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Notifica cartella esattoriale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 14417/2025, ha rigettato il ricorso di un contribuente che contestava la validità della notifica di diverse cartelle esattoriali. La Corte ha chiarito che l’Agenzia delle Entrate Riscossione può essere difesa da avvocati del libero foro. Inoltre, ha stabilito che la notifica cartella esattoriale via PEC da un indirizzo non presente nei registri pubblici non è automaticamente nulla se non si prova un danno al diritto di difesa. Infine, la semplice contestazione della conformità delle copie delle relate di notifica, senza indicare specifiche difformità, è stata ritenuta inefficace.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica Cartella Esattoriale: La Cassazione detta le Regole su PEC, Copie e Difesa dell’Ente

La corretta notifica della cartella esattoriale rappresenta un momento cruciale nel rapporto tra Fisco e contribuente. È l’atto che porta formalmente a conoscenza del cittadino la pretesa tributaria e dal quale decorrono i termini per il pagamento o per l’impugnazione. Ma cosa succede se la notifica presenta delle irregolarità? E chi può difendere in giudizio l’ente di riscossione? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 14417 del 29 maggio 2025, ha fornito importanti chiarimenti su questi temi, respingendo il ricorso di un contribuente e delineando principi di fondamentale importanza pratica.

I fatti del caso: il ricorso del contribuente

Un contribuente impugnava una sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva respinto il suo appello contro l’annullamento di quarantaquattro cartelle di pagamento. Le doglianze del ricorrente si basavano su tre argomenti principali:

1. Inammissibilità della costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate Riscossione: Si sosteneva che l’ente non potesse essere rappresentato da un avvocato del libero foro, ma dovesse avvalersi dell’Avvocatura dello Stato.
2. Intervenuta prescrizione dei crediti: Il contribuente eccepiva l’estinzione dei crediti per decorso del tempo.
3. Nullità delle notifiche: Si contestava la validità delle procedure di notificazione, sia per le copie prodotte in giudizio (ritenute prive di attestazione di conformità), sia per le modalità stesse, come l’uso di indirizzi PEC non iscritti nei pubblici elenchi.

La questione della notifica cartella esattoriale e la difesa dell’Agenzia

Il caso ha permesso alla Suprema Corte di ribadire alcuni principi cardine in materia di riscossione e contenzioso tributario, analizzando punto per punto le censure sollevate dal ricorrente.

La rappresentanza in giudizio dell’ente di riscossione

La Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo, richiamando un suo precedente a Sezioni Unite (sent. n. 30008/2019). È stato confermato che l’Agenzia delle Entrate Riscossione ha la facoltà di scegliere se avvalersi dell’Avvocatura dello Stato o di avvocati del libero foro. Tale scelta è presunta legittima e non necessita di una specifica delibera motivata, a meno che il ricorrente non dimostri perché il caso specifico rientrasse tra quelli di competenza esclusiva dell’Avvocatura. Una contestazione generica, come quella mossa nel caso di specie, è del tutto inefficace.

La validità della notifica tramite PEC da indirizzo non ufficiale

Un punto di grande interesse riguarda la validità della notifica cartella esattoriale effettuata tramite un indirizzo di Posta Elettronica Certificata del mittente (l’Agenzia) non risultante dai pubblici registri come INI-PEC. La Cassazione, citando una sua recente pronuncia (n. 18684/2023), ha stabilito che tale circostanza non determina di per sé la nullità della notifica. L’irregolarità diventa rilevante solo se il contribuente dimostra di aver subito un concreto pregiudizio al proprio diritto di difesa. Se l’identità del mittente è chiara e il destinatario ha potuto comprendere il contenuto dell’atto e difendersi, la notifica resta valida.

La prova della notifica e la conformità delle copie

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa alla presunta non conformità delle copie delle relate di notifica prodotte dall’Agenzia. I giudici hanno ribadito che il disconoscimento della conformità di una copia all’originale, ai sensi dell’art. 2719 c.c., non può essere generico o basato su clausole di stile. Il contribuente che intende contestare la validità probatoria di una fotocopia deve indicare in modo specifico e circostanziato le difformità rispetto all’originale. In assenza di tale specifica contestazione, la copia prodotta in giudizio dall’ente di riscossione è sufficiente a dimostrare l’avvenuta notifica.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La decisione della Suprema Corte si fonda sul principio di specificità dei motivi di ricorso e sulla necessità di evitare contestazioni pretestuose e generiche. Per quanto riguarda la rappresentanza in giudizio, la Corte ha sottolineato che la legge conferisce all’ente una flessibilità organizzativa che non può essere messa in discussione con motivi astratti. Sul tema delle notifiche, il ragionamento dei giudici è improntato a un criterio di effettività: un vizio formale, come l’uso di una PEC non censita, non può invalidare l’atto se lo scopo della notifica – ovvero portare l’atto a conoscenza del destinatario e metterlo in condizione di difendersi – è stato comunque raggiunto. Allo stesso modo, sulla questione delle copie, la Corte ha voluto porre un freno a contestazioni meramente dilatorie, richiedendo che chi disconosce un documento ne indichi precisamente i vizi.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento offre tre importanti lezioni pratiche. Per i contribuenti, emerge la necessità di formulare impugnazioni precise e dettagliate: le contestazioni generiche sulla rappresentanza dell’ente, sulla conformità delle copie o su vizi formali della notifica che non hanno causato un reale danno al diritto di difesa sono destinate all’insuccesso. Per l’Agenzia delle Entrate Riscossione, viene confermata la legittimità delle sue prassi operative, sia nella scelta dei difensori sia nelle modalità di notificazione digitale. Infine, per gli operatori del diritto, la sentenza ribadisce l’orientamento consolidato della giurisprudenza verso un approccio sostanzialista, che privilegia il raggiungimento dello scopo dell’atto processuale rispetto al puro formalismo.

L’Agenzia delle Entrate Riscossione può farsi difendere da un avvocato privato in un processo tributario?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’Agenzia può avvalersi di avvocati del libero foro, a meno che il caso non rientri in ipotesi specificamente riservate all’Avvocatura dello Stato o questa non sia disponibile. La scelta è presunta legittima e non richiede una delibera motivata, a meno che non venga contestata con motivi specifici.

Una notifica cartella esattoriale via PEC da un indirizzo non presente nei pubblici registri (INI-PEC) è nulla?
No, non è automaticamente nulla. Secondo la Corte, questa irregolarità non invalida la notifica di per sé. Il contribuente deve dimostrare di aver subito un pregiudizio concreto al suo diritto di difesa a causa di questa anomalia, cosa che non avviene se la provenienza dell’atto è comunque chiara e il contenuto comprensibile.

Per contestare la notifica di una cartella, è sufficiente affermare che la copia della relata prodotta in giudizio non è conforme all’originale?
No, non è sufficiente. Una contestazione generica o basata su clausole di stile è inefficace. Il contribuente deve specificare in modo chiaro e univoco quali sono le differenze tra la copia prodotta e l’originale; in caso contrario, la copia fotostatica conserva la sua piena efficacia probatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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