Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15175 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20207/2016 R.G. proposto da: NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE (incorporante di RAGIONE_SOCIALE), elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 673/2016 depositata il 09/02/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/03/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Oggetto del giudizio è l’intimazione di pagamento n. 097 2012 9155029111 000, emessa da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME NOME , a seguito del mancato pagamento di somme richieste con la cartella di pagamento n. 097 2003 051235833 001.
La CTP di Roma, adita impugnatoriamente dalla contribuente, con sentenza n. 3019/11/2015, accoglieva il ricorso e condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di giudizio, così motivando: ‘Le ragioni espresse dai ricorrente sono corrette e condivisibili e la cartella è ormai prescritta”.
RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, accolto dalla CTR del Lazio, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
La cartella di pagamento in questione, sottesa alla intimazione opposta dalla contribuente, è stata regolarmente notificata in data 2.10.2003, mediante raccomandata AR n. 60266225118-7 consegnata, presso la residenza della destinataria – INDIRIZZO – in mani proprie del portiere, il quale ha sottoscritto l’avviso di ricevimento attestando, fino a querela di falso, di aver preso in consegna l’atto ‘de quo’ (cfr. all.to 3).
Detta notifica deve considerarsi pienamente legittima, ai sensi dell’art. 26 del DPR 602/1973, come riconosciuto dalla ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., 23.06.2014, n. 14190).
Ebbene, la cartella di pagamento in esame è stata regolarmente notificata, ma non tempestivamente impugnata dalla contribuente (il ricorso introduttivo del primo grado del
presente giudizio è stato, infatti, notificato solo nel gennaio 2013), già il Collegio di primo grado avrebbe dovuto dichiarare la inammissibilità delle contestazioni di merito della contribuente che avrebbero dovuto essere promosse direttamente avverso la cartella esattoriale, entro il termine di 60 giorni dalla sua notificazione, come previsto dall’art. 21 D.Lgs. 546/1992, con la preclusione di essere sollevate avverso la successiva intimazione di pagamento .
Non sembra inutile evidenziare , a ulteriore conferma della tardività e della inammissibilità delle doglianze della contribuente, la circostanza per cui, in relazione alla cartella esattoriale di cui sopra, il concessionario aveva notificato, in data 24.6.2008, anche altra intimazione di pagamento, la n. 097 2008 9063464 720 000 con cui la contribuente era stata nuovamente messa a conoscenza della sussistenza del credito vantato, nei suoi confronti, dalla Amministrazione finanziaria. Anche in detta occasione, tuttavia, la contribuente è rimasta completamente inerte, prestando piena acquiescenza .
Nel caso di specie, posta la regolarità della cartella sottesa alla intimazione di pagamento, non possono trovare ingresso, nel procedimento contro detta intimazione di pagamento, le altre eccezioni sull’infondatezza della pretesa fiscale.
La regolarità della notificazione della cartella di pagamento prodromica rende applicabile il disposto di cui all’art. 19 D.Lgs. 546/1992, in base al quale la contribuente non poteva più sollevare vizi attinenti il merito della pretesa.
Al riguardo, osserva il Collegio che l’intimazione di pagamento è, nella sostanza, un avviso bonario finalizzato a sollecitare il contribuente a versare le imposte e fa riferimento a un atto precedentemente notificato e, quindi, a
conoscenza della parte appellante. Non integra, quindi, un nuovo e autonomo atto impositivo, trattandosi, in realtà, di un atto non legislativamente previsto e, come tale, non assoggettato al alcuna normativa statuitiva del suo contenuto.
Ciò posto, tenuto presente che l’impugnata intimazione è stata preceduta dalla rituale notifica della cartella di pagamento e che le contestazioni riguardanti quest’ultimo atto sono state giudicate prive di ogni giuridico fondamento, il Collegio non può che rilevare la violazione del disposto dell’art. 19, lett. h) del D.Lgs. 546/92, con conseguente obbligo di accogliere l’appello di RAGIONE_SOCIALE
L’intimazione di pagamento, costituendo un semplice sollecito al pagamento di quanto dovuto e non versato, costituisce un atto che non può, in alcun modo, essere ricondotto all’elencazione tassativa degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/92.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con tre motivi; resiste RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo si denuncia: ‘Violazione ed errata interpretazione ed applicazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 600/73, che a sua volta rinvia alle norme contenute nel Codice di procedura civile (art. 137 e ss c.p.c.), nonché dell’art 14 della L. 890/1982, nonché dell’art. 7 sesto comma della L. 890/1982 introdotto dall’art. 36 comma 2-quater della legge di conversione 28.2.2008 n. 31 del decreto “Mille proroghe”, coordinato con l’art. 36 comma 2-quinquies aggiunto dalla legge di conversione n. 31/2008, nel combinato disposto con l’art. 26 del D.P.R. n. 602/73, modificato dall’art. 12 del D.Lgs. n. 46/1999 e dall’art. 1 del D.Lgs. n. 193/2001 ed in particolare violazione dell’art. 60 del D.P.R. 600/73
nel combinato disposto con gli artt. 139 4° comma e 149 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
1.1. ‘Nella cornice dei principi generali è inserito il procedimento di notificazione ‘speciale’, ex artt. 25 e 26 del D.P.R. 602/73, della cartella di pagamento, giacché trattasi di procedimento di notificazione di atto che deve essere portato a conoscenza del contribuente, che implica il mezzo del servizio postale. Se il piego contenente l’atto che deve essere notificato al contribuente, spedito tramite raccomandata con avviso di ricevimento, viene consegnato al destinatario non personalmente ma a mani del portiere, cioè se il consegnatario non è il destinatario dell’atto, l’art 60 comma b-bis del D.P.R. 600/73, richiamato dall’art. 14 della L. 890182 e dall’art. 7 comma 6 della L. 890/1982, prevede che l’agente postale dia comunicazione al destinatario dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata. Analoga formulazione di quella dell’art. 139 4° comma c.p.c.’. ‘Dalla corretta applicazione di tali norme da parte del giudice ‘a quo’ sarebbe dovuta discendere la pronuncia sulla inesistenza e/o nullità della notificazione della cartella di pagamento avvenuta a mani del portiere perché dell’avvenuta notificazione l’agente postale non ha dato notizia alla destinataria a mezzo di lettera raccomandata ‘.
1.2. Il motivo è di per sé inammissibile, perché invoca una congerie di disposizioni violate, senza individuare le ragioni per cui, in riferimento a ciascuna, assume che la CTR le abbia disattese.
Lo è altresì perché non smentisce né censura l’affermazione della CTR secondo cui l’intimazione oggetto di giudizio fa seguito ad altra, relativa alla medesima cartella, non impugnata: talché, mediante l’impugnazione dell’intimazione oggetto di giudizio, la contribuente non avrebbe potuto aggredire la cartella, siccome comunque già conosciuta ‘in limine’ con la ridetta pregressa intimazione.
Il motivo è comunque manifestamente infondato.
Premesso che deve rettificarsi la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ritiene non impugnabile l’intimazione di pagamento, giacché invece trattasi di atto impugnabile , questa RAGIONE_SOCIALE, da tempo, insegna quanto segue:
-‘In tema di riscossione delle imposte, qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell’art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 602 del 1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della l. n. 890 del 1982 in quanto tale forma ‘semplificata’ di notificazione si giustifica, come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 175 del 2018, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’agente per la riscossione volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato’ (Cass. n. 28872 del 2018);
-‘La notificazione a mezzo posta della cartella esattoriale da parte del concessionario della riscossione (ora RAGIONE_SOCIALE) eseguita mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, si perfeziona, secondo la disciplina degli artt. 32 e 39 del D.M. 9 aprile 2001, con la consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona, individuata come legittimata alla ricezione, apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso
di ricevimento da restituire al mittente. Ne consegue che, qualora nell’avviso di ricevimento manchino le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato (adempimento non previsto da alcuna norma) e la relativa sottoscrizione non risulti intellegibile, l’avviso di ricevimento, in quanto atto pubblico, è assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c. avuto riguardo alla relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è consegnato (oggetto del preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale)’ (cfr. ad es. Cass. n. 1686 del 2023);
-‘In tema di notificazione a mezzo del servizio postale della cartella esattoriale emessa per la riscossione di imposte o sanzioni amministrative, la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario (nella specie, il portiere), senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, rispondendo tale soluzione al disposto di cui all’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, che prescrive l’onere per l’esattore di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione di notifica o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta’ (così ad es. Cass. n. 16949 del 2014).
Nella specie, corretta è l’affermazione della CTR intesa a considerare ritualmente notificata la cartella presupposta mediante consegna al portiere, che l’ha ricevuta senza opporre eccezioni. Né, d’altronde, la contribuente contesta la qualità di portiere del ricevente.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Violazione dell’art. 1 comma 5bis del D.l. 106/2005 coordinato con la legge di conversione 31 luglio 2005 n. 156 in quanto applicabile alla fattispecie presa in esame, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
2.1. ‘Alla dichiarazione congiunta dei redditi presentata nel 1997 l’Amministrazione finanziaria frapponeva un procedimento di accertamento formale, di controllo formale della dichiarazione, dal quale sarebbe conseguito un avviso di liquidazione e di pagamento di somme relative ad IRPEF, S.S.N. ed IVA, più interessi e sanzioni, per l’anno 1996, del quale non si ha più alcuna traccia e che, in teoria, potrebbe corrispondere all’atto di accertamento notificato nel 2001, di cui ha dato notizia la controparte nel proprio ricorso in appello. L’accertamento operato sulla dichiarazione presentata nel 1997 appare fondato sul potere di accertamento delle imposte attraverso il controllo automatizzato delle dichiarazioni presentate dal contribuente ex art. 36-bis del D.P.R. 600/73, ed in relazione a tale dichiarazione la sig.ra COGNOME non appare di certo il soggetto passivo, quanto quello coobbligato al pagamento delle somme. Probabilmente tale accertamento è divenuto definitivo e le somme non vennero all’epoca pagate dal soggetto passivo. Da qui l’emissione della cartella di pagamento n. 097 2003 0512358330/001 relativa al ruolo ordinario n. 2362 emesso nel 2003, che RAGIONE_SOCIALE ebbe a notificare a mezzo del servizio postale alla sig.ra COGNOME con consegna del piego al portiere in data 2 ottobre 2003 . Alla notifica cartella per quanto attiene al termine decadenziale del potere di riscossione delle entrate tributarie mediante ruolo, si applica non l’art. 25 del DP.R. n. 602/73, come modificato dall’art. 11 del D.Lgs. 26.2.1999 n. 46, dall’art. 1 del D.Lgs. 27.4.2001 n. 193 e dall’art. 1 comma 5-ter del D.L. n. 106/2005, ma l’art. 1 comma 5bis del D.L. n. 106/2005′. ‘Il termine di decadenza per la notifica della cartella di pagamento per la dichiarazione presentata nel 1997 per le imposte relative all’anno 1996 va ritenuto, in applicazione del dettato normativo di cui all’art. 1 comma 5-bis del D.L. 17 giugno 2005 n. 106, quello del 31.12.2002’. ‘È pacifico che tale termine, previsto a pena di decadenza dell’esercizio del diritto di riscossione delle imposte
tramite ruolo, non può considerarsi rispettato ex D.L. n. 106/2005 dall’agente per la riscossione , che notificava la cartella alla contribuente mediante spedizione della cartella in plico chiuso, ricevuto dal portiere dello stabile il 2.10.2003, ossia entro quattro mesi dalla consegna del ruolo esecutivo ex artt. 25 e 26 del D.P.R. 602/73 allora in vigore, ma non nel termine decadenziale del 31.12.2002 previsto dalla normativa sopravvenuta, da intendersi, come è noto, applicabile. La notifica della cartella di pagamento avvenuta nell’ottobre 2003 sarebbe da considerarsi tardiva anche nel caso in cui il potere di accertamento formale della dichiarazione fosse stato effettuato ai sensi dell’art. 36-ter del D.P.R. 600/73, poiché il termine decadenziale previsto dal D.L. n. 106/2005, art. 1 comma 5-ter, che ha modificato l’art. 25 del D.P.R. 602/73, è quello del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ossia il 31.12.2001’.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Esso aggredisce la cartella presupposta rispetto all’intimazione di pagamento: cartella, tuttavia, come detto, ritualmente notificata e non tempestivamente impugnata.
Con il terzo motivo si denuncia: ‘Violazione dell’art. 7 e dell’art. 17 della L. n. 212/2000 in rapporto alla violazione dell’art. 24 secondo comma della Costituzione ed in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.’.
3.1. ‘RAGIONE_SOCIALE ha emesso un’intimazione di pagamento nei confronti della sig.ra COGNOME con la quale, tra l’altro, si esige il pagamento dell’importo di diciassettemila euro a titolo di interessi di mora. Risulta evidente che essi sono riportati solo nel loro importo totale, e non nel criterio di calcolo, di cui neppure sono indicate le modalità di calcolo; si tratta di un’omissione no di valenza aritmetica, ma di valore giuridico, poiché la mancanza di motivazione chiara ed esaustiva nella richiesta di pagamento assurge a violazione delle disposizioni di cui
all’art. 7 e 17 della L. n. 212/2012 ed all’impossibilità del pieno esercizio del diritto di difesa in giudizio in capo al soggetto destinatario della pretesa di pagamento’.
3.2. Il motivo è inammissibile.
Esso, invero, non riporta il testo dell’intimazione, sicché, contravvenendo ai principi di precisione ed autosufficienza del ricorso, non mette questa RAGIONE_SOCIALE nelle materiali condizioni di poter delibare sulla censura.
In definitiva, il ricorso va integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere a RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) le spese di lite, liquidate in euro 4.300, oltre euro 200 per esborsi, contributo forfettario in ragione del 15% ed accessori, se ed in quanto dovuti.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 15 marzo 2024.