Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21582 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21582 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Oggetto: Tributi
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/07/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 22269 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto
Da
Avv.to NOME COGNOME in proprio e in qualità di procuratore di sé stesso (con indirizzo di posta elettronica: EMAIL) domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione, INDIRIZZO Roma;
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 377/20/2022, depositata in data 9 febbraio 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1. L’Avv.to NOME COGNOME propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva rigettato l’appello proposto nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Diret tore pro tempore , e dell’Agenzia delle entrate-Riscossione avverso la sentenza n. 271/02/2020 della Commissione Tributaria Provinciale di Varese che aveva rigettato il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria emessa a seguito di presupposte diverse cartelle di pagamento la ritualità delle quali notifiche veniva contestata da quest’ultimo. 2. In punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) le notifiche, a mezzo pec, delle presupposte cartelle di pagamento – contestate in quanto effettuate non in formato P7M ma in formato PDF, laddove solo il primo avrebbe garantito l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico nonché, per quanto concerneva la firma digitale, anche la univoca identificabilità del suo autore e paternità dell’atto erano regolari, atteso che le firme digitali di tipo Cades e di tipo Pades erano entrambi ammesse ed equivalenti sia pure con le differenti estensioni ‘p7m’ e ‘pdf’ e, nella specie, il concessionario aveva inserito nel messaggio di posta elettronica certificata i documenti informatici in formato PDF (ossia le ‘copie per immagine su supporto informatico’ di documenti in originale cartacei); peraltro, come affermato dalle SU della Corte di cassazione (sono richiamate le sentenze n. 23620 del 2018; n. 7665 del 2016), l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo posta elettronica certificata non ne comportava la nullità se la consegna in via telematica dell’atto, comunque, aveva prodotto il risultato della sua conoscenza con raggiungimento dello scopo legale; 2) quanto alla contestazione della ritualità delle notifiche, a mezzo posta, delle presupposte
cartelle esattoriali risalenti al periodo dal 2009 al 2013, con conseguente intervenuta prescrizione quinquennale, l’Agenzia delle entrate -riscossione aveva prodotto, in sede di gravame, la documentazione attestante la rituale notifica delle dette cartelle; la mancata impugnazione delle medesime ne aveva comportato l’inoppugnabilità e non era decorso – trattandosi di crediti erariali- il termine di prescrizione decennale tra la notificazione di queste ultime e la notifica via pec (in data 10.10.2019) della impugnata comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria; peraltro, erano stati notificati regolarmente anche una serie di atti esattoriali prodromici non impugnati (due avvisi di intimazione cumulativi; un preavviso di fermo amministrativo) e valevoli come atti interruttivi della prescrizione decennale.
3.E’ rimasta intimata l’Agenzia delle entrate.
CONSIDERATO CHE
1.Preliminarmente è irrilevante la mancata notifica del ricorso per cassazione anche nei confronti di Agenzia delle entrate- riscossione, subentrata ex lege, a far data dal 1° luglio 2017, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia (nella specie, era parte del giudizio di appello, l’Agente della RAGIONE_SOCIALE), in quanto la Corte di cassazione, ove sussistano cause che impongono di disattendere il ricorso, è esentata, in applicazione del principio della “ragione più liquida”, dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio o quelle che riguardano l’esercizio di attività defensionali delle parti poiché, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (Cass., sez. 2, Ordinanza n. 10839 del 18/04/2019; nello stesso senso, Sez. 5, Ordinanza n. 18890 del 03/07/2021).
2 .Con il primo motivo, si denuncia ‘violazione o falsa applicazione di norme di diritto’ per avere la CTR ritenuto rituali le notifiche effettuate via pec delle presupposte cartelle di pagamento in formato PDF (ossia in copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico), sebbene la trasmissione
dell’atto impositivo in formato PDF (di cui all’art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 82/2005) determinasse, in assenza della c.d. firma digitale (di cui all’art. 24 del medesimo decreto legislativo), un insanabile vizio di notifica, atteso che soltanto il formato P7M garantiva la genuinità del contenuto dell’atto notificato e la identificabilità dell’autore del medesimo.
3 . Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la ‘nullità del procedimento’ per essere la CTR incorsa in error in procedendo : 1) nel ritenere rituali le notifiche via pec delle sottese cartelle, sebbene l’Agente delle riscossione non avesse assolto all’onere di dimostrare la regolarità della notifica delle stesse in forma di documento informatico e non di copia informatica di documento cartaceo, nonché di documentare la corrispondenza tra il messaggio originale e quello trasmesso tramite pec e la regolarità della trasmissione telematica dell’atto medesimo; 2) nel dare atto dell’avvenuto deposito in appello da parte dell’Agenzia delle entrate -riscossione della documentazione attestante la rituale notifica delle cartelle, sebbene detta produzione in sede di gravame fosse tardiva e, dunque, inammissibile.
4 . Con il terzo motivo si denuncia ‘la violazione o falsa applicazione di norme di diritto’ per avere la CTR ritenuto non decorsa la prescrizione decennale dei crediti tributari portati dalle sottese cartelle di pagamento, asseritamente notificate in via ordinaria (a mezzo posta), sebbene la prescrizione decennale potesse ravvisarsi soltanto con riguardo alle sentenze in quanto idonee a passare in giudicato.
5 . Con il quarto motivo si denuncia ‘la violazione o falsa applicazione di norme di diritto’ per avere la CTR ritenuto rituale la notifica via pec delle presupposte cartelle di pagamento, sebbene la certificazione (di conformità degli originali esibiti alle copie di cui si chiedeva la notifica) non potesse essere ritenuta valida nell’ipotesi di file con estensione ‘PDF’ anziché ‘P7M’ in quanto soltanto quest’ultima era idonea a garantire l’immodificabilità del documento e, per quanto concerneva la c.d. firm a digitale, l’identificabilità del suo autore.
6. I motivi -da trattare congiuntamente per connessione- si espongono in primo luogo a profili di inammissibilità difettando in punto di specificità e autosufficienza.
6.1. Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di chiarire che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 cod. proc. civ. (Cass. n. 19959/14; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11603 del 14/05/2018). In particolare, in tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all’art. 366, co. 1, n. 4 cod. proc. civ. richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustr azione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia (per tutte, cfr., Cass. n. 17224 del 2020; Sez. L, Sentenza n. 6949 del 2023). Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che «in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa» (Cas. Sez. U., Sentenza n. 23745 del 28/10/2020); come chiarito nella motivazione della citata
sentenza, «quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della violazione o della falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma n. 4, cod. proc. civ. deve essere dedotto, a pena d’inammissibilità, mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla Corte di Cassazione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. 3, n. 15177 del 28/10/2002; Cass., Sez. 2, n. 1317 del 26/01/2004; Cass., Sez. 6 – 5, n. 635 del 15/01/2015)».
6.2.Nel merito i motivi sono comunque infondati.
6.3.Con riguardo alla censura (di cui ai motivi primo, secondo e quarto) relativa alla assunta irritualità della notifica, via pec, delle supposte cartelle di pagamento in formato PDF in assenza di c.d. firma digitale, questa Corte ha affermato, che «Com’è noto, l’art. 26, comma secondo, del d.p.r. n. 602 del 1973 come aggiunto dall’art. 38, comma 4, lettera b), del d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nel testo applicabile ratione temporis , prevede che la notifica della cartella di pagamento « può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile ». A sua volta l’art. 1, lett. f), del d.p.r. n. 68 del 2005, definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come «un documento informatico composto dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati». La lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD – inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del d.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 – poi, definisce «copia per immagine su supporto informatico di
documento analogico» come «il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico», mentre la lett. lett. iquinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD – inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del d.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 -, nel definire il «duplicato informatico» parla di «documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario». Dunque, alla luce della disciplina surriferita, la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”)». Nel caso esaminato dalla Corte nella predetta ordinanza il concessionario della riscossione aveva «provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato PDF ( portable document format ) – cioè il noto formato di file usato per creare e trasmettere documenti, attraverso un software comunemente diffuso tra gli utenti telematici – realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta». La Corte, sulla base della predetta normativa ha escluso la denunciata illegittimità della notifica della cartella di pagamento eseguita a mezzo posta elettronica certificata, « per la decisiva ragione che era nella sicura facoltà del notificante allegare, al messaggio trasmesso alla contribuente via PEC, un documento informatico realizzato in forma di copia per immagine di un documento in origine analogico ». A tal riguardo deve anche ricordarsi l’insegnamento nomofilattico (Cass., Sez. U., n. 10266 del 2018) secondo cui «In tema di processo telematico, a norma dell’art. 12 del decreto dirigenziale del 16 aprile 2014, di cui all’art. 34 del d.m. n. 44 del 2011 – Ministero della Giustizia – in conformità agli standard previsti dal Regolamento UE n. 910 del 2014 ed alla relativa decisione di esecuzione n. 1506 del 2015, le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7rn” e “.pdf”. » (Cass. n. 30948 del 2019). Si è, altresì, precisato che la natura sostanziale e
non processuale della cartella di pagamento non osta all ‘ applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicché, stante il rinvio disposto dall ‘ art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile», non vi è ragione per non estendere anche alla cartella di pagamento l’applicazione di tale principio (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 19216 del 2022). Se a ciò si aggiunge che «In caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso» (Cass. n. 30948 del 2019; n. 36462 del 2021), allora è ben evidente la conformità ai suddetti principi della statuizione d’appello che ha ritenuto rituali le notifiche via pec delle supposte cartelle in formato PDF considerato, peraltro, che la consegna telematica degli atti aveva comportato la conoscenza degli stessi e determinato il raggiungimento dello scopo legale.
6.4.Quanto alla censura (di cui al secondo motivo) con riguardo all’assunta tardività della produzione in appello della documentazione attestante la rituale notifica, a mezzo posta, delle cartelle esattoriali (dal 2009 al 2013) va ribadito che nel processo tributario, ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, la parte può produrre in appello prove documentali, anche se preesistenti al giudizio di primo grado e pure se, in quest’ultimo giudizio, era rimasta contumace ( Sez. 5, Ordinanza n. 17921 del 23/06/2021). In tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 c.p.c., ma tale attività processuale deve essere esercitata – stante il richiamo operato dall’art. 61 del citato d.lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza, con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, dovendo tale termine ritenersi, anche
in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione (rispetto del diritto di difesa e del principio del contraddittorio) cui adempie (Sez. 5 – , Ordinanza n. 18103 del 24/06/2021). Nella specie, in disparte la genericità del motivo di ricorso ( ‘ la Commissione dava atto dell’avvenuto deposito della documentazione ma ciò non poteva che essere ritenuto tardivo e pertanto inammissibile ‘), la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere utilizzabile la documentazione attestante la rituale notifica delle cartelle esattoriali prodotta dall’Agente della riscossione in appello.
6.5. Infine, quanto alla censura (di cui al terzo motivo) relativa all’avvenuta prescrizione (quinquennale) dei crediti portati dalle sottese cartelle di pagamento, questa Corte ha chiarito che la scadenza del termine – pacificamente perentorio – per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della I. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell ‘ art. 2953 c.c. Tale ultima disposizione, infatti, si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la suddetta cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquistare efficacia di giudicato (Cass. Sez. U., Sentenza n. 23397 del 17/11/2016); in successive pronunce, si è ribadito che, in tema di riscossione mediante ruolo, la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione alla cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, non produce la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c. (cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 11814 del 18/06/2020; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11760 del 03/05/2019). Tuttavia deve rilevarsi che i diversi tributi soggiacciono al termine ordinario decennale di prescrizione, se la legge non prevede termini
prescrizionali differenti; con riferimento alle imposte Irpef, Ires, Irap ed Iva, il diritto alla riscossione dei tributi erariali, in mancanza di un’espressa disposizione di legge in senso contrario, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 11555 del 11/05/2018; Sez. 6-5, Ordinanza n. 32308 del 11/12/2019; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 10547 del 15/04/2019; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 12740 del 26/06/2020; Sez. U, Sentenza n. 8500 del 25/03/2021; Cass. n. 20638/2021; Cass. sez. 6-5, Ordinanza n. 16395 del 2022); nella specie, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere che la prescrizione dei crediti erariali portati dalle cartelle esattoriali fosse decennale, nella specie, non decorsa, anteriormente alla notifica, via pec, in data 10.10.2019, della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
8 . Nulla sulle spese del giudizio di legittimità essendo rimasta intimata l’Agenzia delle entrate.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 29 maggio 2025