Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22619 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22619 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 05/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 16682/2023, proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso, per procura speciale allegata al ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso i quali ha eletto domicilio in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1055/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, depositata il 27 febbraio 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4
luglio 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnò vittoriosamente la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTAoltre a ruoli e cartelle sottese di competenza), notificatagli da ADER – Agenzia delle entrate Riscossione, in seguito a mancati versamenti Irpef per gli anni 2006, 2007 e 2008.
Il successivo appello di COGNOME fu accolto con la sentenza riportata in epigrafe.
I giudici regionali, dichiarate infondate le questioni sollevate dal contribuente in ordine alla regolarità formale dell’atto impugnato, ritennero poi dimostrata la circostanza dell’avvenuta notifica degli atti pregressi, contestata dal contribuente, sulla base di quanto certificato negli estratti del ruolo; dal che rilevarono l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso l’intimazione di pagamento, essendo perento il termine per impugnare gli atti pregressi.
La sentenza d’appello è stata impugnata dal COGNOME con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da successiva memoria.
RAGIONE_SOCIALE -Agenzia delle entrate Riscossione ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo, denunziando la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 1, commi 9 e 10, l. n. 335/1995, il ricorrente lamenta l’omessa pronunzia, da parte dei giudici d’appello, sul motivo di gravame con il quale egli a veva eccepito l’intervenuta decadenza dell’Erario dalla potestà impositiva, in quanto,
in relazione agli anni 2007, 2008 e 2009, la cartella e gli atti impositivi prodromici gli erano stati notificati dopo il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, e perciò dopo la perenzione del termine di cui all’art 25, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 602/1973, nel testo modificato dall’art. 1, comma 5 -ter , lett. a), num. 2, del d.l. n. 106/2005, conv. in l. n. 156/2005.
1.1. La censura non è fondata.
Come osservato in premessa, infatti, i giudici regionali hanno ritenuto inammissibile l’autonoma impugnazione dell’intimazione di pagamento sul presupposto del fatto che gli atti impositivi ad essa prodromici risultavano notificati al COGNOME e questi non li aveva tempestivamente impugnati.
Non sussiste, pertanto, il lamentato difetto di pronunzia, poiché la statuizione sull’impugnabilità dell’atto notificato al contribuente, determinata in ragione del consolidamento degli atti pregressi, assorbe ogni considerazione sulla legittimità di questi ultimi.
Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., il ricorrente critica la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto provata, da parte di ADER, la notifica della cartella n. NUMERO_CARTA prodromica all’intimazione oggetto del giudizio.
Assume, in proposito, di aver sottoposto ai giudici d’appello la questione relativa a tale prova, osservando, in particolare, che la cartolina postale asseritamente attestante la ricezione dell’atto da parte sua -e quantunque recante una sottoscrizione a lui apparentemente riconducibile -era sprovvista del timbro dell’Ufficio postale.
2.1. Il motivo è, anzitutto, inammissibile in quanto sollecita una rivalutazione del materiale probatorio apprezzato dai giudici di merito,
in termini non consentiti in questa sede; significativo, in tal senso, è il fatto che la censura sia prospettata in forma di violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., norma che attribuisce al giudice del merito il potere di libero apprezzamento delle risultanze istruttorie.
2.2. In ogni caso, la censura è infondata.
La notificazione risulta perfezionata con la sottoscrizione della ricevuta da parte del destinatario, che il contribuente non risulta aver disconosciuto, a nulla rilevando, a fronte di ciò, eventuali irregolarità del modello di ricevuta compilato dall’Ufficio postale e prodotto in giudizio dall’agente notificante che certifica con chiarezza l’avvenuta ricezione dell’atto notificato.
Con il terzo motivo, nuovamente denunziando la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., il ricorrente assume che i giudici d’appello avrebbero errato nel ritenere validamente notificate le cartelle pregresse sul rilievo della relativa certificazione conte nuta nell’estratto di ruolo.
Assume che, in proposito, sarebbe stata necessaria la produzione in giudizio degli atti notificati; e ne deduce che, dovendosi conseguentemente ritenere non notificati gli atti pregressi, tutti quelli successivi, compresa l’intimazione opposta, dovrebbero essere dichiarati nulli.
3.1. Anche tale motivo è infondato.
La sentenza impugnata si è infatti, sul punto, uniformata al consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio di cartella esattoriale non richiede la produzione in giudizio , da parte dell’agente, dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente anche la produzione di copie fotostatiche delle relate di notifica contenti il riferimento “al carico di cui agli estratti di ruolo”
impugnati dal contribuente, poiché, in assenza di contestazioni sulla conformità delle copie agli originali, l’estratto di ruolo contiene tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria (cfr. ex multis Cass. n. 34765/2023; Cass. n. 20769/2021; Cass. n. 16528/2018).
Infine, con il quarto motivo, il ricorrente denunzia nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo che i giudici d’appello avrebbero omesso di pronunziarsi sulla sua eccezione di inesistenza della notificazione di due avvisi prodromici all’intimazione, in quanto effettuata presso un indirizzo diverso da quello ove egli aveva la propria residenza anagrafica.
4.1. Anche tale motivo è privo di fondamento.
Sul punto, infatti, va data applicazione, conformemente a quanto eccepito dalla controricorrente, al disposto di cui all’art. 60 del d.P.R. n. 600/1973, che subordina l’efficacia delle variazioni di indirizzo, ai fini delle notificazioni, al decorso del termine di trenta giorni, nella specie non verificatosi.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema