Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31940 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31940 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
CARTELLA DI PAGAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28463/2014 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. M. NOME COGNOME in forza di procura a margine della memoria di costituzione di nuovo difensore ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi sito in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma alla INDIRIZZO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 586/38/2014 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, pronunciata in data 30 settembre 2013 e pubblicata in data 16 aprile 2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 novembre 2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione impugnava la cartella n. NUMERO_CARTA relativa all’anno di imposta 2004 per Ires, Irap e Iva, formata a seguito di decisione della Commissione tributaria provinciale di Torino reiettiva dell ‘impugnazione contro l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO.
La Commissione tributaria provinciale di Torino rigettava il ricorso.
La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con la sentenza in epigrafe indicata, rigettava l’appello del la società contribuente, condannandola al pagamento delle spese di lite, ritenendo infondati tutti i motivi di appello, attinenti alla inesistenza della notifica della cartella perché avvenuta tramite raccomandata con avviso di ricevimento, perché effettuata mediante messo notificatore, perché non ne era sottoscritta la relata, per omessa apposizione del sigillo e indicazione del registro cronologico; alla nullità della cartella per l a omessa indicazione dell’autorità cu i proporre il ricorso giurisdizionale e del responsabile del procedimento; alla asserita violazione dell’art. 68, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973; al governo delle spese di lite.
Contro tale decisione propone ricorso la società contribuente, affidandosi a cinque motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE
In corso di causa si sono costituiti, in luogo dell’avv. NOME COGNOME nuovi procuratori per la società.
La causa, a seguito di rinvio ai sensi dell’art. 1 della legge n. 197 del 2022 , è stata fissata per l’adunanza camerale del 14 novembre 2024.
Considerato che:
Col primo motivo la ricorrente deduce «Violazione e mancata applicazione dell’art. 3 d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito con legge 2 dicembre 2005, n. 248; violazione e mancata applicazione dell’art. 11, comma secondo, d.lgs. 8 dicembre 1992, n. 546; violazione e mancata applicazione dell’art. 59, comma primo, lett. b), d.lgs. n. 546 de l 1992; denunzia ai sensi dell’art. 62, d.lgs. n. 546 del 1992 e 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.», e lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.T.R. non ha colto il difetto di legittimazione formale e sostanziale in capo ad Equitalia Nord, che le competenze in tema di riscossione non potessero essere esercitate dalle singole società partecipate da Equitalia s.p.a. ma solo dalla capogruppo in forza dell’art. 22 dello Statuto di quest’ultima, e che la difesa non potesse essere conferita ad avvocati del libero foro.
Col secondo motivo deduce la violazione e mancata applicazione dell’art. 26, primo comma, primo e secondo periodo, d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 112 cod. proc. civ., sotto il profilo dell’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 5 cod. proc. civ., non potendo l’Agente della riscossione ricorrere alla notifica diretta tramite raccomandata con avviso di ricevimento.
Col terzo motivo il ricorrente deduce violazione e mancata applicazione dell’art. 26, primo comma, secondo periodo, d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 148 cod. proc. civ., sotto il profilo dell’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., in relazione alla inesistenza della notifica per mancata indicazione della data di consegna della copia delle cartelle.
Col quarto motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 7, d.l. n. 78 del 2009, dell’art. 12, comma 4, d.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 480 cod. proc. civ., dell’art. 112 cod. proc. civ., sotto il profilo dell’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 360, primo comma, n. 3 e 5 cod. proc. civ.
Col quinto motivo deduce violazione e mancata applicazione dell’art. 68, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 112 cod. proc. civ., sotto il profilo dell’art. 62 d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 cod. proc. civ.
Il primo motivo è inammissibile laddove deduce che il difetto di legittimazione di Equitalia s.p.a. deriverebbe dalla violazione dell’articolo 22 dello statuto di Equitalia, che prevede che le competenze in materia di riscossione non potrebbero essere esercitate dalle singole società partecipate, ma soltanto dalla capogruppo; tale motivo in parte qua , infatti, non è formulato nel rispetto del canone dell’autosufficienza, non essendo corredato dalla trascrizione o dal riassunto del suddetto articolo 22 dello statuto di Equitalia (Cass. n. 21663/2015).
Il motivo è invece infondato sotto gli altri profili.
La costituzione di Equitalia, in entrambi i gradi del giudizio di merito, è conseguenza della notificazione del ricorso introduttivo e dell’atto di appello eseguita nei confronti dell’agente per la riscossione, da parte della società ricorrente che, correttamente, ha individuato in Equitalia e non nell ‘ Agenzia delle entrate il soggetto legittimato a resistere in giudizio, pur essendo da tempo vigente la norma che solo oggi il difensore invoca per sostenere il difetto di legittimazione del soggetto da lui citato in giudizio (Equitalia) in favore della legittimazione passiva dell’ente impositore, non citato in giudizio.
In ogni caso l’art. 3 del d.l. n. 203 del 2005, convertito nella legge n. 248 del 2005, non ha attribuito alla Agenzia delle Entrate lo
svolgimento diretto della attività di riscossione dei tributi ma, al contrario, ha stabilito che l’attività di riscossione, a decorrere dal 1 ottobre 2006, è esercitata dalla neocostituita società RAGIONE_SOCIALE (poi denominata RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE) e dalle sue partecipate, le quali si sostituiscono ex lege ai concessionari del servizio nazionale di riscossione (Cass. n. 3174/2018).
Già Cass. n. 7318/2014 aveva infatti chiarito che in tema di riscossione dei tributi, per effetto del trasferimento di funzioni operato dall’art. 3 del d.l. n. 203 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, la neocostituita RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) e le altre società dell’omonimo gruppo, che ne sono articolazioni territoriali, sono subentrate ex lege nei rapporti controversi facenti capo alle anteriori concessionarie del servizio di riscossione, così verificandosi, sul piano processuale, un fenomeno successorio riconducibile non all’art. 110 cod. proc. civ. bensì all’art. 111 del medesimo codice, ed il cui titolo è costituito dalla soppressione, per legge, del precedente sistema di affidamento in concessione del servizio, che il giudice, pertanto, è tenuto a conoscere d’ufficio in virtù del principio iura novit curia , prescindendo da questioni inerenti all’onere della prova.
Secondo e terzo motivo vanno trattati congiuntamente in quanto attinenti tutti alla notifica della cartella, avvenuta, secondo quanto verificato dalla C.T.R. mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ai sensi dell’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, primo comma, secondo periodo, dolendosi la ricorrente della inutilizzabilità di tale facoltà e delle modalità della notifica (mentre appare evidentemente inammissibile il riferimento all’art. 148 cod. proc. civ. e alla diversa modalità di notifica da esso prevista).
3.1. I motivi sono infondati.
Sul punto è sufficiente richiamare alcuni fermi orientamenti di questa Corte.
In tema di riscossione delle imposte, la notifica della cartella di pagamento può avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la seconda parte del primo comma dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973 prevede una modalità di notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed all’ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei soggetti ivi indicati. In tal caso, la notifica si perfeziona alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, in quanto l’avvenuta effettuazione della notificazione, su istanza del soggetto legittimato, e la relazione tra la persona cui è stato consegnato l’atto ed il destinatario della medesima costituiscono oggetto di attestazione dell’agente postale assistita dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 cod. civ., trovando applicazione le norme del regolamento postale relative agli invii raccomandati e non quelle relative alla notifica a mezzo posta ex l. n. 890 del 1982 (cfr., tra le molte, Cass. n. 29710/2018; Cass. n. 8086/2018; Cass. n. 4275/2018; Cass. n. 29022/2017; Cass. n. 4376/2017; Cass. n. 1304/2017; Cass. n. 23511/2016; Cass. n. 12083/2016; Cass. n. 16949/2014; Cass. n. 6395/2014; Cass. n. 11708/2011).
Occorre appena evidenziare che questa Corte (Cass. n. 17248/2017; Cass. n. 35822/2023) ha ritenuto, in linea di continuità con quanto in passato affermat o nella vigenza dell’originario primo comma dell’art. 26 citato, che la notificazione diretta , anche dopo la riforma della riscossione coattiva, continua ad essere una facoltà del concessionario, poi divenuto agente, della riscossione; inoltre, che Corte Cost. n. 175 del 2018 ha ritenuto non fondata la sollevata
questione di legittimità costituzionale della disposizione censurata, in riferimento essenzialmente all’art. 3, primo comma, Cost., nella parte in cui facoltizza l’agente della riscossione alla notifica diretta delle cartelle esattoriali.
Il quarto motivo denuncia l’omessa pronuncia sul motivo di appello relativo all’omessa sottoscrizione della cartella impugnata.
4.1. Si premette che nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad un motivo di appello, non è indispensabile, ai fini dell’ammissibilità in ordine al requisito di cui all’art. 366, comma l, n. 4, cod. proc. civ., che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., ove risulti comunque soddisfatta l’esigenza di una chiara esposizione delle ragioni per le quali la censura è stata formulata e la stessa, per di più, rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, ciò consentendo di individuare il vizio dedotto e la norma o il principio di diritto che si assume violato (da ultimo Cass. n. 6126/2023).
4.2. E’ vero che sullo specifico motivo di appello la C .T.R. non abbia pronunciato, comparendo uno spazio vuoto accanto alla indicazione del relativo vizio, come evidenziato dalla ricorrente.
Ciò deve ritenersi però irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, perché in tal caso la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 cod. proc. civ., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo , mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione
assunta, sempre che si tratti di questione che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (Cass., Sez. U., n. 2731/2017).
Ed infatti l’eccezione di difetto di sottoscrizione della cartella è destituita di fondamento.
Parte ricorrente non considera, infatti, che, secondo il costante insegnamento di questa Corte – cui ancora una volta si intende dare continuità in questa sede – il difetto di sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell’ufficio non incide in alcun modo sulla validità dell’iscrizione a ruolo del tributo, poiché si tratta di atto interno e privo di autonomo rilievo esterno, trasfuso nella cartella da notificare al contribuente, per la quale ultima neppure è prescritta la sottoscrizione del titolare dell’ufficio (cfr. ex multis , Cass. n. 26053/2015, Cass. n. 6199/2015 e Cass. n. 6610/2013), costituendo ius receptum il principio per cui la mancata sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge (cfr. Cass. n. 19761/2016, in motivazione. In senso conforme cfr. anche Cass. n. 4555/2015, Cass. n. 25773/2014, Cass. n. 1425/2013, Cass. n. 11458/2012, Cass. n. 13461/2012, Cass. n. 6616/2011, Cass. n. 4283/2010, Cass. n. 4757/2009, Cass. n. 14894/2008, Cass. n. 4923/2007, Cass. n. 9779/2003, Cass. n. 2390/00, nonchè Corte Cost. n. 117/00).
A quanto detto deve inoltre aggiungersi (sulla scia di Cass. n. 19761/2016) che il d.P.R. n. 602 del 1973, art. 12, non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi di mancata sottoscrizione del ruolo; sicchè non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova dell’insussistenza del potere e/o della provenienza a carico del
contribuente (Cass. n. 24322/2014): il quale ultimo, peraltro, non può limitarsi ad una generica contestazione della insussistenza del potere e/o della provenienza dell’atto, ma deve allegare elementi specifici e concreti (Cass. n. 6616/2011), tenuto conto anche della natura vincolata degli atti meramente esecutivi, quali il ruolo e la cartella di pagamento, che non presentano in fase di formazione e redazione margini di discrezionalità amministrativa, con conseguente applicazione, nei loro confronti, del generale principio di irrilevanza dei vizi di invalidità del provvedimento, ai sensi della l. n. 241 del 1990, art. 21octies, che impedisce l’annullamento del provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, il suo contenuto dispositivo non avrebbe comunque potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Cass. n. 27561/2018; Cass. n. 19495/2021; Cass. n. 29242/2022).
Tale principio corrisponde ad un pacifico insegnamento del diritto vivente, autorevolmente confermato tra l’altro da Corte cost. n. 117 del 2000, che, attinta proprio sullo specifico rilievo della legittimità costituzionale dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, nella parte in cui non prevedeva che la cartella di pagamento fosse provvista di sottoscrizione autografa ha avuto modo di chiarire che «l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia espressamente prevista dalla legge, ed è regola sufficiente che dai dati contenuti nel documento sia possibile individuare con certezza l’Autorità da cui l’atto proviene».
Il quinto motivo, con cui la ricorrente si duole della omessa pronuncia sulla illegittimità della cartella emessa in pendenza di giudizio sull’avviso di accertamento da essa presupposto, è infondato, avendo la stessa ricorrente riportato la (concisa ma esistente) decisione sul punto.
Si deve peraltro appena segnalare che il ricorso evidenziato dalla parte contro la sentenza n. 31/2012 della CTR relativa all’avviso di accertamento è stato rigettato con ordinanza di questa Corte n. 4585/2017.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di Equitalia Nord s.p.a.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore di Equitalia Nord s.p.a., spese che liquida in ero 4.100,00 per compensi, oltre spese forfettarie al 15%, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 14 novembre 2024.