atto di intimazione per gli importi derivanti -secondo quanto indicato dalla parte ricorrente -da tre cartelle di pagamento. Si tratta, quindi, di atti che presuppongono, a monte, degli atti prodromici (liquidazione o avviso di pagamento) a
fondamento della pretesa impositiva e del debito erariale , di cui non viene fatta alcuna menzione nel motivo di ricorso, sebbene si contesti la mancanza di prova della pretesa erariale. Il difetto del requisito di specificità preclude, quindi, la valutazione sia l’omessa pronuncia che il vizio motivazionale denunciato dalla parte ricorrente con gli ultimi due motivi di ricorso.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.900,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/02/2025.