Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23392 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23392 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3366/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 2863/2021 depositata il 08/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ( hinc: CTR) con sentenza n. 2863/21 depositata in data 08/06/2021 ha rigettato l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 209/2019, con la quale la Commissione Provinciale di Viterbo aveva rigettato l’impugnazione dell’atto di intimazione notificato dall’agente della riscossione con riferimento a quattro cartelle di pagamento.
La CTR, nel rigettare l’appello del contribuente, aveva evidenziato, in primo luogo, che l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comportava l’invalidità dell’atto la cui esistenza non dipendeva tanto d all’apposizione del timbro o del sigillo o da una sottoscrizione leggibile, quanto dalla inequivoca riferibilità all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo. Nel caso di specie non vi erano dubbi sulla provenienza dell’atto dalla Direzione Regionale della Liguria di RAGIONE_SOCIALE, fermo restando che eventuali vizi avrebbero potuto, al più, determinare la nullità e non l’inesistenza dell’atto.
2.1. La CTR aveva ritenuto infondate anche le contestazioni relative alla nullità della notificazione RAGIONE_SOCIALE quattro cartelle di pagamento: l’agente della riscossione aveva, infatti, dato prova che: a) la pec del 17/01/2017 era stata rifiutata dal sistema RAGIONE_SOCIALE per «indirizzo non valido» (pur essendo pacifica la corrispondenza con l’indirizzo intestato alla società); b) in data 19/01/2017 era stato predisposto l’avviso con il quale si dava atto dell’avvenuto deposito
RAGIONE_SOCIALE cartelle presso la CCIA di Viterbo); c) in data 02/02/2017 era stata inviata alla società la raccomandata informativa. Era stata, quindi, fornita la prova dell’osservanza di tutte le formalità prescritte dagli artt. 26, secondo comma, d.P.R. 29/09/1973, n. 602 e 60 d.P.R. 29/09/1973, n. 600. Tanto più che la parte appellante non aveva neppure allegato e tanto meno provato, l’esistenza di disservizi non ascrivibili al contribuente.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione, affidandosi a tre motivi.
4 . L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente ha contestato la violazione o falsa applicazione degli artt. 25, secondo comma, e 26, secondo comma, d.P.R. n. 602 del 1973 e degli artt. 4, 5, 6, e 11 d.P.R. n. 68 del 2005.
1.1. Nella sentenza impugnata si legge che: « la omessa sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta invalidità dell’atto , la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo … L’atto impugnato risultava provenire dalla Direzione Regionale della Liguria di RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.» La ricorrente evidenzia, tuttavia, che quanto presumibilmente notificato in uno dei messaggi di posta elettronica certificata non può assurgere a documento legale, in quanto non si tratta della trasmissione di un documento in copia informatica o di una copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, bensì di un documento ‘nativo’ informatico che necessita dell’autenticazione da parte del trasmi ttente.
1.2. Rileva, poi, che l’indirizzo pec del trasmittente non risulta presente nei pubblici registri degli indirizzi di posta elettronica certificata. Di conseguenza il documento elettronico appare privo di quegli elementi tali da farlo apparire come valido e senza che tale mancanza possa essere superata dalla continua e reiterata applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente ha contestato, l’omessa pronuncia su un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
2.1. La CTR non dice, infatti, nulla circa la doglianza espressa in ordine alla mancata chiamata di terzo da parte dell’Ente resistente. L’RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto chiamare in causa l’ente impositore ai fini della verifica degli atti presupposti e della loro corretta notificazione. Tutto ciò non è avvenuto e non è stato, quindi, possibile verificare quanto eccepito dalla ricorrente.
Con il terzo motivo è stata contestata la nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.: la pec della ricorrente al momento della presunta notifica RAGIONE_SOCIALE intimazioni di pagamento era valida, esistente e, almeno per la RAGIONE_SOCIALE, funzionante, tanto che continuava a ricevere altra posta certificata. Non è, quindi, dato sapere perché non siano state recapitate le pec trasmesse dal concessionario della riscossione, né è possibile ribaltare tale prova sulla ricorrente, che ha modificato il proprio indirizzo di posta elettronica solo in data 16/05/2017, cioè quattro mesi dopo. Inoltre, le raccomandate di avvenuto deposito non solo risultano inviate solo sedici giorni dopo (02/02/2017), ma sono state recapitate tramite una società di posta privata ‘RAGIONE_SOCIALE Si tratta di procedura non ammessa,
a quel tempo e, quindi, non corretta, con la conseguente nullità della notificazione.
Si è costituita l’RAGIONE_SOCIALE che nel controricorso ha eccepito l’inammissibilità di questioni nuove proposte nel ricorso in cassazione e ha contestato la fondatezza RAGIONE_SOCIALE contestazioni relative alla pretesa invalidità della notificazione RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento, incRAGIONE_SOCIALE sull’esecuzione di quest’ultima attraverso un indirizzo di posta elettronica certificata non presente nei registri pubblici e avvalendosi di un operatore di poste private.
4.1. Ha rilevato, in particolare, come la questione relativa all’esecuzione della notificazione RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento da un indirizzo di posta elettronica del concessionario della riscossione non risultante dai registri pubblici è stata posta per la prima volta nel presente giudizio, evidenziando come il divieto dei nova sancito dall’art. 345 cod. proc. civ. valga non solo per le domande ed eccezioni in senso stretto, ma anche per le domande nuove.
4.2. Ha poi rilevato che la riconducibilità del documento al mittente è comprovata anche dai dati di certificazione contenuti nelle buste di trasporto e nelle varie ricevute emesse e firmate dallo stesso gestore. Ciascun dominio pec è, infatti, attribuito dal gestore solo a un soggetto e quello attualmente assegnato all’RAGIONE_SOCIALE (così come in precedenza per quello assegnato a RAGIONE_SOCIALE) reca la denominazione del mittente non lasciando, quindi, dubbi sulla sua provenienza, che potrebbe essere, peraltro, accertata attraverso la consultazione dell’Anagrafe dei domini internet. Non può neppure venire in rilievo l’art. 57 -bis d.lgs. n. 82 del 2005 (cd. Codice dell’amministrazione digitale) , trattandosi di disciplina che assolve all’esigenza di dare pubblicità ai riferimenti telematici RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dei gestori dei pubblici servizi.
4.3 . Ad avviso dell’RAGIONE_SOCIALE è altresì infondata la contestazione relativa alla regolarità della notificazione RAGIONE_SOCIALE sottese cartelle di pagamento, sia in relazione al formato informatico usato che alla mancanza di necessità della firma digitale.
4.4. Ha contestato, inoltre, la censura di parte ricorrente sulla mancata chiamata in causa dell’ente impositore, evidenziando che era la stessa controparte -che ha incardinato l’azione oppositiva – a dover procedere a tale incombente. In ogni caso, tali eccezioni, considerata la rituale notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento, sarebbero state inammissibili per violazione del termine decadenziale ex art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992.
4.5. Ha contestato, infine, la fondatezza del terzo motivo di ricorso, in relazione alla prova del perfezionamento della notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento a mezzo pec. Rileva, sul punto, che quest’ultima è stata eseguita, in data 17/01/2017, a un indirizzo sicuramente riferibile al destinatario.
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
5.1. Il primo motivo è, in parte, inammissibile (sia per la novità della questione sia per difetto di specificità) e, in parte, infondato. Occorre premettere che nel caso in esame la ricorrente rileva che: « Quanto presumibilmente notificato in uno ai messaggi di posta elettronica certificata (pec) alla odierna ricorrente non può assurgere a documento legale in quanto non si tratta della trasmissione di un documento in copia informatica o di una copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico bensì di un documento ‘nativo’ informatico che necessita, di per se stesso, della autenticazione da parte del trasmittente. »
La ricorrente prosegue, poi, evidenziando che « il Giudice dell’Appello confonde i termini della questione. Non è bastevole, infatti, la riferibilità all’organo emittente non trattandosi di copia informatica o
di copia di documento cartaceo. E ciò a di là della circostanza che l’indirizzo pec dell’Ente trasmittente, come si può evincere dalla semplice visione della documentazione versata in atti da parte della resistente, non risulta presente nei pubblici registri degli indirizzi pec. Non vi è, quindi, alcuna riferibilità all’ente notificatore se non per il suffisso che, di per è non può essere sufficiente alla corretta individuazione della sicura provenienza. »
Nella sentenza impugnata si legge, tuttavia, che: « L’appellante ha articolato tre motivi di gravame. Con il primo ha sostenuto che l’atto impugnato era stato redatto in violazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni contenute nel Codice dell’amministrazione digitale in materia di formazione del documento digitale; nella specie, trattandosi non della digitalizzazione di un documento in origine cartaceo, ma di un atto ‘nativo’ digitale, avrebbe dovuto essere munito di firma digitale; la mancanza di quest’ultima aveva determin ato la sua inesistenza. »
Tale affermazione trova riscontro anche in quanto riportato da parte ricorrente alle pag. 2-3 del ricorso. In sostanza, veniva contestato che l’atto impugnato, ancorché ‘nativo digitale ‘ fosse pri vo di ‘firma digitale’. Nel primo motivo di ricorso non viene, tuttavia, fatto riferimento alla questione relativa alla firma, ma alla (non meglio precisata) « autenticazione » del provvedimento.
Nell’ipotesi in cui tale censura fosse riferita all’assenza di firma digitale la censura sarebbe, tuttavia, infondata, considerato che: « questa Corte ha affermato il principio secondo cui «In caso di notifica a mezzo EMAIL, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea», ma è lo stesso per l’intimazione ad adempiere, «non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso» (Cass. n. 30948 del 2019)
Ha precisato questa Corte nell’ordinanza n. 6417 del 2019 che «l’omessa sottoscrizione della cartella di pagamento», o dell’intimazione ad adempiere, «da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, la cartella, quale documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli», al pari dell’intimazione ad adempiere, ex art. 50, comma 3, del d.P.R. n. 602 del 1973, «deve essere predisposta secondo il moRAGIONE_SOCIALE approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice (Cass. 5 dicembre 2014 n. 25773): tale principio è stato ribadito da questa Corte la quale ha affermato che in tema di requisiti formali del ruolo d’imposta, l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973 non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi della sua omessa sottoscrizione, sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente, che non può limitarsi ad una generica contestazione dell’esistenza del potere o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti a sostegno RAGIONE_SOCIALE sue deduzioni. » (Cass., 18/02/2021, n. 3940).
Diversamente, nell’ipotesi in cui la ricorrente non intendesse riferirsi -con il termine « autenticazione » – alla firma digitale, il motivo sarebbe sia privo del requisito di specificità, sia evocativo di questioni non portate all’attenzione dei giudici di merito nei pregressi gradi di giudizio e sarebbe, pertanto, da considerare inammissibile.
È altresì infondata anche la contestazione relativa all’indirizzo di posta elettronica certificata del mittente (non inserito negli elenchi pubblici).
È stato infatti precisato da questa Corte che: « In tema di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro. » (Cass., 03/07/2023, n. 18684).
5.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile: la doglianza relativa all’art. 360, primo comma, 5, cod. civ. non riguarda, infatti, un punto o una questione, ma bensì « un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo.» (Cass., 08/09/2016, n. 17761). Nella specie la mancata chiamata in causa da parte del resistente costituisce, in primo luogo, una scelta processuale rimessa all’RAGIONE_SOCIALE che non può essere sindacata dalla parte che, con il ricorso ex art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, ha instaurato il presente giudizio e, in secondo luogo, non integra il fatto decisivo posto a fondamento del motivo di ricorso disciplinato nell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
5.3. Anche il terzo motivo è inammissibile sotto più profili. Il primo è che la parte ricorrente -nel rilevare che « la sentenza ricorsa è del tutto carente e parzialmente omissiva e deve essere cassata»
-evoca una rivalutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie (relative al funzionamento dell’indirizzo pec alla data della notificazione oggetto di contestazione) preclusa alla presente Corte.
Il secondo è che le contestazioni veicolate attraverso tale motivo di ricorso, attenendo a un fatto decisivo sono più prettamente riconducibili al motivo indicato nell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (e non all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., cui la parte ricorrente fa riferimento nell’intestazione del motivo) , la cui proposizione è, tuttavia, impedita dalla cd. doppia conforme (art. 348ter , ultimo comma, cod. proc. civ.).
Inoltre, la circostanza che l’agente della riscossione si sia avvalso ai fini della spedizione della raccomandata prevista nell’art. 60, settimo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile ratione temporis al caso in esame e successivamente abrogato dall’art. 1 , comma 2, lett. c), d.lgs. 12/02/2024, n. 13), al quale rinvia l’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973 -di una società privata non fa venir meno la validità della comunicazione a mezzo pec, con la conseguenza che, sotto tale profilo, il motivo è (anche) infondato.
L’art. 60, comma 7, d.P.R. n. 600 del 1973 prevede, infatti, per l’ipotesi di esecuzione della notificazione mediante deposito telematico dell’atto nell’area riservata del sito internet della società RAGIONE_SOCIALE e pubblicazione entro il secondo giorno successivo a quello del deposito che: « l’ufficio inoltre dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione a mezzo di lettera raccomandata, senza ulteriori adempimenti a proprio carico. » Tale ipotesi -come correttamente evidenziato dalla controricorrente – non rientra tra quelle previste nell’art. 4 d.lgs. 22/07/1999, n. 261, così come modificato dall’art. 1, comma 4, d.lgs. 31/03/1998, n. 51, in base al quale: « 1. Per esigenze di ordine pubblico, sono affidati in via esclusiva al fornitore del servizio universale: a) i servizi inerenti le
notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, e successive modificazioni; b) i servizi inerenti le notificazioni a mezzo posta di cui all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. ». L ‘esclusività è, peraltro, venuta meno anche in relazione alle notifiche in materia giudiziaria e ai sensi dell’art. 201 d.lgs. n. 285 del 1992 in conseguenza dell’abrogazione della norma appena richiamata ad opera dell’art. 1, comma 57, legge 04/08/2017, n. 124.
Sul punto questa Corte ha precisato che: « In tema di notificazioni a mezzo posta di atti impositivi, per effetto dell’art. 4 del d.lgs. n. 261 del 1999 e succ. modif., è valida la notifica compiuta – nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata col d.lgs. n. 58 del 2011 e quella portata a pieno compimento dalla l. n. 124 del 2017 – tramite operatore postale privato in possesso RAGIONE_SOCIALE specifico titolo abilitativo costituito dalla “licenza individuale” di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 261 cit., configurandosi l’ipotesi di inesistenza della notificazione in casi assolutamente residuali.» (Cass., 20/07/2020, n. 15360).
La spedizione da parte di un operatore della raccomandata prevista dal combinato disposto dell’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 60, settimo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile ratione temporis al caso in esame) per l’ipotesi in cui in conseguenza dell’esito negativo della notifica a mezzo pec l’atto sia depositato nell’area riservata del sito RAGIONE_SOCIALE non determina, quindi, alcun esito invalidante della notificazione che, anche alla luce dei precedenti di questa Corte, è ipotizzabile solo ove la spedizione sia eseguita da un operatore privo della licenza rilasciata dal RAGIONE_SOCIALE, prevista nell’art. 5, comma 1, d.lgs. n.
261 del 1999, circostanza nella specie neppure dedotta dalla parte ricorrente.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore della controricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.800,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 28/06/2024.