Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3713  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 24242/2020 R.G. proposto da AVV_NOTAIO (PEC:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata  e  difesa  dall’ Giudice, giusta procura speciale in calce al ricorso EMAIL; EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata  e  difesa  dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al controricorso (PEC: EMAIL)
-controricorrente – avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  della RAGIONE_SOCIALE n. 7208/12/2019, depositata il 9.12.2019.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  4  dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
 Con  la  sentenza  indicata  in  epigrafe,  la  Commissione  tributaria regionale  della  RAGIONE_SOCIALE  rigettava l’appello  proposto  da lla  RAGIONE_SOCIALE
avverso  la  sentenza  della  CTP  di  Agrigento  che  aveva  rigettato  il ricorso  proposto  dalla  medesima  contribuente  avverso l’avviso  di accertamento per IVA e altro, in relazione all’anno di imposta 2011 e la cartella di pagamento;
 dalla  sentenza  impugnata  si  evince,  per  quanto  ancora  qui  rileva, che:
 eventuali  vizi  relativi  alla  notificazione  della  cartella  impugnata erano stati sanati ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ.;
-anche la censura riguardante la tardiva produzione della documentazione  da  parte  di  RAGIONE_SOCIALE  era  infondata,  in quanto la medesima documentazione era stata riprodotta in appello, essendo ciò consentito dall’art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992;
 priva  di  rilievo  era  pure  la  doglianza  sulla  mancata  chiamata  in causa  dell’Ente  impositore,  in  quanto  la  pretesa  riguardava  somme già  dichiarate  dalla  contribuente  e  recuperate  mediante  controllo automatizzato;
 non  sussisteva  il  denunciato  difetto  di  motivazione  della  cartella impugnata, trattandosi di somme  precedentemente  determinate dall’ente impositore;
-la comunicazione di irregolarità era stata notificata tempestivamente in data 18.04.2014, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, effettuata nel 2012;
i motivi di appello riguardanti la asserita infondatezza della pretesa e il difetto di notificazione dell’avviso di accertamento erano ‘lacunosi e comunque tardivi ‘;
-al concessionario della riscossione non era consentito valutare l’ an o il quantum della  pretesa  impositiva,  in  quanto,  una  volta  ricevuto  il ruolo, doveva emettere la relativa cartella, predisposta su un modello approvato dal RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
con riferimento alle somme dovute a seguito di controllo formale ex art. 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973, la cartella va notificata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione che, nella specie, era stata presentata nel 2012, per cui la cartella di pagamento era stata tempestivamente notificata in data 10.12.2015, essendo irrilevante, per il principio della ‘scissione’ degli effetti per il notificante e per il notificato, la data di ritiro della notifica da parte del destinatario;
 la  RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza con ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, illustrati con memoria;
 RAGIONE_SOCIALE  resisteva  con  controricorso,  illustrato  con memoria.
CONSIDERATO CHE
In via preliminare, deve rilevarsi che, con la memoria, la ricorrente ha dichiarato di rinunciare al terzo e all’ottavo motivo di ricorso;
secondo un consolidato orientamento di questa Corte, detta rinuncia rende superflua una decisione in ordine alla fondatezza o meno RAGIONE_SOCIALE relative censure ed è efficace anche in mancanza della sottoscrizione della parte o del rilascio di uno specifico mandato al difensore, perché – implicando una valutazione tecnica in ordine alle più opportune modalità di esercizio della facoltà d’impugnazione e non comportando la disposizione del diritto in contesa – è rimessa alla discrezionalità del difensore stesso, rimanendo, con ciò, sottratta alla disciplina della rinuncia al ricorso posta dall’art. 390 cod. proc. civ. ( ex plurimis , Cass. 13 gennaio 2021, n. 414; Cass. 27 agosto 2020, n. 17893; Cass. 3 novembre 2016, n. 22269);
-sempre  in  via  preliminare  va  dichiarata  inammissibile  l’ulteriore censura proposta dalla ricorrente con la memoria illustrativa, con la quale si  denuncia  la  violazione  degli  artt.  10,  11,  comma  2,  12  del d.lgs.  n.  546  del  1992  e  132,  comma  2,  n.  4  cod.  proc.  civ.,  in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 4. cod. proc. civ., per non avere la CTR  rilevato  che  RAGIONE_SOCIALE  si  era  fatta  rappresentare  nel giudizio di appello da un AVV_NOTAIO del libero foro, anziché avvalersi di un  difensore  della  propria  struttura  o  dell’Avvocatura  dello  Stato,  e non  aveva  indicato  nella  procura  speciale  alle  liti  le  ragioni  della deroga, con conseguente invalidità della procura alle liti e nullità della costituzione in giudizio dell’agente della riscossione;
– si tratta di censura che è stata proposta solo con la memoria difensiva che può assolvere solo la funzione di illustrare e chiarire i motivi già compiutamente svolti con il ricorso, ovvero confutare le tesi avversarie, ma non può specificare, ampliare o integrare il contenuto RAGIONE_SOCIALE originarie argomentazioni che non siano state adeguatamente prospettate nell’atto introduttivo e, tanto meno, dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito (Cass. Sez. U. 15 maggio 2006, n. 11097, Cass. 21 gennaio 2021, n. 1177; Cass. 28 novembre 2018, n. 30760);
– la censura si pone comunque in contrasto con il più recente orientamento di questa Corte, secondo il quale, con riferimento al patrocinio dell’RAGIONE_SOCIALE, è stato chiarito che, ai fini della rappresentanza e difesa in giudizio, l’RAGIONE_SOCIALE, salva la facoltà di avvalersi anche di propri dipendenti delegati davanti al tribunale e al giudice di pace, si avvale, nei casi previsti dalla Convenzione stipulata con l’Avvocatura dello Stato, di quest’ultima per i casi ad essa riservati dalla Convenzione; negli altri casi si può avvalere di avvocati del libero foro, senza necessità della delibera prevista dall’art. 43, comma 4, r.d. 43, comma 4, r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, ovvero anche nei casi in cui, ancorché riservati convenzionalmente all’Avvocatura erariale, questa non sia disponibile ad assumere il patrocinio (Cass. Sez. U. 19
novembre 2019, n. 30008; Cass. 15 febbraio 2021, n. 3864; Cass. 10 giugno 2021, n. 16314);
– si è osservato, in particolare, che, secondo la suddetta Convenzione (Protocollo di intesa), il par. 3.4.2 della stessa, prevede che l’Ente stia in giudizio avvalendosi anche di avvocati del libero foro nelle controversie relative a liti innanzi alle Commissioni Tributarie (Cass. 29 settembre 2020, n. 20646; Cass. 18 settembre 2020, n. 19448), in conformità al fatto che l’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 riguarda la rappresentanza processuale dell’Agente della riscossione, ossia la capacità e la legittimazione a stare in giudizio dell’organo che rappresenta l’ente, laddove la difesa tecnica è disciplinata dal successivo art. 12 d.lgs. n. 546/1992; pertanto, se la rappresentanza processuale può essere assunta da un delegato a sottoscrivere l’atto difensivo (Cass. 14 ottobre 2015, n. 20628), questa delega può essere conferita anche a un AVV_NOTAIO del libero foro, in considerazione del fatto che l’attribuzione all’Agente della riscossione della capacità di stare in giudizio direttamente o mediante la struttura sovraordinata non esclude la possibilità di avvalersi della difesa tecnica, ai sensi dell’art. 12 d.lgs. n. 546/1992 (Cass. 15 ottobre 2018, n. 25625; Cass. 28 agosto 2024, n. 23304, in motivazione);
– a tale proposito non può non evidenziarsi che l’art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, nel testo novellato, è comunque riferito esclusivamente all’ente pubblico economico RAGIONE_SOCIALE e non anche alle società private (ancorchè a partecipazione pubblica), come RAGIONE_SOCIALE, che (a differenza di quelle, ormai sciolte, del ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) continuano a svolgere autonomamente il servizio di riscossione dei tributi e non hanno la possibilità di avvalersi della difesa dell’Avvocatura dello Stato (Cass. 29 novembre 2023, n. 33135, in motivazione);
-lo scioglimento di RAGIONE_SOCIALE (cancellata d’ufficio dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese ed estinta con decorrenza dal 1.10.2021), a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 76, commi 1, 2 e 4, del d.l. n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni dalla l. n. 106 del 2021, e l’affidamento all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE funzioni relative alla riscossione dei tributi nel territorio della Regione RAGIONE_SOCIALEna, a decorrere dal 1.10.2021, non riguarda il caso in esame, in quanto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era ancora giuridicamente esistente al momento dell’instaurazione del procedimento di appello (2018) e anche al momento di instaurazione del procedimento per cassazione (2020), sicchè poteva costituirsi, anche in assenza di una specifica deliberazione dell’organo amministrativo, a mezzo di un difensore del libero foro;
-va disattesa, in quanto palesemente infondata, anche l’eccezione di inammissibilità  della  costituzione  di  RAGIONE_SOCIALE  nel giudizio  di  legittimità  per  omessa  produzione  della  delibera  del Consiglio di Amministrazione di autorizzazione alla nomina di rappresentanti processuali, atteso che nella procura in atti la stessa non risulta menzionata;
in ogni caso, secondo la consolidata giurisprudenza, in tema di rappresentanza processuale della persona giuridica, quando la fonte del suo potere rappresentativo derivi da un atto soggetto a pubblicità legale, spetta alla controparte, qualora contesti che colui che ha sottoscritto la procura possa agire in giudizio in rappresentanza della società, provare l’irregolarità dell’atto di conferimento ( ex multis, Cass., 30/09/2014, n. 20563; Cass. 11/03/2020, n. 6799; Cass. 10/06/2020, n. 11091; Cass. 17/06/2022, n. NUMERO_DOCUMENTO);
 ciò  premesso,  con  il  primo  motivo,  la  ricorrente  denuncia,  in relazione  all’art.  360,  comma  1,  n.  3 e  n.  4,  cod.  proc.  civ.,  la violazione  o  falsa  applicazione  degli  artt.  12  del  d.lgs.  n.  546  del
1992, 77 e 83 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso qualsiasi decisione sull’eccezione proposta dalla contribuente in ordine alla mancata produzione in giudizio della procura notarile conferita al RAGIONE_SOCIALE generale di RAGIONE_SOCIALE, in forza della quale lo stesso era stato nominato procuratore speciale della società in senso sostanziale e senza la quale non era possibile verificare la sussistenza e dei limiti del suo potere rappresentativo a conferire valida procura alle liti al nominato difensore dell’agente della riscossione, con conseguente difetto della legitimatio ad processum , rilevabile d’ufficio ;
 la  ricorrente  sostiene  che  RAGIONE_SOCIALE  si  era  costituita  nel giudizio  di  appello,  in  persona  del  suo  RAGIONE_SOCIALE  generale,  senza produrre  la  procura  notarile  con  la  quale  erano  stati  conferiti  al predetto  RAGIONE_SOCIALE  Generale i  poteri  di  ‘procuratore  speciale  della società in senso sostanziale’;
il motivo è in primo luogo inammissibile;
-sul punto occorre richiamare l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale ‘ La questione relativa al difetto di legittimazione processuale, pur essendo rilevabile d’ufficio, deve essere coordinata con il sistema di preclusioni introdotto dalla l. n. 353 del 1990, come modificata dalla l. n. 354 del 1995, in forza del quale l’assenza dei poteri rappresentativi, in primo grado, va contestata non oltre l’udienza di trattazione mentre, in appello, può essere inserita tra i motivi di impugnazione. Ne consegue che, in mancanza di tempestiva censura nel corso dei due predetti momenti processuali e qualora il giudice di merito non abbia ritenuto di chiedere d’ufficio, a una RAGIONE_SOCIALE parti, la giustificazione dei poteri rappresentativi in capo alla persona che ha rilasciato la procura ‘ad litem’, la doglianza non è proponibile per la prima volta con il ricorso per cassazione’ (Cass. n. 33769 del 19/12/2019 e n. 10758 del 22/04/2024);
– nella specie, la doglianza è stata tardivamente proposta, in quanto è stata formulata solo con la seconda memoria illustrativa depositata in appello (p. 3 del ricorso per cassazione), che può assolvere unicamente alla funzione di illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto introduttivo, ovvero di confutare le tesi avversarie, ma non può specificare od integrare od ampliare il contenuto RAGIONE_SOCIALE originarie argomentazioni che non siano state adeguatamente prospettate o sviluppate con l’atto introduttivo e, tanto meno, dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito (Cass. Sez. U., 15 maggio 2006, n. 11097, Cass., 21 gennaio 2021, n. 1177; Cass., 28 novembre 2018, n. 30760);
il motivo è in ogni caso infondato;
occorre premettere che le sezioni unite di questa Corte hanno già avuto occasione di osservare (Cass. Sez. U. n. 4248/2016) che all’inevitabile rigore proprio della rilevabilità officiosa, anche in sede di legittimità, del difetto di rappresentanza – sia sostanziale (Cass. sez. U, 24179/2009; Cass. 16274/2015, 4293/2013) che processuale, quest’ultima non potendo sussistere senza la prima (art. 77 c.p.c.) corrisponde, simmetricamente, l’ampia sanabilità del vizio della rappresentanza volontaria ai sensi dell’art. 182 c.p.c., il cui secondo comma è stato infatti interpretato nel senso che, in qualsiasi fase e grado del giudizio, il giudice “deve” (e non solo “può”) assegnare termine per promuovere la sanatoria con effetti ex tunc , senza il limite RAGIONE_SOCIALE preclusioni derivanti da decadenze processuali (v. Cass. Sez. U, 9217/2010; cfr. Cass. 33769/2019, per cui, ove il giudice di merito non si sia attivato d’ufficio, la doglianza non è proponibile per la prima volta con il ricorso per cassazione) e con il solo limite del giudicato interno sulla questione (Cass. 5925/2019);
lo stesso organo nomofilattico ha precisato che, qualora il rilievo del vizio non sia officioso, l’onere di sanatoria sorge immediatamente in
capo al rappresentato – anche in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 372  c.p.c.  –  senza  necessità  di  assegnare  un  termine  che  non  sia motivatamente  richiesto,  giacché  sul  rilievo  di  parte  «l’avversario  è chiamato a contraddire» tempestivamente, con la produzione necessaria  allo  scopo,  volendosi  «salvaguardare  l’ordinamento  dal disvalore  “di  sistema”  costituito  dall’emissione  di  sentenze inutiliter datae » (Sez. U. n. 4248/2016 cit.);
–  nella  specie,  RAGIONE_SOCIALE  ha  tempestivamente  prodotto,  in allegato al controricorso, in replica allo specifico motivo di impugnazione,  la suindicata procura notarile in copia  conforme all’originale (doc.  n.  4);  sul  punto  occorre  aggiungere  che,  per contestare le risultanze di detta attestazione di conformità, la ricorrente avrebbe dovuto proporre querela di falso;
– infine, la censura si pone comunque in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale in tema di rappresentanza processuale RAGIONE_SOCIALE persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo
verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della  persona  giuridica  abbia  anche  asserito  di  farlo  in  una  veste astrattamente  idonea  ad  abilitarlo  alla  rappresentanza  processuale della  persona  giuridica  stessa  (Cass.  17  giugno  2022,  n.  19530; Cass., 22 marzo 2019, n. 8120; Cass., 30 settembre 2014, n. 20563; Cass. Sez. U., 1 ottobre 2007, n. 20596; Cass., 8 giugno 2007, n. 13381; Cass., 2 aprile 2002, n. 4627; Cass., 15 dicembre 2000, n. 15820);
-nella specie, l’espressa menzione che la procura speciale in favore del  direttore  generale  f.f.  di  RAGIONE_SOCIALE  sia  stata  autenticata dal AVV_NOTAIO, costituisce indicazione sufficientemente  precisa,  in  ragione  della  pubblicità  assicurata  dalle forme notarili, dei poteri rappresentativi dell’ente in capo al medesimo  direttore  generale,  la  cui  carica  è  pure  pubblicamente verificabile;
con il secondo motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546/92, 25, lett. a), del d.P.R. n. 600 del 1973 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., n. 3 e n. 4., per motivazione apparente, in quanto la CTR non ha soddisfatto l’obbligo di motivazione richiesto dalla legge, ‘ricorrendo ad una mera enunciazione di elementi descrittivi privi di riscontro e l’esternazione di annotazioni giuridiche non precisamente correlate alla fattispecie ‘; sostiene, in particolare, che la CTR ha erroneamente affermato che le somme dovute traevano la loro origine da un controllo formale ex art. 36 -ter del d.P.R. n. 600 del 1973, facendone discendere il termine di decadenza della notifica della cartella entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi, mentre nella specie il recupero era stato effettuato mediante la liquidazione ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 della dichiarazione dei redditi anno
2011, presentata in data 2012, in relazione alla quale il termine per la notifica della cartella esattoriale è quello del terzo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione; precisa che la notifica doveva avvenire entro il 31.12.2015, mentre nella specie la cartella impugnata era stata notificata in data 11.01.2016; aggiunge che la CTR ha omesso qualsiasi decisione sulla eccezioni proposte dalla contribuente e non ha argomentato sul rigetto RAGIONE_SOCIALE osservazioni e censure avanzate con il ricorso introduttivo e le memorie illustrative, con riferimento ai vizi della notificazione e alla carenza probatoria della documentazione prodotta dalla controparte;
il motivo è inammissibile per carenza di interesse;
-benchè sia effettivamente errato il riferimento all’art. 36 -ter del d.P.R. n. 600 del 1973 e al termine di decadenza del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, in quanto la cartella era stata emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, la CTR ha comunque accertato che nella specie la cartella impugnata era stata notificata in data 10.12.2015 e, quindi, entro il corretto termine decadenziale del 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione;
 il  terzo  motivo  di  ricorso,  con il  quale  deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 25 lett. a) del d.P.R. n. 602 del 1973, 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato che  l’agente  della  riscossione  ave va  notificato  la  cartella  impugnata oltre  il  previsto  termine  di  decadenza,  non  va  esaminato  in  quanto oggetto di rinuncia;
con il quarto motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, 2697 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ.,
per avere la CTR omesso qualsiasi decisione sull’eccezione riguardante l’omessa chiamata in causa dell’ente impositore, da parte del l’agente  della  riscossione  e sul  fatto che,  a  seguito  dell’omessa costituzione in giudizio d ell’ente impositore, i vizi relativi all’iscrizione e formazione del ruolo, comportavano la nullità derivata della cartella di pagamento, quale atto consequenziale, in quanto risultava priva di valido titolo sottostante;
il motivo è inammissibile per carenza di interesse, in quanto la partecipazione o meno dell’ente impositore riguarda esclusivamente i rapporti interni tra quest’ultimo e l’agente della riscossione e non determina alcuna conseguenza sfavorevole nei confronti del contribuente; l’agente RAGIONE_SOCIALE riscossione, infatti, nelle liti promosse nei suoi confronti, che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, ha l’onere, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999, di chiamare in giudizio l’ente impositore, rispondendo, in mancanza, RAGIONE_SOCIALE conseguenze della lite nei confronti del contribuente che, quindi, non subisce, in tal caso, alcun pregiudizio;
con il quinto motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 19, comma 1, lett. a) e d) del d.lgs. n. 546 del 1992 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ., per non avere la CTR dichiarato la nullità della impugnata cartella esattoriale, per non essere stata provata la contestata notificazione dell’avviso di accertamento e la formazione del ruolo esattoriale, posti a suo fondamento, essendo l’impugnata cartella priva del titolo esecutivo sottostante;
-il motivo è inammissibile, perché la cartella di pagamento impugnata è stata emessa ai sensi dell’art. 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e, pertanto, non doveva essere preceduta da alcun avviso di accertamento;
con il sesto motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ., 4, comma 3, della l. n. 890 del 1982, 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ., per avere la CTR omesso qualsiasi decisione sull’eccezione riguardante la nullità o ‘l’invalidità insanabile’ dell’atto impugnato per non avere l’agente della riscossione fornito la prova ‘dell’espletamento della procedura notificatoria’;
con il settimo motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 18 del d.P.R. n. 445 del 2000, 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ., per avere la CTR omesso qualsiasi decisione sull’eccezione riguardante ‘ l’inidoneità probatoria della produzione documentale ex adverso sotto diversi profili ‘ , non essendo la copia della relata di notifica ex art. 149 cod. proc. civ. e il documento denominato ” lnformazioni carico iscritto a ruolo ” idonei a provare l’avvenuta notificazione della cartella di pagamento, per la mancanza di regolare attestazione di conformità all’originale, con conseguente ‘ invalidità insanabile della procedura notificatoria ‘ ;
 il  sesto  motivo  e  il  settimo  motivo,  che  per  connessione  vanno esaminati congiuntamente, sono inammissibili per difetto di autosufficienza;
-sul punto va condiviso l’orientamento, ormai consolidato, secondo il quale, ove con il ricorso per cassazione si contesti la rituale notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, è necessaria la trascrizione integrale RAGIONE_SOCIALE relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso ( ex plurimis , n. 31038 del 2018);
i motivi sarebbero in ogni caso infondati;
-la CTR si era pronunciata sulle denunciate irregolarità del procedimento notificatorio, affermando che la tempestiva proposizione del ricorso, da parte della contribuente, aveva sanato ex art. 156  cod.  proc.  civ. eventuali vizi di notifica della cartella impugnata;
-questa Corte ha ripetutamente affermato che ‘ La natura sostanziale e non processuale della cartella di pagamento non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria; sicché il rinvio disposto dall’art. 26, comma 5, del d.P.R. n. 602 del 1973 (in tema di notifica della cartella di pagamento) all’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 (in materia di notificazione dell’avviso di accertamento), il quale, a sua volta, rinvia alle norme sulle notificazioni nel processo civile, comporta, in caso di nullità della notificazione della cartella di pagamento, l’applicazione dell’istituto della sanatoria per raggiungimento dello scopo, di cui all’art. 156 c.p.c.’ ( ex multis , Cass. n. 27561 del 30/10/2018);
sul punto occorre dare rilievo al principio secondo il quale il vizio della notificazione di un atto tributario investe solo la sua notificazione e non anche l’atto notificato, sicché questo non può essere annullato soltanto per il difetto della sua notificazione, ma è necessario che il contribuente deduca vizi propri di esso atto, non essendo idoneo il mero vizio della notificazione a far venir meno il contenuto di quell’atto se non idoneamente impugnato (Cass. 15 maggio 2006, n. 11137; Cass. 24 giugno 2016, n. 13107), ciò sul presupposto che in conformità con la previsione letterale dell’art. 1334 cod. civ. (ai sensi del quale gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale
sono destinati), la notificazione è una mera condizione di efficacia, non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio (ovvero l’inesistenza) di tale notificazione è irrilevante ove essa abbia raggiunto lo scopo per avere il destinatario impugnato l’atto in data antecedente alla scadenza del termine fissato dalla legge per l’esercizio del potere impositivo (Cass. 15 gennaio 2014, n. 654; Cass. 24 agosto 2018, n. 21071; Cass. 15 luglio 2022, n. 22286; Cass. 21 settembre 2023, n. 27017);
 i  giudici  di  appello  hanno fatto buon governo dei suddetti principi, avendo rilevato che la tempestiva proposizione del ricorso ha sanato eventuali nullità della notificazione della cartella di  pagamento impugnata;
-l’ottavo motivo, con il quale deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 3 della l. n. 241 del 1990, 7 della l. n. 212 del 2000, 2697 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma  1,  n.  3  e  n.  4.  cod.  proc.  civ.,  per  avere  la  CTR  omesso qualsiasi decisione sull’eccezione riguardante il difetto di motivazione della cartella di pagamento impugnata in ordine all’esatta consistenza della pretesa, non va esaminato, in quanto oggetto di rinuncia;
con il nono motivo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 32 e 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, 2697 cod. civ. e 156 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4. cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto sanato ex art. 156 cod. proc. civ. ogni eventuale vizio di notifica, senza considerare che i vizi dedotti, invalidanti la legittimità formale dell’atto impugnato, fra cui l’inidoneità della tardiva produzione documentale per difetto della legitimatio ad processum del procuratore costituito , l’omessa attestazione di conformità legale, l’omessa sottoscrizione del pubblico ufficiale, non sono soggetti alla disciplina di cui all’art. 156 cit.
anche questo motivo è infondato;
– poiché non sussisteva alcun difetto di rappresentanza processuale della RAGIONE_SOCIALE nel giudizio di appello, come si è già evidenziato con riferimento al primo motivo di ricorso, ed era rituale la produzione, nel giudizio di secondo grado, della documentazione riguardante la notifica della cartella di pagamento impugnata, posto che nel processo tributario possono essere legittimamente depositati in appello, ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, prove documentali anche se preesistenti al giudizio di primo grado, le eventuali irregolarità della notifica di detta cartella sono state sanate ex art. 156 cod. proc. civ. con la tempestiva impugnazione dell’atto; – in conclusione, dunque, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.000,00 per compenso, € 200,00 per esborsi, oltre al 15% sul compenso per rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali ed accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 4 dicembre 2024