Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32616 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32616 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/12/2024
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 6680/2023 R.G. proposto da
COGNOME NOME , rappresentato e difeso da ll’avvocato NOME COGNOME (avvEMAIL, giusta procura speciale allegata al ricorso;
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate –RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOME (PEC: EMAILordineavvocatiromaEMAIL, come da procura speciale allegata al controricorso;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia -sezione staccata di Messina n. 7487/10/2022, depositata l’8 .09.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto:
Tributi
La CTP di Messina accoglieva il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso l’ intimazione di pagamento n. 295 2014 9018642403/000, riferita alla pregressa cartella di pagamento n. 295 2009 007123741/000;
con la sentenza in epigrafe indicata, la Commissione tributaria regionale della Sicilia -sezione staccata di Messina accoglieva l’appello proposto dall ‘Agenzia delle entrate , rigettando il ricorso introduttivo del giudizio ed osservando, per quanto ancora rileva in questa sede, che:
la doglianza sulla rappresentanza in giudizio della parte appellante era infondata, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dal contribuente, all’appello era unita, alla fine, la nomina del legale da parte del Direttore Generale della società (e non, quindi, da persona dichiaratasi Presidente della società, come indicato dal contribuente nelle controdeduzioni depositate in appello), a sua volta abilitato con atto notarile alla nomina del difensore;
con riferimento alla prova della notificazione della prodromica cartella di pagamento, non era necessaria l’allegazione di detto atto presupposto nella sua integralità, essendo sufficiente la produzione della documentazione attestante la sua ricezione (avviso di ricevimento o relata in relazione alla forma prescelta per portare l’atto a conoscenza del destinatario) , con l’indicazione del numero dell’atto notificato;
-nella specie, l’appellante aveva prodotto la copia dell’avviso di ricevimento riferito alla cartella di pagamento (della cui conformità all’originale non vi era ragione specifica per dubitare), da l quale risultava che l’atto era stato ricevuto personalmente dal contribuente; -la motivazione dell’atto opposto era sufficiente, in quanto lo stesso era conseguente ad un precedente atto, regolarmente portato a conoscenza del contribuente, e conteneva i dati necessari per
un’agevole comprensione della pretesa esercitata, così come era legittima l’aggiunta degli interessi, che erano conteggiati in base alle disposizioni normative e regolamentari che ne disciplinavano l’applicazione, anche in considerazione del fatto che gli interessi devono essere necessariamente conteggiati; il contribuente, peraltro, non ne indicava una diversa quantificazione;
COGNOME NOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati con memoria;
l ‘Agenzia delle entrate – Riscossione resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 77 e 100 cod. proc. civ. -omesso esame dell’eccezione relativa alla carenza di legitimatio ad processum e conseguente inammissibilità dell’appello di Riscossione RAGIONE_SOCIALE s.p.a., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel rigettare l’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di valida procura del difensore dell’appellante RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE non avendo distinto tra la procura al difensore (presente in atti) e la procura autenticata il 28.4.2015 dal Notaio COGNOME COGNOME, rilasciata dal Presidente della società al Direttore Generale f.f., di cui era stata eccepita la mancata produzione in atti;
il motivo è inammissibile, laddove vada inteso come proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. ;
alla fattispecie in esame, infatti, si applica l’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. nel testo novellato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (essendo stata la sentenza impugnata pubblicata in data 8.09.2022). A seguito di detta modifica normativa, non trovano più accesso al sindacato di legittimità della Corte le censure riguardanti il vizio di insufficienza o incompletezza della motivazione della sentenza di merito impugnata,
essendo denunciabile con il ricorso per cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
-la nuova formulazione del vizio di legittimità, introdotta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha sostituito l’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. (con riferimento alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pubblicate dopo l’11.09.2012), ha limitato il ricorso alla sola ipotesi di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti “, con la conseguenza che, al di fuori dell’indicata omissione, il controllo del vizio di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica della esistenza del requisito motivazionale nel suo contenuto “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. ed individuato “in negativo” dalla consolidata giurisprudenza della Corte – formatasi in materia di ricorso straordinario – in relazione alle note ipotesi (mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale; motivazione apparente; manifesta ed irriducibile contraddittorietà; motivazione perplessa od incomprensibile) che si convertono nella violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4), c.p.c. e che determinano la nullità della sentenza per carenza assoluta del prescritto requisito di validità (Cass. 2.10.2017, n. 23940);
laddove non si contesti la inesistenza del requisito motivazione della provvedimento impugnato, quindi, il vizio di motivazione può essere dedotto solo in caso di omesso esame di un ‘fatto storico’ controverso, che sia stato oggetto di discussione ed appaia ‘decisivo’ ai fini di una diversa decisione, non essendo più consentito impugnare la sentenza per contestare la sufficienza della sua argomentazione sulla base di elementi fattuali ritenuti dal giudice di merito determinanti ovvero scartati in quanto non pertinenti o recessivi (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit. e Cass. Sez. U. 22.09.2014, n. 19881);
-è stato poi precisato che il controllo previsto dal nuovo n. 5 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. concerne l’omesso esame di un fatto ‘storico’, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); – si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” ( ex multis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
il ricorrente non ha denunciato l’omesso esame di un fatto, ma un’inammissibile omesso esame di un’eccezione che la CTR ha, peraltro, esaminato affermando che ‘all’appello è unita, alla fine, la nomina del legale da parte del Direttore Generale della società (non, quindi, da persona dichiaratasi Presidente della società, per come indicato dal contribuente nelle controdeduzioni del presente grado del giudizio), a sua volta abilitato alla nomina di che trattasi con atto
notarile: la parte appellata eccepisce, sul punto, che della ‘ … procura non vi è traccia agli atti di causa … ‘, mentre, come già detto, è unita all’atto d’appello’ ;
il motivo è inammissibile anche se interpretato come diretto a denunciare una violazione di legge, in quanto è carente di specificità ed autosufficienza, non avendo il ricorrente riprodotto, nel testo del ricorso per cassazione, il contenuto degli atti processuali e degli atti difensivi, necessari per comprendere le questioni prospettate con la predetta doglianza e, in particolare, per verificare se l’eccezione era stata proposta con riferimento alla mancata allegazione della procura notarile, in forza della quale era stata conferita dal Presidente e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE la rappresentanza processuale dell’Ente al Direttore generale della stessa società oppure se detta eccezione riguardava la mancata allegazione della procura alle liti;
la CTR ha rilevato, infatti, che era infondata la doglianza sulla rappresentanza in giudizio della parte appellante, in quanto ‘all’appello è unita, alla fine, la nomina del legale da parte del Direttore Generale della società (non, quindi, da persona dichiaratasi Presidente della società, per come indicato dal contribuente nelle controdeduzioni del presente grado del giudizio), a sua volta abilitato alla nomina di che trattasi con atto notarile: la parte appellata eccepisce, sul punto, che della ‘ … procura non vi è traccia agli atti di causa … ‘, mentre, come già detto, è unita all’atto d’appello’ ;
a fronte di tale affermazione, il contribuente avrebbe dovuto riportare, nel testo del ricorso per cassazione, il passaggio argomentativo relativo alla specifica eccezione, come da lui formulata nel giudizio di appello (cfr. Cass. 5.09.2022, n. 26007; Cass. 21.5.2019, n. 13625, Cass. 28.9.2016, n. 19048, Cass. 26.6.2018);
come è stato già precisato da questa Corte, infatti, anche a seguito della sentenza della Corte EDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME altri c/Italia), il motivo di censura deve essere pur sempre modulato secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. 4.2.2022, n. 3612);
le stesse Sezioni Unite (n. 8550 del 2022) hanno fatto applicazione di un orientamento di questa Corte ( ex multis , Cass. 7.3.2018, n. 5478), consolidatosi già anteriormente alla decisione della Corte EDU del 28 ottobre 2021, dalla cui motivazione (cfr. § 110), peraltro, si trae conferma della necessità che la Corte di legittimità, leggendo il ricorso nella sua globalità, debba poter “comprendere l’oggetto della controversia, così come il contenuto delle critiche che dovrebbero giustificare la cassazione della decisione impugnata “, senza, dunque, fare riferimento ad elementi esterni, quali gli allegati al ricorso (Cass. n. 26007 del 2022 cit.);
il motivo sarebbe in ogni caso infondato;
secondo un consolidato orientamento di questa Corte, in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la persona fisica che ha conferito il mandato al difensore non ha l’onere di dimostrare tale sua qualità, neppure nel caso in cui l’ente si sia costituito in giudizio per mezzo di persona diversa dal legale rappresentante e l’organo che ha conferito il potere di rappresentanza processuale derivi tale potestà dall’atto costitutivo o dallo statuto, poiché i terzi hanno la possibilità di verificare il potere rappresentativo consultando
gli atti soggetti a pubblicità legale e, quindi, spetta a loro fornire la prova negativa. Solo nel caso in cui il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale, incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa (Cass. 17 giugno 2022, n. 19530; Cass., 22 marzo 2019, n. 8120; Cass., 30 settembre 2014, n. 20563; Cass. Sez. U., 1 ottobre 2007, n. 20596; Cass., 8 giugno 2007, n. 13381; Cass., 2 aprile 2002, n. 4627; Cass., 15 dicembre 2000, n. 15820);
nella specie, l’espressa menzione che la procura speciale in favore del direttore generale f.f. di Riscossione Sicilia sia stata autenticata dal notaio COGNOME COGNOME, costituisce indicazione sufficientemente precisa, in ragione della pubblicità assicurata dalle forme notarili, dei poteri rappresentativi dell’ente in capo al medesimo direttore generale, la cui carica è pure pubblicamente verificabile;
con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2712 e 2719, 2943 e 2948 n. 5 cod. civ., 26, comma 5, del d.P.R. n., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che, ai fini della prova della notifica della prodromica cartella di pagamento, fosse sufficiente l’allegazione della ‘ copia dell’avviso di ricevimento, riferito alla cartella di pagamento (della cui conformità all’originale non v’è
ragione di dubitare)’ , così non facendo corretta applicazione delle norme in materia, avendo il contribuente contestato la conformità della copia della cartella di pagamento notificata all’originale e chiesto l’esibizione dell’originale della stessa ;
il motivo è infondato;
-secondo l’art. 26, comma 4, del d.P.R. n. 602 “l’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” ;
secondo la condivisibile interpretazione data a tale disposizione da questa Corte, ai fini della prova della notifica, non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella di pagamento, essendo sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relativa relazione di notifica (Cass. n. 20769 del 2021), ovvero anche solo la produzione della relazione di notificazione e/o dell’avviso di ricevimento, recanti il numero identificativo della cartella (Cass. n. 23902 del 2017 e Cass. n. 24323 del 2018);
in ordine al mancato ordine di esibizione degli originali degli avvisi di ricevimento, poi, va ricordato che la copia fotostatica non autenticata di un documento si ha per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione, se la parte comparsa non la disconosce, in modo specifico ed inequivoco (Cass. n. 882/2018; n. 4053/2018);
sul punto è stato anche affermato che il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, ai sensi dell’art. 2719 cod. civ., impone che, pur senza vincoli di forma, la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro
ed univoco sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti né il ricorso a clausole di stile né generiche asserzioni (Cass. n. 16557 del 2019);
nella specie, il disconoscimento è privo di efficacia, in quanto generico, essendosi il ricorrente limitato a disconoscere la conformità all’originale delle notifiche, perché prodotte ‘ in un solo foglio ‘ e ‘in fotocopia’;
con il terzo motivo, deduce la violazione degli artt. 3 della l. n. 241 del 1990 e 7 della l. n. 212 del 2000 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere il giudice di appello rigettato l’eccezione di nullità dell’intimazione per mancata indicazione del metodo di applicazione degli interessi ritenendo che era legittima l’aggiunta di interessi che vengono conteggiati in base a disposizioni normative e regolamentari che ne disciplinano l’applicazione, mentre avrebbe dovuto dichiarare illegittima l’i ntimazione di pagamento poiché per quanto normativamente predeterminato, il Fisco non può omettere di motivare il pagamento di quanto viene richiesto al contribuente non indicando i criteri che vengono adottati per il conteggio degli interessi che sarebbero dovuti;
– il motivo è infondato;
questa Corte ha più volte precisato, con riferimento alla motivazione della cartella di pagamento, emessa a seguito della notifica di un precedente atto impositivo, che è sufficiente il riferimento all’atto presupposto e, dunque, non può essere annullata per vizio di motivazione anche qualora non contenga l’indicazione del contenuto essenziale di detto atto, conosciuto dal contribuente in quanto allo stesso notificato e, eventualmente, impugnato (Cass. n. 28873 del 12/11/2019; n. 15580 del 22/06/2017; n. 21177 dell’8/10/2014);
– i richiamati principi sono stati ribaditi, anche di recente, dalle Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza 14 luglio 2022, n. 22281, che, sempre con specifico riferimento alla cartella di pagamento, che segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il «quantum» del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, ha affermato che la stessa è congruamente motivata – con riguardo al calcolo degli interessi nel frattempo maturati – attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione prescritto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990;
– in tal caso, infatti, la cartella di pagamento svolge la funzione di avviare la fase di riscossione coattiva dei tributi e, laddove la stessa faccia riferimento ad un atto che abbia già determinato, in base alla normativa di riferimento, il quantum reclamato a titolo di interessi atto divenuto definitivo vuoi perché non impugnato, vuoi perché definitivamente confermato quanto alla sua legittimità in sede giudiziale o comunque ivi rideterminato in maniera in tutto o in parte difforme rispetto all’originaria richiesta di interessi formulata dall’Ufficio, l’accertamento formatosi con riguardo all’obbligazione relativa agli interessi dovuti dal contribuente troverà corrispondenza nel ruolo che la cartella ordinariamente riprodurrà; per tali ragioni la motivazione in simili evenienze – alla stregua di quanto previsto dall’art. 12, comma 3 del d.P.R. n. 602/1973 – non imporrà alcun onere aggiuntivo al soggetto emittente la cartella, se non il riferimento – diretto e specifico all’atto fiscale e/o alla sentenza che lo ha reso definitivo, trovando la quantificazione degli interessi, quanto a decorrenza e modalità di calcolo, la sua fonte nell’atto prodromico (Cass. sez. U. n. 22281 del 2022 cit.);
-i principi richiamati valgono, a maggior ragione, per l’intimazione di pagamento che ha un contenuto vincolato e non necessita di una particolare motivazione, oltre all’indicazione della cartella non pagata e precedentemente notificata, sicchè deve escludersi un vizio di motivazione sulle modalità di calcolo degli interessi, peraltro dedotto dal contribuente in modo estremamente generico;
in conclusione, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna COGNOME Sebastiano al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate Riscossione, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 2.400,00 per compenso , € 200,00 per esborsi, oltre al 15% sul compenso per rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 ottobre 2024