Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14920 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14920 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1409/2016 R.G. proposto da COGNOME CELESTE, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO -ricorrente principale- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (indirizzo di posta elettronica certificata indicato nel controricorso: EMAIL)
-controricorrente/ricorrente in via incidentale- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA RAGIONE_SOCIALE, SEZIONE STACCATA DI SIRACUSA, n. 1962/16/15 depositata il 13 maggio 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 22 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa il preavviso di iscrizione ipotecaria
notificatogli da RAGIONE_SOCIALE sulla base di dieci cartelle di pagamento di cui il contribuente lamentava l’omessa notifica.
All’esito del giudizio, svoltosi nel contraddittorio dell’agente della riscossione, l’adìta Commissione respingeva il ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata, con diversa motivazione, dalla Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE, sezione staccata di Siracusa, che con sentenza n. 1962/16/15 del 13 maggio 2015 respingeva l’appello della parte privata soccombente.
Rilevava il giudice regionale: – che la pronuncia di primo grado risultava errata nella parte in cui aveva negato l’impugnabilità del preavviso di iscrizione ipotecaria; – che, tuttavia, le doglianze mosse dal contribuente apparivano prive di fondamento, dovendo ritenersi regolarmente eseguite le notificazioni delle cartelle di pagamento sottese all’atto impugnato, e conseguentemente non più contestabile la legittimità della pretesa erariale; – che, al riguardo, doveva attribuirsi piena efficacia probatoria alla copia fotostatica delle relate di notifica delle cartelle prodotte in atti, sia perché dichiarata conforme all’originale dall’agente della riscossione, sia perché disconosciuta in modo del tutto generico dal contribuente.
Contro questa sentenza il NOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con tempestivo controricorso, con il quale ha anche chiesto di dichiarare il difetto di giurisdizione del giudice tributario , in quanto scaturenti da sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice stradale.
Per la trattazione della causa è stata fissata l’odierna adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine stabilito dal comma 1, terzo periodo, del predetto articolo il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 25 e 26 del D.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 2697 c.c..
1.1 Si contesta l’impugnata sentenza per aver ritenuto superflua la produzione in giudizio delle cartelle di pagamento presupposte, sull’erroneo assunto che, ai fini della verifica della ritualità della loro notificazione, sarebbe risultato sufficiente il deposito di copia delle relate di notifica ad esse inerenti.
1.2 Il motivo è infondato.
1.3 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la prova del perfezionamento del procedimento di notifica di una cartella di pagamento e della relativa data è assolta mediante la produzione della relazione di notificazione e/o dell’avviso di ricevimento, recanti il numero identificativo della cartella, non essendo necessaria la produzione in giudizio di copia della stessa; e ciò in quanto, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, la cartella deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il destinatario medesimo provi di essersi trovato, senza sua colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione (cfr. Cass. n. 23902/2017; nello stesso senso, ex ceteris , Cass. n. 21803/2016, Cass. n. 9246/2015).
1.4 A tale principio di diritto si è correttamente attenuta la CTR, sicchè la censura in esame si appalesa priva di pregio.
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è nuovamente lamentata la violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 25 e 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, oltre che degli artt. 2697, 2700, 2712 e 2719 c.c..
2.1 Si sostiene che avrebbe errato la Commissione di secondo grado nel ritenere applicabile al disconoscimento della conformità delle copie delle relate di notifica ai rispettivi originali la norma di cui all’art. 2712 c.c., anziché quella contenuta nell’art. 2719 dello stesso codice, la quale, a differenza della prima, non prescrive che detto disconoscimento debba essere accompagnato dall’indicazione degli elementi della pretesa difformità.
A torto, poi, il giudice regionale avrebbe riconosciuto all’agente della riscossione, in difetto di apposita previsione in tal senso, la qualità di pubblico ufficiale con riferimento all’attestazione di conformità all’originale rilasciata in calce ai documenti prodotti in copia.
2.2 Il motivo è infondato.
2.3 Come ripetutamente affermato da questo Supremo Collegio, qualora l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento, recanti il numero identificativo della cartella, e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice -anche laddove escluda in concreto la sussistenza di una rituale certificazione di conformità delle copie agli originali proveniente da pubblico ufficiale, tale da eliminare ogni questione- non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso (cfr. Cass. n. 35524/2023, Cass. n. 23426/2020, Cass. n. 23902/2017, Cass. n. 15795/2016).
2.4 Al surriferito indirizzo giurisprudenziale di legittimità, che va qui
ribadito, si è uniformato il giudice d’appello, il quale, per un verso, ha attribuito rilievo alla circostanza che le copie delle relate di notifica fossero state dichiarate conformi all’originale da dipendenti di RAGIONE_SOCIALE, per altro verso, ha posto in evidenza come il disconoscimento di tale conformità fosse stato operato dal contribuente in modo estremamente generico, senza «specificare sotto quale profilo si assume (va ) la non corrispondenza della copia prodotta all’originale» .
D’altronde, se è pur vero che nella motivazione dell’impugnata sentenza viene richiamato, in proposito, l’art. 2712, anziché l’art. 2719 c.c., è altrettanto vero che l’erroneo riferimento normativo non incide sulla correttezza della soluzione giuridica offerta dalla CTR, atteso che l’onere di specifica indicazione degli elementi di difformità della copia rispetto al corrispondente originale deve ritenersi sussistente anche in ipotesi di disconoscimento operato in base alla norma per ultima citata (cfr. Cass. n. 2669/2024, Cass. n. 40750/2021, Cass. n. 14279/2021, Cass. n. 16557/2019, Cass. n. 29993/2017, Cass. n. 12730/2016).
Con il terzo mezzo, ugualmente introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata ancora una volta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 25 e 26 del D.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 2697 c.c..
3.1 Si rimprovera alla Commissione regionale di non aver rilevato, a fronte dell’esplicita contestazione sollevata sul punto dal contribuente, il mancato assolvimento da parte dell’agente della riscossione dell’onere della prova della legittimazione dei soggetti che avevano effettuato le notificazioni, i quali avrebbero dovuto rivestire una delle qualifiche all’uopo richieste dall’art. 26, comma 1, del D.P.R. cit..
3.2 Il motivo, riguardante una questione che non è stata trattata nella sentenza d’appello, si appalesa inammissibile.
3.3 Come, infatti, si ricava dalla stessa lettura del ricorso (pag.
21), la cennata questione era stata introdotta in primo grado dal contribuente soltanto con la memoria illustrativa ex art. 32, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, senza che egli avesse dichiarato l’intenzione di proporre motivi aggiunti, in osservanza dei termini e delle forme stabiliti, a pena di inammissibilità, dall’art. 24, commi 2, 3 e 4, dello stesso decreto.
3.4 Poiché, dunque, il giudice tributario si è rettamente astenuto dal pronunciare su un motivo non ritualmente proposto, e perciò stesso esulante dal thema decidendum -non potendo, peraltro, ricollegarsi alcun effetto sanante all’eventuale atteggiamento dell’Amministrazione di accettazione del contraddittorio nel merito (cfr. Cass. n. 16803/2017, Cass. n. 12442/2011)-, deve escludersi la sussistenza della violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto evocate in rubrica.
Con il quarto motivo, formulato al pari dei precedenti ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene contestata la violazione e/o falsa applicazione dei più volte richiamati artt. 25 e 26 del D.P.R. n. 602 del 1973, oltre che dell’art. 60, comma 1, lettera b -bis ), del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 c.c..
4.1 Si ascrive al giudice d’appello di aver erroneamente ritenuto regolari le notificazioni delle cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, consegnate a persone diverse dal destinatario, pur non risultando documentata l’avvenuta spedizione della raccomandata informativa prevista dalla legge per tale evenienza.
4.2 Il motivo è inammissibile.
4.3 Sotto le mentite spoglie del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, esso tende, in realtà, a sollecitare una diversa valutazione dei fatti di causa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, insindacabile nella presente sede di legittimità.
4.4 Invero, dalla ricostruzione operata dalla CTR non si evince che alcuna delle cartelle di pagamento presupposte sia stata
consegnata a persona diversa dal destinatario, sì da rendere necessario l’invio a quest’ultimo, da parte del messo notificatore, della raccomandata informativa prevista dall’art. 60, comma 1, lettera bbis ), del D.P.R. n. 600 del 1973, richiamato dall’art. 26, ultimo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973.
4.5 In un simile contesto, attraverso la velata richiesta di accertamento di una circostanza di fatto non emergente dalla sentenza gravata, si tenta di realizzare la surrettizia trasformazione del giudizio di cassazione in un non consentito terzo grado di merito (cfr. Cass. n. 12465/2022, Cass. n. 11261/2022, Cass. n. 8758/2017), così totalmente obliterandosi che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr. Cass. n. 33186/2023, Cass. n. 32398/2022, Cass. n. 15568/2020, Cass. n. 27475/2019).
Con il quinto motivo, formulato ex art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., viene fatta valere la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., imputandosi alla CTR di aver omesso di pronunciare sul motivo di appello con il quale era stata riproposta la questione, già sollevata con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, relativa alla dedotta inesistenza giuridica della notificazione dell’impugnato preavviso di iscrizione ipotecaria.
5.1 Il motivo è destituito di fondamento.
5.2 Dopo aver accertato che le cartelle esattoriali presupposte erano state regolarmente notificate al contribuente, il collegio d’appello ha espressamente dichiarato «assorbiti gli altri motivi di ricorso dalla superiore statuizione» (penultimo periodo della parte motiva).
5.3 Con questa frase conclusiva esso ha preso posizione sulle restanti censure svolte dall’appellante, mostrando di considerarle travolte e superate, per assorbimento cd. improprio, dalla riconosciuta infondatezza di quelle in precedenza esaminate.
5.4 Ciò è sufficiente per escludere la denunciata violazione dell’art. 112 c.p.c., al lume della condivisa giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’assorbimento in senso improprio -configurabile quando la decisione di una questione esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altreimpedisce di ritenere sussistente il vizio di omessa pronuncia, il quale è ravvisabile solo quando una questione non sia stata, espressamente o implicitamente, ritenuta assorbita da altre statuizioni contenute nella sentenza (cfr. Cass. n. 25621/2023, Cass. n. 2334/2020).
5.5 Peraltro, il ricorrente non ha criticato con specifiche argomentazioni la declaratoria di assorbimento resa dal giudice a quo , al fine di dimostrare che la stessa, per la sua erroneità, si sia risolta in una sostanziale omissione di pronuncia.
In definitiva, il ricorso proposto dal NOME deve essere respinto.
Occorre, a questo punto, prendere in esame l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice tributario reiterata nel controricorso da RAGIONE_SOCIALE con riferimento ai crediti risultanti dai ruoli nn. 2881/2011, 1652/2012 e 3132/2012 e dalle relative cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA.
7.1 In proposito, va anzitutto osservato che l ‘anzide tta questione forma oggetto di un vero e proprio ricorso incidentale, avendo l’agente della riscossione chiesto, nell’osservanza del termine di cui al combinato disposto degli artt. 370, comma 1 e 371, comma 1, c.p.c., la cassazione della s entenza d’appello nella parte in cui ha implicitamente riconosciuto la giurisdizione del giudice tributario in ordine ai crediti di natura non erariale.
7.2 Chiarito ciò, va tenuto presente che, per giurisprudenza di questo Supremo Collegio, alla stregua del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito e investente questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle
attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità soltanto se tali questioni, rilevabili d’ufficio, non abbiano formato oggetto di decisione esplicita o implicita.
7.3 Qualora, invece, sia intervenuta una decisione sul punto, il ricorso incidentale va scrutinato unicamente in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente nella sola ipotesi di accertata fondatezza del ricorso principale (cfr. Cass. 24750/2022, Cass. n. 22055/2020, Cass. n. 6138/2018, Cass. n. 4619/2015, Cass. Sez. Un. n. 356/2010, Cass. Sez. Un. n. 5456/2009).
7.4 Va, inoltre, rilevato che, a partire dall’arresto delle Sezioni Unite n. 24883/2008, è ormai ius receptum che la decisione sul merito implichi quella sulla giurisdizione (fra le altre si vedano Cass. Sez. Un. n. 16431/2014 e Cass. Sez. Un. n 25367/2020).
7.5 In applicazione delle suenunciate regulae iuris , il ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, da qualificare come condizionato per le ragioni spiegate, rimane assorbito dal rigetto di quello principale, per essere venuto meno in capo all’impugnante ogni interesse ad ottenere una diversa pronuncia sulla giurisdizione rispetto a quella implicitamente adottata dai giudici di merito.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito del giudizio, viene resa nei confronti del ricorrente principale l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna il NOME a rifondere a RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in
complessivi 5.700 euro, di cui 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione