Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21395 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21395 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17629/2022 R.G. proposto da: NOME COGNOME elettivamente domiciliato in GALATINA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA TOSCANA n. 425/2022 depositata il 16/03/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia della Entrate -Riscossione notificava il 4 giugno 2018, a Calissi NOME l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA correlata alle cartelle di pagamento portanti pretese tributarie nn. NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, 06220060011951205000, 06220060013991440000, 06220070011174533000, 06220070013616486000, 05220070014650309000, 06220070015457078000, 06220080017553912000, 06220090002923674000, 06220080017553912000.
Avverso l’intimazione e le cartelle di pagamento alla stessa sottese, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Lucca che, con la sentenza n. 260/01/2019 depositata in data 04/06/2019, aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere sulle cartelle esattoriali nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA annullate ex art. 4 D.L. 119/2018, e l’inammissibilità dell’impugnazione in relazione agli atti nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA. Nel merito, il Collegio aveva respinto il ricorso in considerazione della rituale notificazione delle cartelle di pagamento opposte e del mancato decorso del termine di prescrizione, debitamente interrotto dalla notificazione di successivi atti esattoriali diretti alla rinnovazione del credito intimato.
Avverso tale pronuncia, il contribuente proponeva appello dinanzi alla CTR della Toscana chiedendone la riforma limitatamente alle cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA,
NUMERO_CARTA L’appellante ha contestato la decisione per aver la C.T.P. ritenuto provata la notifica degli atti impositivi ed interruttivi della prescrizione, lamentando l’erronea valutazione della documentazione prodotta dall’Ente.
Si è costituito in giudizio l’Agente della Riscossione ribadendo le difese svolte nel precedente grado e chiedendo il rigetto dell’appello. L’adita C.T.R., con sentenza n. 425/01/2022 depositata il 16/03/2022, ha respinto l’appello del contribuente , ritenendo l’avvenuta notifica delle cartelle di pagamento e dei successivi atti interruttivi (intimazioni di pagamento, preavviso di fermo), tra i quali ha considerato anche la richiesta di rateizzazione che costituisce riconoscimento di debito.
Il contribuente propone ora ricorso per cassazione affidato a sette motivi.
Resiste l’Ufficio con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2946 c.c., 2948 c.c., 2953 c.c., art. 20, comma 3, DPR 472/97, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver la CTR ritenuto applicabile il più lungo termine decennale, rigettando l’eccezione di prescrizione quinquennale della pretesa erariale nonché di sanzioni e interessi.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 139 comma 4 c.p.c., art. 60, lett. B -bis DPR 600/73 e art 140 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. , in particolare contestando che la sentenza d’appello ‘ in primo luogo si dimentica che solo per le cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA, n. 0622006009356101, n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA la consegna sarebbe stata effettuata a mani di familiare convivente (madre e
padre del sig. COGNOME e non anche per le altre cartelle impugnate e presunti atti interruttivi ‘ e ‘ in secondo luogo comunque in sentenza si fa mal governo del combinato disposto degli articoli che regolano la notifica dell’atto esattivo a familiare convivente ‘. In particolare, sotto questo secondo profilo, si censura la sentenza impugnata laddove si è richiamato l’art. 139 c.p.c., comma 4, che prevede l’obbligo (a carico del notificante) di dare notizia dell’avvenuta notifica al destinatario, soltanto laddove venga consegnata la copia dell’atto al ‘ portiere ‘ o al ‘ vicino ‘ di casa , inapplicabile alle notifiche degli atti tributari o esattivi (avvisi di accertamento, cartelle esattoriali, etc.).
Con il terzo motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, L. n. 890/82 e art 140 c.p.c., art. 36, comma 2 n. 4) d. lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; il vizio di omessa pronuncia su una domanda decisiva, in relazione dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.; nonché il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., perché con riferimento alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA non è stato provato il perfezionamento della notifica con il rito dell’irreperibilità relativa.
Con il quarto motivo di ricorso si contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, comma 5, D.lgs. n. 261/99 ratione temporis, art. 36, comma 2 n. 4) d. lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; il vizio di omessa pronuncia su una domanda decisiva, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.; nonché il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., per aver la CTR omesso di riconoscere che la notifica di tutte le sette cartelle di pagamento ancora in esame (asseritamente effettuate da tale ‘RAGIONE_SOCIALE) prodromiche all’intimazione e delle 3 intimazioni di pagamento (effettuate da
‘RAGIONE_SOCIALE‘) è viziata da inesistenza giuridica in quanto notifiche tentate da società private prima dell’entrata in vigore della Legge n° 124/17 che ha disposto -con decorrenza dal 10 settembre 2017 l’abrogazione dell’art. 4, comma 5, del D. Lgs. n° 261/99, con l’effetto della ‘soppressione’ dell’attribuzione esclusiva a Poste Italiane S.p.a. dei servizi di notifica degli atti, quale c.d. ‘gestore universale’.
Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1988, art. 2944 c.c. e art. 2697 c.c., art. 36, comma 2 n. 4) d. lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; vizio di omessa pronuncia su una domanda decisiva, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.; nonché vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., per aver la CTR omesso di verificare che la documentazione prodotta dall’Agenzia delle Entrate Riscossione non prova la notifica di un’istanza di rateazione per le cartelle; nonché per non aver ritenuto che, in ogni caso una mera istanza di rateazione non è atto di riconoscimento di debito, ovvero atto interruttivo della prescrizione.
Con il sesto motivo di ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21, d. lgs. 546/92, art. 36, comma 2 n. 4) d. lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; vizio di omessa pronuncia su una domanda decisiva, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.; nonché il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., per aver la CTR omesso di pronunciarsi sul motivo di appello avente ad oggetto il tema dell’omessa impugnazione di atti interruttivi succedanei a cartelle di pagamento mai notificate. In sostanza, si osserva che l’atto tributario (nella specie, cartella di pagamento) la cui notifica non sia ‘perfetta’ è inesistente, cosicché i successivi a tti di
intimazione non determinano alcuna preclusione, anche considerato che, non essendo questi ultimi ricompresi tra quelli indicati all’art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, la loro impugnazione costituisce una facoltà e non un onere.
Con il settimo motivo di ricorso si adombra la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23, comma 5, L. 689/81, art. 36, comma 2 n. 4) d. lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.; il vizio di omessa pronuncia su una domanda decisiva, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per aver la CTR condannato l’appellante alla refusione delle spese di lite, quantificate in euro 4.000,00, oltre accessori se dovuti, nonostante l’Agenzia delle Entrate -Riscossione abbia provveduto a difendersi con un proprio funzionario, senza conferire procura alle liti ad un avvocato del libero foro.
Il primo motivo è fondato e va accolto per quanto di ragione.
Questa Corte ha osservato che ‘ Il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta ‘ (Cass. n. 32308 del 2019; Cass. n. 12740 del 2020).
Diversamente, tuttavia, occorre ragionare in punto di sanzioni e interessi, avendo questa Corte puntualizzato condivisibilmente che ‘ Gli interessi relativi alle obbligazioni tributarie si pongono in rapporto di accessorietà rispetto a queste ultime unicamente nel momento genetico, atteso che, una volta sorta, l’obbligazione di interessi acquista una propria autonomia in virtù della sua progressiva maturazione, uniformandosi, pertanto, quanto alla prescrizione, al termine quinquennale previsto, in via generale, dall’art. 2948, n. 4, c.c., che prescinde sia dalla tipologia degli interessi sia dalla natura dell’obbligazione principale ‘ (Cass. n.
2095 del 2023). In precedenza, la Suprema Corte aveva già evidenziato che ‘ In caso di notifica di cartella esattoriale non fondata su una sentenza passata in giudicato, il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria relativa alle sanzioni ed agli interessi è quello quinquennale, così come previsto, rispettivamente, per le sanzioni, dall’art. 20, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 e, per gli interessi, dall’art. 2948, comma 1, n. 4, c.c.’ (Cass. n. 7486 del 2022).
Il secondo motivo è ammissibile e fondato nei seguenti limiti.
Esso fa questione dell’irregolarità della notifica delle cartelle di pagamento alla base dell’atto di intimazione oggetto di causa impingendo, tuttavia, in un deficit di specificità e autosufficienza, a misura della mancata trascrizione delle notifiche di cui pure stigmatizza l’irregolarità . Il mezzo di ricorso trascura di dar conto, in altri termini, dell’esatta declinazione del procedimento notificatorio che assume infirmato in relazione alle singole cartelle. Come questa Corte ha evidenziato, in tema di ricorso per cassazione, ove sia contestata la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass., 30 novembre 2018, n. 31038). Si tratta di un principio sedimentato nella giurisprudenza nomofilattica, al lume del quale ove sia dedotto il vizio di una relata di notifica, la trascrizione integrale della medesima si rende necessaria ogni qualvolta sia strettamente funzionale -come nella specie -alla comprensione del motivo, atteso che l’adempimento dei requisiti di contenuto-forma previsti dall’art. 366 c.p.c.. non è fine a se stesso, ma è strumentale al
dispiegamento della funzione che è propria di detti requisiti (Cass., 17 gennaio 2019, n. 1150).
A questa stregua, è ammissibile la seconda parte del motivo, che è ben comprensibile senza necessità della trascrizione delle notifiche sulla base della sola lettura della sentenza; la censura è pure fondata, essendo errata la sentenza impugnata laddove afferma che la notifica della cartella di pagamento a familiare convivente del destinatario « perfeziona la notifica dell’atto medesimo senza bisogno di ulteriore avviso di conferma », previsto dall ‘art. 139 comma 4 c.p.c. soltanto in caso di consegna al portiere o al vicino.
Prevale, infatti, la normativa speciale e, in particolare, l’art. 26, D.P.R. n° 602/73 (‘ notificazione della cartella di pagamento ‘) che prevede, al comma 1, che le cartelle sono notificate (art. 137 e ss. c.p.c.) ‘ dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario ‘, e rinvia, al comma 6, all’art. 60 D.P.R. n° 600/73 (‘ notificazioni ‘) statuendo che ‘ per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell’art. 60 ‘ cit.
Il citato art. 60, comma 1, dispone che ‘ la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita ‘ in virtù dell’art. 137 c.p.c. segg. ma ‘ con le seguenti modifiche ‘, tra le quali alla lettera bbis ), con effetto dal 4.7.2006, si stabilisce che ‘ se il consegnatario non è il destinatario dell’atto il messo dà notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata ‘.
E invero, secondo orientamento consolidato di questa Corte, l’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, pur rinviando alla disciplina del codice di procedura civile, richiede, a differenza di quanto disposto dall’art. 139, comma 2, c.p.c., anche ove l’atto sia consegnato nelle mani di persona di famiglia, l’invio della raccomandata informativa quale adempimento essenziale della notifica che sia eseguita dai messi comunali o dai messi speciali autorizzati dall’ufficio delle
imposte (Cass. n. 2868 del 2017; Cass. n. 14093 del 2022; Cass. n. 30821 del 2024).
Il terzo motivo è inammissibile.
Due convergenti profili di inammissibilità segnano la sorte negativa della censura.
In primo luogo, il motivo sovverte il canone della specificità del ricorso per cassazione, che prescrive, tra l’altro, la necessità di evitare la promiscua deduzione di vizi eterogenei e di varia natura (Cass., 23 settembre 2011, n. 19443; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874).
Nel caso che occupa, in effetti, il motivo è formulato mediante l’incongrua sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei e tra di loro divaricati e larvatamente inconciliabili, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5, c.p.c. In particolare, non è consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della omessa pronuncia da un lato, che il vaglio di una questione assume escluso, la violazione di norme di diritto, dall’altro, che suppone, viceversa, accertati gli elementi del fatto in relazione ai quali si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, da un altro lato ancora, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione. Questa Corte ha in particolare puntualizzato l’inammissibilità del motivo, formulato mediante la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione
(Cass., 13 dicembre 2019, n. 32952; Cass., 4 ottobre 2019, n. 24901; Cass., 23 ottobre 2018, n. 26874).
Ciò detto, ad affliggere irreparabilmente la censura è comunque anche in questo caso un vizio di specificità e autosufficienza, sol che si consideri che essa evoca e rimanda a documentazione di cui non fornisce traccia contenutistica alcuna. La censura si sottrae al vaglio per la sua non intellegibilità. In buona sostanza, infatti, gli atti che hanno marchiato negativamente il procedimento moratorio, tanto da viziarlo alla radice, non sono riportati né integralmente, né parzialmente a misura da consentire un sindacato effettivo. Ciò sebbene -si ribadisce -in tema di ricorso per cassazione, ove sia contestata la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, è necessaria la trascrizione delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass., 30 novembre 2018, n. 31038 cit.; da ultimo v. in tema Cass. 9 marzo 2025, n. 6288).
Il quarto motivo è inammissibile per le medesime ragioni già evidenziate con riferimento ai motivi che precedono: da un lato, è viziato dalla sovrapposizione o mescolanza di mezzi di impugnazione eterogenei e, dall’altro, è carente di specificità e autosufficienza in ordine al procedimento notificatorio, limitandosi a rilevare « l’intervento della società di posta privata nell’attività di notifica di tutte le cartelle di pagamento e intimazioni di pagamento ».
Va osservato, in relazione a tale ultimo profilo, che « In tema di notificazioni a mezzo posta, la notifica eseguita per il tramite di operatore postale privato in possesso di titolo abilitativo minore, costituito dalla “licenza individuale” di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 261 del 1999, nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata con il d.lgs. n. 58 del 2011 e quella portata
dalla l. n. 124 del 2017, è fidefacente, per effetto dell’art. 4 del d.lgs. n. 261 del 1999 e succ. modif., soltanto quando abbia ad oggetto atti amministrativi e tributari » (Cass. n. 25521 del 2020; Cass. n. 2290 del 2020). Si noti in proposito che, secondo quanto indicato in ricorso, gli atti di intimazione furono notificati tra il 2014 e il 2016.
In ogni caso, anche per il periodo precedente, « la riserva in via esclusiva prevista dall’art. 4, comma 5, del d.lgs. n. 261 del 1999, a favore del fornitore del servizio universale, volta a garantire l’attestazione fidefacente della puntualità e regolarità degli adempimenti, è rispettata allorquando il plico, inizialmente affidato ad un’agenzia postale privata, sia da quest’ultima veicolato all’Ente Poste, il quale provveda all’integrale esecuzione della procedura ed in particolare alla consegna, con attestazione, sulla cartolina di ricevimento, della relativa data, sicché la notifica non può considerarsi inesistente o omessa » (Cass. n. 15347 del 2015).
Il quinto motivo, in disparte il profilo d’inammissibile derivante dalla mescolanza dei mezzi d’impugnazione eterogenei, deve essere comunque disatteso.
Il motivo contrappone ad un accertamento di fatto in punto di intervenuta presentazione di un’istanza di rateazione del debito fiscale una differente ricostruzione del merito della controversia, basata sulla valorizzazione di un compendio documentale alternativo. Così facendo, tuttavia, lungi dal contestare efficacemente la sentenza d’appello, parte ricorrente finisce per invocare un diverso e più appagante accertamento dei fatti, invero precluso nella presente sede.
Laddove, peraltro, la censura tende ad escludere la valenza ricognitiva del debito sottesa all’accertata presentazione dell’istanza di pagamento rateale, essa si pone in urto frontale col principio affermato da questa Corte a tenore del quale ‘ La domanda di rateazione e di definizione agevolata dei tributi, benché
corredata dalla formula di salvezza dei diritti connessi all’esito di accertamenti giudiziali in corso, configura un riconoscimento di debito, al quale l’art. 2944 c.c. ricollega l’effetto interruttivo della prescrizione, in quanto atto giuridico in senso stretto, di carattere non recettizio, che non richiede in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva, ma soltanto la volontarietà e la consapevolezza dell’esistenza del debito ‘ (Cass. n. 9221 del 2024).
Il sesto motivo, anch’esso viziato per mescolanza dei mezzi d’impugnazione, è infondato.
Esso si scontra co n quanto stabilito dall’art. 19 ult. comma del d.lgs. n. 546/1992 secondo cui ‘ Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo’ nonché con il principio di affermato da questa Corte alla cui stregua ‘ In tema di contenzioso tributario, l’intimazione di pagamento di cui all’art. 50 d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto equiparabile all’avviso di mora di cui al previgente art. 46 d.P.R. cit., è impugnabile autonomamente ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 546 del 1992, sicché la sua impugnazione non integra una facoltà del contribuente, bensì un onere al fine di far valere le vicende estintive del relativo credito anteriori alla sua notifica ‘ (Cass. n. 6436 del 2025 e altra giurisprudenza ivi citata). Più in generale la giurisprudenza di legittimità ha rilevato che la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito; detto principio si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra tributarie, nonché di crediti delle
Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via (Cass., Sez. Un., n. 23397 del 2016; Cass. n. 930 del 2018; Cass. n. 11800 del 2018).
Il settimo motivo è infondato.
Questa Corte ha reiteratamente affermato che ‘ Nel processo tributario, all’Amministrazione finanziaria che sia stata assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite, spetta la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, ora contenuto nell’art. 15, comma 2-bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma comunque da sempre previsto da detto articolo, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti che siano legittimati a svolgere attività difensiva nel processo ‘ (Cass. n. 1019 del 2024; Cass. n. 23055 del 2019; Cass. n. 27634 del 2021).
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto unicamente in relazione al primo e secondo motivo, nei termini in motivazione. La sentenza d’appello va, pertanto, cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado territorialmente competente, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo e secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, rigettato il resto; cassa di conseguenza la sentenza d’appello e rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Toscana, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 28/05/2025.