Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25258 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25258 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6627/2017 R.G. proposto da
: NOME COGNOME
COGNOME con l’avvocato
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE con l’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE
-intimato- avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 5146/2016 depositata il 08/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In controversia avente ad oggetto l’impugnazione d i avviso di intimazione per Irpef 2004, di cui si eccepiva la nullità per mancata notificazione della cartella di pagamento presupposta, NOME COGNOME ricorre, con tre motivi, avverso la sentenza della CTR
del Lazio indicata in epigrafe che, rigettando l’appello della contribuente, ha confermato la pronuncia di primo grado, di rigetto del ricorso della contribuente.
Resistono con controricorso l ‘Agenzia delle entrate ed RAGIONE_SOCIALE
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso in riferimento al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non risulta dagli atti essere stato parte nel giudizio di merito. Va comunque rammentato che in tema di contenzioso tributario, a seguito del trasferimento alle agenzie fiscali, da parte dell’art. 57, comma 1, del d.lgs. n. 300/1999, di tutti i ‘rapporti giuridici’, i ‘poteri’ e le ‘competenze’ facenti capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a partire dal primo gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle Agenzie fiscali in forza dell’art. 1 del d.m. 28 dicembre 2000), unico soggetto passivamente legittimato è l’Agenzia delle Entrate ( ex multis cfr. Cass. 23/01/2020, n. 1462).
Con il primo motivo di ricorso , proposto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., si denuncia la violazione dell’art. 111 secondo comma della Costituzione e dell’art. 113 primo comma c.p.c., nonché del principio della corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, con riguardo al capo della sentenza impugnata in cui la CTR ha dichiarato inammissibile la richiesta di deposito in originale della cartella di pagamento perché fatta per la prima volta in appello, ampliando il “thema decidendum”. Secondo la ricorrente, la richiesta era stata formulata già nel ricorso di primo grado e la motivazione della sentenza impugnata sarebbe contraddittoria ove afferma che il ricorso introduttivo era stato circoscritto alla impugnazione dell’avviso di intimazione e alla cartella di pagamento sottesa per inesistenza delle notifiche avvenute per raccomandata postale, essendo la relata di notifica di
una cartella intimamente connessa a detto atto. L’originale della cartella, a dire del ricorrente, era necessario per verificare la firma apposta dalla ricorrente sulla cartolina di ricevimento e verificare la procedura di notifica della cartella. La mancata produzione avrebbe violato la condizione di parità tra le parti stabilita dall’art. 111 Cost. L’art. 23, 2° co. del d.lgs. 546/92 imporrebbe inoltre il deposito di documenti e non di fotocopie.
2.1. Il motivo, di confusa formulazione, è inammissibile in quanto cumula, inestricabilmente, censure attinenti alla carenza di motivazione della sentenza con la denuncia di violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c. , ed ancora con critiche che non riguardano la violazione di legge denunciata, ma il merito della controversia.
2.2. È opportuno precisare, comunque, che l’ eventuale fondatezza della censura che si assume pretermessa non gioverebbe al ricorrente, dovendo questa Corte pronunciarsi sulle questioni il cui esame è stato omesso dal giudice di appello, alla luce del principio consolidato (v., tra le altre di recente, Cass. 16/06/2023 n. 17416) per cui «Nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto».
2.3. Nel caso di specie la censura sollevata è infondata, osservandosi che, «in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente la produzione della matrice o
della copia della cartella con la relativa relazione di notifica» (Cass., 21/07/2021, n. 20769; Cass., 11/05/2023, n. 12945).
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 115, primo comma c.p.c., che impone al Giudice di porre a fondamento della propria decisione le prove proposte dalle parti. Contesta la ricorrente che la CTR abbia erroneamente interpretato la documentazione versata in atti, ritenendo correttamente eseguita la notificazione della cartella di pagamento in oggetto.
3.1. Il mezzo di impugnazione è inammissibile alla luce del chiaro e costante insegnamento di questa Corte (v., tra le altre, Cass. 1° marzo 2022 n. 6774, Cass. n. 1229 del 2019) secondo cui «In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione».
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’ art. 360, primo comma, nn. 4 e 5 c.p.c., la «violazione del combinato disposto previsto dagli artt. 36 n. 4 del D.lvo 546/1992, 115 primo comma cpc, 132 n. 4 cpc, 26 del DPR 602/1973 per avere il Giudice di secondo grado motivato solo in modo apparente sulla mancanza della prova attestante i poteri in capo al messo notificatore COGNOME NOME».
4.1. Il motivo è inammissibile.
L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge
costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione delle norme poste a presidio dell’obbligo motivazionale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione delle ragioni poste a base della sentenza.
Va ancora rammentato che ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.’ (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
4.2. Nel caso in esame, dalla lettura del motivo di ricorso emerge come nessuna di tali censure venga mossa al Giudice di appello del quale si contesta, esclusivamente e nella sostanza, la valutazione delle risultanze delle prove offerte. E comunque dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata emerge con chiarezza ed esaustività l’iter logico seguito dalla CTR per argomentare i propri
convincimenti, come testualmente si riporta: «Quanto alle eccezioni sull’atto prodotto in copia e non originale e sui poteri della notificante NOME COGNOME per notificare a mezzo posta la cartella di pagamento sottesa all’atto impugnato, occorre precisare che la notifica della cartella di pagamento è stata oggetto di un’apposita regolamentazione speciale con l’art. 26 del DPR n. 602/73, che prevede la possibilità che gli agenti della riscossione notifichino direttamente per posta con raccomandata con avviso di ricevimento le cartelle di pagamento senza che occorra né la relata di notifica, come precisato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 14327 del 19/06/2009 e né l’intermediazione di soggetti abilitati in quanto, come statuito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 6395/2014, l’ufficiale postale attesta la coincidenza del destinatario col soggetto al quale viene materialmente consegnata la cartella esattoriale mediante l’avviso di ricevimento della raccomandata che, avendo natura di atto pubblico, è assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. come chiarito dalla stessa Corte con sentenza n. 11708 del 27/5/2011».
4.3. Ancora, i l motivo di ricorso in esame, con riguardo all’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., è inammissibile, operando il limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter, comma 5, cod. proc. civ., introdotto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis nel presente giudizio, atteso che l’appello avverso la sentenza di primo grado risulta depositato in data 21/07/2015, non avendo la ricorrente dimostrato che le ragioni di fatto, poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di appello, erano fra loro diverse (ex multis, Cass. n. 26860 del 18/12/2014; Cass. n. 11439 dell’11/05/2018).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore delle
contro
ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate, in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito e, nei confronti della controricorrente Equitalia Servizi di riscossione S.p.A. in euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/09/2025.