Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 782 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 782 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12905/2023 R.G. proposto da COGNOME elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME dal quale è rappresentato e difeso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , successore «ex lege» di RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 440/2023 depositata il 29 marzo 2023
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 dicembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Modena l’avviso ex art. 50, comma 2, del D.P.R. n.
602 del 1973 notificatogli da RAGIONE_SOCIALE, recante l’intimazione di pagamento di somme iscritte a ruolo dalla Direzione Provinciale di Modena dell’Agenzia delle Entrate, relative anche a tributi non assolti.
A sostegno delle proprie ragioni deduceva di non aver mai ricevuto la notificazione delle cartelle di pagamento presupposte dall’atto impugnato ed eccepiva, conseguentemente, la prescrizione e la decadenza dal diritto alla riscossione dei crediti azionati.
La Commissione adìta, in parziale accoglimento del ricorso del contribuente, annullava l’avviso di intimazione limitatamente al diritto alla riscossione della tassa di circolazione automobilistica, perché estinto per intervenuta prescrizione triennale.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, che con sentenza n. 440/2023 del 29 marzo 2023 respingeva l’appello del contribuente.
Avverso tale sentenza, notificata il 30 marzo 2023, il Bonanno ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione, successore «ex lege» di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, ha resistito con controricorso, segnalando che i debiti risultanti da due delle cartelle presupposte, precisamente quelle recanti i numeri 070/2011/0001724073/000 e 070/2011/0049087559/000, sono stati nel frattempo automaticamente annullati a sèguito dell’entrata in vigore della L. n. 197 del 2022, mentre altre tre cartelle -quelle contraddistinte dai numeri 070/2009/0023037990/000, 070/2009/0036788246/000 e 070/2010/0070480412/000, le ultime due limitatamente alle partite relative alla liquidazione delle spese giudiziali insite nel ruolo numero 6485/2009 e alle tasse automobilistiche di cui al ruolo numero 5417/2010- hanno formato oggetto di provvedimenti di sgravio da parte degli enti impositori.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai
sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto notato che la circostanza riferita dall’ADER nel proprio controricorso, secondo cui alcune delle cartelle di pagamento presupposte rientrerebbero fra quelle da considerare automaticamente annullate ex art. 1, comma 222, della L. n. 197 del 2022, mentre altre avrebbero formato oggetto di provvedimenti di sgravio da parte degli enti impositori, non può apprezzata ai fini di un’eventuale declaratoria di parziale cessazione della materia del contendere, in mancanza di idoneo supporto documentale.
1.1 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 60 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 140 c.p.c..
1.2 Si censura l’impugnata sentenza per aver ritenuto valida la notificazione delle cartelle di pagamento presupposte eseguita dall’agente della riscossione secondo il cd. rito degli di cui all’art. 140 c.p.c., nonostante che: (a)il messo notificatore avesse attestato nella relata che il destinatario risultava ; (b)gli avvisi di ricevimento delle raccomandate informative spedite in base alla citata norma non recassero da cui potesse evincersi che gli atti erano entrati nella sfera di conoscibilità del destinatario.
1.3 Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.
1.4 La CGT di secondo grado ha accertato in fatto che il messo notificatore, pur avendo erroneamente utilizzato nella relata l’espressione «trasferito» , anziché quella «momentaneamente assente» , aveva regolarmente eseguito la notificazione delle cartelle di pagamento presupposte ai sensi dell’art. 140 c.p.c., mediante il deposito di copia degli atti presso la casa comunale,
l’affissione dell’avviso di deposito alla porta dell’abitazione del destinatario e l’invio della prescritta raccomandata informativa.
1.5 Ha, poi, osservato essere « pacifico in causa, espressamente riconosciuto dallo stesso appellante (es. pag. 8 dell’atto d’appello) e documentalmente provato, che il suo indirizzo di residenza era effettivamente quello ove il messo lo (avev) a cercato» , sicchè «del tutto correttamente la notificazione e (ra) stata effettuata con le modalità prescritte dall’art. 140 c.p.c. per il caso di irreperibilità relativa» .
1.6 Di qui la conclusione che «la dicitura ‘trasferito’ in alcun modo (avev) a inciso sulla conoscenza (effettiva o presunta) da parte dell’interessato» .
1.7 Non ha, infine, mancato di rilevare: «Sotto altro profilo, l’appellante lamenta che gli avvisi di ricevimento della raccomandata informativa (del deposito dell’atto presso la Casa comunale) non sono sottoscritti dal destinatario della cartella. Ma, ovviamente… non potrebbero nemmeno esserlo, attesa la momentanea assenza presso la residenza, e la supplenza della modalità notificatoria ex art. 140 c.p.c. rispetto alla consegna diretta al destinatario» .
1.8 Il ragionamento svolto dal collegio regionale appare immune da censure, avendo i giudici «a quibus» dato conto della sussistenza, nella fattispecie concreta esaminata, dei presupposti richiesti dall’art. 140 c.p.c. per la notificazione secondo il cd. rito degli , nonché dell’avvenuta osservanza degli adempimenti prescritti dalla citata norma allo scopo di garantire al destinatario una ragionevole possibilità di effettiva conoscenza dell’atto.
1.9 Gli stessi giudici hanno pure chiarito che la mancata sottoscrizione, da parte del COGNOME, degli avvisi di ricevimento delle raccomandate informative spedite dal messo notificatore trovava una logica spiegazione nella temporanea assenza del
destinatario in occasione dell’accesso dell’agente postale incaricato della consegna, circostanza che, in ogni caso, non risultava idonea ad inficiare la regolarità della notifica eseguita.
1.10 Anche sul punto l’impugnata decisione si sottrae alle critiche mosse dal ricorrente, atteso che, ai fini della validità della notificazione ex art. 140 c.p.c., è sufficiente produrre in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata prevista dalla norma, in modo da dimostrare che l’atto sia entrato nella sfera di conoscibilità del destinatario (cfr. Cass. n. 19441/2024), non richiedendosi, invece, la sua materiale consegna al destinatario medesimo (cfr. Cass. n. 31982/2023, secondo cui «la prova del perfezionamento della notifica, tanto se avvenuta per il tramite dell’ufficiale giudiziario, quanto del messo notificatore o del servizio postale, non è data dalla dimostrazione dell’avvenuta concreta ricezione della raccomandata informativa da parte del suo destinatario, essendo, invece, sufficiente che sia prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento della stessa» ).
1.11 Il COGNOME sembra paradossalmente dolersi del fatto che nel caso di specie non si sia proceduto con il rito degli , assai meno garantistico per il destinatario; ma è evidente come una simile lagnanza sia del tutto priva di interesse.
1.12 Quanto, poi, alla dedotta mancata apposizione sugli avvisi di ricevimento di , il motivo si appalesa inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo l’impugnante trascritto o quantomeno riportato nei suoi esatti termini il contenuto degli atti richiamati, onde permettere alla Corte di valutare la fondatezza della doglianza dalla sola lettura del ricorso, senza dover attingere a fonti di conoscenza ad esso esterne.
1.13 Oltretutto, dietro il velo dell’apparente denuncia del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, la censura si risolve in una consentita critica all’apprezzamento delle risultanze documentali
compiuto dal collegio regionale.
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 18 del D.P.R. n. 445 del 2000.
2.1 Si rimprovera alla CGT di secondo grado di aver erroneamente ritenuto inammissibile la questione attinente all’efficacia probatoria delle copie degli avvisi di ricevimento delle cartelle di pagamento prodotte in giudizio dall’agente della riscossione, in quanto per la prima volta prospettata dal contribuente soltanto con l’atto di appello.
2.2 Viene, al riguardo, posto in evidenza che l’anzidetta questione era già stata sollevata dal COGNOME con la memoria illustrativa depositata in primo grado, nella quale si era sottolineato che l’agente della riscossione è sprovvisto del potere di attestare la conformità agli originali delle copie degli avvisi di ricevimento delle cartelle di pagamento da lui notificate.
2.3 Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, in quanto non coglie l’effettiva «ratio decidendi» della statuizione impugnata.
2.4 Invero, i giudici regionali hanno così argomentato sul tema in discussione: «…il Sig. COGNOME invoca l’art. 18 dal DPR 445/2000, che riserva il potere di autenticazione delle copie solo ai pubblici ufficiali rispetto ai documenti da loro formati o detenuti. La giurisprudenza di legittimità (Cass. 8446/15, 5077/17, 1974/18, 7736/19, 13486/18) e merito (Giudice di Pace Palermo 585/18 e 647/19, CTR Sicilia 53/19) formatasi sul punto (è) assolutamente costante nell’escludere che l’agente della riscossione sia abilitato ad attestare la conformità agli originali delle copie, fotostatiche o fotografiche, degli avvisi di ricevimento o di deposito delle proprie cartelle. Tuttavia, … la conseguenza di tale esatta premessa è soltanto che l’autenticazione dell’ente riscossore è . Quindi, fino al disconoscimento formale, espresso, specifico e non equivoco, da rendersi nei ristretti termini di cui agli artt. 214
e 215 c.p.c., la copia invalidamente autenticata dal soggetto non abilitato ha la stessa efficacia probatoria piena, propria delle copie fotostatiche o fotografiche semplici (non autenticate), ai sensi dell’art. 2719 c.c.; valenza probatoria alla quale l’autenticazione del soggetto non abilitato nulla aggiunge e nulla toglie: solo il disconoscimento formale, specifico e tempestivo le priva di tale efficacia, onerando il concessionario del deposito in giudizio degli originali (Cass. 13486/18, richiamata dallo stesso appellante, nonché Cass. 16952/2003, 12730/2016, 7775/2014, 13287/2014, Tribunale di Napoli 6290/2012, tra le tante). Nella odierna fattispecie tale asserito disconoscimento: -non è stato effettuato nella prima udienza successiva alla produzione in giudizio dei documenti, come necessario per produrre l’effetto tipico di onerare la parte che vi ha interesse del deposito degli originali (Cass. 13846/2018); -ma è stato inammissibilmente dedotto per la prima volta come motivo d’appello avverso la sentenza pronunciata sulla base delle copie depositate; -nemmeno contiene la espressa, specifica e inequivoca negazione della genuinità delle copie prodotte (Cass. 12730/2016, 7775/2014, Tribunale di Napoli 6290/2012). Pertanto, il primo giudice ha correttamente attribuito piena valenza probatoria alle fotocopie semplici degli avvisi di ricevimento ed il motivo d’appello va respinto siccome inammissibile e infondato» .
2.5 Come risulta manifesto dal tenore della surriportata motivazione, la Corte lombarda non ha ritenuto inammissibile la questione attinente alla pretesa inosservanza dell’art. 18 del D.P.R. n. 445 del 2000, siccome per la prima volta sollevata dal contribuente nel giudizio di secondo grado.
2.6 Essa ha, invece, detto una cosa ben diversa, e cioè che, proprio in ragione della rilevata mancanza del potere di autentica in capo all’agente della riscossione, le copie degli avvisi di ricevimento dallo stesso prodotte in giudizio erano da valutare alla stregua di «copie
fotostatiche o fotografiche semplici (non autenticate), ai sensi dell’art. 2719 c.c.» , con la conseguenza che il contribuente avrebbe dovuto disconoscerne la conformità ai rispettivi originali nelle forme e nei termini di cui agli artt. 214 e 215 c.p.c., indicando in maniera specifica gli elementi contenutistici di asserita difformità fra le une e gli altri; poiché, tuttavia, tale disconoscimento era stato effettuato dal COGNOME soltanto con l’atto di appello, per di più in modo estremamente generico, rettamente i primi giudici avevano riconosciuto alle dette copie la medesima efficacia probatoria degli originali.
2.7 Il ricorrente non si confronta adeguatamente con le affermazioni poste a base del «dictum» giudiziale, peraltro conformi alla giurisprudenza di legittimità (cfr. sull’argomento, ex multis , Cass. n. 16476/2022, Cass. n. 7685/2022, Cass. n. 27181/2020, Cass. n. 311/2020), sicchè la doglianza in disamina non può trovare ingresso.
Per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER) le spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 4.100 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione