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Notifica cartella di pagamento: la guida completa

Un contribuente ha impugnato una cartella di pagamento per IRPEF e IVA, sostenendo la nullità della notifica via PEC e l’omessa comunicazione preventiva di irregolarità. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo principi chiave sulla validità della notifica cartella di pagamento. La Corte ha chiarito che, per la validità della notifica, è sufficiente che l’indirizzo PEC del destinatario sia iscritto nel registro INI-PEC, non essendo richiesto lo stesso per il mittente. Inoltre, ha ribadito che la comunicazione di irregolarità non è un atto presupposto necessario nei controlli automatizzati per omessi versamenti.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica cartella di pagamento: quando la PEC è valida anche se il mittente non è in INI-PEC

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha stabilito importanti principi in materia di notifica cartella di pagamento tramite Posta Elettronica Certificata (PEC). La pronuncia chiarisce la validità della notifica anche quando l’indirizzo PEC del mittente, ovvero l’ente di riscossione, non risulta iscritto nei pubblici registri come l’INI-PEC. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere i requisiti di validità degli atti impositivi e le garanzie per il contribuente.

I Fatti del Caso

Un contribuente ha ricevuto una cartella di pagamento per IRPEF e IVA relative all’anno d’imposta 2015. La cartella era stata emessa a seguito di un controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. 600/73. Il contribuente ha impugnato l’atto davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che ha rigettato il ricorso. La decisione è stata confermata anche in appello dalla Commissione Tributaria Regionale.

Il contribuente ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi principali:
1. Violazione di legge e omessa pronuncia su un’eccezione specifica.
2. Nullità della cartella per mancata notifica della comunicazione di irregolarità, considerata un atto prodromico essenziale.
3. Illegittimità della notifica della cartella via PEC, poiché l’indirizzo del mittente (l’ente di riscossione) non era presente nell’elenco pubblico INI-PEC.
4. Erronea condanna al pagamento delle spese processuali, sostenendo che l’ente non potesse ottenerle difendendosi con propri funzionari.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità dell’operato dell’ente di riscossione e delle sentenze dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno analizzato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo chiarimenti decisivi su questioni procedurali di grande rilevanza pratica.

Validità della notifica cartella di pagamento via PEC

Il punto centrale della controversia riguardava la validità della notifica tramite PEC. Il ricorrente sosteneva che, per essere valida, la notifica dovesse provenire da un indirizzo PEC presente nel registro pubblico INI-PEC.

La Corte ha respinto questa tesi, basandosi sull’interpretazione letterale dell’art. 26 del D.P.R. 602/1973. Questa norma, infatti, prevede che la notifica a mezzo PEC debba essere eseguita all’indirizzo del destinatario risultante dall’INI-PEC. Non impone, invece, lo stesso obbligo per l’indirizzo del mittente. Di conseguenza, l’estraneità dell’indirizzo PEC dell’ente di riscossione dal registro INI-PEC non inficia di per sé la validità della notifica. Ciò che conta è che l’atto provenga in modo riconoscibile dall’ente e che il destinatario lo riceva effettivamente, come avvenuto nel caso di specie, tanto che il contribuente ha potuto impugnare tempestivamente la cartella.

L’obbligo di contraddittorio preventivo

Un altro motivo di ricorso si concentrava sulla mancata ricezione della comunicazione di irregolarità, considerata un atto indispensabile prima dell’emissione della cartella. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: nei casi di controllo automatizzato ex art. 36-bis, che si basano su dati contabili dichiarati dal contribuente stesso e non versati, la comunicazione preventiva non è un atto presupposto necessario.

L’invio dell’avviso bonario è richiesto solo quando emergono incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione che necessitano di un chiarimento. Quando, come in questo caso, si tratta di un mero controllo documentale su un omesso o carente versamento, la sua omissione costituisce una semplice irregolarità che non invalida la successiva cartella di pagamento.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una rigorosa interpretazione delle norme procedurali. Riguardo alla notifica PEC, ha sottolineato che il requisito dell’iscrizione in INI-PEC è posto a garanzia del destinatario, per assicurare che l’atto sia inviato all’indirizzo corretto e legalmente riconosciuto. La legge non estende tale requisito al mittente. L’essenziale è la riferibilità dell’atto all’ente che lo ha emesso e la sua effettiva ricezione da parte del contribuente, circostanze che non erano state contestate. Per quanto concerne la comunicazione di irregolarità, i giudici hanno ribadito che il contraddittorio preventivo non è un obbligo assoluto in materia di riscossione. È imposto solo in presenza di “incertezze su aspetti rilevanti”, situazione non riscontrabile in un controllo meramente formale di versamenti omessi. Infine, sulla liquidazione delle spese, la Corte ha fatto riferimento all’art. 15 del D.Lgs. 546/1992, che autorizza esplicitamente la condanna alle spese a favore dell’ente impositore o di riscossione anche quando si avvale di propri funzionari, prevedendo un calcolo basato sulle tariffe forensi con una riduzione del 20%.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza della Cassazione rafforza alcuni principi fondamentali del diritto tributario processuale. In primo luogo, la notifica della cartella di pagamento via PEC è valida se inviata a un indirizzo del destinatario presente in INI-PEC, a prescindere dall’iscrizione del mittente in tale registro. In secondo luogo, il contraddittorio preventivo non è un passaggio obbligato nei controlli automatizzati per omessi versamenti. Infine, viene confermato il diritto dell’ente di riscossione a ottenere il rimborso delle spese legali anche quando si difende in giudizio tramite i propri dipendenti. Queste conclusioni offrono maggiore certezza giuridica e delineano con chiarezza i confini dei diritti e degli obblighi sia per i contribuenti che per l’amministrazione finanziaria.

È valida la notifica di una cartella di pagamento via PEC se l’indirizzo del mittente (l’ente di riscossione) non è presente nell’elenco pubblico INI-PEC?
Sì, la notifica è valida. Secondo la Corte, la legge (art. 26, D.P.R. 602/1973) richiede che sia l’indirizzo del destinatario a essere iscritto nel registro INI-PEC, non quello del mittente. L’elemento cruciale è la prova della ricezione dell’atto da parte del contribuente, che permette l’esercizio del diritto di difesa.

L’omessa comunicazione preventiva di irregolarità rende sempre nulla una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato?
No. La Corte ha chiarito che la comunicazione preventiva (avviso bonario) è obbligatoria solo quando sussistono “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”. In caso di controllo automatizzato per omessi o carenti versamenti di imposte già dichiarate, la sua omissione è considerata una mera irregolarità e non invalida la cartella di pagamento.

L’ente di riscossione ha diritto al rimborso delle spese processuali se si difende con propri funzionari anziché con l’Avvocatura dello Stato?
Sì, ha diritto al rimborso. La Corte ha confermato che la normativa (art. 15 del D.Lgs. 546/1992) prevede espressamente la liquidazione delle spese a favore dell’ente di riscossione anche quando è assistito da propri funzionari, applicando le tariffe previste per gli avvocati con una riduzione del 20%.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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