Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8039 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8039 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
Oggetto: tributi-cartella
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14268/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME, con l’AVV_NOTAIO e con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., con il AVV_NOTAIO e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale dell’Abruzzo, L’Aquila , n. 1348/03/2015 pronunciata il 24 settembre 2015 e depositata l’01 dicembre 2015 , non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06 marzo 2024 dal Co: NOME COGNOMENOME COGNOME;
RILEVATO
Il contribuente adiva il giudice di prossimità impugnando due atti di intimazione di pagamento, unitamente alle prodromiche cartelle di pagamento, di cui assumeva l’omessa notifica, nonché il provvedimento di iscrizione del fermo amministrativo riferibile alle predette cartelle. Costituitosi l’Agente della Riscossione, la CTP rigettava il ricorso ritenendo valida la notifica delle cartelle esattoriali con conseguente definitività del debito erariale per la loro omessa tempestiva impugnazione.
Insorgeva con appello il contribuente lamentando la violazione del d.P.R. n. 602/1973 e dell’art. 2697 c.c., avendo la CTR validato le sole relate di notifica delle cartelle senza pretendere la loro integrale produzione in giudizio. Denunciava poi l’esorbitanza del compenso di riscossione e il difetto di motivazione degli atti. Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, la CTR rigettava il gravame.
Promuove ricorso per cassazione il contribuente svolgendo cinque motivi di ricorso, cui resiste RAGIONE_SOCIALE con tempestivo controricorso , mentre in prossimità dell’adunanza la parte privata ha depositato memoria a sostegno delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Con il primo motivo la parte ricorrente prospetta l’omissione e/o difetto e/o illogicità e/o errore nella motivazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.
1.1 Partendo dal presupposto che la copia conforme della sentenza, rilasciata dalla segreteria di sezione della CTR, manca della pag. 4 facente parte dei ‘motivi della decisione’, lamenta la nullità
della sentenza perché tale incompletezza avrebbe reso impossibile verificare se la CTR si sia effettivamente pronunciata -e se sì, in che termini -sui fatti dedotti dalle parti e sui motivi di appello.
Il motivo è inammissibile e comunque infondato.
2.1 Secondo il principio di diritto pronunciato dalle Sezioni Unite della Cassazione «la riformulazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c. ad opera dell’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in legge n. 134 del 2012, implica la riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, per cui è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che risulti dal testo della sentenza e si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza stessa della motivazione, non avendo più rilievo il mero difetto di sufficienza» (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053). In altri termini il vizio di motivazione del provvedimento ricorre quando lo stesso si fondi su una motivazione omessa o apparente, che sussiste quando il giudice di merito pretermetta del tutto la indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza, peraltro, compierne alcuna approfondita disamina logica e giuridica. Nella fattispecie in esame, invece, la censura non ha ad oggetto l’assenza del ragionamento logico giuridico nel corpo della sentenza, imputabile alla CTR, ma la sua non conoscenza per mancanza di una pagina nella copia della sentenza stessa, richiesta dalla parte ricorrente che, tuttavia, non si è premurata di chiedere il rilascio di un’altra copia ( integrale).
2.2 In ogni caso il motivo è anche infondato. Infatti, anche aderendo alla tesi di parte ricorrente, tutt’al più dovrebbe essere lo stesso ricorso di parte ricorrente ad essere dichiarato improcedibile. Declaratoria di improcedibilità che può venire meno solo se «si ritiene che possa trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte secondo il quale, nel caso in cui sia stata depositata copia incompleta della sentenza impugnata, debba escludersi l’improcedibilità del ricorso per Cassazio ne ogni qual volta,
per il principio dell’idoneità dell’atto al raggiungimento dello scopo, sancito dall’art. 156 c.p.c., comma 3, l’impugnazione possa essere scrutinata sulla base della parte del provvedimento che risulta depositato, potendo l’oggetto della controversia e le ragioni poste a fondamento della decisione desumersi con certezza dalla sentenza incompleta o dai motivi di ricorso che riportano la motivazione mancante (Cass., S.U., n. 19675/2016; Cass., Sez. I, n. 14347/2020 e Cass., Sez. V-VI, n. 14426/2018)» (Cfr. Cass., I, n. 5320/2021).
2.3 Improcedibilità che, nella fattispecie in esame, non sussiste tenuto conto che la parte della motivazione evincibile dalla copia depositata è sufficiente a far comprendere le ragioni sottese al ragionamento seguito dalla CTR.
Con il secondo motivo la parte ricorrente denunzia ancora, seb bene sotto altro profilo, l’omissione e/o difetto e/o illogicità e/o errore nella motivazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.
3.1 In sintesi critica la sentenza perché affetta da ‘ lacune, assiomi e principi apodittici che mal si conciliano con il principio di motivazione ‘. Richiama poi alcuni precedenti resi da questa Corte e conclude affermando che la sentenza si limiterebbe a ‘ prendere in considerazione, peraltro in via sommaria ed approssimativa, soltanto taluni degli aspetti affrontati dall’odierno appellante nel ricorso introduttivo ‘.
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità e autosufficienza.
4.1 Invero, e in disparte la censura formulata quale error in iudicando anziché quale error in procedendo , va ricordato che
Con la terza censura il ricorrente prospetta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto in riferimento all’art. 2700 c.c. e in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
5.1 In particolare censura la decisione della CTR nella parte in cui era stata sancita la regolarità della notifica delle cartelle esattoriali, anche tenuto conto del fatto che il contribuente non aveva promosso querela di falso avverso gli avvisi di ricevimento. Sostiene altresì che la regolarità della notifica potrebbe essere dichiarata solo ove sia stata apposta la firma da parte del destinatario del plico e solo ove l’atto sia consegnato all’indirizzo effettivo del destinatario. Nel caso di specie, tuttavia, non era stata
accertata dall’agente postale la qualità del sottoscrittore l’avviso di ricevimento considerata anche la diversità della firma apposta rispetto a quella del contribuente. Inoltre la consegna era avvenuta in un luogo diverso dalla residenza del contribuente, come dimostrato in corso di giudizio da quest’ultimo che aveva prodotto il certificato di residenza. Conseguentemente non era nemmeno necessaria la proposizione della querela di falso.
6. Il motivo è infondato alla luce del costante orientamento seguita da questa Corte secondo cui «la relazione di notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario attestante il compimento delle prescritte formalità, così come l’attestazione sull’avviso di ricevimento con la quale l’agente postale dichiara di avere eseguito la notificazione ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 8, fa fede fino a querela di falso essendo tale notificazione un’attività compiuta, in proprio o per delega, dall’ufficiale giudiziario, il quale in forza della citata L. n. 890 del 1982, art. 1 è autorizzato ad avvalersi del servizio postale per l’attività notificatoria della cui esecuzione ha ricevuto l’incarico. Ne consegue che l’avviso di ricevimento , a condizione che esso sia sottoscritto dall’agente postale, contiene, per le attività che risultano in esso compiute, una forza certificatoria sino a querela di falso (Cass. n. 3065 del 2003; Cass. n. 24852 del 2006 e più di recente, Cass. n. 2486 del 2018, Cass. 22058/2019, Cass. 8082/2019).» (cfr. Cass., V, n. 3241/2020).
6.1 La Commissione tributaria regionale ha correttamente dato applicazione a tale principio considerando l’avviso di ricevimento contestato quale atto pubblico con fede privilegiata, come tale impugnabile solo attraverso il procedimento di querela di falso.
7. Con il quarto motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in riferimento agli artt. 10, co. 1, lett. b), 11, 12, 26 co. 5 e 77, co. 1, d.P.R. n. 602/1973 nonché all’art. 19, co. 1, d.lgs. 546/1992 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
7.1 In sintesi critica la sentenza nella parte in cui la CTR ha ritenuto provato il credito tributario sulla scorta della documentazione versata in atti, a partire dagli estratti di ruolo riproduttivi del contenuto delle cartelle. Precisa che, quand’anche fosse stata acclarata la regolarità della notifica delle cartelle, era comunque necessario previamente accertare il contenuto della lettera e, quindi, il collegamento tra il numero della raccomandata e il suo contenuto. Soggiunge che nei precedenti gradi di giudizio l’Agente della riscossione aveva depositato in atti solo la copia degli estratti di ruolo, che non concreterebbero titoli esecutivi (tale qualificante spettando solo al ‘ruolo’) quanto solo delle mere copie meccanizzate di dati della disponibilità del Concessionario.
Il motivo è inammissibile.
8.1 Va invero esaminata in via preliminare l’eccezione di inammissibilità svolta dalla difesa della controricorrente per non essere stato il suddetto motivo svolto dal contribuente nel suo ricorso introduttivo, così concretando una doglianza proposta per la prima volta solo in grado di appello, come tale inammissibile e rilevabile d’ufficio.
8.2 Orbene, in materia è stato affermato che «in tema di contenzioso tributario, il giudice d’appello, attesa la particolare natura del giudizio, non può decidere la controversia sulla base di un’eccezione (nella specie, relativa alla mancanza di qualifica dirigenziale del sottoscrittore dell’atto impositivo) non ritualmente dedotta con l’originario ricorso introduttivo” (Cass. 23.06.2017, n. 15769); – nel processo tributario, il divieto di nova in appello, ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, si applica sia alle domande che alle eccezioni in senso proprio, intese come lo strumento processuale con cui il contribuente, fa valere un fatto giuridico avente efficacia impeditiva, modificativa o estintiva della pretesa fiscale, che implica la deduzione di fatti che richiedono una specifica
indagine, non effettuabile per la prima volta in appello (Cass., 30.10.2018, n. 27562)» (Cfr. Cass., V, n. 776/2024).
8.3 Nella fattispecie in esame è lo stesso ricorrente a non annoverare la censura qui proposta come formulata anche nel corso del primo grado (cfr. pag. 2 del ricorso), né esso risulta riportato in sentenza come motivo svolto in detto giudizio. Inoltre il vizio denunciato dal ricorrente non poteva determinare la nullità degli atti impugnati in quanto non rilevabile d’ufficio, con l’effetto che esso avrebbe dovuto essere eccepito dal contribuente fin dal suo ricorso introduttivo. Donde la sua inammissibilità.
Con l’ultima doglianza la parte ricorrente lamenta l’omissione e/o difetto e/o illogicità e/o errore nella motivazione circa un punto decisivo della controversia in parametro all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.
9.1 In sostanza impugna il capo della sentenza con cui la CTR ha rigettato il motivo di appello avente ad oggetto i compensi dell’Agente della Riscossione, rispetto ai quali non sarebbero stati compiutamente rappresentati né il conteggio degli interessi né le aliquote applicate in rapporto alle varie annualità, così inficiando la motivazione stessa della sentenza, la quale sarebbe anche erronea in ragione del carico esattoriale considerato quale base di raffronto per il loro computo e da quantificarsi in euro 4.980,67 anziché in euro 8.515,96, come erroneamente indicato in sentenza.
Il motivo non supera il vaglio di ammissibilità in analogia al secondo motivo di ricorso, non potendo qualificarsi il motivo né specifico né autosufficiente.
10.1 Sotto il primo profilo la parte ricorrente non ha avuto cura di precisare a quanto ammontassero i compensi richiesti e quale fosse invece il limite da rispettare (e invece superato).
10.2 Sotto il secondo profilo la parte ricorrente non ha avuto cura di trascrivere gli atti impugnati e da cui poteva evincersi il carico fiscale imputato al contribuente, sì da dimostrare ex actis l’erroneità
di quanto affermato dalla CTR allorquando lo ha ancorato alla somma di euro 8.515,96 in luogo di euro 4.980,64.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di RAGIONE_SOCIALE, che liquida in €. duemilatrecento/00 , oltre ad €.200,00 per esborsi, rimborso in misura forfettaria del 15%, Iva e cpa come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 06/03/2024.