Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15249 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15249 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/06/2025
Cartella di pagamentoNotificazione diretta mediante raccomandata
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19984/2021 R.G. proposto da: NOME COGNOME
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t.
-resistente –
nonché
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE, in persona del Direttore p.t.
-intimata –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 160/2021, depositata in data 11/01/2021, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/05/2025 dal relatore consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria provinciale di Lecco dichiarava inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME contro l’avviso di intimazione n. NUMERO_CARTA e la presupposta cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA relativi a Irpef dell’anno di imposta 2004.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello del contribuente, evidenziando la regolare notifica della cartella mediante raccomandata, il 15/09/2010, senza che occorresse produrre in giudizio la copia della cartella stessa, mentre il disconoscimento dell ‘estratto di ruolo e della copia fotostatica della relata di notifica era generico ; inoltre riteneva infondata l’eccezione di prescrizione con riferimento all’intervallo temporale successivo alla notifica della cartella attesa l’interruzione operata tramite la notifica della intimazione impugnata in data 24/10/2015.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione il contribuente in base a cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate -Riscossione non svolge attività difensiva.
L ‘Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza camerale del 9/05/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso , proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n.4 c.p.c., si deduce la violazione di legge e la carenza di motivazione.
1.1. Il motivo è inammissibile, per plurime concorrenti ragioni.
In primo luogo, esso è formulato in modo promiscuo, denunciando vizi sia di motivazione che di violazione di legge.
Non è infatti ammissibile un motivo formulato mediante la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c. non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. n. 32952/2019; Cass. n. 24901/2019; Cass. n. 26874/2018) e ciò anche a volere accogliere l’orientamento meno rigoroso che subordina l’ammissibilità del motivo frutto di mescolanza (Cass. n. 32952 /2019; Cass. n. 24901/2019; Cass. n. 26874/2018) alla condizione che lo stesso comunque evidenzi specificamente la trattazione delle doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione delle norme di diritto appropriate alla fattispecie ed i profili attinenti alla ricostruzione del fatto.
Tale condizione nel caso in esame non sussiste perché il fatto (e in particolare la notificazione e le sue modalità) non è minimamente descritto così come le disposizioni di legge asseritamente violate non solo nella rubrica non vengono indicate ma neanche appaiono chiaramente enucleabili dall’esposizione del motivo medesimo.
Il motivo, in più punti, fa poi riferimento a disposizioni processuali espressamente evidenziando però che saranno oggetto di altri motivi di ricorso; successivamente si deduce che la CTR avrebbe errato nel fare applicazione dei principi esposti da Cass. n. 2790/2016, in tema di notifica della cartella a mezzo raccomandata, assumendo una violazione del principio della gerarchia delle fonti, in quanto tale orientamento violerebbe gli artt. 6 e 10 della legge n. 212 del 2000.
Il mezzo presenta infine evidenti profili di inammissibilità per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c., applicabile ratione temporis , anche accedendo ad un’interpretazione non formalistica di tale disposizione.
Infatti, questa Corte ha già ritenuto che il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., quale corollario del requisito di specificità dei motivi anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 – non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass., S.U., n. 8950/2022); nello stesso senso sui limiti di compatibilità tra principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., e principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, in ossequio al criterio di proporzionalità, cfr. Cass. n. 12481/2022 e Cass. n. 11325/2023.
Ebbene, nel caso di specie, a fronte della statuizione dei giudici di appello relativa all’avvenuta notificazione della cartella direttamente mediante raccomandata con avviso di ricevimento, la mancata descrizione delle modalità della notifica, la mancanza di specifica localizzazione, tra le produzioni istruttorie di merito, della relata di notifica, nonchè l’assenza di ogni sintetica descrizione della stessa o della sua trascrizione, incidono sostanzialmente sull’effettiva comprensione della fattispecie, nei termini in cui è censurata.
Giova comunque evidenziare la radicale infondatezza della denunciata carenza di motivazione e la correttezza dei richiami giurisprudenziali della CTR.
Sotto il primo profilo, infatti, il motivo sfugge radicalmente ai canoni di valutazione del vizio di motivazione di cui a Cass. Sez. U., n. 8053/2014, in quanto la motivazione della sentenza della CTR non solo è graficamente presente ma è del tutto pienamente comprensibile, sia nelle argomentazioni in fatto che in quelle in diritto.
Sotto il secondo profilo, l’orientamento di questa Corte è granitico nel ritenere, in tema di riscossione delle imposte, che la notifica della cartella di pagamento può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del primo comma dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, in quanto l’avvenuta effettuazione della notificazione, su istanza del soggetto legittimato, e la relazione tra la persona cui è stato consegnato l’atto ed il destinatario della medesima costituiscono oggetto di attestazione dell’agente postale assistita dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., trovando applicazione le norme del regolamento postale relative agli invii raccomandati e non quelle relative alla notifica a mezzo posta ex l. n. 890 del 1982 (cfr., tra le molte, Cass. n. 35822/2023; Cass. n. 29710/2018; Cass. n. 8086/2018; Cass. n. 4275/2018; Cass. n. 29022/2017; Cass. n. 4376/2017; Cass. n. 1304/2017; Cass. n. 23511/2016; Cass. n. 12083/2016; Cass. n. 16949/2014; Cass. n.
6395/2014; Cass. n. 11708/2011). Occorre appena evidenziare che questa Corte (Cass. n. 17248/2017; Cass. n. 35822/2023) ha ritenuto, in linea di continuità con quanto in passato affermato nella vigenza dell’originario primo comma dell’art. 26 citato, che la notificazione diretta , anche dopo la riforma della riscossione coattiva, continua ad essere una facoltà del concessionario, poi divenuto agente, della riscossione; inoltre, che Corte Cost. n. 175 del 2018 ha ritenuto non fondata la sollevata questione di legittimità costituzionale della disposizione censurata, in riferimento essenzialmente all’art. 3, primo comma, Cost., nella parte in cui facoltizza l’agente della riscossione alla notifica «diretta» delle cartelle esattoriali.
2. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4 c.p.c., si deduce la carenza di motivazione e la falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973; nel corpo del motivo, promiscuamente formulate, compaiono diverse censure, evidenziando il ricorrente che da varie disposizioni in tema di notificazione degli atti tributari e processuali (art. 60, comma 1, lettera bbis ) d.P.R. n.600 del 1973, art. 7, comma 6, legge n. 890/1982, art. 140 c.p.c., art. 8, comma 4, legge n. 890 del 1982) emerge la regola che in caso di consegna a persona diversa dal destinatario e nel caso di irreperibilità relativa sia necessaria la spedizione e il ricevimento di raccomandata informativa; poi, che in tema di notifica della cartella non sia sufficiente l’esibizione dell’estratto ruolo ma occorra da parte del concessionario la produzione in giudizio della copia della cartella; ancora, che mancherebbe la prova della correlazione della cartella con la relata di notificazione; infine, sotto il p rofilo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., che non sia vero che egli non avesse contestato in maniera specifica la copia fotostatica della relata di notifica, come invece affermato dalla CTR.
2.1. Le censure, uniche isolabili nel corpo del motivo, e ferme le considerazioni già esposte nell’esame del primo motivo, in relazione alla prospettata carenza di motivazione, sono tutte inammissibili.
Le deduzioni relative alla necessità di spedizione di una raccomandata informativa per i casi di consegna a persona diversa dal destinatario o col rito della irreperibilità relativa appaiono del tutto astratte e mancando una descrizione delle modalità della notificazione, non si confrontano con quanto affermato dalla CTR, secondo cui la notificazione è avvenuta direttamente a mezzo posta, secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1, parte seconda, d.P.R. n. 602 del 1973.
Quanto alla considerazione che in tema di notifica della cartella occorra da parte del concessionario la produzione in giudizio della copia della cartella stessa e non sia sufficiente l’estratto ruolo, la decisione della CTR è del tutto conforme a orientamenti consolidati di questa Corte, secondo cui in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, ai fini della prova del perfezionamento del procedimento notificatorio, non è necessaria la produzione in giudizio dell’originale o della copia autentica della cartella, essendo invece sufficiente la produzione della matrice o della copia della cartella con la relazione di notifica. L’estratto di ruolo inoltre è l’equipollente della matrice: la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale. Esso contiene tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria (Cass. n. 11826/2022; Cass. n. 20769/2021; Cass. n. 16121/2019; Cass. n. 33563/2018; Cass. n. 23039/2016).
Tale obbligo, in particolare, non discende dal richiamato art. 26, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973, che peraltro prevede, a fini amministrativi, la conservazione di copia della cartella in alternativa alla «matrice» (la quale – come chiarito da Cass. n. 10326/2024 – è
l’unico documento che resta nella disponibilità del concessionario per la riscossione nel caso in cui opti per la notificazione della cartella di pagamento nelle forme ordinarie o comunque con messo notificatore anziché con raccomandata con avviso di ricevimento).
La deduzione secondo cui mancherebbe la prova della correlazione della cartella con la relata di notificazione è anche essa una considerazione astratta, priva di alcuna descrizione del fatto, al cui esame tale correlazione afferisce, e di alcun riferimento alla sede processuale ove tale deduzione difensiva sia stata formulata.
La censura ex art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. relativa alla statuizione della CTR secondo cui il disconoscimento dell’estratto di ruolo e della copia fotostatica della relata di notifica non fosse specifico e puntuale, è inammissibile in quanto non attiene evidentemente a un fatto storico omesso ma ad una espressa valutazione compiuta dal giudice del merito.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., si deduce la carenza di motivazione e la falsa applicazione di norme di diritto, assumendo che la CTR aveva erratamente dato atto del mancato disconoscimento, della notifica in data 15/09/2010 e che l’Agenzia delle entrate -Riscossione non aveva prodotto l’originale della iscrizione a ruolo e della relata di notifica.
3.1. Il motivo è ancora inammissibile, deducendo promiscuamente censure in fatto e violazioni di legge, non indicando alcuna disposizione concretamente violata.
Quanto all’omesso esame dell’avvenuto disconoscimento, valgono le considerazioni già espresse nell’esame del secondo motivo.
Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. per vizio di carenza di motivazione e falsa applicazione di norme di diritto.
4.1. Anche tale motivo, formulato in termini promiscui, come vizio di motivazione e come falsa applicazione di legge, quest’ultima non indicata né nella rubrica né nel corpo del motivo, si rivela inammissibile, per le medesime motivazioni già esposte in riferimento al primo motivo.
Inoltre, esso, dopo aver riportato il contenuto di una sentenza della CTR della Toscana, relativa a impugnativa di estratto ruolo, questione estranea alla vicenda in esame, assume di aver impugnato l’intimazione limitatamente alla cartella di pagamento pre supposta facendo valere la nullità della intimazione stessa sulla base dell’omessa notifica della cartella, ma senza tener conto che ovviamente la ritenuta prova della rituale notifica della cartella esclude la fondatezza di tale doglianza.
5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4 per vizio di carenza di motivazione e falsa applicazione di norme di diritto; con tale motivo la parte censura la statuizione sulla prescrizione del credito e deduce: a) non avendo ricevuto la notifica della cartella di pagamento, tra l’anno del debito (2004) e la data di notifica della intimazione sarebbe decorso il termine di decadenza di cui all’art. 25 d.P.R. n. 602/1973; b) che non trovi comunque applicazione al caso di specie la prescrizione decennale ai sensi dell’art. 2953 c.c. bensì quella quinquennale.
5.1. Il motivo va respinto.
La prima censura è inammissibile perché postula un fatto (la mancata notifica della cartella) che è smentito dalla CTR (e i motivi relativi a tale statuizione sono, come visto, tutti infondati).
Inoltre, avendo la CTR accertato la regolare notificazione della cartella di pagamento, la doglianza di decadenza ai sensi dell’indicato art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973 avrebbe dovuto essere proposta in sede di sua impugnazione.
La seconda censura è infondata alla luce di Cass., Sez. U., n. 23397/2016 che ha affermato un principio di ampia portata, chiarendo che il termine di prescrizione del credito di cui alla cartella di pagamento che non venga impugnata nei termini di legge e che, pertanto, è divenuta definitiva, non è sempre quello decennale, di cui a ll’art. 2953 c.c., ma resta quello proprio del tributo o della sanzione in essa pretesa, per cui, la prescrizione segue il suo normale corso che dipende dalla natura del credito e dalla espressa previsione legislativa. Ha altresì specificato che, in base all’articolo 2946 c.c., la prescrizione ordinaria dei diritti è decennale a meno che non sia la legge a disporre diversamente (come nel caso specifico esaminato dalle Sezioni Unite dei contributi previdenziali che, ai sensi dell’art. 3, comma 9, della l. n. 335 del 1995, hanno una prescrizione quinquennale).
Ciò premesso, costituisce giurisprudenza del tutto consolidata di questa Corte che il diritto alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta (Cass. n. 29340/2022; Cass. n. 29447/2021; Cass. n. 20638/2021; Cass. n . 24278/2020; Cass. n. 22350/2020; Cass. n. 12740/2020; Cass. n. 33266/2019; Cass. n . 32308/2019; Cass. n. 28315; Cass. n. 24588/2019; Cass. n. 11760/2019; Cass. n. 18804/2018; Cass. n. 26013/2014; Cass. n. 24322/2014; Cass. n. 4283/2010; Cass. n. 2941/2007).
6. Concludendo, il ricorso va respinto.
Non vi è a provvedere sulle spese del giudizio non avendo le agenzie intimate svolto attività difensiva.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 9 maggio 2025.